Assegno circolare ed accreditamento delle somme: gli obblighi di verifica della banca si estendono agli elementi extratestuali del titolo?

La banca negoziatrice di un assegno - di traenza o circolare - non trasferibile, ha l’obbligo di verificare l’esatta corrispondenza del nominativo dell’intestatario del titolo con quello del portatore all’incasso e, nel caso in cui dal titolo risulti che l’intestatario agisce in nome e per conto dell’effettivo beneficiario come, ad esempio, quando l’assegno è intestato a Tizio, nella qualità di curatore del fallimento Alfa , deve sincerarsi che l’incasso avvenga mediante accreditamento delle somme su un conto intestato al beneficiario.

Sulla banca, infatti, grava un obbligo professionale di protezione preesistente, specifico e volontariamente assunto nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione. Tale obbligo di protezione, tuttavia, si limita a quanto risulta dal titolo e non implica la necessità di effettuare ulteriori verifiche su elementi extratestuali. La Sez. III civile della Cassazione ordinanza n. 16891/18, depositata il 27 giugno ha deciso una controversia nella quale si è discusso della responsabilità della banca in relazione all’avvenuto incasso di alcuni assegni circolari non trasferibili. Il caso. Nella sostanza trattandosi di vicenda invero piuttosto articolata e per certi versi un poco ambigua una banca permetteva ad un soggetto, nome e cognome, preceduto dalla generica qualifica di curatore”, e formale intestatario di alcuni assegni circolari non trasferibili, di incassarli sul proprio conto personale, senza verificarne la qualità appunto, di curatore” . Si contestava che la banca non avrebbe dovuto consentire al non meglio precisato curatore” di incassare tali assegni su un conto a lui intestato, proprio perché, essendo quest’ultimo espressamente indicato come curatore”, la banca avrebbe dovuto semmai riversare le somme su un conto intestato al soggetto rappresentato peraltro non espressamente indicato . Sempre secondo la tesi prospettata, la banca non solo avrebbe dovuto identificare personalmente il prenditore risultante dal titolo obbligo che era stato diligentemente e correttamente adempiuto , ma avrebbe altresì dovuto indagare sulla qualità di curatore”, così risultante dall’intestazione dell’assegno, e sincerarsi che le somme liquidategli fossero effettivamente destinate al rappresentato. La richiesta di danni e l’esito del primo grado. Da questo comportamento asseritamente inadempiente sarebbe derivato un danno ad una società, che oltretutto aveva ceduto il credito risarcitorio ad altra società, la quale aveva infine convenuto in giudizio la banca, per i motivi appena ricordati. Il Tribunale, ravvisato un concorso di colpa dei funzionari della banca ex art. 1227 c.c., accoglieva in parte la consistente richiesta risarcitoria. In appello la decisione veniva però del tutto riformata. La banca, secondo la Corte territoriale, non era stata negligente nell’individuazione del beneficiario degli assegni, perché essi erano stati incassati proprio dall’intestatario, mentre la circostanza che quest’ultimo avrebbe versato corrispondenti importi sul proprio conto privato, anziché su quello del non meglio precisato soggetto del quale era curatore”, atteneva esclusivamente ai rapporti fra il rappresentante e il rappresentato. Seguiva il ricorso per cassazione. La generica ed ambigua denominazione di curatore”. Gli Ermellini anzitutto si occupano della qualifica di curatore” genericamente riferita al soggetto beneficiario degli assegni. Ebbene, la qualifica di curatore potrebbe riferirsi ad un minore d’età, ma anche ad un interdetto, a un’eredità giacente, ad una procedura fallimentare, ecc. A seconda dei casi, vigono regole diverse in alcuni casi, la separazione patrimoniale fra il curatore e il rappresentato deve essere effettuata anche attraverso l’apertura di distinti conti bancari, come previsto - ad esempio - dall’art. 34 l. fall. in altri nulla osta a che il curatore operi, nell’interesse del rappresentato, sul