Spese di lite: responsabilità dell’agente della riscossione

Il concessionario della riscossione è responsabile in solido al pagamento delle spese di lite in caso di annullamento di un atto della riscossione.

Se la multa per violazione del codice della strada è annullata, l’esattore è responsabile in solido al rimborso delle spese legali. L’ente impositore e l’agente della riscossione, infatti, devono considerarsi entrambi soccombenti nei confronti del conducente che ha ricevuto il verbale di contestazione illecito. Il principio di causalità, su cui si basa quello di soccombenza, impone infatti che risponda delle spese anche l’esattore per aver posto in essere l’atto che dà origine alla lite. Il contribuente opponente deve quindi rimanere estraneo alla circostanza, rilevante solo nei rapporti interni, per cui l’agente della riscossione pone in essere atti dovuti su richiesta dell’ente impositore. Lo ha stabilito la Cassazione, Sezione Seconda Civile, con ordinanza 24678 dell’8 ottobre con cui ha rigettato il ricorso di Equitalia avverso il Comune di Roma. Controversie in cui è parte l’agente della riscossione e regolamentazione delle spese di lite. L’agente della riscossione quale titolare del potere di azione esecutiva, è il solo soggetto che, iniziando l'esecuzione, fa sorgere l'onere di contestazione in capo al debitore ed è quindi inevitabile che sia esso a sopportarne le conseguenze in dipendenza della sua veste. Ciò in nome del principio di causalità che ispira quello di soccombenza, dal momento che la lite trae origine dalla notificazione della cartella di pagamento, atto posto in essere proprio dall’esattore, anche se in esecuzione del rapporto che ha ad oggetto il servizio di riscossione. Questo è in sostanza l’ultimo approdo della giurisprudenza di legittimità in ordine alla responsabilità per il pagamento delle spese di lite. In altri termini è il principio di soccombenza che la fa da padrone, principio che deriva direttamente da quello di causalità nell’attivazione della controversia. Secondo tale interpretazione poiché l'agente di riscossione ha un vero e proprio onere di chiamare in causa l'ente creditore interessato” art. 39, d.lgs. n. 112/1999 onde evitare di subire le conseguenze negative della lite, egli ha sì la facoltà di chiedere di essere manlevato dal chiamato, quando evidentemente la contestazione ritenuta fondata non riguardi atti commessi dal medesimo agente, ma appunto vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all'altro, ma bene risponde delle spese di lite imposte dalla sua - benché doverosa in ragione della condotta dell'ente creditore - stessa condotta, in forza non già o non solo come avverrebbe se la contestazione ritenuta fondata riguardasse fatti o atti ad esso ascrivibili del principio di soccombenza, ma allora e quanto meno del principio di causalità, in forza del quale è tenuto a sopportare il carico delle spese del giudizio chi vi abbia dato luogo con il proprio comportamento Cass. n. 3101/2017 e n. 6614/2018 . Se resta salva l'azione di manleva che l'agente della riscossione può proporre nei confronti dell'ente creditore interessato e che viene a configurarsi come onere processuale in senso tecnico, non è conforme a diritto escludere aprioristicamente la responsabilità anche dell'agente della riscossione per le spese della controversia cui il debitore sia stato costretto per l'illegittimità dell'esecuzione esattoriale, minacciata od intrapresa, poi rivelatasi fondata per vizi di quella ascrivibili anche solo all'ente creditore interessato. Caso concreto. Equitalia ed il Comune di Roma erano stati condannati in solido dal Tribunale di Roma a rimborsare le spese legali sostenute da un automobilista per l’annullamento di una cartella di pagamento e del presupposto verbale di constatazione di violazione del codice della strada. Secondo la tesi di Equitalia, agendo essa come mero riscossore della pretesa e non avendo partecipato alla fase della sua determinazione, ovvero precedente all’iscrizione a ruolo con impossibilità di indagare sul merito della stessa, non potevano essergli addebitate le spese di lite visto che l’unico responsabile era l’ente impositore. Rigettata tale tesi, alla luce del consolidato orientamento, secondo cui nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite nei confronti dell’agente della riscossione la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere all’ente creditore interessato restano peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere a quest’ultimo di manlevarlo anche dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il Giudice, di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti dell’agente della riscossione e condannare al pagamento delle spese del debitore vittorioso soltanto l’ente creditore interessato o impositore quando questo è presente in giudizio, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore interessato o impositore Cass. 15390/2018 , 6614/2018 e 13357/2018 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 7 marzo 2017 – 8 ottobre 2018, n. 24678 Presidente Matera - Relatore Grasso Ritenuto Ritenuto che il Tribunale di Roma con la sentenza di cui in epigrafe, accolto l'appello avanzato da Pa. Ca. nei