Se l’avvocato è sospeso dall’albo, per il decorso del termine breve per impugnare, la notifica della sentenza va fatta alla parte personalmente

Se la morte, la radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore costituito sopravvenga o persista nel termine per impugnare, la notifica della sentenza alla parte personalmente costituisce l’unico mezzo per far decorrere il termine breve per impugnare, ai sensi dell’art. 325 c.p.c., poiché la parte difesa da un avvocato sospeso, radiato dall’albo o deceduto è posta in condizione di informarsi del perché abbia ricevuto la notifica e del perché non sia stata eseguita al difensore ed è quindi nella possibilità di rivolgersi ad altro professionista per proporre una tempestiva impugnazione.

Il caso. Due persone, proprietarie di un immobile, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, una società, lamentando che questa aveva realizzato opere violando la distanza legale, innalzato un muro comune e costruito ingombri che sporgevano nella loro proprietà. I ricorrenti chiedevano la demolizione delle opere realizzate, nonché la condanna al pagamento dell’indennità ex articolo 885 c.c., il risarcimento del danno e il pagamento delle spese processuali. La parte convenuta eccepiva il difetto di legittimazione degli attori, quali meri usufruttuari degli immobili, e chiedeva il rigetto della domanda. Veniva così integrato il contraddittorio verso i nudi proprietari dell’immobile. Il giudice di primo grado si pronunciava dichiarando il difetto di legittimazione attiva degli attori relativamente alla domanda di pagamento dell’indennità ex articolo 885 c.c. e di riduzione in pristino delle opere realizzate in violazione della distanza legale riteneva tardivo l’intervento in giudizio di tre persone e disponeva la demolizione delle opere sporgenti nella proprietà degli attori, rigettando, però, la domanda di risarcimento. Avverso la pronuncia di primo grado la società costruttrice proponeva appello dinanzi alla Corte di Appello di Salerno, la quale respingeva l’impugnazione. La società immobiliare, pertanto, proponeva ricorso per Cassazione, fondato su tre motivi di censura. I resistenti proponevano controricorso, con il quale sollevavano l’eccezione di inammissibilità del ricorso. La particella non risultava dal rogito. La parte ricorrente, con il primo motivo di ricorso, si doleva del fatto che nei gradi di merito non era stata raggiunta la prova che i ricorrenti fossero proprietari di quella porzione asservita, poiché dal rogito notarile non risultava la particella interessata, soppressa dopo la vendita ed accorpata ad altra particella. Con il secondo lamentava il fatto che la Corte territoriale aveva mal interpretato il rogito notarile del 1994 e aveva erroneamente escluso la sussistenza di porzioni tra i due fondi, sulla base di rilievi effettuati dal consulente tecnico d’ufficio, avendo questi errato nell’individuazione della linea di confine. Infine, con il terzo, rilevava che la Corte di Appello aveva omesso di esaminare fatti decisivi e di valutare i rilievi fotografici esibiti dalla ricorrente. La Corte Suprema ritiene fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai resistenti sulla base delle seguenti considerazioni il difensore del ricorrente era stato sospeso in via cautelare nel luglio 2012 in data anteriore rispetto al deposito della sentenza d’appello la sentenza d’appello era stata notificata alla parte personalmente nel dicembre 2012 e il ricorso per cassazione veniva proposto tardivamente nell’aprile 2013, oltre il termine di sessanta giorni previsto per legge. I Giudici della Seconda Sezione rilevano che, ai sensi del codice di rito, se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso e, in tal caso, si applica la disposizione dell'articolo 299 c.p.c Secondo l’articolo 328 c.p.c, qualora poi, durante la decorrenza del termine per le impugnazioni, di cui all'articolo 325 c.p.c., sopravviene qualcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata. Con riferimento all’articolo 328 c.p.c., la Corte di Cassazione, richiamando una pronuncia della Corte Costituzionale risalente al 1986 - che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 328 c.p.c. nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione del termine per le impugnazioni articolo 325 c.p.c. la morte, la radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso del termine stesso – ha distinto l’ipotesi in cui la mancanza del difensore interviene in un momento processuale in cui la parte, munitasi di un difensore, resta personalmente indifferente rispetto allo svolgimento del processo, stando in giudizio per mezzo del difensore, dall’ipotesi in cui tale evento sopravvenga o persista nel termine per impugnare. Orbene, nel caso sottoposto all’esame della Corte, la notifica della sentenza alla parte personalmente costituiva l’unico mezzo per far decorrere il termine breve per impugnare, ai sensi dell’articolo 325 c.p.c., poiché la parte