La breve durata del segnale giallo al semaforo non esclude la sanzione

Se dagli accertamenti tecnici risulta un regolare funzionamento del sistema di segnalazione luminosa, dedurre la breve durata della luce semaforica gialla di avvertenza” non è sufficiente per escludere la sanzione amministrativa per violazione della segnaletica stradale.

La breve durata di proiezione della luce semaforica gialla non basta per sottrarre un automobilista dalla sanzione amministrativa ex art. 146, comma 3 c.d.s Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 567/19, depositata l’11 gennaio. La vicenda. Un'automobilista proseguiva la marcia non osservando il segnale rosso d’arresto impartito dal semaforo. Nei confronti della conducente veniva elevato verbale redatto dalla Polizia Municipale di Terre d’Acqua, in cui veniva accertata la violazione dell’art. 146, comma 3 c.d.s Avverso tale verbale l’automobilista propone opposizione sostenendo che la durata di proiezione della luce semaforica gialla fosse troppo breve, brevità che non consentiva l’arresto in sicurezza del veicolo all’apparire della luce rossa . Inoltre, l’opponente contestava la difesa da parte dell’Amministrazione poiché avrebbe avuto per oggetto violazione e veicoli diversi . Tesi rigettate sia dal Giudice di Pace che dal Tribunale di Bologna successivamente adito. Secondo i Giudici del Tribunale mancava la prova relativa all’insufficiente durata del segnale giallo, onere gravante sull’appellante, e inoltre, sulla base dei tre fotogrammi giunti all’attenzione dei Giudici, la non corretta indicazione della targa del veicolo era un semplice errore materiale . L’automobilista ricorre in Cassazione deducendo la violazione dell’art. 2697 c.c. in tema dell’onere probatorio affermando che sarebbe stato onere dell’Amministrazione dimostrare l’adeguatezza dei tempi di permanenza della luce semaforica gialla. Gli adeguati accertamenti. In riferimento alla deduzione circa la violazione delle norme sull’onere della prova, gli Ermellini ritengono privi di lacune gli accertamenti svolti dal Tribunale. Dalle risultanze della sentenza impugnata emerge, infatti, che l’esclusione dell’insufficiente durata della luce semaforica gialla era conseguenza del cronometraggio effettuato dagli organi della Pulizia Municipale - verifica che comprovava l’adeguatezza del segnale stradale ai sensi della normativa di settore -. Inoltre era stato depositato il certificato di omologazione e il verbale di collaudo e di verifica annuale circa il corretto funzionamento del sistema di segnalazione luminosa. In conclusione, considerato che sulla base degli accertamenti eseguiti in sede d’appello risulta che il segnale d’arresto rosso – sistema correttamente funzionante - era già scattato ancor prima che il veicolo attraversasse la linea semaforica e poiché il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e concludenza spetta in via esclusiva al giudice del merito, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 7 novembre 2018 – 11 gennaio 2019, n. 567 Presidente Lombardo – Relatore Scalisi Fatti di causa e ragioni della decisione In data 12 gennaio 2011, nei confronti di F.A. , veniva elevato verbale redatto dalla Polizia Municipale di Terre d’Acqua n. 3951R/2011, PR n. 172/2011 in cui si accertava la violazione del C.d.S., art. 146, comma 3. Avverso detto verbale la sig.ra F. proponeva opposizione davanti al Giudice di Pace territorialmente competente, sostenendo che la durata di proiezione della luce semaforica gialla fosse stata di tale brevità da non consentire l’arresto in sicurezza del veicolo all’apparire della luce rossa. Il Giudice di Pace di Bologna, con sentenza n. 9915 del 2011 rigettava il ricorso ritenendo non provate le asserzioni della ricorrente. La ricorrente interponeva appello, avverso tale sentenza, lamentando l’omessa valutazione del giudice di prime cura della effettiva durata della luce semaforica gialla contestando, altresì, la difesa da parte dell’Amministrazione che avrebbe avuto per oggetto violazione e veicoli diversi. Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 927 del 2017, rigettava l’appello ritenendo, da un lato, un semplice errore materiale, la non corretta indicazione della targa del veicolo la mancanza di riscontro di prova circa l’effettiva insufficiente durata semaforica che innescava la violazione contestata. Precisava, altresì, che il Codice della Strada non dispone nulla circa una durata determinata per la proiezione delle segnalazioni semaforiche luminose. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da F.A. con ricorso affidato a due motivi. Il Comune di Anzola dell’Emilia, ora Unione dei Comuni di Terre d’Acqua, in questa sede non ha svolto attività giudiziale. 1. = F.A. lamenta a Con il primo motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 delle norme di diritto sull’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in relazione alla infrazione di cui all’art. 146 C.d.S., comma 3 passaggio con semaforo rosso ed accertamento del C.d.S., ex art. 201, comma 1 bis, lett. b e comma 1 ter, con apparecchiature automatiche omologate pag. 3 . Secondo la ricorrente il Tribunale non avrebbe tenuto conto che la valutazione circa l’adeguatezza della durata semaforica gialla non sarebbe stata fornita dall’Amministrazione e sarebbe stato suo onere dimostrare che i tempio di permanenza del semaforo giallo era stato adeguato. b Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 delle norme di diritto sull’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in relazione alla infrazione di cui al C.d.S., art. 41, comma 10, pag. 6 . Secondo la ricorrente il Tribunale non avrebbe correttamente valutato tutta una serie di indizi che conducevano a presumere l’irregolare funzionamento del semaforo nel periodo durante il quale veniva riscontrata l’infrazione oggetto di contestazione. Su proposta del relatore, il quale riteneva che i motivi formulati con il ricorso potevano essere dichiarati infondati, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1 , il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio. Rileva il collegio che il ricorso, con riferimento a tutte e due le avanzate censure, deve essere ritenuto inammissibile, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore, ai sensi del cit. art. 380-bis c.p.c 1.1. = È inammissibile il primo perché non coglie l’effettiva ratio decidendi. Come emerge con chiarezza dalla sentenza impugnata il Tribunale ha escluso l’asserita insufficiente durata della luce semaforica gialla sia perché al cronometraggio effettuato dagli organi della Pulizia Municipale la durata della luce gialla sarebbe risultata adeguata ai sensi della Risoluzione del Ministero dei Trasporti n. 67906 del 2007, sia perché il Commissario B. attestava il regolare funzionamento del semaforo e del sistema di segnalazione luminosa depositando in primo grado il certificato di omologazione ed il verbale di collaudo e di verifica annuale. A contrario il Tribunale ha verificato che le asserzioni della F. erano prive di riscontro concreto non avendo questa dato alcuna prova neppure dei rilevamenti dalla stessa effettuata che con le risorse di oggi sarebbe stato possibile registrare. 1.2. = E di più, il Tribunale ha anche accertato che dal primo dei tre fotogrammi costituenti il compendio fotografico risultava come la luce rossa del semaforo era già scattata ancor prima che il veicolo attraversasse la linea semaforica. Considerato, inoltre, che la luce rossa era stata preceduta anche dalla luce gialla in corrispondenza della quale il conducente è tenuto a rallentare e a predisporre il veicolo all’arresto deve ritenersi che il conducente abbia avuto il tempo necessario per effettuare l’arresto del veicolo in sicurezza . . È, dunque, di tutta evidenza che il Tribunale abbia considerato e valutato, con ragionamento razionalmente condivisibile, tutti i dati processuali dai quali risultava che la violazione dell’art. 142 era pienamente consumata senza alcuna giustificazione. 2.1. = È inammissibile anche il secondo motivo. Va qui permesso il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza - nonché di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti - spetta in via esclusiva al giudice del merito di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che le censure concernenti il difetto di motivazione possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimità di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito. Piuttosto, a fronte delle valutazioni del Tribunale la ricorrente contrappone le proprie ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il riesame del merito solo perché la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le loro aspettative. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non occorre procedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione posto che l’Unione dei Comuni di Terre d’Acqua in questa sede non ha svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.