proprio conto bancario. Ne consegue che la generica apposizione della dicitura curatore accanto al nominativo del beneficiario di un assegno circolare non comporta, per la banca traente, l’obbligo di verificare, al momento dell’incasso, l’effettiva natura del rapporto di curatela, né se il legittimo prenditore abbia l’obbligo di versare, in ragione di tale rapporto, le somme su uno specifico conto separato dal proprio. Gli obblighi di verifica della banca si estendono agli elementi extratestuali del titolo? Non rientra nella diligenza dell’operatore bancario l’effettuazione di indagini che vadano oltre il controllo della regolarità formale del titolo, l’effettiva individuazione del soggetto che lo porta all’incasso e la verifica della corrispondenza del suo nominativo con quello cui è intestato l’assegno. Per cui, quando dall’intestazione dall’assegno risulta evidente che l’effettivo beneficiario è soggetto diverso dall’intestatario, che del primo è solo il rappresentante per esempio, Tizio, n.q. di curatore del Fallimento n. X , il predetto obbligo di diligenza impone alla banca di impedire che l’assegno venga versato su un conto diverso rispetto a quello del rappresentato. Ma nelle restanti ipotesi, in cui dal titolo non risulti chiaramente né la natura del rapporto fra intestatario ed effettivo beneficiario, né se il primo possa agire o no come mandatario senza rappresentanza quindi nell’interesse altrui, ma a nome proprio , l’art. 1176 c.c. non impone all’operatore bancario l’obbligo di effettuare indagini su elementi extratestuali rispetto a quelli risultanti dal titolo. L’obbligo di protezione della banca. Se da un lato è vero che la banca, avendo un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti i soggetti interessati, è responsabile nel caso in cui abbia consentito l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, dall’altro è pure vero che tale obbligo di protezione è adempiuto dalla semplice verifica della corrispondenza del beneficiario del titolo con il portatore, essendo preclusa qualsiasi ulteriore indagine relativa al rapporto sottostante. Il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte. La banca negoziatrice di un assegno - di traenza o circolare - non trasferibile, ha l’obbligo di verificare l’esatta corrispondenza del nominativo dell’intestatario del titolo con quello del portatore all’incasso e, nel caso in cui dal titolo risulti che l’intestatario agisce in nome e per conto dell’effettivo beneficiario come, ad esempio, quando l’assegno è intestato a Tizio, nella qualità di curatore del fallimento Alfa , deve sincerarsi che l’incasso avvenga mediante accreditamento delle somme su un conto intestato al beneficiario. Sulla banca, infatti, grava un obbligo professionale di protezione preesistente, specifico e volontariamente assunto nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione. Tale obbligo di protezione, tuttavia, si limita a quanto risulta dal titolo e non implica la necessità di effettuare ulteriori verifiche su elementi extratestuali. Il rigetto del ricorso per cassazione. In applicazione dell’affermato principio, è stato escluso che, risultando apposta sul titolo la generica qualità di curatore senza alcuna altra specificazione, la banca fosse tenuta a indagare sulla natura del rapporto di curatela e sulla conseguente possibilità o meno, da parte dell’intestatario, di incassare le somme su un conto intestato a se stesso anziché ad un generico beneficiario effettivo” non altrimenti identificato o identificabile. Il ricorso per cassazione è stato così rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 31 gennaio – 27 giungo 2018, n. 16891 Presidente Spirito – Relatore D’Arrigo Ritenuto in fatto La Immobiliare Sant’Ambrogio s.r.l., qualificatasi quale cessionaria del credito risarcitorio di Euro 1.800.000 vantato dalla Immobiliare Manzoni s.r.l. nei confronti della Banca Centropadana di Credito Cooperativo, ha convenuto in giudizio tale banca sostenendo che la stessa aveva illegittimamente consentito a