Sinistro stradale: l'assicurazione risarcisce le spese stragiudiziali al danneggiato

In tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie .

Il caso. Una coppia agiva in giudizio domandando il risarcimento per un sinistro stradale nel corso del quale aveva perso la vita un loro congiunto. Gli attori domandavano alla assicurazione convenuta il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali, nonché spese e competenze dovute per l’attività stragiudiziale svolta dal loro difensore, oltre spese di causa. L’assicurazione, convenuta in quanto responsabile per il Fondo vittime della strada, si era difesa negando le richieste della parte attrice in quanto infondate in fatto e diritto. Il Tribunale competente, all’esito del giudizio, aveva parzialmente accolto la domanda della coppia, condannando però l’assicurazione a risarcire il solo danno non patrimoniale e le spese del giudizio. La coppia aveva così deciso di appellare la sentenza, riproponendo in sede di appello la domanda di pagamento delle spese legali relative alla fase stragiudiziale della controversia. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva rigettato tale domanda e anzi condannato gli attori a rifondere le spese del secondo grado di giudizio all’assicurazione costituita. Gli attori agiscono in cassazione, insistendo per la debenza del rimborso delle spese legali relative alla fase stragiudiziale della controversia. In ragione della soccombenza in appello la coppia depositava ricorso in Cassazione fondato su quattro doglianze. In prima battuta i ricorrenti lamentavano la violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 254 del 18 luglio 2006, a detta loro disapplicato dalla Corte d’Appello. In secondo luogo i ricorrenti lamentavano come il giudice del riesame avesse errato nell’applicazione della legge n. 990/1969, del d.lgs. 209/2005 della prassi giurisprudenziale e del d.m. 127/2004 per non avere, il secondo giudice, correttamente quantificato e liquidato le spese dovute al loro difensore per la già citata fase stragiudiziale della controversia in oggetto. Il terzo motivo di doglianza, invece, lamentava il mancato rilievo da parte della Corte d’Appello del presunto valore confessorio di una comunicazione inviata dall’assicurazione con la quale questa avrebbe riconosciuto sia l’an che il quantum delle spese richieste. Il quarto e ultimo motivo era incentrato sull’omissione di esame su un fatto decisivo del giudizio, ossia la censura della Corte d’Appello della genericità della domanda mossa dagli attori in detto grado di giudizio, non avendo loro specificato voce per voce nell’atto di appello gli onorari dovuti al loro legale e quindi l’oggetto della domanda giudiziale. I ricorrenti contestavano, quanto a detto motivo, come la Corte avrebbe dovuto prendere in esame i fatti e i documenti richiamati a supporto della domanda di liquidazione della parcella contenuta nell’atto d’appello. La cassazione accoglie il primo, secondo e quarto motivo dichiarando il terzo come assorbito e cassava la sentenza impugnata. Con la sentenza numero 4306 depositata in data 14 gennaio 2019, la III Sezione della Cassazione accoglieva il ricorso sopra descritto. In particolare, quanto al primo motivo, la Corte affermava come il giudice d’Appello non avesse tenuto conto nella propria decisione dell’orientamento formatosi nella giurisprudenza del giudice di legittimità che affermava che in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale [] sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie” Cass. Civ. Sez. III, n. 11154/2015, Cass. Civ. Sez. III, n. 3266/2016 . Le spese richieste, quindi, secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, erano dovute ancorché relative alla fase stragiudiziale. Il secondo motivo, parimenti, veniva accolto in quanto – in modo non dissimile dal precedente – la Cassazione rilevava come la Corte d’Appello non avesse correttamente valutato che le spese stragiudiziali sostenute dalla coppia ricorrente fossero comunque dovute in quanto parte della loro difesa tecnica e quindi certamente risarcibili dall’assicurazione. Il terzo motivo del ricorso, come detto, veniva considerato assorbito dall’accoglimento dei restanti tre. Il quarto motivo, invece, afferente alla contestazione della mancata esposizione nell’atto di citazione in appello delle singole voci relative agli onorari richiesti. Sul punto la Cassazione ribadiva come la Corte d’Appello avesse, nuovamente, errato nella sua valutazione. Il giudizio d’appello, infatti, lungi dall’essere un giudizio a critica vincolata resta – pur con i limiti introdotti dagli artt. 348 bis e ter c.p.c. – una revisione del giudizio di primo grado nel quale la Corte può e deve ove necessario svolgere attività istruttoria e prendere in considerazioni fatti e prove del primo grado di giudizio, senza trasformare l’appello in una sorta di anticipato ricorso per cassazione”. Alla luce dei suddetti motivi la Suprema Corte cassava la sentenza impugnata e rinviava il giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione sul merito.