Assolto il magistrato dall’illecito disciplinare, se i ritardi risultano giustificati

E’ assolto dall’illecito disciplinare il magistrato - accusato di aver ritardato in modo grave e reiterato il compimento di atti relativi al proprio ufficio – se la valutazione della sua condotta non sia completa, ossia, sia incentrata sui soli presupposti della gravità e reiterazione dei ritardi, senza tener conto della presenza di cause giustificative. Nella specie, consistenti nell’abnorme carico di lavoro derivante dalla grave carenza di organico presso il Tribunale in questione.

A stabilirlo, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 21975/18 del 10 settembre. Il caso. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso di un magistrato, che il Consiglio Superiore della Magistratura aveva ritenuto responsabile ex artt. 1 e 2 comma 1 lett. q del d.lgs. n. 109/2006, condannandolo alla sanzione della censura, per aver ritardato in modo grave e reiterato il compimento di atti relativi all’esercizio delle proprie funzioni di Giudice del Tribunale. Scopertura di organico e abnorme carico di lavoro. La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondate le censure del magistrato, secondo cui la Sezione Disciplinare del CSM avrebbe erroneamente desunto la ingiustificabilità dei ritardi dalla loro entità e reiterazione, senza attribuire alcuna rilevanza ad ulteriori analitiche deduzioni, volte a rappresentare le gravissime condizioni di scopertura dell’organico presso gli uffici in questione e, per contro, lo straordinario impegno profuso dal giudice ricorrente - con risultati più che soddisfacenti, data la situazione - durante tutto il periodo cui si riferisce l’incolpazione. Né la Sezione Disciplinare avrebbe tenuto conto, prosegue il ricorrente, dell’abnorme carico di procedimenti riversati sul suo ruolo istruttorio per effetto dell’anzidetta scopertura di organico , che ha costretto ad una pianificazione del lavoro sulla base delle urgenze, secondo scelte che sono state concordate con lo stesso Presidente del Tribunale. Valutazione della condotta incompleta. Secondo le Sezioni Unite, nel caso de quo , si è effettivamente giunti ad irrogare una sanzione disciplinare ad esito di una valutazione non complessiva e razionale della condotta del ricorrente. Le deduzioni di quest’ultimo, nello specifico, avrebbero dovuto condurre ad un giudizio positivo circa la sua attività, in termini di riduzione dell’arretrato e dei tempi di durata delle controversie e dei procedimenti giudizio che non poteva di certo non rilevare ai fini della qualificazione dei ritardi come giustificati o come scarsamente rilevanti, difronte ad un riscontro specifico e positivo dell’impegno lavorativo profuso. Tutto ciò premesso, la Cassazione accoglie il ricorso, con rinvio alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 17 aprile – 10 settembre 2018, numero 21975 Presidente Petitti – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. La Sezione disciplinare del C.S.M., con sentenza numero 151/2017 del 18/25 settembre 2017, ha ritenuto responsabile il dott. M.M. dell’illecito disciplinare di cui agli articoli 1 e 2 comma 1 lett. q del d.lgs. numero 109/2006, ascrittogli dal P.G. presso la Corte di Cassazione, per avere, nel periodo dal maggio 2010 al maggio 2016, in violazione dei doveri di diligenza e laboriosità, ritardato in modo reiterato grave e ingiustificato, il compimento degli atti relativi all’esercizio delle proprie funzioni di giudice del Tribunale di Terni. Ha condannato il dott. M. alla sanzione della censura. 2. Nella motivazione della sentenza si ritiene in particolare che l’addebito di gravità e reiterazione dei ritardi deve essere riconosciuto sia con riferimento al numero delle contestazioni che con riferimento ai ritardi di grande entità verificati. Specificamente per ciò che concerne il superamento del termine di un anno ritenuto dalla giurisprudenza come la soglia che rende la causa di giustificazione operante solo in presenza di fattori eccezionali non esistenti nel caso in esame. 