Possibile “sanatoria” del ricorso in Cassazione privo di attestazione di conformità

Il ricorso in Cassazione, avverso la sentenza notificata tramite PEC, è procedibile anche in assenza del deposito di copia autentica del provvedimento e della relata, nel caso in cui la notifica sia avvenuta entro i 60 giorni della notificazione della sentenza medesima.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28503/18, depositata l’8 novembre. I fatti. A seguito un contratto di locazione finanziaria di un immobile, la conduttrice si rendeva inadempiente rispetto al pagamento dei canoni di locazione. Il locatore si rivolgeva al Tribunale territoriale per ottenere la condanna di restituzione dell’immobile. Il Tribunale adito accoglieva parzialmente la domanda attorea sulla base di alcuni scambi epistolari si poteva ritenere che il contratto di locazione si era tacitamente rinnovato, essendo insussistente una specifica disdetta, riconoscendo tutt’al più l’inadempimento della conduttrice. Veniva così rigettata la domanda attorea di rilascio e condannata la conduttrice al pagamento delle mensilità – dovute - non adempiute. Il locatore si rivolgeva dunque alla Corte d’appello sostenendo che la rinnovazione tacita non poteva rilevarsi, dato che tra le parti, attraverso l’analisi di diverse conversazioni, poteva evidenziarsi la sussistenza di una differente e contraria volontà il locatore aveva più volte inimitato al conduttore il rilascio dell’immobile perché oramai detenuto senza titolo, proponendo tuttavia, in alternativa, la stipula di un nuovo accordo. La Corte accolse l’appello attoreo, condannando la conduttrice, la quale a tal punto proponeva ricorso in Cassazione ritenendo violati i canonici ermeneutici di interpretazione degli artt. 1362 e ss. c.c Una possibile sanatoria”. La Suprema Corte ritiene il ricorso improcedibile rivelando che nel caso di specie, la ricorrente aveva notificato la sentenza impugnata a mezzo PEC e si era limitata a depositare unicamente la copia cartacea del messaggio di posta elettronica, omettendo l’attestazione autografa di conformità agli originali. Tuttavia, la stessa Corte ricorda che in difetto di produzione della copia autentica del provvedimento impugnato e della relata di notificazione, il ricorso in Cassazione può essere dichiarato procedibile nel caso in cui risulti che la notificazione del ricorso si sia perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza indicata nel ricorso e quella della notificazione del ricorso emergente dalla relata di notificazione dello stesso assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma2 c.p.c. e quindi non oltre i 60 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata. Tuttavia, il principio non è applicabile al caso in esame dato che il ricorso per Cassazione veniva notificato oltre il termine di 60 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 12 aprile – 8 novembre 2018, n. 28503 Presidente Frasca – Relatore Cigna Fatti di causa Con citazione 14-3-2012 la Carifin convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Chieti la MA.EMA. sas di S.M. nonché S.M. per ottenerne la condanna all’immediata restituzione dell’immobile sito in omissis , detenuto senza causa, nonché al pagamento della somma di Euro 90.000,00 a titolo di indennità di occupazione abusiva. Era accaduto che in data 1-10-2005 la N.I.C.E. srl aveva concesso a MA.EMA. sas di S.M. il detto immobile in locazione commerciale per sei anni, con scadenza quindi al 30-9-2011, salvo tacito rinnovo in mancanza di disdetta entro i sei mesi antecedenti che la N.I.C.E. srl in data 18-5-2006 aveva venduto detto immobile a Carifin SpA, la quale poi, in pari data, lo aveva concesso in locazione finanziaria a N.I.C.E. srl che quest’ultima in data 24-1-2008 aveva ceduto il contratto di locazione finanziaria a ICEE srl, la quale però si era resa inadempiente rispetto al pagamento dei relativi canoni di locazione, sicché la Carifin in data 17-2-2009 e 15-6-2010 aveva provveduto a comunicare a ICEE l’intervenuta risoluzione di diritto, con conseguente verbale di riconsegna del bene, nel quale si dava atto della esistenza della occupazione di fatto di terzo soggetto esercitante attività di locazione giusta contratto di locazione in corso . Con sentenza 557/2015 l’adito Tribunale rigettò la domanda di rilascio, ritenendo che, come poteva desumersi dal verbale di riconsegna e da alcuni scambi epistolari, il contratto di locazione commerciale, in mancanza di disdetta, si era tacitamente rinnovato tra Carifin e MA.EMA in accoglimento, tuttavia, della domanda riconvenzionale spiegata da Carifin, dichiarò risolto per inadempimento della conduttrice morosa nel pagamento dei canoni il detto contratto di locazione commerciale e condannò la MA.EMA al pagamento delle mensilità dovute. Con sentenza 685/2016, depositata il 18 luglio 2016 e notificata il 15-9-2016, la Corte d’Appello di L’Aquila, in parziale riforma dell’impugnata decisione e in accoglimento del gravame incidentale condizionato proposto da Carifin, ha ordinato il rilascio dell’immobile in quanto detenuto senza causa, e condannato la MA.EMA