tale curatore G.P. , formale intestatario di taluni assegni circolari non trasferibili, di incassarli sul proprio conto personale, senza verificarne la qualità. Ne ha chiesto quindi la condanna al risarcimento dei danni per il corrispondente importo. La Banca Centropadana di Credito Cooperativo si è costituita in giudizio, chiamando in manleva la Società Reale Mutua Assicurazioni. Il Tribunale di Lodi, ravvisato un concorso di colpa dei funzionari della banca ex art. 1227 cod. civ., ha accolto la domanda fino alla concorrenza dell’importo di Euro 900.000,00, al cui pagamento veniva condannato l’istituto di credito, con obbligo di manleva in capo alla compagnia assicurativa. La sentenza è stata appellata dalla Immobiliare Sant’Ambrogio s.r.l., che chiedeva l’accoglimento integrale della propria domanda risarcitoria, nonché dalla Banca Centropadana di Credito Cooperativo e dalla Società Reale Mutua Assicurazioni, che invece ne chiedevano integrale rigetto. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, in totale riforma della decisione appellata, ha rigettato tutte le domande proposte dalla Immobiliare Sant’Ambrogio s.r.l., con condanna della stessa alle spese di entrambi i gradi di giudizio. In particolare, la corte di merito ha ritenuto la carenza di legittimazione attiva dell’Immobiliare Sant’Ambrogio s.r.l. che, a tutto concedere, sarebbe succeduta alla Immobiliare Manzoni s.r.l. società facente capo alla medesima persona fisica Ga.Is. nella titolarità del credito risarcitorio in ragione di un atto qualificabile come donazione, giacché il corrispettivo della cessione era di Euro 1.000,00, pari ad appena un milleottocentesimo del valore nominale del credito ceduto. Ma tale donazione era priva dei necessari requisiti di forma richiesti a pena di nullità. La corte d’appello ha rilevato che non risultava provato neppure chi fosse stato l’effettivo richiedente il menzionato Ga. o l’Immobiliare Manzoni s.r.l. degli assegni circolari che si assumono erroneamente e negligentemente pagati al G. , talché non poteva ritenersi certo neppure che la dante causa della società attrice fosse, a sua volta, legittimata attiva. Inoltre, ha affermato che, essendo non controverso che gli assegni circolari furono consegnati al soggetto indicato come formale prenditore il G. , sarebbe dovuto essere quest’ultimo, semmai, a lamentarsi se i titoli fossero stati pagati a persona diversa. La corte di merito ha infine escluso che vi fosse stata negligenza della banca nell’individuazione del beneficiario degli assegni intestati, lo si ricorda, a curatore G.P. , poiché è pacifico che gli assegni siano stati effettivamente incassati dal G. , mentre la circostanza che quest’ultimo avrebbe versato i corrispondenti importi sul proprio conto privato, anziché su quello del non meglio precisato soggetto del quale era curatore attiene esclusivamente ai rapporti fra il rappresentante e il rappresentato. La sentenza d’appello è stata impugnata dalla Immobiliare Sant’Ambrogio s.r.l., che ne chiede la cassazione per otto motivi. Resistono con controricorso la Banca Centropadana di Credito Cooperativo e la Società Reale Mutua Assicurazioni. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive. Il pubblico ministero, invece, non ha ritenuto di depositare conclusioni scritte. Considerato in diritto Poiché la decisione impugnata poggia su molteplici rationes decidendi, ciascuna delle quali capace di reggere autonomamente la decisione finale, in base al principio della ragione più liquida Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490 , conviene esaminare anzitutto il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso, tutti relativi al capo della sentenza d’appello che esclude che vi sia stata negligenza della banca nell’individuazione del beneficiario dell’assegno circolare. Stante la stretta connessione, i motivi possono essere esaminati congiuntamente. Va premesso che la Immobiliare Sant’Ambrogio s.r.l. riferisce che la cedente del credito Immobiliare Manzoni s.r.l. sarebbe stata truffata