Patente sospesa, guida il trattore: la contestazione orale lo inchioda

L’uomo è stato beccato da una volante dei Carabinieri, che gli si è posta di fianco. Solo successivamente egli ha parcheggiato il veicolo in un’area privata. Inevitabile la multa.

Trattore fermo, a motore spento, all’interno di un’azienda agricola. Questo dato non salva però il proprietario dalla sanzione prevista dal codice della strada per avere guidato il veicolo nonostante la patente di guida sospesa. Decisiva la contestazione orale effettuata da due carabinieri che, a bordo di una volante, avevano affiancato il trattore, mentre procedeva su una strada provinciale, condotto dal proprietario Cassazione, ordinanza n. 22500/2018, Sezione Seconda Civile, depositata il 24 settembre . Macchina. Vittoria effimera, quella ottenuta in primo grado dal proprietario del trattore. La decisione del Giudice di pace, che ha annullato il verbale messo nero su bianco dai carabinieri, viene smentita difatti in Tribunale, laddove è ritenuto evidente che l’uomo circolava su strada provinciale, e non in area privata, a bordo di una macchina agricola, con patente di guida sospesa . Per i giudici di secondo grado, in particolare, è legittima la contestazione orale dell’infrazione, cui avevano fatto seguito la successiva redazione del verbale e a consegna al soggetto sanzionato . Contestazione. Il difensore dell’uomo sotto accusa prova a ridimensionarne la condotta, contestando col ricorso in Cassazione l’elemento centrale della vicenda, ossia la sua presenza alla guida del veicolo . A questo proposito, il legale evidenzia che da alcune dichiarazioni testimoniali risultava che il veicolo era fermo in un’area privata , cioè all’interno di un’azienda agricola . Di conseguenza, l’uomo non poteva essere alla guida del trattore e, ovviamente, non era necessaria la patente , sostiene l’avvocato. Questa lettura della vicenda non è però convincente, ribattono i giudici della Cassazione. A smentire il legale è la ricostruzione fatta dai carabinieri. Da essa emerge che il veicolo circolava su strada pubblica , e che l’uomo alla guida era risultato in possesso di una patente sospesa . Difatti, il conducente, dopo essere stato affiancato dalla volante dei Carabinieri , aveva svoltato all’interno di un’area privata e aveva spento il motore . Tale ultima circostanza è però irrilevante , chiariscono i magistrati, poiché la condotta sanzionata si era già perfezionata . E questo dato è certificato proprio dal contenuto del verbale messo per iscritto dai carabinieri. A questo proposito, poi, i giudici ribadiscono la legittimità della contestazione orale , non essendo necessario redigere e consegnare una copia del verbale al trasgressore, nell’immediatezza dei fatti .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 15 marzo – 24 settembre 2018, numero 22500 Presidente D’Ascola – Relatore Fortunato Fatti di causa Lo. Pa. ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Oristano numero 215/2015, depositata in data 26.3.2015. Con verbale di contestazione numero omissis , il ricorrente era stato sanzionato ai sensi dell'art. 218, comma sesto, D.Lgs. 285/1992, per aver circolato in data 22.5.2015 in agro del Comune di Riola Sardo a bordo di un veicolo Landini R7500, tg. omissis , con patente di guida sospesa. Il Pa. aveva proposto opposizione al Giudice di pace di Oristano, asserendo che il veicolo era fermo e con il motore spento all'interno dell'azienda agricola Mu. aveva eccepito la nullità del verbale per la mancata indicazione del luogo ove era stata commessa l'infrazione e per la mancata contestazione immediata. Il Giudice di pace di Oristano ha accolto l'opposizione ed ha annullato il verbale impugnato, con sentenza integralmente riformata dal Tribunale di Oristano su appello del Prefetto. Il Giudice di secondo grado ha accertato che il Pa. circolava su strada provinciale e non in area privata a bordo di una macchina agricola con patente di guida sospesa e ha ritenuto legittima la contestazione orale dell'infrazione, cui avevano fatto seguito la successiva redazione del verbale e la consegna al soggetto sanzionato. Ha perciò accolto l'appello e rigettato l'opposizione. Il ricorso si sviluppa in quattro motivi. La Prefettura si è costituita con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo censura, letteralmente, la violazione dell'art. 36, D.Lgs. 150/2011, in relazione all'art. 360, comma primo, numero 4 c.p.c, nonché degli artt. 7 e 36, D.Lgs. 150/2011, in relazione all'art. 360, comma primo, numero 5 c.p.c, per difetto di motivazione ed omesso esame di un'eccezione decisiva per il giudizio. Il Tribunale avrebbe omesso di pronunciare sull'eccezione di carenza di legittimazione a proporre appello da parte del Prefetto di Oristano, posto che per effetto delle disposizioni anteriori all'entrata in vigore del D.Lgs. 150/2011, l'impugnazione poteva esser proposta solo dal Ministero. 