confronti di Roma Capitale ed Equitalia Sud s.p.a., annullò una cartella di pagamento avente presupposto in un verbale di contestazione di violazione del codice della strada, condannando gli appellati Roma Capitale ed Equitalia, al rimborso solidale delle spese legali ritenuto che avverso la predetta statuizione Equitalia Sud propone ricorso corredato da duplice censura che Roma Capitale resiste con controricorso e che la Ca. non ha svolto difese ritenuto che con il complesso censuratorio la ricorrente prospetta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 91, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., assumendo che agendo la medesima quale mero riscossore, restando del tutto estranea alla fase prodromica alla iscrizione a ruolo”, priva del potere di indagare sulla liceità o sul merito della sottostante pretesa impositiva”, ad essa non poteva addebitarsi il carico, sia pure solidale, delle spese di lite, stante che l'unico responsabile avrebbe dovuto individuarsi nell'ente impositore, che aveva effettuato l'iscrizione a ruolo ed ulteriormente indugiando sul punto, evidenziando che la sentenza gravata non aveva espressamente preso in esame la questione, così omettendo di tener conto di un fatto decisivo considerato che la doglianza, nel suo complesso, deve essere disattesa sulla base degli argomenti di cui appresso a nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale relativa al pagamento di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, ove il destinatario della stessa deduca la mancata notifica del verbale di accertamento dell'infrazione, come nel caso di specie, la legittimazione passiva spetta non soltanto all'ente impositore, quale titolare della pretesa sostanziale contestata, ma anche, quale litisconsorte necessario, all'esattore che ha emesso l'atto opposto e ha perciò interesse a resistere, in ragione dell'incidenza che un'eventuale pronuncia di annullamento della cartella può avere sul rapporto esattoriale cfr., ex multis, Sez. 6, n. 15900, 26/6/2017, Rv. 644728 b secondo un primo orientamento non può conseguire la condanna alle spese in danno della parte che, pur avendo dovuto indispensabilmente partecipare al giudizio per motivi riconducibili alla ritenuta sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio necessario, abbia posto in esser una fase procedimentale ulteriore nell'esercizio della pretesa sanzionatoria amministrativa su istanza di altro ente malgrado la formazione illegittima del titolo esecutivo addebitabile esclusivamente all'ente richiedente l'emissione della cartella esattoriale” Sez. 6, n. 12385, 21/5/2013 c l'opzione interpretativa sopra riportata risulta essere stata successivamente abbandonata da questa Corte, la quale ha chiarito che nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale relativa al pagamento di sanzione amministrativa, anche quando l'impugnazione sia riconducibile al vizio di notifica del verbale di accertamento presupposto, eseguita dall'ente impositore, l'esattore deve rispondere delle spese processuali nei confronti dell'opponente vittorioso, in base al principio di causalità, che informa quello della soccombenza, perché comunque la lite trae origine dalla notificazione della cartella di pagamento, sebbene eseguita dall'esattore in esecuzione del rapporto che ha ad oggetto il servizio di riscossione, e tenendo peraltro conto che l'esattore, proprio perché ha una generale legittimazione passiva nelle controversie aventi ad oggetto la riscossione delle somme di cui è incaricato, ai sensi dell'art. 39 del D.Lgs. n. 112 del 1999, deve rispondere dell'esito della lite pure con riguardo alle spese processuali sez. 6, n. 2570, 31/1/2017, Rv. 642743 ulteriormente precisandosi che le spese di lite, in base al principio di causalità, vanno poste solidalmente a carico, dell'ente impositore e dell'agente della riscossione, da considerarsi entrambi soccombenti rispetto all'opponente, il quale è, invece, estraneo alla circostanza, rilevante solo nei rapporti interni, per cui il secondo ponga in essere atti dovuti su richiesta del primo Sez. 6, n. 1070, 18/1/2017, Rv. 642562 d questo secondo orientamento, che maggiormente convince, coniugando l'esigenza di tener indenne dalle spese di causa il litigante risultato vincitore nei confronti di tutti coloro che, a qualsiasi titolo, contrastavano la di lui pretesa, e, ad un tempo, l'esigenza di assicurare, nel riparto interno fra i litiganti soccombenti e obbligati solidali, che il costo del contenzioso possa potersi scaricare sul solo soggetto fonte dell'erronea formazione del titolo posto in riscossione nella specie il Comune di Roma , appare oramai consolidato, di talché il contrasto risulta superato e da quanto esposto è del tutto evidente che il lamentato omesso esame di un fatto controverso e decisivo non è neppure ipotizzabile, trattandosi di questione di diritto correttamente risolta dal Giudice del merito considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, tenendo conto del valore e della natura della causa, nonché delle attività svolte, seguono la soccombenza considerato che ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12 applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.