L’assoggettamento del diritto all’equa riparazione alla disciplina della mediazione

Il diritto alla ragionevole durata del processo, essendo un diritto fondamentale della persona, non è disponibile né suscettibile di conciliazione, diversamente dal diritto all’equa riparazione per irragionevole durata, che invece è soggetto alla disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, essendo un diritto patrimoniale.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 27251/18 depositata il 26 ottobre. Il caso. L’appellante ricorreva in secondo grado per vedersi riconoscere un equo indennizzo per la non ragionevole durata del processo penale, durato oltre 10 anni e conclusosi con sentenza di assoluzione perché non aveva commesso il fatto. La Corte territoriale accoglieva la sua domanda, condannando il Ministero della Giustizia alla refusione del compenso a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione il Ministero. Il diritto alla ragionevole durata del processo. Sul tema la Suprema Corte rileva che il diritto alla ragionevole durata del processo, essendo un diritto fondamentale della persona, non è disponibile né suscettibile di conciliazione, diversamente dal diritto all’equa riparazione per irragionevole durata, che invece è soggetto alla disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, essendo un diritto patrimoniale. Ciò perché, nel caso che stiamo esaminando, il Ministero denuncia il fatto di come la Corte d’Appello abbia ritenuto che il termine di decadenza per proporre la domanda di equa riparazione, il quale viene sospeso, per una sola volta, nel caso di deposito dell’istanza di mediazione, decorresse dal momento del deposito dell’istanza e non dal momento successivo in cui la controparte ne sia venuta a conoscenza. A tal proposito, deve ritenersi che ai sensi dell’art. 5, comma 6, d. lgs. n. 28/2010, l’effetto interruttivo della domanda di mediazione si produce proprio dalla data successiva di comunicazione alla controparte e non alla data di deposito. Pertanto, nel caso in esame, il termine decadenziale era già trascorso allorquando l’istanza di mediazione viene comunicata e non può, dunque, determinarsi alcun effetto interruttivo. Per questi motivi sopra esposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 22 maggio – 26 ottobre 2018, n. 27251 Presidente Petitti – Relatore Federico Esposizione del fatto Con ricorso ex art. 3 l. 89/2001 D.L.D. adiva la Corte d’Appello di Brescia per chiedere il riconoscimento di un equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo penale, durato oltre dieci anni e conclusosi con sentenza di assoluzione del Gip presso il Tribunale di Brescia perché l’imputato non aveva commesso il fatto. Il Giudice designato accoglieva il ricorso, condannando il Ministero della Giustizia alla refusione di Euro 5.600,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale ed Euro 1.530,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale. Avverso tale decreto proponeva appello il Ministero della Giustizia eccependo l’inammissibilità del ricorso poiché tardivo. La Corte d’Appello di Brescia con decreto n. 20/2017 respingeva il ricorso del Ministero della Giustizia, confermando le statuizioni del giudice designato. Avverso detto decreto propone ricorso in cassazione il Ministero della Giustizia. Resiste con controricorso D.L.D. . Considerato in diritto Con il primo motivo di ricorso il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. 89/2001 e degli artt. 4 e 5 comma 6 del d. lgs. 28/2010 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver la Corte territoriale ritenuto che il termine di decadenza per proporre la domanda di equa riparazione, che viene sospeso, per una sola volta, nell’ipotesi di deposito dell’istanza di mediazione, decorresse dal momento del deposito dell’istanza e non già dal successivo momento in cui la controparte ne sia venuta a conoscenza. Il motivo è fondato. Come questa Corte ha già rilevato, il diritto alla ragionevole durata del processo, quale diritto fondamentale della persona, non è disponibile, né suscettibile di conciliazione, a differenza del diritto all’equa riparazione per durata irragionevole, che, quale diritto patrimoniale, è soggetto alla disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, in aderenza alla ratio di deflazione del contenzioso giudiziario. Pertanto, la domanda di mediazione comunicata entro il termine semestrale ex art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89 impedisce, per una sola volta , ai sensi dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, la decadenza dal diritto di agire per l’equa riparazione, potendo quest’ultimo essere ancora esercitato, ove il tentativo di conciliazione fallisca, entro il medesimo termine di sei mesi, decorrente ex novo dal deposito del verbale negativo presso la segreteria dell’organismo di mediazione Cass. SS.UU. n. 17781/2013 . Deve invero ritenersi che ai sensi dell’art. 5 comma 6 D.Igs.28/2010 l’effetto interruttivo della domanda di mediazione si produce a partire non già dalla data di deposito ma da quella, evidentemente successiva, di comunicazione alla controparte. Non appare al riguardo pertinente il riferimento all’art. 4 l. 28/2010 contenuto in ricorso, in quanto detta norma prevede che si ha riguardo alla data di deposito dell’istanza ai soli fini di determinare il tempo della domanda, mentre l’effetto interruttivo della prescrizione nonché quello di impedire la decadenza, regolato dall’art. 5 comma 6, richiede specificamente la comunicazione della domanda di mediazione alle altre parti, adempimento che, ai sensi del successivo art. 8 può essere posto in essere, con ogni mezzo idoneo a curarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Laddove dunque, come nel caso di specie, il termine decadenziale sia già decorso allorquando l’istanza viene comunicata, non può evidentemente determinarsi alcun effetto interruttivo. Il ricorso va dunque accolto. La sentenza impugnata va cassata e, considerato che la causa può essere decisa nel merito, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso ex lege 89/2001 proposto da D.L.D. per tardività dello stesso. Considerata la controvertibilità della questione sull’efficacia interruttiva della domanda di mediazione e la mancanza, alla data di deposito del ricorso, di un indirizzo consolidato di questa Corte, va disposta l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, dichiara inammissibile il ricorso proposto da D.L.D. . Spese compensate.