Lo straniero con legami familiari può restare in Italia anche se non ha chiesto il ricongiungimento familiare

In tema di espulsione del cittadino straniero, a seguito della sentenza n. 202/13 della Corte Costituzionale e in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU, l’art. 13, comma 2- bis , d.lgs. n. 286/1998, si applica anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorchè non nella posizione di richiedente il ricongiungimento familiare.

Tuttavia, in questo caso, i legami familiari dello straniero nel territorio dello Stato devono essere soggettivamente qualificati ed effettivi e il giudice di merito è tenuto a darne conto adeguatamente sulla base di vari elementi, quali l’esistenza di un rapporto di coniugio e la durata del matrimonio, la nascita di figli e la loro età, la convivenza, la dipendenza economica dei figli maggiorenni e dei genitori, le difficoltà che essi rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione, altri fattori che testimoniano l’effettività di una vita familiare. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 781/19, depositata il 15 gennaio. Il fatto. Il Giudice di Pace territorialmente competente accoglieva con decreto l’opposizione promossa da un cittadino albanese avverso il provvedimento prefettizio di espulsione ex art. 13, comma 2, lett. b , d.lgs. n. 186/1998 per essersi egli trattenuto nel territorio nazionale oltre il termine di scadenza del soggiorno per motivi di turismo. In particolare, il giudice adito affermava che lo straniero soggiornava attualmente con i propri genitori e frequentava una scuola professionale, sicchè l’espulsione avrebbe comportato la sua regolarizzazione. Avverso tale provvedimento il Ministero dell’Interno proponeva ricorso per Cassazione. Vincoli familiari. Gli Ermellini hanno ritenuto fondati tutti i motivi di ricorso proposti dal Ministero dell’Interno poiché il giudice di merito con l’adozione dell’impugnato provvedimento si era limitato a rilevare l’inserimento sociale e familiare del cittadino straniero e la circostanza che lo stesso vivesse con i propri genitori e frequentasse con profitto una scuola professionale senza alcuna indagine sull’effettività del legame familiare alla stregua dei parametri delineati dal comma 2- bis dell’art. 13 d.lgs. n. 286/1998, inserito dal d.lgs. n. 5/2007 ed attuativo delle Direttiva CE n. 86/2003. Tale norma prevede che, nell’adottare il provvedimento di espulsione dello straniero si debba tenere conto anche della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della natura del soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese di origine. In particolare, il Collegio evidenzia che tale accertamento era previsto sia per lo straniero che avesse esercitato il diritto al ricongiungimento familiare che per quello che fosse qualificabile come familiare ricongiunto ai sensi dell’art. 29 della legge cit I giudici proseguono specificando che il caso oggetto del giudizio di legittimità pur non rientrando nella sfera di applicazione del citato articolo 29, tuttavia potrebbe essere correttamente applicato a patto che - in conformità con la giurisprudenza amministrativa – lo straniero abbia legami familiari in Italia qualificati ed effettivi”. Tale orientamento giurisprudenziale, condiviso anche dai giudici di legittimità, si fonda sulla circostanza che nell’ambito delle relazioni interpersonali ogni decisione che colpisce uno dei soggetti finisce per ripercuotersi anche sugli altri componenti della famiglia e il distacco dal nucleo familiare, specie in presenza di figli minori, è decisione troppo grave perché sia rimessa in forma generalizzata e automatica. Concludendo. Nel caso di specie, tuttavia, non può trovare applicazione il citato articolo 29 in quanto il giudice di merito si è limitato a rilevare legami familiari sulla scorta di meri criteri suppletivi quali la durata del soggiorno, l’integrazione sociale nel territorio nazionale e legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine che non possono valere a consentire allo straniero la permanenza in Italia in difetto, come nella specie, di una richiesta di esercizio del diritto al ricongiungimento o dello status di familiare ricongiunto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 ottobre 2018 – 15 gennaio 2019, n. 781 Presidente Schirò – Relatore Lamborgese Fatti di causa 1.- Il Giudice di Pace di Firenze, con decreto del 20 novembre 2016, ha accolto l’opposizione di K.A. , cittadino albanese, avverso il provvedimento prefettizio di espulsione emesso D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 2, lett. b , per essersi egli trattenuto nel territorio nazionale oltre il termine di scadenza del soggiorno per motivi di turismo. Il Giudice di Pace ha affermato che lo straniero soggiornava attualmente con i propri genitori e frequentava una scuola professionale, sicché l’espulsione comprometterebbe la sua regolarizzazione. 