Rapporti di conto corrente e onere della prova

Se il correntista decide di agire in giudizio nei confronti dell’istituto bancario per la ripetizione dell’indebito ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti gli estratti-conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione.

Lo ribadisce la Corte di legittimità con ordinanza n. 12845/18 depositata il 23 maggio. Il caso. I Giudici di prime cure, in accoglimento della domanda attorea, dichiaravano la nullità di alcune clausole del contratto di conto corrente stipulato tra il correntista e l’istituto bancario, condannando quest’ultimo alla restituzione di una somma e degli interessi legali. Pur condividendo le argomentazioni del Tribunale in ordine alla nullità delle clausole negoziali relative agli interessi determinati con rinvio agli usi su piazza e alla commissione di massimo scoperto, la Corte territoriale accoglieva l’appello della banca limitatamente al calcolo delle somme addebitate a titolo di commissioni di massimo scoperto e degli interessi anatocistici calcolati sulle stesse. Avverso quest’ultima decisione il correntista propone ricorso per cassazione. Onere della prova. I Giudici di legittimità sostengono che il ricorrente non abbia colto la ratio decidendi con la quale la Corte d’appello ha ritenuto infondata la domanda di restituzione delle somme corrisposte a titolo d’interessi anatocistici per carenza della relativa prova e per la mancata produzione di tutti gli estratti-conto periodici. A tal proposito, la Corte non esita a ribadire che nei rapporti bancari in conto corrente, qualora sia il correntista ad agire in giudizio per la ripetizione dell’indebito, spetta ad egli fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti, sia della mancanza, relativamente ad essi, di una valida causa debendi . Pertanto, l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti gli estratti-conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute è a carico del correntista. In aderenza a tale consolidato orientamento, gli Ermellini dichiarano inammissibili i primi tre motivi del ricorso, infondati i restanti due, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 25 gennaio – 23 maggio 2018, numero 12845 Presidente Genovese – Relatore Rosario Fatto e diritto RILEVATO CHE Il Tribunale di Rovigo accolse la domanda di T.A. , dichiarando la nullità di alcune clausole del contratto di conto corrente stipulato con la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo s.p.a., in ordine alla pattuizione degli interessi anatocistici trimestrali, alla determinazione del tasso d’interessi ultralegale con riferimento agli usi su piazza ed all’addebito trimestrale delle commissioni di massimo scoperto, condannando la Cassa alla restituzione della somma di Euro 72.584,89 oltre interessi legali. La Corte d’appello di Venezia ha accolto parzialmente l’appello dell’istituto bancario, condannando l’appellante al pagamento di una somma ridotta. In particolare, la Corte di merito, ritenuto di condividere le argomentazioni del tribunale in ordine alla nullità delle clausole negoziali relative agli interessi determinati con rinvio agli usi su piazza e alla commissione di massimo scoperto, ha invece dissentito dalla parte della sentenza afferente alla quantificazione delle somme richieste, argomentando che il giudice di primo grado aveva recepito acriticamente le conclusioni del c.t.p. le somme erano state determinate sulla base di un documento contabile tardivamente depositato e contestato nel merito la mancanza degli estratti-conto aveva precluso la corretta ricostruzione contabile degli interessi debitori, rilevando che gli estratti scalari , utilizzati dal c.t.u., non consentivano di determinare l’importo capitale per il giorno esatto di valuta di conseguenza, il risultato del calcolo degli interessi debitori applicati non era matematicamente corretto fondandosi sulla media dei tassi applicati in un determinato periodo, senza consentire il calcolo delle singole rimesse effettuate e la loro imputazione. Pertanto, la Corte ha accolto parzialmente la domanda, limitatamente al calcolo delle somme addebitate a titolo di commissioni di massimo scoperto e degli interessi anatocistici calcolati sulle stesse, per Euro 7400,17, rigettando invece l’appello in ordine al capo relativo alla ripetizione degli interessi pagati in misura maggiore al tasso legale. Il T. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. Resiste la Cassa di Risparmio con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. CONSIDERATO CHE Con il primo motivo è stata denunziata l’erronea applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, 1 c., numero 4, c.p.c., avendo la Corte d’appello riformato la sentenza di primo grado ritenendo non desumibile dagli atti la non contestazione della banca in ordine alle conclusioni del c.t.p. circa la determinazione del credito fatto valere, soggiungendo che la stessa banca aveva eccepito l’inutilizzabilità del documento contenente il calcolo perché tardivamente depositato e non anche che il contenuto fosse non condivisibile. Con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo nella parte in cui la Corte di merito aveva ritenuto che la c.t.u. fosse fondata su un metodo sintetico non utilizzabile, senza considerare l’interezza del contenuto della consulenza tecnica da cui era invece desumibile una corretta conclusione in ordine al ricalcolo degli interessi dovuti alla banca, ciò anche alla luce della difesa di quest’ultima che non aveva contestato il quantum del credito azionato contestazione formulata per la prima volta nell’atto d’appello . Con il terzo motivo è stata denunziata la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver il giudice d’appello omesso di pronunciare sulla parte della domanda avente ad oggetto il ricalcolo del saldo di conto corrente, con riferimento all’illegittimo addebito degli interessi anatocistici. In altri termini, il ricorrente ha lamentato che la Corte d’appello, nel rigettare la domanda di ripetizione degli interessi ultralegali, aveva però omesso di pronunciarsi sull’ulteriore e diversa domanda diretta allo scomputo degli interessi anatocistici dal saldo di conto corrente. Con il quarto motivo in subordine è stata dedotta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per extrapetizione, avendo la Corte di merito riliquidato il quantum delle spese di primo grado in assenza di idoneo motivo d’appello. Con il quinto motivo in ulteriore subordine è stata denunziata violazione dell’art. 9, 2 c., del d.l. 24.1.12, numero 1, e degli artt. 41 e 11 del d.m. numero 140/12, avendo la Corte d’appello riliquidato le spese di primo grado applicando i nuovi parametri in difformità dalla disciplina transitoria, peraltro andando al di sotto dei minimi previsti dal d.m. numero 140. Il ricorso è infondato. I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente poiché tra loro connessi. Al riguardo, il primo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente non ha colto la ratio decidendi che è consistita nell’aver la Corte d’appello ritenuta infondata la domanda di restituzione delle somme corrisposte a titolo d’interessi anatocistici per carenza della relativa prova, ovvero per la mancata produzione di tutti gli estratti-conto periodici. Sul punto, la Corte ritiene di dare continuità all’orientamento per cui nei rapporti bancari in conto corrente, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, sicché il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute Cass., ord. numero 24948/17 . Pertanto, nella fattispecie non viene in rilievo il principio di non contestazione, avendo peraltro il giudice di merito escluso l’utilizzabilità del documento contabile prodotto dal correntista perché tardivo ed oggetto di espressa eccezione della banca che ha comunque contestato l’an del diritto fatto valere dal T. . Il secondo motivo è parimenti inammissibile perché fondato su una doglianza che s’incentra sull’esame della c.t.u., ritenuta inutilizzabile dalla Corte in quanto basata, per quanto esposto, su documentazione insufficiente o carente ovvero, i meri estratti scalari . Il terzo motivo è inammissibile per la medesima argomentazione, avendo il ricorrente censurato il mancato ricalcolo degli interessi anatocistici per la suddetta carenza documentale relativa agli estratti-conto periodici, pur avendo la Corte d’appello riconosciuto l’astratto diritto al rimborso delle somme indebitamente corrisposte alla banca. Il quarto e quinto motivo esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi sono infondati in quanto la liquidazione delle spese nella sentenza del giudice d’appello, anche in riforma della pronuncia di primo grado, discende dal principio della soccombenza e prescinde dall’onere di formulare uno specifico motivo d’impugnazione inoltre è inammissibile la parte del quinto motivo con cui è stata lamentata la liquidazione delle competenze al di sotto dei minimi tariffari, sia per carenza di autosufficienza, sia perché diretto al riesame del merito. Le spese seguono la soccombenza va altresì posto a carico del ricorrente l’ulteriore importo del contributo unificato, dato il pieno rigetto del ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 6200,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi e la maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. numero 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13.