1.1. Il motivo è infondato. Va anzitutto considerato che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 26.3.2015 e pertanto, trovando applicazione l'art. 360, comma primo, numero 5 c.p.c, nel testo modificato dall'art. 54, comma primo, lettera b , D.L 83/2012, convertito con legge 134/2012, non è sindacabile l'eventuale carenza o insufficienza della motivazione, tantomeno con riguardo, non a fatti materiali oggetto di discussione tra le parti ed aventi carattere decisivo, ma alla corretta individuazione delle norme applicabili. Parimenti, l'omessa pronuncia su una questione sollevata nel giudizio di impugnazione è sindacabile ai sensi dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma primo, numero 4 c.p.c. e non in base alle disposizioni richiamate in ricorso. In ogni caso, riguardo alla legittimazione passiva nel giudizio ex art. 204-bis, D.Lgs. 285/1992 e, di conseguenza, alla legittimazione a proporre l'appello, è sufficiente osservare che, sebbene il giudizio di opposizione dinanzi al giudice di pace sia stato proposto con ricorso depositato in data 28.7.2011 e quindi in epoca anteriore all'entrata in vigore dell'art. 7, comma quinto, D.Lgs. 150/2011, detta previsione, nel punto in cui dispone che l'opposizione va proposta nei confronti del Prefetto se le violazioni sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti dello Stato, non è innovativa ma confermativa della analoga disposizione già contenuta nell'art. 204 bis, comma 4 bis, d.lgs 285/1992, introdotto dall'articolo 39, comma primo, lettera b , della L. 29.7.2010, numero 120. Di conseguenza, il Prefetto, essendo legittimato passivo nel giudizio di opposizione, poteva anche proporre l'impugnazione avverso la sentenza del Giudice di pace. Non rileva che il Tribunale non si sia espressamente pronunciato sul punto, poiché tale omissione non potrebbe condurre ad una diversa soluzione della questione e ad un esito diverso del giudizio. 2. Il secondo motivo censura, letteralmente, la violazione dell'art. 218, comma 6, D.Lgs. 285/1992, in relazione all'art. 360, comma primo, numero 3 c.p.c, nonché il difetto di motivazione in ordine alla corretta applicazione della norma e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, comma primo, numero 5 c.p.c, lamentando che il tribunale abbia erroneamente stabilito che il ricorrente era alla guida del veicolo al momento del fatto e che era necessaria la patente di guida, non avendo comunque tenuto conto delle dichiarazioni testimoniali da cui risultava che il veicolo era fermo in area privata. 2.1. Il motivo è infondato. La sentenza non è, anzitutto, incorsa nella denunciata violazione di legge, non avendo affatto ritenuto indispensabile il possesso di una valida patente di guida ancorché il veicolo fosse fermo in area privata, avendo per contro accertato, con valutazione in fatto, che esso circolava su strada pubblica e che il ricorrente, che ne era alla guida, era risultato in possesso di una patente di guida sospesa. Ha inoltre ritenuto provato che solo dopo esser stato affiancato dalla volante dei Carabinieri, il conducente aveva svoltato all'interno di un'area privata ed aveva spento il motore, ed ha correttamente giudicato tale circostanza irrilevante, essendosi già perfezionata la condotta sanzionata. Per altro verso non sono scrutinabili, sotto i profili dedotti, la valutazione delle risultanze processuali e la formazione del convincimento quanto all'effettiva sussistenza dei presupposti in fatto della violazione, poiché l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e invade la tipica valutazione del giudice di merito. Neppure è invocabile l'art. 360, comma primo, numero 5 c.p.c. per contestare la motivazione della sentenza impugnata, poiché la disposizione, nel testo attualmente in vigore, contempla un autonomo vizio della decisione, derivante dall'omesso esame di un fatto materiale, principale o secondario, avente carattere decisivo, con esclusione del sindacato sulla motivazione, che, oltre a dover esser sollecitato ai sensi dell'art. 132, comma secondo, numero 4 c.p.c, in relazione all'art. 360, comma primo, numero 4 c.p.c, è ammissibile solo in ipotesi tassative, qui non ricorrenti inesistenza della motivazione come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, motivazione apparente, contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile cfr. Cass. s.u. 7.4.2014, numero 8053 . Per altro verso, deve considerarsi che il fatto che il veicolo circolasse su strada pubblica e non fosse fermo in area privata è stato è stato esaminato e valutato dal giudice di secondo grado, il che di per sé esclude la violazione dell'art. 360, comma primo, numero 5 c.p.c. 3. Il terzo motivo censura la violazione degli artt. 2700 c.c., 200 e 201, comma 1 bis, D.Lgs. 285/1992, nonché degli artt. 383, 384 e 385 del regolamento di attuazione del codice della strada, in relazione all'art. 360, comma primo, numero 3 c.p.c, per aver il tribunale conferito pubblica fede non solo al verbale di constatazione dell'infrazione ma anche alle dichiarazioni rese dai verbalizzanti negli scritti difensivi e nelle controdeduzioni, e per aver ritenuto valida la contestazione orale, non considerando che detta contestazione doveva esser contenuta obbligatoriamente nel verbale, da redigersi contestualmente all'accertamento. 