La mancata riassunzione nei confronti della parte colpita da evento interruttivo non si estende all’intero processo

In caso di pluralità delle parti in causa, l’evento interruttivo del processo relativo ad una di esse come in caso di sopravvenuta dichiarazione di fallimento della parte chiamata in garanzia ha portata limitata a quest’ultima e non si estende all’intera vicenda processuale.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32228/18, depositata il 13 dicembre. Il caso. Il Tribunale di Padova veniva adito con opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca. L’opponente chiamava in causa altri soggetti al fine di essere tenuto indenne. Tra di essi, una s.r.l. veniva dichiarata contumace e successivamente il giudice dichiarava l’interruzione del processo per il fallimento della stessa. La parte opposta, con istanza di riassunzione, eccepiva l’estinzione del processo per tardività della riassunzione in quanto con memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c. era stata già allegata visura camerale da cui risultava il fallimento della società. Il Tribunale dichiarava dunque l’estinzione del processo. La decisione veniva confermata in appello per acquiescenza dell’appellante rispetto all’ordinanza dichiarativa dell’interruzione. L’opponente ricorre dunque in Cassazione. Acquiescenza. Il Collegio in primo luogo premette che non è configurabile l’acquiescenza rispetto all’ordinanza di interruzione del processo. Se infatti questa sia stata emessa in carenza dei presupposti di cui all’art. 300 c.p.c., si realizza una situazione processuale analoga a quella prevista dall’art. 289 c.p.c. e cioè di mancata fissazione dell’udienza successiva a fronte della quale la parte ha l’onere di proporre istanza di prosecuzione del processo nel termine perentorio di sei mesi. Inoltre, laddove risulti mancante il presupposto dell’interruzione totale, l’istanza di riassunzione è qualificabile come tempestiva ex art. 289 c.p.c Precisa poi la Corte che, al fine della decorrenza della riassunzione della causa con riferimento all’evento interruttivo del fallimento della società, rileva la conoscenza legale dell’evento acquisita tramite una dichiarazione, notificazione o certificazione che determini l’interruzione del processo, rimanendo irrilevante la conoscenza di fatto dell’intervenuto fallimento. Portata dell’evento interruttivo. Secondo il ricorrente, l’evento interruttivo del rapporto processuale riguarda solo la parte colpita dall’evento stesso. Tale affermazione viene condivisa dalla Corte che, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite n. 15142/07 sul punto, disattende la tesi del giudice di merito secondo cui, in mancanza di separazione delle cause, l’effetto interruttivo si realizza per l’intero processo. Applicando tali principi al caso di specie, gli Ermellini giungono ad affermare che l’interruzione determinata dal fallimento della parte chiamata in garanzia ha riguardato il solo rapporto processuale relativo alla parte attinta dall’evento interruttivo e che la rilevata tardività dell’istanza di riassunzione, con il relativo effetto dell’estinzione del processo dichiarato dal giudice, ha riguardato solo il rapporto processuale relativo a quella parte. Non si assiste dunque ad alcuna propagazione dell’interruzione rispetto al rapporto processuale con le altre parti, ragion per cui il ricorrente non aveva l’onere di provvedere alla riassunzione. Il giudice di prime cure, riscontrata la mancata riassunzione tempestiva nei confronti della parte colpita dall’evento interruttivo, avrebbe dovuto provvedere con la prosecuzione del procedimento relativamente alle altre parti, peraltro tempestivamente richiesta dal ricorrente con l’istanza qualificabile ex art. 289 c.p.c Il ricorso viene dunque accolto e la sentenza cassata con rinvio al Tribunale di Padova in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 17 ottobre – 13 dicembre 2018, n. 32228 Presidente Armano – Relatore Scoditti Rilevato che F.G. propose opposizione innanzi al Tribunale di Padova avverso il decreto ingiuntivo emesso per l’importo di Euro 928.796,66 in favore di Banca Antonveneta s.p.a. poi Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. . Previa autorizzazione del Tribunale, l’opponente chiamò in causa ai fine di essere tenuto indenne s.r.l., F.M. , F.I. , F.M. , F.C. ed omissis s.r.l In particolare . s.r.l. fu dichiarata contumace all’udienza del 23 marzo 2011 ed all’udienza del 16 dicembre 2011 venne dichiarata l’interruzione del processo per il fallimento della società contumace. Proposta istanza di riassunzione in data 15 febbraio 2012, all’udienza del 27 novembre 2013 la parte opposta eccepì l’estinzione del processo per tardività della riassunzione in quanto con memoria ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ., depositata in data 19 maggio 2011, era stata allegata visura camerale da cui risultava il fallimento di . s.r.l Il Tribunale adito dichiarò l’estinzione del processo. Proposto appello da parte di F.G. , con sentenza di data 12 ottobre 2016 la Corte d’appello di Venezia rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che vi era stata acquiescenza dell’appellante rispetto all’ordinanza dichiarativa dell’interruzione, avendo provveduto a riassumere il giudizio nei confronti di tutte le parti del giudizio e non solo nei confronti della società fallita, e che in mancanza di provvedimento di separazione da parte del giudice l’interruzione dell’intero giudizio impone la riassunzione nei confronti di tutte le parti. Aggiunse che l’interruzione opera di diritto ai sensi dell’art. 43 legge fallimentare e che nel caso di specie si era verificata con la produzione in udienza della dichiarazione di fallimento da parte di Banca Antonveneta all’udienza del 19 maggio 2011. Ha proposto ricorso per cassazione F.G. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a È stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ Considerato che con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 177, 274, 299, 300 e 303 cod. proc. civ., 43 legge fallimentare, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ Osserva il ricorrente che non vi era stata acquiescenza né alla pronuncia di estinzione né alla dichiarazione di interruzione, peraltro nulla ed improduttiva di effetti nella misura in cui riferita all’intero processo, e che stante la revocabilità dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione nessuna acquiescenza era ipotizzabile. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 274, 299, 300, 303, 305 e 307 cod. proc. civ., 43 legge fallimentare e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ Osserva il ricorrente che nella misura in cui l’ordinanza del 16 dicembre 2011 si intenda riferita all’interruzione dell’intero processo è da ritenere inidonea a far decorrere il termine per la riassunzione, ed improduttiva dell’effetto interruttivo esteso all’intero processo, in quanto l’interruzione opera di diritto e nel caso di cause scindibili, in presenza di litisconsorzio facoltativo, l’interruzione colpisce solo la causa coinvolta dall’evento interruttivo, e dunque nella specie la sola causa relativa ad . s.r.l., avuto riguardo sia a Cass. n. 15142 del 2007 che a Cass. n. 9686 del 2013 né l’interruzione parziale poteva ritenersi subordinata alla separazione delle cause . Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 274, 299, 300, 303, 305 e 307 cod. proc. civ., 43 legge fallimentare e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ Osserva il ricorrente che l’effetto automatico dell’interruzione ai sensi dell’art. 43 legge fall. può aversi solo per la causa che ha come parte il soggetto colpito dall’evento interruttivo, mentre quanto alle altre parti l’ordinanza ha natura non dichiarativa ma costitutiva dell’interruzione, sicché il dies a quo del termine per la riassunzione non può che essere identificato nella medesima ordinanza. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 274, 299, 300, 303, 305 e 307 cod. proc. civ., 43 legge fallimentare e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ Osserva il ricorrente che, anche ove la declaratoria di interruzione abbia avuto ad oggetto l’intero processo, nel caso di cause connesse e scindibili la dichiarazione di estinzione può avere ad oggetto solo la causa interessata dall’evento interruttivo. I motivi, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono fondati nei limiti di quanto appresso indicato. Va premessa l’inconfigurabilità di un fenomeno di acquiescenza rispetto all’ordinanza di interruzione. Ove questa sia stata emessa in carenza dei presupposti di cui all’art. 300 cod. proc. civ. si realizza una situazione processuale analoga a quella prevista dall’art. 289 cod. proc. civ., e cioè di mancata fissazione dell’udienza successiva, rispetto alla quale la parte ha l’onere di proporre istanza di prosecuzione del processo nel termine perentorio di sei mesi da ultimo fra le altre Cass. n. 24546 del 2009 . Ove risulti mancante il presupposto dell’interruzione totale e non parziale del processo la proposta istanza di riassunzione è suscettibile di essere qualificata come tempestiva istanza ai sensi dell’art. 289. Peraltro l’ordinanza di interruzione è priva di natura decisoria, non statuendo affatto sulle questioni concernenti la mancata prosecuzione del giudizio e la sua estinzione. Deve in primo luogo essere identificato il termine di decorrenza della riassunzione della causa con riferimento all’evento interruttivo rappresentato dal fallimento della società. Costante è l’indirizzo di questa Corte nel senso che in caso di interruzione del processo determinata, ipso iure , dall’apertura del fallimento, giusta l’art. 43, comma 3, l. fall. aggiunto dall’art. 41 del d.lgs. n. 5 del 2006 , al fine del decorso del termine trimestrale per la riassunzione è necessaria la conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita cioè non in via di fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo, assistita da fede privilegiata fra le altre da ultimo Cass. 9 aprile 2018, n. 8640 . Deve pertanto aversi riguardo non alla conoscenza di fatto della dichiarazione di fallimento, ma alla conoscenza legale dell’evento interruttivo. Criterio di conoscenza legale è senza dubbio quello contemplato dall’art. 300 cod. proc. civ In particolare se l’evento interruttivo riguarda la parte dichiarata contumace, come nel caso di specie, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall’altra parte. Avendo l’odierna intimata documentato con la documentazione allegata alla memoria ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ. l’intervenuto fallimento, il termine per la riassunzione deve farsi decorrere da tale attività processuale di documentazione, e dunque dal 19 maggio 2011. Rispetto a tale data tardiva è l’istanza di riassunzione. Afferma il ricorrente che l’evento interruttivo ha riguardato solo il rapporto processuale relativo alla parte colpita dall’evento in