Poteri istruttori del giudice a fronte della richiesta di protezione internazionale

In tema di riconoscimento dello status di rifugiato politico o di protezione internazionale e umanitaria, il giudice ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti tramite un’attività istruttoria ufficiosa, eventualmente utilizzando anche canali diplomatici, rogatoriali ed amministrativi, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti .

Sul tema la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 23729/18, depositata il 1° ottobre. La vicenda. Un cittadino senegalese impugnava la decisione della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria. Il giudice, sia in primo che in secondo grado, respingeva il ricorso. L’istante ricorre in Cassazione dolendosi della mancata valutazione dei fatti alla luce della situazione conflittuale nel suo paese d’origine. In particolare, il ricorrente aveva affermato di aver assistito all’omicidio del padre per mano di ribelli, seguito poi da quello della madre e della nonna e dalla proposta di unirsi al movimento dei ribelli. Valutazione. La giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che, in tema di riconoscimento dello status di rifugiato politico o di protezione internazionale e umanitaria, non trova applicazione il principio dispositivo proprio del giudizio civile. Il giudice ha infatti il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti tramite un’attività istruttoria ufficiosa, eventualmente utilizzando anche canali diplomatici, rogatoriali ed amministrativi, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti . Nell’esame comparativo dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato politico oppure per la protezione sussidiaria, la Corte sottolinea il diverso grado di personalizzazione del rischio oggetto dell’accertamento. Nel caso della protezione sussidiaria si assiste infatti ad un’attenuazione del nesso causale tra la vicenda individuale ed il rischio oggettivo rappresentato, mentre nell’ipotesi della richiesta di protezione umanitaria – in quanto misura atipica e residuale – assumono rilevanza situazioni individuate caso per caso in cui, pur non sussistendo i presupposti per la tutela tipica, debba provvedersi all’accoglienza del richiedente. Il giudice deve dunque verificare sul piano comparativo la situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza . Tornando al caso di specie, avendo il ricorrente invocato la protezione umanitaria, oltre che quella internazionale sotto tutti gli aspetti, la Corte territoriale non ha adeguatamente valutato tutte le circostanze del caso, ragion per cui il ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 luglio – 1 ottobre 2018, n. 23729 Presidente Di Virgilio – Relatore Terrusi Fatto e diritto Rilevato che M.M. impugnava la decisione della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Firenze, sez. di Perugia, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o in subordine la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria il tribunale respingeva il ricorso e la decisione è stata confermata dalla corte d’appello di Perugia la corte d’appello ha premesso che il gravame si fondava essenzialmente sul pericolo rappresentato dal rientro in , paese nel quale di sarebbero verificate le ripetute violazioni dei diritti umani tuttavia ha soggiunto che il ricorrente, secondo il suo racconto, era stato invitato solamente ad aderire a un gruppo di ribelli, senza alcuna minaccia e da ciò non era possibile dedurre che il predetto fosse perseguitato o privato dei fondamentali suoi diritti invero nessun accenno era emerso dal racconto del medesimo circa l’impossibilità di avvalersi della protezione del proprio paese, elemento necessario per ottenere la tutela sussidiaria M. ricorre per cassazione deducendo due profili di violazione e falsa applicazione di norme di diritto artt. 2 e seg. del d.lgs. n. 251 del 2007 e del d.lgs. n. 25 del 2008, artt. 2 e seg. Cedu egli si duole che non siano stati valutati i fatti prospettati alla luce della situazione del paese di origine, dedotta come caratterizzata da conflitti sia tra i ribelli sia con lo Stato, e tale da giustificare l’impossibilità di avvalersi della protezione di quel paese lamenta che il giudice abbia liquidato ogni questione senza avvalersi del dovere di cooperazione istruttoria officiosa in ordine all’accertamento della situazione oggettiva del paese di origine il Ministero dell’Interno resiste con controricorso. Considerato che il ricorrente aveva invocato la protezione sotto tutti gli indicati profili, politici, sussidiari e umanitari dalla stessa sentenza risulta che egli aveva dedotto di aver assistito all’età di dieci anni all’omicidio del padre per mano di ribelli appartenenti al movimento , di esser stato a sua volta ferito, di avere negli anni seguenti perso la madre e la nonna, di avere avuto la proposta di unirsi al movimento dei ribelli la corte d’appello ha premesso che era stato rappresentato il pericolo derivante da un eventuale rientro in Senegal, stanti le ripetute violazioni di diritti umani allegati come caratterizzanti la situazione di quel paese nondimeno ha liquidato ogni questione dicendo che il ricorrente era stato soltanto invitato ad aderire a un gruppo di ribelli, senza minaccia, e ha ritenuto che da ciò non fosse possibile dedurre la condizione di persecuzione o di privazione di diritti fondamentali, né l’impossibilità di avvalersi della protezione del paese di origine ora questa Corte ha più volte messo in evidenza che in tema di riconoscimento dello status di rifugiato politico o della protezione internazionale e umanitaria non opera il tradizionale principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, ma il giudice prescindendo da preclusioni o impedimenti processuali - ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, se del caso utilizzando canali diplomatici, rogatoriali ed amministrativi, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti v. per tutte Cass. n. 25534-16, Cass. n. 26921-17 ha inoltre avuto modo di precisare che l’esame comparativo dei requisiti necessari per il riconoscimento dello status di rifugiato politico ovvero per il riconoscimento della protezione sussidiaria evidenzia un diverso grado di personalizzazione del rischio oggetto di accertamento, atteso che nella protezione sussidiaria si coglie, rispetto al rifugio politico, una attenuazione del nesso causale tra la vicenda individuale e il rischio rappresentato, sicché, in relazione alle ipotesi descritte alle lettere a e b dell’art. 14 del d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, l’esposizione dello straniero al rischio di morte o a trattamenti inumani e degradanti, pur dovendo rivestire un certo grado di individualizzazione, non deve avere i caratteri più rigorosi del fumus persecutionis, mentre, con riferimento all’ipotesi indicata nella lettera c del medesimo articolo, la situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato nel paese di ritorno può giustificare la mancanza di un diretto coinvolgimento individuale nella situazione di pericolo v. Cass. n. 6503-14 a sua volta la protezione umanitaria, quale misura atipica e residuale, copre situazioni da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica status di rifugiato o protezione sussidiaria , debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità v. Cass. n. 23604-17 il che implica che la relativa valutazione presuppone essa pure una verifica compiuta, di ordine comparativo, della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza v. di recente Cass. n. 4455-18 essendo stata invocata la protezione internazionale sotto tutti gli indicati profili, oltre che la protezione umanitaria, la corte d’appello non poteva esaurire le questioni mediante gli scarni riferimenti sopra esposti da tal punto di vista la corte territoriale ha infranto i citati principi, praticamente sottraendosi a qualunque indagine funzionale ad accertare le condizioni poste al fondo della domanda il ricorso va di conseguenza accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla medesima corte d’appello, in diversa composizione, per nuovo esame essa si uniformerà ai principi sopra esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Perugia.