3.1. Il motivo è infondato. La sentenza non ha affatto attribuito alle controdeduzioni difensive della Prefettura valenza probatoria privilegiata, superabile solo con querela di falso, ma le ha giudicate meramente confermative e chiarificatrici di quanto già attestato dal verbale. Ha inoltre stabilito, con valutazione in fatto, che le dichiarazioni del teste Sa. Mu., secondo cui, al momento dell'arrivo dei Carabinieri, il trattore era fermo all'interno dell'azienda agricola con il motore spento, non fossero in contrasto con il contenuto del verbale e con la dinamica del fatto come constatato dai verbalizzanti, avendo ritenuto accertato che, solo dopo esser stato affiancato dalla volante dei Carabinieri, il Pa. avesse svoltato in area privata, spegnendo il motore. Riguardo alle modalità della contestazione, questa Corte ha più volte stabilito che ai fini dell'adempimento dell'obbligo imposto dall'art. 200, D.Lgs. 285/1992, essa può aver luogo anche oralmente, non essendo necessario, nell'immediatezza dei fatti, redigere e consegnare una copia del verbale al trasgressore Cass. 26.11.2009, numero 24944 . La regola secondo cui l'omessa contestazione immediata, o l'omessa indicazione, nel relativo verbale, dei motivi che l'hanno resa impossibile, rende annullabile il provvedimento sanzionatorio, non si estende, difatti, all'ipotesi in cui, essendovi stata immediata contestazione orale, sia tuttavia mancata la contestuale redazione e consegna del verbale al trasgressore o la indicazione dei motivi della mancata consegna del verbale, attesa la distinzione giuridica tra l'accertamento, la verbalizzazione e la consegna della copia del verbale al trasgressore Cass. 3.6.2008, numero 14668 . 4. Il quarto motivo censura la violazione dell'art. 1, R.D. 773/1991, in relazione all'art. 360, comma primo, numero 3 c.p.c, nonché per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360, comma primo, numero 5 c.p.c, per aver la sentenza ritenuto incontestata la circostanza che i verbalizzanti avessero proceduto alla contestazione immediata ed inoltre per aver omesso di considerare le ragioni per le quali era mancata l'immediata repressione dell'illecito e se i verbalizzanti avessero correttamente esercitato i poteri sanzionatori. 4.1. Il motivo è inammissibile. Riguardo al fatto che il ricorrente avesse posto in dubbio l'effettuazione della contestazione immediata da parte dei verbalizzanti, la deduzione del suddetto vizio processuale richiedeva - per il necessario requisito di autosufficienza del ricorso - che la censura fosse formulata con indicazione degli atti da cui risultava detta contestazione e con la trascrizione del contenuto essenziale di detta difese, non potendo rimettersi a questa Corte, anche quando essa sia giudice del fatto processuale, l'inammissibile compito di individuare all'interno delle difese formulate dalle parti, quelle idonee a dar conto delle ragioni di censura Cass. 13.10.2016, numero 20637 Cass. 11.1.2007, numero 324 . In ogni caso, la sentenza ha stabilito che l'obbligo di contestazione immediata era stato assolto, sia pure in forma orale, e che era stata differita solo la stesura del verbale e tale questione attiene al fatto ed è strettamente connessa all'interpretazione delle risultanze di causa, non potendo dedursi a motivo di ricorso sotto i profili contestati. La censura secondo cui il giudice di merito avrebbe omesso di verificare perché i Carabinieri non avevano immediatamente represso l'illecito, sequestrando il veicolo ed impedendone l'ulteriore circolazione è, a sua volta, inammissibile poiché la censura non indica - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli art. 366 comma 1 numero 6 e 369 comma 2, numero 4 c.p.c, - il come e il quando nel quadro processuale tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e, soprattutto, quale decisività potesse assumere al fine di escludere la violazione contestata al ricorrente Cass. s.u. 7.4.2014, numero 8053 . 5. Il ricorso è respinto, con aggravio di spese processuali con liquidazione in dispositivo. Sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 800,00 per compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%. Si dà atto che il ricorrente è tenuto a versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115.