2.- Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’interno. L’intimato non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo il Ministero denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c. e omessa motivazione sulle ragioni dell’annullamento dell’espulsione e, con il secondo, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 rectius 2 bis , perché, essendo maggiorenne, lo straniero non può essere regolarizzato per motivi di famiglia, non avendo i requisiti per ricongiungersi con i propri genitori il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 28, comma 3, del D.Lgs. citato, perché il diritto all’unità familiare non può prevalere sulle ragioni giustificative dell’espulsione, trattandosi di soggetto maggiorenne non avente i requisiti per il ricongiungimento di cui all’art. 29, comma 1, lett. b e c il quarto motivo lamenta violazione della direttiva CE n. 115 del 2003, non avendo il Giudice di Pace tenuto conto che il K. non può accedere alla procedura di ricongiungimento familiare, che l’espulsione costituisce atto vincolato della P.A. e che non si ravvisa alcun sradicamento dalla sua famiglia con la quale viveva in Albania prima di arrivare in Italia nel 2013, all’età di 22 anni il quinto motivo lamenta infine violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 2 e art. 6, comma 6, non potendo lo straniero godere di alcuna causa di inespellibilità, neppure ricorrendo le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria. 2.- I motivi, intrinsecamente connessi e da esaminare congiuntamente, sono fondati nei termini che si va ad illustrare, dopo un necessario inquadramento del contesto normativo. 3.- Il parametro di riferimento è del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, il comma 2 bis inserito dal D.Lgs. n. 5 del 2007 attuativo della direttiva CE n. 86 del 2003 , che prevede che, nell’adottare il provvedimento di espulsione dello straniero - entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera o che non abbia chiesto il permesso di soggiorno o sia titolare di un permesso revocato, annullato, scaduto da oltre sessanta giorni e non abbia chiesto il rinnovo -, si debba tenere anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine . Tale accertamento - imposto dall’art. 5, comma 5, anche per l’adozione del provvedimento di rifiuto di rilascio, revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno - era previsto, in entrambe le situazioni, per lo straniero che avesse esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o fosse un familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29 trattandosi di coniuge, figli minori, figli maggiorenni a carico, genitori a carico in mancanza di altri figli nel Paese dì origine o di provenienza o genitori ultrasessantacinquenni in mancanza di altri figli che possano provvedere al loro sostentamento . Nella giurisprudenza di legittimità era acquisito il principio con riferimento all’art. 5, comma 5 che la clausola di salvaguardia della coesione familiare non trova sse applicazione fuori dalla sfera del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29 potendo riguardare solo gli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o i loro familiari ricongiunti che chiedano il relativo titolo Cass. n. 20838 del 2010 . Per altro verso, i dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, per la ritenuta eccessiva ristrettezza delle ipotesi ivi considerate come legittimanti il ricongiungimento, sono stati fugati dalla Corte costituzionale, secondo la quale è compito del legislatore regolare l’accesso degli stranieri sul territorio dello Stato sulla base di scelte che tengano conto di un corretto bilanciamento dei valori in gioco Corte cost. n. 335 del 2007 . 4.- In questo quadro normativo è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 202 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 5, comma 5, nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo a chi abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o al familiare ricongiunto , e non anche allo straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato . Benché la disposizione direttamente applicabile nella fattispecie non sia l’art. 5, comma 5 sul quale è intervenuta la sentenza n. 202 del 2013 , ma l’art. 13, comma 2 bis, si ritiene che il dictum della sentenza costituzionale debba valere in entrambe le situazioni, vista l’identità letterale delle due disposizioni. Pertanto, a seguito dell’intervento additivo della Consulta, l’esistenza di legami familiari dello straniero in Italia è un elemento di valutazione necessario, ma permangono margini di dubbio in ordine al contenuto prescrittivo e alla effettiva efficacia ostativa alla espulsione della relativa nozione. 