È nulla la sentenza che “si scorda” di menzionare una delle parti

Va dichiarata la nullità della sentenza che omette di indicare nell'intero suo contesto intestazione, svolgimento del processo, motivi della decisione e dispositivo , una delle parti costituite, trattandosi di omissione totale che non consente alla pronuncia di svolgere la propria funzione essenziale di legge del caso concreto”.

La Sez. II Civile della Cassazione sentenza n. 22055/18, depositata l’11 settembre , ha annullato con rinvio la decisione impugnata che non aveva fatto corretta applicazione dei principi in materia di nullità della sentenza nullità invece rilevata dalla Suprema Corte . Il caso. Oggetto di una controversia tra vicini era un fabbricato un manufatto in muratura e legno, ad uso forno con porticato, coperto con tegole in cemento . Secondo gli attori, detta costruzione doveva essere demolita, perché non rispettava le distanze. Secondo i convenuti proprietari costituiti in condominio, sul cui giardino pertinenziale sorgeva, appunto, il manufatto incriminato , tale pretesa, comunque infondata, era peraltro prescritta. Il Tribunale, per quanto qui di interesse, ordinava tra l’altro la demolizione del manufatto. L’appello e la successione delle parti nel processo. Seguiva l’appello da parte dei comproprietari costituiti in condominio. Nel giudizio di secondo grado, venuta a mancare una appellante, si costituivano in giudizio gli eredi suoi figli , che dichiaravano di voler subentrare nella posizione processuale della de cuius loro dante causa, richiamando, ratificando e facendo proprie tutte le precedenti difese, domande ed eccezioni svolte dalla suddetta tramite il proprio difensore. La decisione viene confermata ma la sentenza non menziona i successori costituitisi. La Corte territoriale rigettava l’appello, con sentenza che peraltro non menzionava mai in particolare uno dei due successori che si era costituito in giudizio. La sentenza era nulla? Uno dei motivi di cassazione era la ritenuta nullità della decisione gravata, proprio perché, come detto, una delle appellanti, che si era costituita quale erede della menzionata de cuius , non veniva mai menzionata nel provvedimento, né nell’intestazione, né nel dispositivo. Da qui la nullità per omessa indicazione di una parte del giudizio. L’omessa indicazione del nome di una parte può essere un errore materiale? Andando per gradi, secondo gli Ermellini, più in generale, l'omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell'intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., ma ciò solo quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l'esatta identità di tutte le parti. Quando l’omessa indicazione delle parti determina nullità? Invece, sempre secondo la Suprema Corte, comporta la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell'art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell'intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. Pertanto, l'omessa indicazione nell'epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né dallo svolgimento del processo”, né dai motivi della decisione”, sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell'individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti. Si può parlare di nullità solo quando l’atto-sentenza non è idoneo allo scopo. Poiché dunque, l'art. 132, comma 2, n. 2 , c.p.c., non prevede il requisito della indicazione delle parti a pena di nullità, la mancanza della indicazione espressa di una delle parti o di tutte nella sentenza tanto nella sua intestazione, quanto nella parte descrittiva dello svolgimento processuale, quanto nella parte motivazionale può determinare una nullità solo ai sensi del secondo comma dell'art. 156 c.p.c., cioè solo se l'atto-sentenza sia inidoneo al raggiungimento dello scopo. Nel caso specifico si è trattata di una omissione totale”. I Giudici di legittimità constatano che nell'intero contesto della sentenza impugnata intestazione, svolgimento del processo, motivi della decisione e dispositivo , non viene mai rilevata la costituzione in giudizio dei figli e unici eredi di una delle appellanti, ed in particolare non compare mai il nome della figlia della de cuius , che così risulta essere del tutto estranea alla vicenda processuale. Conseguenze non si può parlare di sanatoria per raggiungimento dello scopo Ne consegue, da un lato, che non ci si trovi in una di quelle situazioni nelle quali si può ritenere sanata la nullità per raggiungimento dello scopo, poiché la pronuncia non può valere rispetto ad un soggetto non indicato come parte processuale, nei confronti del quale non produce alcun effetto. Né, d'altra parte, si riscontra la possibilità di individuare per relationem la parte non indicata nella sentenza stessa, che dunque, pur carente di un requisito formale, sia comunque idonea ad assicurare il soddisfacimento dello scopo a cui è preposta l'indicazione delle parti. né di errore materiale emendabile con la procedura di correzione. Non si tratta nemmeno di un errore emendabile con la procedura di correzione, ma di un'omissione totale che non consente alla pronuncia di svolgere la propria funzione essenziale di legge del caso concreto , in quanto non è possibile comprendere, dal contenuto complessivo della sentenza, quali siano i soggetti ai quali essa si riferisce e quindi individuare i soggetti che sono tenuti alle sue statuizioni ed eventualmente al giudicato che si formerà. Una situazione di