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 4 aprile 2018 – 14 febbraio 2019, n. 4306 Presidente Olivieri – Relatore Fiecconi Rilevato in fatto 1. A seguito domanda di risarcimento avanzata dai sig.ri B.A. e G. , congiunti del sig. B.F. , deceduto in occasione del sinistro stradale occorso in data omissis , l’Ina Assitalia s.p.a., nella qualità di Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, offriva ai sig.ri B. la somma di Euro 328.000,00 a titolo di risarcimento danni non patrimoniali. I sig.ri B. accettavano in parte l’offerta in data 1/7/2008 ed inoltravano alla società, in data 3/7/2008, la nota spese relativa all’attività professionale svolta nel sinistro in oggetto, senza ottenere risposta. I sig.ri B. ricorrevano quindi al Tribunale di Roma, a causa dell’inerzia della Compagnia Assicurativa, per vederla condannare al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali, nonché, in ogni caso, al pagamento delle spese e competenze relative all’attività extragiudiziale svolta dal difensore di parte attrice e al pagamento delle spese del grado di giudizio. Ina Assitalia s.p.a. si costituiva e chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza in fatto ed in diritto. Con sentenza n. 10169/2012 del 17/5/2012, il Tribunale di Roma condannava la società al pagamento in favore degli attori di ulteriori complessivi Euro 211.922,35 per danni non patrimoniali, maggiorati di interessi, nonché alla rifusione delle spese di giudizio. 2. Con atto di citazione in appello notificato in data 28/12/2012, i sig.ri B. adivano la Corte d’Appello di Roma e chiedevano la riforma della sentenza n. 10169/2012, riproponendo la domanda di pagamento delle spese legali della fase stragiudiziale dovute al difensore di parte, pari a Euro 36.228,56. Ina Assitalia s.p.a. si costituiva e contestava la fondatezza della pretesa sia con riguardo all’an, che con riguardo al quantum. Con sentenza n. 10/2/2016, notificata in data 16/2/2016, la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello e condannava gli attori a rifondere alla società assicurativa le spese del grado. 3. Avverso tale provvedimento, i sig.ri B. proponevano ricorso innanzi a questa Corte con atto notificato in data 8/4/2016, deducendo quattro motivi di gravame. La Ina Assitalia s.p.a. si costituiva con atto in data 13/5/2016 e chiedeva il rigetto dell’impugnazione. Il pubblico Ministero interveniva concludeva come in atti. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la Corte d’Appello ha stabilito che la fattispecie in oggetto viene disciplinata dall’art. 9, comma 2, del menzionato decreto, nella parte in cui sancisce che nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona . Il ricorrente contesta l’applicabilità di tale normativa ratione temporis al caso di specie, in quanto il sinistro è avvenuto in data omissis , mentre il regolamento è entrato in vigore per i sinistri verificatisi a partire dall’1/2/2007. Inoltre, il ricorrente contesta l’applicabilità della norma in quanto nulla per contrasto con l’art. 24 della Costituzione, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità. 1.1. Il motivo è fondato. La Corte d’Appello, infatti, a prescindere dalla normativa de qua, non applicabile ratione temporis, non ha tenuto conto dell’orientamento formatosi nella giurisprudenza di questa Corte in materia di spese stragiudiziali, secondo il quale in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie Cass. civ., sez. 3^, n. 11154/2015 Cass. civ., sez. 3^, n. 3266/2016 Cass. 6422/2017 . 2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, del D.Lgs. n. 209 del 2005, della prassi giurisprudenziale e del D.M. n. 127 del 2004, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la Corte d’Appello ha disconosciuto le competenze professionali per l’attività svolta dal legale in via stragiudiziale. 2.1. Il motivo è fondato. 2.2. In conformità alla consolidata prassi giurisprudenziale di liquidare le competenze professionali dovute al difensore per la parte stragiudiziale in forma di spese giudiziali, il criterio citato dalla Corte d’Appello, in linea di principio, corrisponde a quello già enunciato in Cass. civ., sez. 2^, n. 2034/1994 secondo cui le prestazioni stragiudiziali che siano strettamente dipendenti dal mandato relativo alla difesa, si da potersi considerare attività strumentale o complementare di quella propriamente processuale, hanno, anche esse, natura di prestazioni giudiziali, come la preventiva richiesta di risarcimento del danno all’assicuratore ai sensi della L. n. 990 del 1969, che integra esercizio di attività stragiudiziale puramente strumentale a quella giudiziale, essendo condizione per la proponibilità dell’azione risarcitoria v. anche Cass. Sez. 11, 2275/2006 e Cass. Sez. 111, 6422/2017 . 