5.- La giurisprudenza si è orientata in direzioni diverse. 6.- Nella giurisprudenza amministrativa formatasi in relazione all’art. 5, comma 5, è prevalente l’orientamento secondo cui i legami familiari rilevanti ai fini di cui si discute sono quelli espressamente e tassativamente indicati dal T.U. n. 286 del 1998, art. 29 e, a monte, dalla direttiva comunitaria n. 86/2003 , nel senso che la composizione del nucleo familiare deve corrispondere a quella che darebbe titolo ad una procedura di ricongiungimento, al fine di porre lo straniero nelle medesime condizioni sostanziali di chi avrebbe titolo ad ottenere formalmente il ricongiungimento, non rilevando in contrario che tale procedura in effetti non vi sia stata, essendosi il nucleo familiare già costituito o ricostituito Cons. di Stato, sez. 3, n. 2830/2018, n. 2382 e 5503/2017, n. 797 e 1837/2016, n. 1841/2015, n. 4393/2014, n. 5742/2013 Tar Emilia-Romagna n. 198 del 2017 Tar Lombardia n. 1460/2015 Tar Umbria n. 156/2015 . La medesima giurisprudenza richiede per l’operatività della clausola di coesione familiare il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento proprio e del nucleo familiare, che dimostri la sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale tra le tante, Cons. di Stato, sez. 3, n. 1801/2018, n. 1524 e 1971/2017, n. 2037/2015, con specifico riferimento all’art. 29, comma 3, lett. b . Questa ricostruzione si fonda sulla considerazione che l’oggetto del giudizio costituzionale, come delimitato dalla stessa Corte, era proprio l’esclusione dal campo di applicazione della tutela rafforzata di cui all’art. 5, comma 5, del t.u. sull’immigrazione, di coloro che, pur avendone i requisiti, non hanno esercitato il loro diritto al ricongiungimento familiare v. sent. n. 202/2013, p. 4.2 e anche p. 4.1 , determinandosi per questa ragione una irragionevole disparità di trattamento rispetto a chi, pur versando nelle condizioni sostanziali per ottenerlo, non abbia formulato istanza in tal senso . 7.- La suddetta interpretazione della giurisprudenza amministrativa non è convincente. In primo luogo, essa svaluta il dato letterale dell’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 286 del 1998 che, a seguito della sentenza costituzionale n. 202 del 2013, oggi impone all’autorità amministrativa e giurisdizionale di valutare anche se lo straniero abbia legami familiari nel territorio dello Stato , a prescindere dalla sussistenza delle condizioni che gli darebbero titolo a ottenere il ricongiungimento familiare, a norma dell’art. 29. Inoltre non tiene adeguatamente conto - e la circostanza assume rilievo nel contesto di un’interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, che sia in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU, fatta propria dalla richiamata sentenza n. 202 del 2013 della Corte cost. - del seguente, fondamentale passaggio motivazionale di detta sentenza In particolare, la tutela della famiglia e dei minori assicurata dalla Costituzione implica che ogni decisione sul rilascio o sul rinnovo del permesso di soggiorno di chi abbia legami familiari in Italia debba fondarsi su una attenta ponderazione della pericolosità concreta e attuale dello straniero condannato, senza che il permesso di soggiorno possa essere negato automaticamente, in forza del solo rilievo della subita condanna per determinati reati. Nell’ambito delle relazioni interpersonali, infatti, ogni decisione che colpisce uno dei soggetti finisce per ripercuotersi anche sugli altri componenti della famiglia e il distacco dal nucleo familiare, specie in presenza di figli minori, è decisione troppo grave perché sia rimessa in forma generalizzata e automatica a presunzioni di pericolosità assolute, stabilite con legge, e ad automatismi procedurali, senza lasciare spazio ad un circostanziato esame della situazione particolare dello straniero interessato e dei suoi familiari. In questo senso, la disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5, contrasta con gli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost. nella parte in cui non estende la tutela rafforzata ivi prevista a tutti i casi in cui lo straniero abbia nello Stato legami familiari . Ad analoghe considerazioni conduce anche l’esame dell’art. 8 della CEDU, come applicato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, pure evocato a parametro interposto del presente giudizio, in riferimento all’art. 117 Cost., comma 1 . 8.