Violazioni del codice della strada e verbale notificato presso l’abitazione: esclusa comunque la legittimazione ad impugnare “in proprio” del curatore

Esclusa la legittimazione ad impugnare in proprio” del curatore fallimentare anche se il verbale è stato notificato presso la sua abitazione privata.

Il caso. Il Comune di Roma notificava al curatore fallimentare un verbale di accertamento di violazione del codice della strada perché una vettura di proprietà della società fallita era entrata in una ZTL. Il curatore, si trattava di un avvocato, impugnava direttamente in proprio” non quale organo della procedura e senza l’assistenza di un legale il verbale sostenendo che era stato a lui personalmente notificato in modo illegittimo. Infatti proprietaria del veicolo era la fallita e nello specifico la vettura era stata affittata ad altra società. Il Giudice di Pace di Roma rigettava l'opposizione e il curatore presentava appello al Tribunale insistendo per l'annullamento del verbale. Anche il Giudice del gravame respingeva le pretese del curatore che ricorreva in Cassazione. La massima della Suprema Corte Il professionista che riceve la notifica, in qualità di curatore di una società fallita, di un verbale di accertamento di una infrazione commessa con un vettura di proprietà della fallita stessa ha interesse ad impugnare quale organo della procedura il verbale per farne dichiarare l'inefficacia nei confronti della massa dei creditori. Il professionista è invece privo di legittimazione ad impugnare personalmente in proprio”, a nulla rilevando in tal senso il fatto che il verbale fosse stato notificato presso la sua abitazione privata e non presso lo studio professionale ove era stata trasferita la sede della società a seguito del fallimento. Notifica in proprio”. In sede di appello il curatore aveva ribadito l'illegittimità del verbale di accertamento di infrazione spiegando di non essere il legittimato passivo della violazione. Il professionista aveva altresì contestato la procedura adottata dal Comune perché il credito relativo avrebbe dovuto essere invece assoggettato alle regole concorsuali. Il Comune si era costituito eccependo il difetto di legittimazione ad impugnare dell'appellante, giacché il gravame risultava essere stato interposto dal curatore senza l’autorizzazione del Giudice delegato. L’Ente eccepiva inoltre che il curatore non poteva allo stesso tempo assumere le vesti di avvocato nei giudizi che riguardavano il fallimento stesso. Il Tribunale sposava le tesi del Comune accertando che l'infrazione era stata regolarmente notificata alla società fallita presso il professionista che ricopriva l'ufficio di curatore. Questi pertanto aveva agito senza allegare l'autorizzazione del G.D. e aveva impugnato personalmente in proprio” difettando così di legittimazione processuale”. La difesa su cui si basa il ricorso in Cassazione è relativa al fatto che - secondo il professionista - il verbale di accertamento non gli era stato notificato in qualità di curatore del fallimento della società, bensì gli era stato notificato per così dire in proprio”, personalmente. Adduceva a sostegno di tale tesi che la notifica era stata effettuata non alla sede della fallita, trasferita presso lo studio professionale del curatore come risultava dall'estratto della sentenza di fallimento , bensì presso l'abitazione personale del professionista. Secondo il ricorrente emergeva così la volontà dell'amministrazione di perseguire direttamente e personalmente l’avvocato, come confermato anche dalla successiva procedura esecutiva attivata nei suoi confronti. Da tutti questi elementi si doveva dedurre la legittimazione ad impugnare del professionista in proprio” e non semplicemente in qualità di curatore della fallita. La Suprema Corte esamina il ricorso, ma lo ritiene infondato. Gli Ermellini condividono le valutazioni del Tribunale a giudizio del quale la violazione contestata nel verbale impugnato era stata commessa con un veicolo di proprietà della fallita e che il verbale era stato notificato al professionista nella sua qualità di curatore fallimentare. L'avvocato avrebbe quindi dovuto impugnare il verbale per farne dichiarare l'inefficacia nei confronti della massa dei creditori agendo quale curatore del fallimento. Il professionista invece agendo in proprio” era privo di interesse ad impugnare e della conseguente legittimazione. Nello specifico non è stato considerato decisivo il fatto che la notifica fosse stata materialmente eseguita presso l'abitazione dell’avvocato e non presso il suo ufficio. Secondo la Corte infatti gli articoli 137 e seguenti c.p.c. non impongono di effettuare le notifiche al curatore presso il suo studio, anziché presso l'abitazione privata. Insomma, una sorta di grande equivoco” nel quale è caduto il curatore e che è costato il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 settembre 2018 – 12 marzo 2019, n. 7017 Presidente Manna – Relatore Dongiacomo