dal già menzionato G.P. che, qualificandosi come curatore di un minore d’età, avrebbe prospettato un inesistente affare immobiliare in ragione del quale gli sarebbero stati rilasciati gli assegni circolari in questione, per il considerevole importo di Euro 1.800.000,00 e genericamente intestati a curatore G.P. . In estrema sintesi, la ricorrente sostiene che la Banca Centropadana di Credito Cooperativo non avrebbe dovuto consentire al G. di incassare tali assegni su un conto intestato a proprio nome, proprio perché, essendo quest’ultimo espressamente indicato come curatore , avrebbe dovuto semmai riversare le somme su un conto intestato al soggetto rappresentato. In buona sostanza, la ricorrente è dell’idea che la Banca avesse non solo l’obbligo di identificare personalmente il prenditore risultante dal titolo obbligo che risulta diligentemente e correttamente adempiuto , ma anche di indagare sulla qualità di curatore dello stesso risultante dall’intestazione dell’assegno e sincerarsi che le somme liquidategli fossero effettivamente destinate al rappresentato. La questione viene risolta - in termini negativi - dalla corte d’appello sulla scorta di due argomenti si osserva, da un lato, che la dicitura curatore era assolutamente generica dall’altro, che comunque la legittimazione a dolersi dello storno delle somme spetterebbe al rappresentato e non al richiedente l’assegno circolare. Conviene soffermarsi sulla prima delle due argomentazioni, sostanzialmente corretta e immeritevole di censure di legittimità. Com’è noto, la qualifica di curatore potrebbe riferirsi ad un minore d’età, ma anche ad un interdetto, a un’eredità giacente, ad una procedura fallimentare, ecc. A seconda dei casi, vigono regole diverse in alcuni casi, la separazione patrimoniale fra il curatore e il rappresentato deve essere effettuata anche attraverso l’apertura di distinti conti bancari, come previsto - ad esempio - dall’art. 34 legge fall. in altri nulla osta a che il curatore operi, nell’interesse del rappresentato, sul proprio conto bancario. Consegue che la generica apposizione della dicitura curatore accanto al nominativo del beneficiario di un assegno circolare non comporta, per la banca traente, l’obbligo di verificare, al momento dell’incasso, l’effettiva natura del rapporto di curatela, né se il legittimo prenditore abbia l’obbligo di versare, in ragione di tale rapporto, le somme su uno specifico conto separato dal proprio. Non rientra, infatti, nella diligenza dell’operatore bancario l’effettuazione di indagini che vadano oltre il controllo della regolarità formale del titolo, l’effettiva individuazione del soggetto che lo porta all’incasso e la verifica della corrispondenza del suo nominativo con quello cui è intestato l’assegno. In relazione a quest’ultimo aspetto, quando dall’intestazione dall’assegno risulta evidente che l’effettivo beneficiario è soggetto diverso dall’intestatario, che del primo è solo il rappresentante per esempio, Tizio, n.q. di curatore del Fallimento n. X , il predetto obbligo di diligenza impone alla banca di impedire che l’assegno venga versato su un conto diverso rispetto a quello del rappresentato. Ma nelle restanti ipotesi, in cui dal titolo non risulti chiaramente né la natura del rapporto fra intestatario ed effettivo beneficiario, né se il primo possa agire o no come mandatario senza rappresentanza quindi nell’interesse altrui, ma a nome proprio , l’art. 1176 cod. civ. non impone all’operatore bancario l’obbligo di effettuare indagini su elementi extratestuali rispetto a quelli risultanti dal titolo. Non sussiste, dunque, la violazione dell’art. 43 r.d. n. 176 del 1933 terzo motivo . Infatti, se da un lato è vero che la banca, avendo un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti i soggetti interessati, è responsabile nel caso in cui abbia consentito l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo Sez. U, Sentenza n. 14712 del 26/06/2007, Rv. 597395 dall’altro è pure vero che tale obbligo di protezione è adempiuto dalla semplice verifica