incertezza assoluta determina nullità della sentenza. In conclusione, secondo gli Ermellini, nel caso sottoposto al loro vaglio, sussisteva una situazione di incertezza assoluta, non eliminabile a mezzo della lettura dell'intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. La sentenza, in base ai principi sopra ricordati, è stata quindi cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 marzo – 11 settembre 2018, n. 22055 Presidente Oricchio – Relatore Bellini fatti di causa Con atto di citazione, notificato in data 15.3.2002, MA.AN. e C.F. convenivano avanti al Tribunale di Mondovì B.I., ved. P., P.E., F.G., D.M.R., M.E., F.L. . Esponevano di essere proprietari di un fabbricato con giardino pertinenziale foglio , mapp. , sito in omissis , confinante a est con un fabbricato condominiale, anch’esso dotato di giardino pertinenziale foglio , mapp. , di proprietà dei convenuti e costituito in Condominio che, alla distanza di circa cm 35 dal confine di proprietà, nel 1989, era stato edificato un manufatto in muratura e legno, ad uso forno con porticato, lungo m 3,80, coperto con tegole in cemento che detta costruzione non rispettava le distanze, essendo collocata a meno di un metro dal fondo degli attori. Concludevano per la condanna dei convenuti alla demolizione e al risarcimento dei danni. Si costituivano i convenuti, chiedendo, in via preliminare, di accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del diritto alla riduzione in pristino vantato dagli attori, per decorso del termine prescrizionale di cui all’art. 2946 c.c., nonché del diritto al risarcimento dei danni per decorso del termine prescrizionale di cui all’art. 2947 c.c. in ogni caso chiedevano il rigetto, in quanto infondate, delle domande di condanna alla demolizione del manufatto e al risarcimento dei danni. Chiedevano il rigetto della domanda, in quanto il manufatto rispettava le Norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale comunale di Mondovì, che consente di non rispettare le distanze dai confini in casi del genere in subordine, chiedevano la condanna degli attori al risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale. In via riconvenzionale, chiedevano di accertarsi e dichiararsi la violazione delle distanze di cui all’art. 892 c.c. dal confine di proprietà, degli alberi piantati dagli attori nel loro giardino, in prossimità del confine con il giardino di proprietà dei convenuti, nonché della siepe collocata dagli attori a delimitazione del loro giardino e, di conseguenza, condannare gli attori ad estirpare alberi e siepe in via subordinata e riconvenzionale, nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande avverse, chiedevano di condannare gli attori al risarcimento dei danni patrimoniali in conseguenza della diminuzione del valore della loro proprietà immobiliare a causa della demolizione del manufatto, oltre al danno patrimoniale diretto, conseguente alle spese di demolizione, nonché al risarcimento del danno morale da liquidare, se del caso, anche in via equitativa. Disposta una C.T.U. e assunte le deposizioni di vari testimoni, con sentenza n. 222/2007, depositata in data 23.7.2007, il Tribunale di Mondovì, dopo aver respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte convenuta, ha condannato i convenuti in solido a demolire il manufatto e a risarcire il danno liquidato equitativamente in Euro 1.500,00 in valori monetari correnti ha condannato gli attori in solido ad estirpare la siepe ha condannato gli attori in solido al risarcimento dei danni in favore di P.E. per responsabilità precontrattuale, liquidato equitativamente in Euro 1.000,00 in valori monetari correnti ha respinto tutte le altre domande riconvenzionali formulate dai convenuti ha compensato integralmente le spese di lite. Avverso detta sentenza hanno proposto appello B.I., P.E., F.G., D.M.R., M.E., F.L. . All’udienza del 12.6.2012 si costituivano mediante deposito di memoria P.E. e P.D., nella qualità di figli e unici eredi di B.I., ved. P., già appellante, deceduta il 17.12.2011 nelle more del giudizio d’appello. P.E. e D. dichiaravano di voler subentrare nella posizione processuale della de cuius loro dante causa, richiamando, ratificando e facendo proprie tutte le precedenti difese, domande ed eccezioni svolte dalla suddetta tramite il proprio difensore. Con sentenza n. 1156/2013, depositata il 28.5.2013, la Corte d’Appello di Torino rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la sentenza impugnata, dichiarando integralmente compensate fra le parti le spese del grado. Avverso tale sentenza M.E., F.L., P.E. e P.D. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, cui hanno resistito con controricorso Ma.An. e C.F. . Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. e nullità della sentenza per omessa indicazione di una parte del giudizio in cui è stata pronunciata , poiché la sentenza impugnata, sia nell’intestazione che nel dispositivo, ma anche nelle parti dedicate allo svolgimento del processo e ai motivi della decisione, ha omesso di indicare l’appellante P.D., che si era costituita, assieme al fratello E., dichiarando di voler subentrare nella posizione processuale della madre deceduta nel corso del giudizio di appello. 