Fatti di causa L’avv. V.M. , con ricorso depositato in data 7/8/2009, ha proposto opposizione, a norma dell’art. 204 bis C.d.S. avverso il verbale di accertamento n. 13090378137, elevato in data 2/3/2009, con il quale era stata contestata la violazione dell’art. 7 C.d.S., comma 9-14, per accesso in ZTL senza la prescritta autorizzazione. Il ricorrente ha dedotto la nullità del verbale di accertamento in quanto illegittimamente a lui notificato, rilevando che la proprietaria del veicolo indicato nel verbale era la s.r.l. Promosystem, della quale egli era soltanto il curatore, che il veicolo era stato affittato alla s.r.l. Gruppo Emmegi e che alla stessa ora ed nello stesso giorno il medesimo veicolo era risultato contravvenzionato per l’accesso ad altra ZTL, e chiedendo, quindi, l’annullamento del verbale di accertamento impugnato. Il giudice di pace di Roma, con sentenza del 18/10/2011, ha rigettato l’opposizione. Il V. , quindi, ha proposto appello deducendo la erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto la sua legittimazione passiva quanto all’obbligazione sanzionatoria e la illegittimità della procedura adottata dal Comune di Roma trattandosi di credito assoggettato alle regole concorsuali, e chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, l’annullamento del verbale di accertamento. Il Comune di Roma si è costituito in giudizio ed ha eccepito il difetto di legittimazione processuale dell’appellante, avendo agito in giudizio quale curatore senza l’autorizzazione del giudice delegato, e la illegittimità del suo operato, non potendo il curatore del fallimento assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento. L’appellato, quindi, ha chiesto il rigetto del gravame. Il tribunale di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante alla refusione delle spese di lite in favore di Roma Capitale, che ha liquidato in complessivi Euro 650,00, per compensi. Il tribunale, in particolare, ha evidenziato, per un verso, che l’opponente non ha prodotto e neppure allegato l’autorizzazione del giudice delegato ad agire in giudizio e, per altro verso, che l’avv. V. si è limitato ad agire in proprio , per cui, ha osservato il tribunale, l’appellante, quanto ai lamentati profili di invalidità del verbale opposto, deve ritenersi insanabilmente privo di legittimazione processuale , che riguardano la società fallita quale proprietaria del veicolo con il quale è stata commessa l’infrazione. Quanto, invece, alla lamentata erroneità della notifica del verbale di accertamento, il tribunale ha rilevato che la notifica dell’atto di accertamento è stata correttamente e validamente effettuata presso la sede della società fallita, sita in omissis , e nella persona dell’avv. V. nella qualità di curatore fallimentare, come espressamente indicato nel verbale di accertamento, che richiama l’art. 145 c.p.c. , per cui, ha concluso, l’appellante deve ritenersi assolutamente privo di interesse ad impugnare in proprio il verbale in questione. L’avv. V. , con ricorso notificato a mezzo pec in data 27/12/2015, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata. Roma Capitale è rimasta intimata. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., della L. Fall., artt. 93 e 101 e della L. n. 689 del 1981, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte il tribunale ha negato la sua legittimazione ad impugnare in proprio il verbale di accertamento della violazione al codice della strada sul rilievo che tale legittimazione gli spetti quale curatore del fallimento della società proprietaria del veicolo, senza considerare che il verbale non gli è stato notificato nella qualità di curatore del fallimento della Promosystem 1992, presso la sede della società fallita, e cioè via omissis piuttosto, ha osservato il ricorrente, il verbale è stato notificato presso la sua abitazione/residenza, sita a via omissis , e ciò significa che l’amministrazione intendeva procedere direttamente e personalmente nei suoi confronti per ottenere il pagamento della sanzione amministrativa, come dimostrato che, per altro verbale elevato con riguardo al medesimo veicolo, è stata emessa nei confronti del ricorrente e notificata presso la sua abitazione una cartella esattoriale. Ne consegue che, a fronte della procedura esecutiva attivata nei confronti del ricorrente, questi ha l’interesse ad impugnare, in proprio e non quale curatore del fallimento, il verbale di accertamento della violazione onde evitare che lo stesso acquisisca efficacia esecutiva nei suoi confronti. 2.Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando l’omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale non ha tenuto in alcun conto le esecuzioni esattoriali avviate in suo danno in vicende analoghe a quella oggetto di giudizio. 