Il terzo chiamato in causa può chiedere il rimborso delle spese processuali sostenute?

Le spese processuali sostenute dal terzo chiamato in causa dal convenuto devono essere rimborsate dall’attore nel caso in cui la chiamata in causa era necessaria in relazione alla pretesa attorea, risultata poi infondata.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6292/19, depositata il 4 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda di risarcimento danni avanzata da parte attorea per le lesioni subite a causa di una caduta in una buca presente nell’aerea comune di un Condominio convenuto in giudizio. Quest’ultimo aveva chiamato in causa la società amministratrice al fine di essere da questa relativa manlevata. La società impugnava la sentenza di prime cure, limitatamente al capo che aveva disposto l’integrale compensazione delle spese di lite. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione sul rilievo per cui l’appellante non aveva impugnato la pronuncia nei confronti del Condominio, cioè la parte che l’aveva chiamata in causa e cui doveva imputarsi il suo intervento in giudizio. La società amministratrice ricorre dunque in Cassazione. La ricorrente deduce che il Condominio convenuto aveva chiesto manleva nei suoi confronti per l’inadempimento degli obblighi di custodia e conservativi, domanda che però era stata ritenuta infondata. Per tali ragioni, l’intervento della società amministratrice poteva ricondursi solo all’attore Spese processuali. Il Collegio ritiene la censura fondata. Il Giudice dell’appello ha infatti omesso di valutare il profilo della responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti del condominio ai sensi dell’art. 1218 c.c. per la custodia e la gestione delle cose comuni, profilo che avrebbe potuto giustificare l’accoglimento della domanda di manleva. In tema di spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto, in virtù dell’ampia nozione di soccombenza” di cui all’art. 91 c.p.c., la Corte ricorda che il rimborso deve essere posto a carico dell’attore ove la chiamata in causa sia necessaria in relazione alla sua pretesa, risultata poi infondata. È infatti irrilevante che l’attore non abbia proposto alcuna domanda nei confronti del terzo. Il rimborso rimane diversamente a carico della parte che abbia chiamato in causa il terzo qualora tale iniziativa si riveli palesemente arbitraria. In altre parole, solo la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante . Applicando tali principi al caso di specie e posto che il Condominio risponde ex art. 2051 c.c. dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore è soggetto, in quanto tenuto alla gestione e alla custodia delle cose comuni, all’azione di rivalsa eventualmente proposta dal Condominio, la sentenza impugnata ha trascurato l’accertamento di un’eventuale responsabilità in tal senso dell’amministratore, profilo determinante per la regolazione delle spese ex artt. 91 e 92 c.p.c Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 14 novembre 2018 – 4 marzo 2019, numero 6292 Presidente D’Ascola – Relatore Federico Ritenuto in fatto .B F. conveniva innanzi al Tribunale di Roma il Condominio di omissis , per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti per essere rovinato al suolo a causa di una buca presente nell’area condominiale. Il Condominio, costituitosi, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la Prime Office srl che, all’epoca del sinistro, era amministratrice del condominio, al fine di esser da questa manlevata. La Prime Office, costituitasi, resisteva chiedeva altresì ed otteneva autorizzazione alla chiamata in causa della Assicurazioni Generali spa. Il Tribunale rigettava la domanda e compensava integralmente le spese di lite. Avverso detta sentenza proponeva appello Prime Office s.r.l. nei confronti del solo Brutti, limitatamente al capo della sentenza di primo grado che aveva disposto la compensazione delle spese di lite tra essa appellante e l’attore. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza numero 2609/2017, rigettava l’impugnazione, sul rilievo che l’appellante aveva proposto appello nei soli confronti del Brutti e non anche del Condominio, vale a dire la parte che l’aveva chiamata in causa ed a cui doveva pertanto ritenersi imputabile il suo intervento in giudizio. 2 Avverso detta sentenza ricorre, con un motivo, la Prime Office s.r.l Brutti Flavio, già contumace nel giudizio di appello, non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva. Il relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza. Considerato in diritto Con l’unico motivo di ricorso la parte ricorrente deduce che il Condominio convenuto aveva posto a fondamento della domanda di manleva spiegata nei confronti del ricorrente l’inadempimento degli obblighi di custodia e conservativi ex artt. 1710 c.c. e 1130 c.c., I numero 4, facenti capo all’amministratore, domanda che non poteva ritenersi manifestamente infondata. Da qui l’imputabilità del proprio intervento nel giudizio non alla parte che l’aveva chiamato in causa ma all’attore, la cui pretesa era risultata in radice priva di fondamento. Il motivo è fondato e va accolto. La Corte territoriale ha ritenuto la manifesta infondatezza della domanda di garanzia proposta dal condominio nei confronti dell’amministratore, con la conseguenza che l’instaurazione del rapporto processuale tra chiamante e chiamato non trovava giustificazione alcuna nel contenuto della domanda proposta dall’attore nei confronti del condominio il giudice di appello ha peraltro omesso di valutare il profilo, dedotto nell’atto di chiamata in causa, della responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti del condominio ex art. 1218 c.c. , per la custodia e gestione delle cose comuni, profilo quest’ultimo che avrebbe potuto giustificare l’accoglimento della domanda di manleva spiegata dal condominio. Orbene, come questa Corte ha già affermato, considerata la lata accezione con cui il termine soccombenza è assunto nell’art. 91 c.p.c., il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alla pretesa dell’attore stesso e questa siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria Cass. 7431/2012 . In tema di spese processuali, dunque, solo la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest’ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale Cass. 10070/2017 . Ciò posto, con riferimento al caso di specie si osserva che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 c.c. unicamente all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati Cass.17983/2014 . Tale profilo, dell’eventuale responsabilità dell’amministratore nei confronti del condominio non risulta essere stata presa in esame, al fine di verificare, in relazione al principio di rilevanza causale che presidia la regolazione delle spese di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c., se la domanda svolta dal condominio nei confronti della Prime Office fosse o meno autonomamente e manifestamente infondata, indipendentemente dalla domanda principale, su cui quest’ultima si innestava. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.