- La giurisprudenza di questa Corte ha dato invece della clausola di coesione familiare di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis una interpretazione estensiva. Ad esempio, si è ritenuto che due stranieri, madre e figlia maggiorenne, entrambi attinti da provvedimento espulsivo per mancato possesso di un valido ed efficace permesso di soggiorno, possano opporre al provvedimento espulsivo il proprio legame familiare reciproco, benché nessuno dei due vanti un valido titolo a rimanere sul territorio nazionale, valorizzando il loro radicamento cioè l’integrazione sociale e l’assenza di legami socioculturali con il Paese d’origine Cass. n. 15362/2015 . Sulla stessa linea, si è valorizzata l’integrazione sociale pur in presenza di legame familiare debole in un caso in cui il figlio maggiorenne si era distaccato dal genitore Cass. n. 18608/2014 e si è considerata irrilevante la mancanza di convivenza Cass. n. 14176/2016 , con un effetto distonico rispetto alla causa tipizzata di inespellibilità prevista per lo straniero convivente con parenti o con il coniuge di nazionalità italiana art. 19, comma 2, lett. c . Detti arresti, a fondamento della suddetta interpretazione estensiva del diritto all’unità familiare, si pongono in continuità con la giurisprudenza della Corte Edu che equipara la vita privata e quella familiare, art. 8 Cedu , recepita dalla sentenza costituzionale n. 202 del 2013 che, da un lato, vieta automatismi espulsivi e, dall’altro, impone una valutazione caso per caso, con riferimento allo straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese considerano la fattispecie espulsiva costituita dal mancato possesso di un valido ed efficace permesso di soggiorno, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b , come senz’altro quella meno grave rispetto alle altre ipotesi stabilite nel comma 2, lett. a e c , che riguardano l’ingresso irregolare e i casi di pericolosità sociale dello straniero Cass. n. 15362/2015 e, talora, assimilano i titoli espulsivi di cui alle lett. a essersi sottratto ai controlli di frontiera e b , ritenendo trattarsi sempre di mero mancato possesso di permesso di soggiorno Cass. n. 23957/2018 ritengono che il suddetto esito ermeneutico sia in funzione di un corretto bilanciamento tra il diritto dello Stato alla conservazione di un regime di sicurezza e di controllo del fenomeno migratorio ed il nucleo dei diritti della persona connessi all’applicazione del principio di non refoulement Cass. n. 15362/2015 . 9.- È opportuno svolgere alcune precisazioni di ordine sistematico, dovendosi rilevare che i richiamati precedenti di questa Corte lasciano spazio a profili di incertezza nell’intendere la nozione di legame familiare , ai fini dell’operatività della clausola della coesione familiare. In primo luogo, in entrambe le ipotesi previste dalle lettere a e b del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 la prima è quella in cui lo straniero sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, la seconda è quella in cui si sia trattenuto nel territorio dello Stato senza una valido titolo di soggiorno lo straniero si trova in condizione di irregolarità o clandestinità e ne è prevista l’espusione con provvedimento vincolato e non sindacabile dal giudice ordinario tra le tante, Cass. n. 15676/2018, n. 12976/2016 . In secondo luogo, a proposito della violazione del principio di non-refoulement, nell’ottavo Considerando della Direttiva CE n. 115 del 2008 Si riconosce che è legittimo che gli Stati membri procedano al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, purché esistano regimi in materia di asilo equi ed efficienti che rispettino pienamente il principio di non-refoulement . In terzo luogo, se è vero che la clausola, per definizione elastica, della unità familiare , che impone di valutare i legami familiari dello straniero, è a presidio del divieto di automatismi espulsivi, è anche vero che il compito di operare il bilanciamento tra i valori in campo - il controllo del fenomeno migratorio e i diritti delle persone di derivazione anche internazionale - è riservato al legislatore. La stessa Corte costituzionale ha osservato di non poter interferire nelle scelte di politica nazionale in tema di immigrazione che spettano al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità sent. n. 172/2012, n. 250/2010, n. 148/2008 , rappresentando il potere di disciplinare l’immigrazione un profilo essenziale della sovranità dello Stato, in quanto espressione del controllo del territorio sent. n. 250/2010 cfr. n. 353/1997 . 10.