3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte il tribunale ha ritenuto che la notifica dell’atto di accertamento è stata correttamente eseguita presso la sede della società fallita, sita a via omissis , nella persona dell’avv. V. nella qualità di curatore fallimentare, come espressamente indicato nel verbale di accertamento, che richiama l’art. 145 c.p.c In realtà, ha osservato il ricorrente, la notifica è stata eseguita non presso la sede della società fallita, che, a seguito della sentenza di fallimento, come risulta dal relativo estratto, è stata trasferita da via omissis presso lo studio del curatore in via omissis , ma, al contrario, a V.M. in proprio. Peraltro, all’interno dell’atto, la qualifica del destinatario è quella di liquidatore , che è definizione del tutto diversa da quella di curatore. La notifica, quindi, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, non risulta essere stata eseguita correttamente, posto che la sede della società fallita è in via omissis e non in via omissis , abitazione privata dell’avv. V. , e la qualità erroneamente indicata nell’atto è quella di liquidatore in ogni caso, anche nell’ipotesi in cui fosse stata riportata la corretta qualità di curatore, la notifica non si sarebbe potuta effettuare ai sensi dell’art. 145 c.p.c. poiché il curatore non rappresenta nè sostituisce il fallito nè i creditori. La notifica, piuttosto, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., doveva essere eseguita presso la sede della società fallita, e cioè a Roma, via omissis , presso il curatore del fallimento, avv. V.M. . 4.1 motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. Il tribunale, infatti, ha accertato, in fatto, che la violazione contestata nel verbale impugnato è stata commessa con un autoveicolo di proprietà di una società assoggettata a fallimento e che tale verbale è stato notificato all’avv. V. nella qualità di curatore di tale procedura. A fronte di tale accertamento, risulta, quindi, evidente che, nell’incontestato difetto di infrazioni a lui direttamente imputabili o delle quali potesse essere chiamato a rispondere personalmente, l’avv. V. , intanto avrebbe potuto impugnare giudizialmente tale verbale, per farne dichiarare l’inefficacia nei confronti della massa dei creditori Cass. n. 3838 del 2001 Cass. n. 561 del 2000 Cass. n. 7815 del 1997 , solo se ed in quanto avesse dichiaratamente o, comunque, inequivocamente agito in giudizio nella qualità di curatore del fallimento non certo, come invece ha fatto, in proprio , rimanendo, sotto quest’ultimo profilo, privo tanto dell’interesse ad agire in giudizio, quanto della relativa legittimazione. L’avv. V. , infatti, in mancanza di atto idoneo ad arrecargli un pregiudizio personale, non è portatore nè di un interesse personale e diretto alla rimozione del verbale di accertamento dell’infrazione, nè della facoltà di agire in giudizio per la sua rimozione, che gli spetta esclusivamente nella qualità di curatore del fallimento. Nè può rilevare in senso contrario il fatto che la notifica sia stata eseguita al ricorrente non presso il suo studio, nel quale dopo il fallimento si troverebbe la sede della società fallita, ma alla sua residenza privata, se non altro perché, trovando applicazione le norme generali previste dagli artt. 137 c.p.c. e ss., nessuna norma impone di procedere alle notifiche dirette al curatore presso il suo studio anziché presso la sua abitazione privata. E neppure, infine, può rilevare il fatto che, a dire del ricorrente, il verbale di accertamento impugnato lo indicherebbe come liquidatore della società proprietaria del veicolo e non, come invece ritenuto dal tribunale, quale curatore del relativo fallimento, trattandosi, come è evidente, di un errore revocatorio come tale, inammissibile in questa sede. 5.Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha provveduto alla liquidazione delle spese di lite in favore del Comune di Roma, determinandole nella somma di Euro 650,00, senza fornire alcuna giustificazione dei motivi che l’hanno indotto a derogare dai valori medi previsti dal D.M. n. 55 del 2014. In realtà, ha osservato il ricorrente, il Comune non ha partecipato alle udienze di trattazione. Inoltre, se si considera che il valore della causa è pari ad Euro 40,00 e che la competenza appartiene al tribunale quale giudice d’appello, le altre voci da considerare, per la fase di studio della controversia, per quella di introduzione del giudizio e per quella di decisione della causa, sono pari alla somma massima di Euro 440,00. 6. Il motivo è infondato. La liquidazione delle spese di lite è sindacabile in cassazione solo nel caso in cui sono superati i limiti previsti per la relativa quantificazione e non già quando tali limiti, com’è rimasto incontestato nella specie, sono stati rispettati. 7.Il ricorso è, dunque, infondato e dev’essere, quindi, rigettato. 8.Nulla per le spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato. 9.La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. la Corte così provede rigetta il ricorso dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.