1.2. - Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. e nullità della sentenza per carenza e inidoneità della motivazione in relazione alla condizione di aderenza del forno con il muro di contenimento collocato sul confine. Violazione o falsa applicazione dell’art. 877 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , poiché la Corte d’Appello accoglie alcune premesse dell’iter argomentativo svolto dagli appellanti, ma non trae le debite conseguenze sul piano logico-giuridico, con ciò incorrendo nel vizio di motivazione. 1.3. - Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. e nullità della sentenza per carenza ed inidoneità della motivazione in relazione alla omessa convocazione del C.T.U. per chiarimenti ovvero in relazione all’omesso supplemento di C.T.U Violazione o falsa applicazione degli artt. 871, comma 2, e 877 c.c. e dell’art. 9, comma 3, L. n. 1684/1962 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , giacché l’accoglimento della richiesta di audizione a chiarimenti del CTU del primo grado di giudizio, o di supplemento di CTU, avrebbe consentito alla Corte d’Appello di pervenire ad una decisione diversa. 1.4. - Con il quarto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. e nullità della sentenza per carenza e inidoneità della motivazione in relazione al riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni in favore degli appellati , in quanto - se il forno è stato legittimamente edificato in aderenza al preesistente muro di contenimento a confine - ne deriva l’insussistenza di alcun diritto degli appellati al risarcimento dei danni. 2. - Il primo motivo è fondato. 2.1. - È principio consolidato di questa Corte che l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti mentre comporta la nullità della sentenza stessa qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 cod. proc. civ., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce Cass. n. 22275 del 2017 Cass. n. 7343 del 2010 Cass. 15786 del 2004 Cass. n. 8242 del 2003 . Pertanto, l’omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né dallo svolgimento del processo , né dai motivi della decisione , sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell’individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti Cass. n. 16535 del 2012 . Poiché dunque, l’art. 132, secondo comma, n. 2 , c.p.c., non prevede il requisito della indicazione delle parti a pena di nullità, la mancanza della indicazione espressa di una delle parti o di tutte nella sentenza tanto nella sua intestazione, quanto nella parte descrittiva dello svolgimento processuale, quanto nella parte motivazionale può determinare una nullità solo ai sensi del secondo comma dell’art. 156 c.p.c., cioè solo se l’atto-sentenza sia inidoneo al raggiungimento dello scopo Cass. n. 17957 del 2007 . 2.2. - Alla luce di questi precedenti, ai quali l’odierna pronuncia intende conformarsi, la sentenza impugnata è nulla. Non è in atti controverso che, all’udienza del 12.6.2012 si erano costituiti davanti alla Corte territoriale P.E. e P.D. nella qualità di figli e unici eredi di B.I., ved. P., già appellante, deceduta il 17.12.2011 nelle more del giudizio d’appello , i quali dichiaravano di voler subentrare nella posizione processuale della loro dante causa, richiamando, ratificando e facendo proprie tutte le precedenti difese, domande ed eccezioni svolte dalla suddetta tramite il proprio difensore peraltro, P.E. precisava di essere già costituito in proprio quale appellante, sicché tale nuova costituzione interveniva nella sua veste di successore della madre . Tuttavia, nell’intero contesto della sentenza impugnata intestazione, svolgimento del processo, motivi della decisione e dispositivo non viene mai rilevata la costituzione in giudizio dei figli e unici eredi di B.I., ved. P., sigg.ri P.E. e D. . Ed in particolare - stante la già effettuata costituzione in gudizio, per altro titolo, di P.E. in proprio - non compare mai il nome di P.D., che dunque risulta completamente estranea alla vicenda processuale laddove la sentenza riporta nella sua intestazione, come nel dispositivo, il nominativo come parte appellante della defunta P.I. . 2.3. - Ne consegue, da un lato, che non ci si trovi in una di quelle situazioni nelle quali - alla luce della giurisprudenza sopra citata - si può ritenere sanata la nullità per raggiungimento dello scopo, poiché la pronuncia non può valere rispetto ad un soggetto non indicato come parte processuale, nei confronti del quale non produce alcun effetto. Né, d’altra parte, si riscontra la possibilità di individuare per relationem la parte non indicata nella sentenza stessa, che dunque, pur carente di un requisito formale, sia comunque idonea ad assicurare il soddisfacimento dello scopo a cui è preposta l’indicazione delle parti Cass. n. 23670 del 2011 . E, dall’altro lato, che non si tratti di un errore emendabile con la procedura di correzione, ma di un’omissione totale che non consente alla pronuncia di svolgere la propria funzione essenziale di legge del caso concreto , in quanto non è possibile comprendere, dal contenuto complessivo della sentenza, quali siano i soggetti ai quali essa si riferisce e quindi indivduare i soggetti che sono tenuti alle sue statuizioni ed eventualmente al giudicato che si formerà. Sussiste, pertanto una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. 3. - In conclusione, quindi, alla stregua dei richiamati principi, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri motivi. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Torino Genova, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri motivi. Cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.