della corrispondenza del beneficiario del titolo con il portatore, essendo preclusa qualsiasi ulteriore indagine relativa al rapporto sottostante. Deve quindi essere affermato il seguente principio La banca negoziatrice di un assegno - di traenza o circolare non trasferibile, ha l’obbligo di verificare l’esatta corrispondenza del nominativo dell’intestatario del titolo con quello del portatore all’incasso e, nel caso in cui dal titolo risulti che l’intestatario agisce in nome e per conto dell’effettivo beneficiario come, ad esempio, quando l’assegno è intestato a Tizio, nella qualità di curatore del fallimento Alfa , deve sincerarsi che l’incasso avvenga mediante accreditamento delle somme su un conto intestato al beneficiario. Sulla banca, infatti, grava un obbligo professionale di protezione preesistente, specifico e volontariamente assunto nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione. Tale obbligo di protezione, tuttavia, si limita a quanto risulta dal titolo e non implica la necessità di effettuare ulteriori verifiche su elementi extratestuali . Nella specie, facendo applicazione di tale principio, deve escludersi che, risultando apposta sul titolo la generica qualità di curatore senza alcuna altra specificazione, la banca fosse tenuta a indagare sulla natura del rapporto di curatela e sulla conseguente possibilità o meno, da parte dell’intestatario, di incassare le somme su un conto intestato a se stesso anziché ad un generico beneficiario effettivo non altrimenti identificato o identificabile. Per tali ragioni è infondato pure il quarto motivo, che sottintende che avesse rilevanza, al momento della negoziazione del titolo, l’effettiva titolarità o meno, da parte del G. di un incarico giudiziale di curatela. Va dichiarato infondato anche il quinto motivo, almeno nella parte in cui si discute della genericità della qualifica di curatore. Infine, è infondato pure il sesto motivo, col quale la ricorrente si duole dell’omesso esame di documenti che - per le ragioni anzidette - sono sprovvisti del carattere della decisività. Conclusivamente, la ratio decidendi secondo cui non sarebbe rinvenibile, nella specie, la violazione da parte della banca di alcun obbligo di diligenza o di protezione, si sottrae alle censure che le sono state mosse. Poiché tale ratio è idonea a sorreggere, da sola, la decisione impugnata, l’infondatezza delle censure finora esaminate determina l’assorbimento di quelle relative alla legittimazione attiva, cui si riferiscono i primi due motivi e, in parte, anche il quinto. Il settimo motivo è inammissibile, in quanto con lo stesso si deduce la violazione dell’art. 348-bis cod. proc. civ. per non avere, la corte d’appello, ritenuto inammissibile l’appello proposto dalla Società Reale Mutua Assicurazioni, in quanto sprovvisto della ragionevole probabilità di essere accolto. In realtà, ex post l’appello si è rivelato addirittura fondato e, pertanto, la doglianza - in sé inammissibile anche solo in astratto, in quanto relativa ad un provvedimento negativo, ossia all’omessa adozione di un provvedimento di definizione anticipata risulta anche manifestamente infondata anche in concreto. L’ottavo motivo concerne l’asserita eccessività delle spese processuali ed è inammissibile per difetto di specificità, non essendo stati indicati quali parametri di liquidazione sarebbero stati violati. Infatti, in tema di spese processuali, è inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione delle tariffe professionali, atteso che, in applicazione del principio di autosufficienza, devono essere specificati gli errori commessi dal giudice e precisate le voci della tabella degli onorari e dei diritti che si ritengono violate Sez. 6 - 2, Sentenza n. 18190 del 16/09/2015, Rv. 636873 Sez. 1, Sentenza n. 20808 del 02/10/2014, Rv. 632497 . In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., nella misura indicata nel dispositivo. Sussistono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 . P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.