a corrispondere alla Carifin, a titolo di indennità di occupazione, la somma di Euro 135.000,00, oltre ulteriore somme a maturarsi e spese di lite in particolare la Corte ha ritenuto infondata la domanda di accertamento della rinnovazione tacita del contratto di locazione, evidenziando che proprio dal comportamento tenuto dalle parti poteva desumersi la volontà delle stesse di non ritenerlo più valido ed efficace nello specifico, infatti, la Carifin con diverse missive aveva intimato il rilascio del bene perché detenuto senza titolo ed aveva proposto la stipula di un nuovo e diverso contratto tra le parti, e la MA.EMA si era dichiarata disponibile alla stipula di un nuovo contratto ma a condizioni diverse asserzioni e trattative incompatibili con la tesi della rinnovazione tacita del contratto la Corte, inoltre, ha determinato l’indennità di occupazione parametrandola al canone che la MA.EMA si era impegnata a corrispondere nel pregresso contratto con la NICE. Avverso detta sentenza MA.EMA. sas di S.M. & amp C. e S.M. , quale socio accomandatario della detta sas, propongono ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi. Carifin Italia SpA, in liquidazione, resiste con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo i ricorrenti, denunziando - ex art. 360 n. 5 cpc - omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, si dolgono che la Corte non abbia considerato che, in mancanza di una formale disdetta, il contratto, a prescindere dalla interpretazione della volontà delle parti, doveva ritenersi rinnovato tacitamente. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando - ex art. 360 n. 3 cpc - violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e seg. cc si dolgono che la Corte abbia erroneamente valutato il comportamento tenuto dalle parti, privilegiando l’esame di detto comportamento al fatto oggettivo della mancata comunicazione della disdetta e violando quindi i canoni ermeneutici di interpretazione. Con il terzo motivo i ricorrenti, denunziando ex art. 360 n. 4 cpc - nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 cpc, lamentano che la Corte, nella determinazione dell’indennità di occupazione, abbia omesso di considerare il dedotto peggioramento delle condizioni dell’immobile in costanza di rapporto di locazione nonché i riferiti esborsi sostenuti per le riparazioni e la manutenzione straordinaria dell’immobile. Il ricorso è improcedibile. Come precisato da questa S.C., in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica della decisione con la relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati relazione di notifica e provvedimento impugnato , attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi dell’art. 9, commi 1 bis e 1 ter, L. n. 53 del 1994, e depositare nei termini quest’ultima presso la cancelleria della S.C., mentre non è necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta dal fascicolo informatico Cass. 30765/2017 conf. 17450/2017 e, tra le tante successive, Cass. 11739/2018 . Nel caso di specie i ricorrenti hanno dedotto che la sentenza impugnata è stata loro notificata a mezzo PEC in data 15-12-2016, ma, in ordine a siffatta notifica, si sono limitati a depositare in giudizio la copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata loro pervenuto ed i suoi allegati relazione di notifica e provvedimento impugnato , privi tuttavia della detta attestazione autografa di conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico. Il mancato rituale deposito della relata di notifica munita di attestazione di conformità cui non ha provveduto neanche la resistente , comporta l’improcedibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio dal Giudice al riguardo, invero, è costante il principio secondo cui la previsione - di cui al secondo comma, n. 2, dell’art. 369 cod. proc. civ. - dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione - a tutela dell’esigenza pubblicistica e, quindi, non disponibile dalle parti del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale - della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente . Né al caso di specie può applicarsi il principio secondo cui pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima adempimento prescritto dall’art. 369, secondo comma, numero 2, cod. proc. civ. , il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza indicata nel ricorso e quella della notificazione del ricorso emergente dalla relata di notificazione dello stesso assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. Cass. 17066/2013 conf. 30765/2017 ed invero, nel caso in esame, il ricorso per cassazione è stato notificato in data 14-17/11-2016, e quindi oltre il termine di 60 gg dalla data di pubblicazione della sentenza 18-7-2016 , sicché era necessario dimostrare che la notifica del ricorso fosse avvenuta entro i 60 gg dalla notifica del provvedimento impugnato. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, dpr 115/2002, poiché il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis del cit. art. 13. P.Q.M. La Corte dichiara improcedibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.