2.3. Nel caso di specie, tuttavia, le spese giudiziali sono state calcolate in base al valore residuale della pretesa giudiziale contestata dalla compagnia assicuratrice e non per l’intero ammontare complessivamente riconosciuto in via stragiudiziale e giudiziale. La Corte d’Appello, pertanto, non ha correttamente applicato il principio sopra indicato. 3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2720 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la Corte d’Appello non ha dato atto della mancata contestazione da parte della società della domanda relativa al pagamento delle spese legali nella fase stragiudiziale, né nell’an, né nel quantum, e del valore confessorio della missiva inviata a suo tempo dall’Ina Assitalia stessa. La missiva della Compagnia Assicuratrice non può tuttavia considerarsi di per sé quale atto di riconoscimento dell’an e quantum, ma di dichiarazione di disponibilità a valutare la sussistenza della pretesa, avendo la Corte indicato che in tale missiva non è desumibile un carattere confessorio. 3.1. Il motivo è in parte assorbito per effetto dell’accoglimento dei motivi di cui sopra in linea di diritto, in merito all’an debeatur, e infondato in merito al quantum debeatur. Difatti, l’art. 115 c.p.c., sul principio di non contestazione, come novellato il 4 luglio 2009, non è applicabile al caso di specie, posto che la domanda giudiziale è stata introdotta il 20/2/2009. 4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla motivazione secondo cui risulterebbe generica la richiesta delle spese stragiudiziali perché non specificata voce per voce nell’atto di appello. Il ricorrente contesta il mancato esame da parte del Giudice di secondo grado dei fatti e dei documenti richiamati, dedotti nell’atto di appello, a supporto della domanda di liquidazione della parcella professionale per le spese stragiudiziali. 4.1. Il motivo è fondato poiché, in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione di secondo grado, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare la documentazione indicata come fonte di prova, e non pretendere, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, la indicazione specifica delle singole voci della parcella nei motivi di appello, non trattandosi di istanze istruttorie non accolte da reiterare, bensì di pretesa non accolta di cui si chiede un riesame nel merito. Al riguardo, occorre considerare l’effetto devolutivo dell’appello come sancito dalle SS. UU. di questa Corte, con sentenza n. 27199 del 16/11/2017 . la riforma del 2012 non ha trasformato, come alcuni hanno ipotizzato, l’appello in un mezzo di impugnazione a critica vincolata. L’appello è rimasto una revisio prioris instantiae e i giudici di secondo grado sono chiamati in tale sede ad esercitare tutti i poteri tipici di un giudizio di merito, se del caso svolgendo la necessaria attività istruttoria, senza trasformare l’appello in una sorta di anticipato ricorso per cassazione. La diversità tra il giudizio di appello e quello di legittimità va fermamente ribadita proprio alla luce della portata complessiva della riforma legislativa del Ricomma 2015 n. 18868 sez. SU - ud. 10-10-2017 – 15 - 2012 la quale, come ha osservato l’ordinanza interlocutoria, mentre ha introdotto un particolare filtro che può condurre all’inammissibilità dell’appello a determinate condizioni artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. , ha nel contempo ristretto le maglie dell’accesso al ricorso per cassazione per vizio di motivazione il che impone di seguire un’interpretazione che abbia come obiettivo non quello di costruire un’ulteriore ipotesi di decisione preliminare di inammissibilità, bensì quello di spingere verso la decisione nel merito delle questioni poste”. 5. Conclusivamente, il ricorso è fondato relativamente ai motivi n. 1,2 e 4, con assorbimento del terzo motivo per l’effetto la Corte cassa la sentenza per quanto di ragione e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione collegiale, affinché decida anche per le spese. P.Q.M. 1. Accoglie il ricorso relativamente ai motivi n. 1,2 e 4, con assorbimento del terzo motivo 2. Per l’effetto cassa la sentenza, e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione collegiale, affinché decida anche per le spese.