discorso. Trattasi di rilievo fondato. Deve muoversi dall’arresto di Cass. Sez. U. 5 luglio 2007, n. 15142, secondo cui nel caso di trattazione unitaria di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili l’evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse, opera di regola solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento. Sulla base di tale premessa Cass. Sez. U. 22 aprile 2013, n. 9686 ha poi affermato che nell’ipotesi di trattazione nell’ambito del medesimo processo della domanda di risarcimento del danno e di quella di garanzia, proposta dal convenuto nei confronti del proprio assicuratore della responsabilità civile, in presenza d’un evento interruttivo che tocchi una sola delle due cause connesse l’eventuale ordinanza che dichiari interrotto il processo produce gli effetti di cui agli artt. 300 e ss. cod. proc. civ. solo con riferimento alla causa in cui si è verificato l’evento interruttivo mentre l’altra causa non separata resta in una fase di stallo o di rinvio , destinata necessariamente a cessare per effetto della riassunzione della causa interrotta o dell’estinzione di essa . A tale conclusione Cass. Sez. U. 22 aprile 2013, n. 9686 è pervenuta considerando che per effetto della chiamata in causa non si realizza una situazione processuale che si atteggi con le stesse caratteristiche del processo a litisconsorzio necessario. In particolare è stata esclusa la rilevanza del parametro offerto dall’art. 331 cod. proc. civ. in quanto relativo solo alla fase dell’impugnazione. La successiva evoluzione della giurisprudenza, secondo cui la chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 cod. proc. civ. Cass. Sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707 , non fa venir meno la conclusione di Cass. n. 9686 del 2013 proprio perché la rilevanza del litisconsorzio necessario processuale emerge in sede di gravame, avuto anche riguardo all’esito cui il processo di primo grado è pervenuto. In mancanza di un litisconsorzio necessario originario e sostanziale, quello meramente processuale acquista rilievo quindi, sotto il profilo dell’inscindibilità delle cause, in sede di impugnazione della sentenza di primo grado. Non può convenirsi con la tesi del giudice di merito secondo cui, in mancanza di provvedimento di separazione delle cause, l’effetto interruttivo si realizza per l’intero processo. In tal modo si farebbe dipendere dall’esercizio di un potere discrezionale del giudice, quale quello di disporre la separazione, l’interruzione parziale e non totale del processo. L’orientamento della giurisprudenza di questa Corte è difforme da tale conclusione. Nel caso di cumulo di cause l’evento interruttivo riguardante una causa non si propaga all’altra ed il giudice ha la facoltà, non l’obbligo, di separare le cause, sicché, ove non si avvalga di tale facoltà, una volta mancata la riassunzione nell’interesse della parte colpita dall’evento interruttivo e determinatasi l’estinzione parziale del giudizio nei confronti di quest’ultima, il processo relativo all’altra controversia deve continuare non potendosi profilare l’estinzione anche di tale giudizio Cass. Sez. U. 22 aprile 2013, n. 9686 20 aprile 2017, n. 9960 - non significativi sono i precedenti sulla base delle quali il giudice di appello è pervenuto alle sue erronee conclusioni, e cioè Cass. 18 settembre 2015, n. 18318, che si limita a rilevare che nel caso in cui il giudice, a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze, non separi le cause ma interrompa l’intero processo, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine semestrale, deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le parti, e Cass. 14 aprile 2016, n. 7381, che richiama la prima . Deve pertanto concludersi nel senso che l’interruzione determinata dal fallimento della parte chiamata in garanzia ha riguardato solo il rapporto processuale relativo alla parte attinta dall’evento interruttivo e che la rilevata tardività dell’istanza di riassunzione, con il relativo effetto dell’estinzione del processo dichiarato dal giudice, ha riguardato solo il rapporto processuale relativo ad . s.r.l L’evento interruttivo riguardante quest’ultima non si è propagato al rapporto processuale con le altre parti, sicché l’odierno ricorrente non aveva alcun onere di provvedere alla sua riassunzione. Il giudice di primo grado, una volta mancata la riassunzione tempestiva nei confronti della parte colpita dall’evento interruttivo e determinatasi l’estinzione parziale del giudizio nei suoi confronti, doveva provvedere nel senso della continuazione del processo relativamente alle altre parti e non già dichiarare l’estinzione dell’intero giudizio. Tempestivamente con l’istanza di data 15 febbraio 2012, da qualificarsi come istanza ai sensi dell’art. 289, per quanto sopra osservato, è stata chiesta la prosecuzione del processo nei confronti delle parti rispetto alle quali era stata erroneamente dichiarata l’interruzione del processo. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e la causa va rinviata, ai sensi dell’art. 354, comma 2, cod. proc. civ. al Tribunale di Padova, giudice di primo grado che ha dichiarato l’estinzione dell’intero giudizio, il quale dovrà proseguire il processo nei confronti delle parti diverse da quella per la quale si è verificata l’estinzione del rapporto processuale. P.Q.M. accoglie il ricorso e cassa la sentenza rinvia al Tribunale di Padova, giudice di primo grado, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.