3. La motivazione ha preso in esame la memoria difensiva del dott. M. il quale ha rilevato a giustificazione dei ritardi contestatigli che erano presenti nel periodo in questione solo due magistrati rispetto ai sette previsti in organico e che, in tale situazione, era stata adottata, previo accordo con il Presidente del Tribunale, la scelta organizzativa di dare priorità alla definizione della consistente mole delle urgenze e degli appelli rispetto agli altri procedimenti. A fronte di una enorme mole di lavoro svolto 1.385 sentenze e 1785 ordinanze, oltre a 195 decreti, depositate nel periodo in questione i ritardi avevano inciso in maniera non significativa riguardando il 5.25/0 delle sentenze, il 10% delle ordinanze, il 12% dei decreti. Tuttavia la sezione disciplinare del C.S.M. ha ritenuto che, nonostante l’entità del lavoro svolto dal dott. M. e il disagio derivante dalle condizioni di scopertura di organico del Tribunale di Terni, una più accorta organizzazione del lavoro avrebbe potuto consentire un contenimento almeno dei ritardi più gravi in modo da impedire che la lentezza nel deposito dei provvedimenti non raggiungesse livelli evidenti di rilevanza disciplinare. Secondo la Sezione Disciplinare del C.S.M. non risulta che la scelta di privilegiare determinati procedimenti sia stata la causa dei ritardi posto che i ritardi hanno riguardato un elevato numero di procedimenti e il dott. M. , che era già stato sanzionato nel 2008 per ritardi, avrebbe dovuto meglio organizzare la gestione del proprio ruolo e la definizione del contenzioso arretrato dando precedenza nel deposito dei provvedimenti a quelli più risalenti nel tempo. Ha ritenuto infine di non poter applicare l’art. 3 bis del decreto legislativo numero 109/2006 non potendo affermare la scarsa rilevanza del fatto in considerazione della effettiva lesione dei beni giuridici presidiati dalla norma disciplinare e specificamente della durata ragionevole del processo. 4. Ricorre per cassazione e deposita memoria difensiva il dott. M.M. . Rilevato che 5. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia e mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. c ed e , c.p.p. Il ricorrente lamenta che non siano state affatto prese in esame le censure mosse, nelle due memorie depositate davanti alla Sezione Disciplinare, al capo di incolpazione. Con tali atti difensivi era stato messo in evidenza che la contestazione disciplinare presenta numerosi errori e che, conseguentemente, risulta sovradimensionato il numero e l’entità dei ritardi disciplinarmente rilevanti. 6. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 429, lett. c , c.p.c., ai sensi dell’art. 606, lett. c , c.p.p Erronea applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. q , del d.lgs. 23 febbraio 2006 numero 109, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c.p.p. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato e dagli atti del processo, ai sensi dell’art. 606, lett. e , c.p.p. Il ricorrente censura la decisione impugnato per non aver recepito l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all’inclusione della non giustificazione dei ritardi tra i fatti costitutivi dell’illecito disciplinare che, come tali, devono essere provati dall’accusa. La non giustificabilità dei ritardi, in base a tale evoluzione giurisprudenziale, non è più un elemento esterno alla condotta sanzionata e non consiste più nell’esclusione della inesigibilità di una condotta conforme ai tempi di svolgimento della funzione giurisdizionale previsti dal legislatore. Né coincide con l’esclusione di fatti indipendenti dalla volontà del magistrato e oggettivamente ostativi al rispetto dei termini. È piuttosto un elemento della fattispecie di rilevanza disciplinare e, se pure costituisce un elemento negativo, deve essere valutata e dedotta nel capo di incolpazione a tutela del diritto del magistrato all’osservanza dei principi del giusto processo. Ciò richiede almeno una indicazione generica delle circostanze che escludono la giustificabilità del comportamento contestato. Secondo il ricorrente la decisione impugnata ha ignorato questa elementare garanzia e ha desunto l’ingiustificabilità dei ritardi solo dalla loro entità e reiterazione. In questo modo la Sezione Disciplinare ha sostanzialmente omesso di esaminare e di attribuire rilevanza alle articolate deduzioni svolte analiticamente, con la memoria difensiva del 7 settembre 2017, che rappresentano, per un verso le gravissime condizioni di scopertura di organico dell’ufficio in cui il ricorrente ha prestato la sua attività giurisdizionale e, per contro, lo straordinario impegno profuso con risultati più che soddisfacenti in tutto il periodo cui si riferisce il capo di incolpazione. 7. Con il terzo motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. q , del d.lgs. del 23 febbraio 2006 numero 109, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c.p.p. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato e dagli atti del processo, ai sensi dell’art. 606, lett. e , c.p.p. Il ricorrente ritiene che la decisione impugnata ha omesso qualsiasi considerazione del contesto organizzativo e lavorativo in cui si è trovato ad operare. In particolare è stato ignorato il grande contributo fornito dal ricorrente all’obiettivo, realizzato, di eliminare o ridurre il contenzioso arretrato e di abbreviare i tempi di definizione delle controversie, così come non è stato considerato lo scarso peso percentuale dei ritardi rispetto ai provvedimenti depositati tempestivamente. Né la Sezione Disciplinare ha tenuto conto, secondo il ricorrente, dell’abnorme carico di procedimenti che si è riversata sul suo ruolo istruttorio, per effetto della scopertura di organico, e che ha costretto a una pianificazione del lavoro sulla base delle urgenze, secondo scelte che sono state concordate con il responsabile dell’ufficio e valutate positivamente in sede di ispezione ministeriale e di parere da parte del Consiglio giudiziario. In quest’ottica doveva essere valutata la scelta di privilegiare la riduzione del tempo complessivo di definizione dei giudizi e la definizione delle cause ultratriennali rispetto al rispetto dei termini di deposito dei provvedimenti. 8. Con il quarto motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 3 bis, del d.lgs. 23 febbraio 2006 numero 109, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c.p.p. Insufficiente motivazione sull’applicazione dell’art. 3 bis, del d.lgs. del 23 febbraio 2006 numero 109, ai sensi dell’art. 606, lett. e , c.p.p. Il ricorrente censura la decisione impugnata per avere, senza una pertinente motivazione, escluso la non configurabilità dell’illecito ai sensi dell’art. 3 bis del decreto legislativo numero 109/2006 in quanto il giudizio sulla scarsa rilevanza del fatto è stato interamente risolto nel giudizio sulla non giustificabilità dei ritardi. In contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’esimente è applicabile quando i ritardi gravi e reiterati non abbiano compromesso l’immagine del magistrato nell’ambiente giudiziario o comunque non abbiano fatto venir meno la fiducia e la considerazione delle parti che subiscono o abbiano subito direttamente gli effetti dei ritardi medesimi. Ritenuto che 9. Il primo motivo di ricorso è fondato perché la decisione impugnata non ha preso in esame le deduzioni analiticamente prospettate davanti ad essa con le quali si è contestato il numero e l’entità dei ritardi disciplinarmente rilevanti indicati dal capo di incolpazione. Si tratta di un profilo rilevante, non solo per la possibilità di una restrizione del capo di incolpazione, ma anche per la possibile incidenza sui ritardi ultra-annuali che la motivazione ha indicato come automaticamente esclusi dalla verifica circa l’esistenza di cause giustificative in quanto di per sé lesivi del diritto delle parti a una ragionevole durata del processo. 10. Gli ulteriori tre motivi - da esaminare congiuntamente per la loro stretta inter-connessione fattuale, logica e giuridica - sono fondati per le seguenti ragioni. È condivisibile l’argomento difensivo del ricorrente secondo cui la valutazione dell’incolpazione compiuta dalla Sezione Disciplinare si è incentrata sui due presupposti della gravità e reiterazione dei ritardi, svalutando, invece, la disamina dell’altro elemento costitutivo dell’illecito disciplinare e cioè la assenza di cause giustificative, e, nello stesso tempo, assorbendo il giudizio sulla rilevanza del fatto contestato nella ritenuta non giustificabilità dei ritardi dipendente quest’ultima, a sua volta, dalla loro entità e reiterazione. 11. Il risultato è una valutazione non complessiva e razionale della condotta del ricorrente il quale, nel corso del giudizio disciplinare, ha evidenziato con le sue difese scritte, e gli ampi riferimenti statistici che vi ha inserito, l’entità del lavoro svolto nel periodo in contestazione, il criterio organizzativo cui è stato orientato, in armonia con l’orientamento del capo dell’ufficio, il suo lavoro, l’effetto dell’attività giurisdizionale svolta sul contenzioso arretrato, e quindi sugli indici di produttività, nonché sui tempi di definizione delle controversie e dei procedimenti assegnati. 12. Di fronte a queste deduzioni e difese era quindi necessaria una valutazione complessiva del lavoro svolto dal ricorrente perché un giudizio positivo sul risultato globale dell’attività svolta, in termini di riduzione dell’arretrato e dei tempi di durata delle controversie e dei procedimenti, non può non essere rilevante ai fini della qualificazione o meno dei ritardi come giustificati o come scarsamente rilevanti a fronte di un riscontro specifico e positivo dell’impegno lavorativo profuso, dell’incidenza percentuale dei ritardi sui provvedimenti depositati e del complessivo miglioramento del servizio giustizia offerto ai cittadini dal magistrato. Una tale valutazione risulta del tutto carente nella motivazione della decisione impugnata. 13. Il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Sezione Disciplinare del C.S.M. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, in diversa composizione.