Il difficile contesto economico in patria è elemento insufficiente per la protezione

Respinta definitivamente la richiesta presentata da un cittadino nigeriano. Irrilevante, secondo i Giudici, la comparazione tra le condizioni di vita nel Paese di origine ed in Italia.

Difficile la situazione economica del Paese d’origine dello straniero approdato in Italia. Questo elemento, pur certo, non è sufficiente per legittimare la richiesta di protezione presentata dall’uomo Cassazione, sentenza n. 538/2019, Sezione Prima Civile, depositata l’11 gennaio 2019 . Vicenda. Riflettori puntati su un cittadino nigeriano. Egli, una volta arrivato in Italia, presenta domanda di protezione , ponendo in evidenza i pericoli connessi a un suo ritorno in patria. Gli elementi messi sul tavolo dall’uomo non convincono però né lo Stato né i Giudici, che, sia in Tribunale che in Corte d’Appello, ritengono legittimo il diniego della protezione . A chiudere il cerchio provvede ora la Cassazione, che soprattutto si sofferma sulla situazione di vulnerabilità lamentata dall’immigrato e connessa alla situazione economica del Paese di provenienza . A questo proposito, i Giudici chiariscono che i seri motivi di carattere umanitario per la concessione della protezione possono riscontrarsi nel caso in cui risulti non soltanto un’effettiva ed incolmabile sproporzione tra i contesti di vita dei due Paesi – quello di origine e quello di approdo – nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa ma siano individuabili specifiche correlazioni tra tale sproporzione e la vicenda personale dello straniero. Altrimenti, annotano i Giudici, si finisce per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese di origine . Tirando le somme, le differenze tra i due Paesi – Nigeria e Italia, in questo caso – non possiedono alcun rilievo, sempre che esse non abbiano prodotto specifiche ricadute individuali, distinte da quelle destinate a prodursi sulla generalità delle persone provenienti da quel determinato ambito territoriale , da quella determinata nazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 dicembre 2018 – 11 gennaio 2019, n. 538 Presidente Tirelli – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - Ka. Ab. propone ricorso per cassazione per tre mezzi nei confronti del Ministero dell'Interno contro la sentenza del 19 settembre 2017 con cui la Corte d'appello dell'Aquila ha respinto l'appello proposto avverso la decisione del Tribunale di rigetto dell'opposizione al diniego del riconoscimento della protezione internazionale o in subordine di quella umanitaria. 2. - L'amministrazione intimata non ha spiegato difese. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso contiene tre motivi. Il primo motivo denuncia violazione dell'articolo 14, lettera e, del decreto legislativo numero 251 del 2007, censurando la sentenza impugnata per aver considerato la situazione dell'Edo State, così implicitamente facendo applicazione del principio sancito dall'articolo 8 della direttiva 2004/83/CE, principio tuttavia non applicabile poiché non recepito nell'ordinamento interno. Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo numero 251 del 2007, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di applicare il principio dell'onere probatorio attenuato vigente nella materia, non utilizzando i propri poteri istruttori officiosi. Il terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo numero 286 del 1998, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di valutare la condizione di vulnerabilità del ricorrente. 2. - Il ricorso è inammissibile. 2.1. - È inammissibile il primo motivo. È difatti richiamato a sproposito il principio secondo cui il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato politico o della misura più gradata della protezione sussidiaria non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del paese d'origine ove non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi , atteso che tale esclusione, prevista nell'articolo 8 della direttiva 2004/83/CE ed il cui inserimento nell'atto normativo interno di attuazione della direttiva stessa costituisce una mera facoltà degli Stati membri, non è stata trasposta nel d.lgs. n. 251 del 2007 Cass. 9 aprile 2014, n. 8399, in motivazione . Nel caso in esame, difatti, la Corte d'appello non ha per nulla ritenuto che il ricorrente potesse spostarsi da una zona connotata dalla presenza di una situazione di violenza indiscriminata in un'altra zona del paese ha invece affermato che la zona da cui proveniva Ka. Ab., Edo State, non versava in situazione tale da giustificare il riconoscimento della protezione richiesta in via principale. Sicché il ricorrente ha frainteso la ratio decidendi. 2.2. - È inammissibile il secondo motivo. Anche in questo caso il ricorrente muove da un palese fraintendimento della motivazione addotta dal giudice di merito, giacché questi, lungi dal ritenere non provata la domanda di protezione - nel qual solo caso avrebbe avuto un possibile fondamento logico la doglianza concernente l'omessa osservanza del suo dovere di cooperazione istruttoria -, ha ritenuto in positivo comprovato, attraverso il report EASO 2017 contenente le COI sulla Nigeria, che nella zona di provenienza di Ka. Ab. non vi fosse, come si è detto, una situazione tale da giustificare il riconoscimento della protezione internazionale. 2.3. - E' inammissibile il terzo motivo Ka. Ab. lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe valutato la sua condizione di vulnerabilità doglianza, questa, che ancora una volta prescinde del tutto dalla considerazione della motivazione addotta dalla Corte d'appello, la quale ha invece escluso che il ricorrente manifestasse una situazione di individuale vulnerabilità, avendo allegato circostanze concernenti la sola situazione economica del paese di provenienza. La pronuncia è così conforme al principio ribadito - senza che sorga questione in ordine alla verifica dell'applicabilità del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1. dicembre 2018, n. 132 - secondo cui il diritto alla protezione umanitaria è in ogni caso collegato alla sussistenza di seri motivi , non tipizzati o predeterminati, neppure in via esemplificativa, dal legislatore, cosicché essi costituiscono un catalogo aperto, tutti accomunati dal fine di tutelare situazioni di vulnerabilità individuale attuali o pronosticate in dipendenza del rimpatrio non può cioè essere in nessun caso elusa la verifica della sussistenza di una condizione personale di vulnerabilità, occorrendo dunque una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e alla quale si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio i seri motivi di carattere umanitario possono allora positivamente riscontrarsi nel caso in cui, all'esito di tale giudizio comparativo, risulti non soltanto un'effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, ma siano individuabili specifiche correlazioni tra tale sproporzione e la vicenda personale del richiedente, perché altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d'origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui all'art. 5, comma 6, D.Lgs. 286 cit. Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455 . Di guisa che la sproporzione tra i due contesti di vita non possiede di per sé alcun rilievo, salvo emerga che essa ha prodotto specifiche ricadute individuali, distinte da quelle destinate a prodursi sulla generalità delle persone provenienti dal medesimo ambito territoriale. Ciò detto, la censura mira dunque ad una rivalutazione del giudizio di merito svolto dalla corte d'appello ed evidentemente insindacabile in questa sede. 3. - Nulla per le spese. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. Per questi motivi dichiara inammissibile il ricorso.