- Il Collegio ritiene che la clausola dei legami familiari si inserisca in una disposizione l’art. 13, comma 2 bis, come l’art. 5, comma 5 che già imponeva di tenere conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato , ma che la citata sentenza costituzionale l’abbia resa criterio condizionante come causa ostativa all’espulsione in alternativa alle ipotesi del familiare ricongiunto o in cui esistano le condizioni del diritto al ricongiungimento, a norma dell’art. 29 . Gli altri criteri indicati nell’ultima parte del comma 2 bis - durata del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale ed esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine - sono meramente integrativi, nel senso che possono venire in rilievo solo se lo straniero abbia legami familiari nel territorio dello Stato . Se in passato si escludeva la possibilità di ricorrere ai suddetti criteri integrativi laddove mancasse l’unica condizione prevista allora dalla legge per l’operatività della clausola di salvaguardia della coesione familiare avere esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, a norma dell’art. 29, cfr. Cass. n. 20838 del 2010 , analogamente, dopo la sentenza costituzionale n. 202 del 2013, non è possibile ricorrere ai suddetti criteri integrativi se lo straniero non abbia legami familiari nel territorio dello Stato . 11.- È necessario pertanto chiarire l’ambito contenutistico e l’effettivo significato di tale nozione, la cui applicazione richiede un attento e delicato esame delle differenti fattispecie concrete da parte del giudice, tenuto a valutare la effettiva consistenza di quei legami, che devono essere particolarmente stretti e che possono essere desunti da vari elementi oggettivi, quali l’esistenza di un rapporto di coniugio e la durata del matrimonio, la nascita di figli e la loro età, la convivenza, altri fattori che testimonino l’effettività di una vita familiare, la dipendenza economica dei figli maggiorenni e dei genitori, le difficoltà che il coniuge o i figli rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione. Il fine da perseguire è quello di interpretare la clausola della coesione familiare, in funzione ostativa dell’espulsione, in modo sistematicamente coerente con il vigente sistema normativo, il quale non esclude l’espellibilità pur prevedendone l’attuazione con modalità compatibili con le singole situazioni personali neppure nei casi in cui siano in gioco altri diritti fondamentali della persona di pari, se non superiore, rango art. 19, comma 2 bis , oltre a riconoscere il diritto all’unità familiare alle condizioni previste dal presente testo unico art. 28, comma 1 e cfr. art. 29, comma 3 . 12.- Nel caso in esame, il decreto impugnato ha accolto il ricorso limitandosi a rilevare l’inserimento sociale e familiare del Signor K.A. e il fatto che egli vive con i propri genitori e frequenta con profitto una scuola professionale, senza alcuna indagine sull’effettività del legame familiare alla stregua dei parametri sopraindicati. Si tratta di omissioni decisive che viziano l’accertamento del fatto di cui il giudice di merito ha dato conto con motivazione meramente apparente, rivelando anche falsa applicazione della norma applicabile, avendo il Giudice di Pace dato rilievo a un elemento di fatto, quale l’integrazione sociale, non pertinente in mancanza di legami familiari qualificati. 13.- In conclusione, nei suddetti termini il ricorso è accolto e l’impugnato decreto è cassato con rinvio, anche per la pronuncia sulle spese della presente fase, al Giudice di Pace di Firenze, in persona di diverso magistrato, che dovrà fare applicazione del seguente principio di diritto In tema di espulsione del cittadino straniero, a seguito della sentenza n. 202 del 2013 della Corte costituzionale e in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU, il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, si applica - con valutazione caso per caso, in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE - anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare. Tuttavia, in caso di mancato esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, i legami familiari dello straniero nel territorio dello Stato, per consentire l’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato comma 2 bis, devono essere soggettivamente qualificati ed effettivi e il giudice di merito è tenuto a darne conto adeguatamente, sulla base di vari elementi, quali l’esistenza di un rapporto di coniugio e la durata del matrimonio, la nascita di figli e la loro età, la convivenza, la dipendenza economica dei figli maggiorenni e dei genitori, le difficoltà che essi rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione, altri fattori che testimonino l’effettività di una vita familiare. In mancanza di legami familiari qualificati nel senso anzidetto, non è possibile ricorrere ai criteri suppletivi della durata del soggiorno, dell’integrazione sociale nel territorio nazionale e dei legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia al Giudice di Pace di Firenze, in persona di diverso magistrato, anche per le spese.