difesa da un avvocato sospeso o radiato dall’albo è posta in condizione di informarsi del perché tale adempimento non sia stato effettuato al difensore ed ha quindi la possibilità di rivolgersi ad un altro professionista per proporre una tempestiva impugnazione. La parte notificante non ha l'onere, ulteriore rispetto a quello della notifica personale, verso il soggetto cui indirizza tale notifica, di avvertirlo dell’evento che ha colpito il proprio difensore. Conclusione. I Giudici della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, dichiarano inammissibile il ricorso e condannano la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Danno atto, altresì, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 gennaio – 10 maggio 2018, n. 11298 Presidente Orilia – Relatore Fortunato Fatti di causa A.R. e G.S., proprietari dell’immobile sito in omissis , hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore l’Immobiliare C. & amp G. di G.G. e c., lamentando che quest’ultima aveva realizzato opere in violazione della distanza legale, innalzato un muro comune e costruito ingombri che sporgevano nella loro proprietà. Hanno chiesto la demolizione delle opere, la condanna al pagamento dell’indennità ex art. 885 c.c., il risarcimento del danno ed il pagamento delle spese processuali. I convenuti hanno eccepito il difetto di legittimazione degli attori, quali meri usufruttuari degli immobili, ed hanno chiesto di respingere la domanda. Integrato il contraddittorio verso i nudi proprietari, il tribunale ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva degli attori relativamente alla domanda di indennità ex art. 885 e di riduzione in pristino delle opere eseguite in violazione delle distanze legali, ha dichiarato tardivo l’intervento in giudizio di Francesco, Pasquale e A.M. e le domande da questi ultimi proposte ha disposto la demolizione delle opere sporgenti nella proprietà degli attori su uno spiazzo facente parte della part. 176, rigettando la domanda di risarcimento. La Corte di appello di Salerno ha respinto l’impugnazione proposta dall’Immobiliare C. & amp G. s.n.c Dopo aver ritenuto che la domanda era stata correttamente qualificata come negatoria servitutis con conseguente legittimazione attiva degli usufruttuari, la Corte territoriale ha giudicato ammissibile l’intervento dei nudi proprietari. Ha infine asserito che il fondo sul quale aggettavano le nuove costruzioni non poteva considerarsi inesistente a seguito della soppressione della particella nelle mappe catastali che gli ingombri sporgevano effettivamente nella proprietà degli attori così come accertato dal c.t.u., il quale, dopo aver indicato nelle partt. omissis del fl. le porzioni degli attori ed in quelle nn. 1693 quella della convenuta, ha stabilito che il limite tra i due fondi era costituito dal muro comune ha infine escluso che la società, già titolare della part. in forza del rogito del 20.1.1994, avendo acquistato la part. con rogito del 4.10.1994, fosse titolare anche della striscia di terreno lungo il confine nord. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’Immobiliare G., affidato a tre motivi di censura. I resistenti hanno depositato controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Rilevato il tardivo deposito della memoria della parte ricorrente, avvenuto il 9.1.2018 art. 380 bis, comma 1, c.p.c. rileva il Collegio che con il primo motivo si censura la violazione degli artt. 949 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., sostenendo che nei gradi di merito non era stata raggiunta la prova che gli attori erano proprietari della porzione asservita, avendo i resistenti allegato un rogito che non riportava la part. 176, poi soppressa dopo la vendita ed accorpata alla part. 371 che poiché gli ingombri occuperebbero la colonna d’aria della suddetta particella, non vi sarebbe prova dell’illegittima imposizione della servitù. Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 1362, 1362 e 1062 c.c. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c Secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe mal interpretato il rogito del 4.10.1994, il quale contemplava il trasferimento in favore della ricorrente del fondo individuato in catasto alla partita 5373, fl. 9, part. 363/2, porzione che, in forza del rinvio contenuto nel contratto alle mappe catastali, includeva sia il capannone che le superfici circostanti sui quattro confini, inclusa quella ove aggettano gli ingombri erroneamente avrebbe anche escluso la sussistenza di porzioni tra i due fondi sulla base dei rilievi del c.t.u., avendo questi errato nell’individuare la linea di confine. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., 115 e 166 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 350 comma primo, n. 5 c.p.c La Corte di merito avrebbe omesso di valutare i rilievi fotografici prodotti dalla ricorrente, dai quali era dato rilevare che i lavori erano stati eseguiti all’interno della proprietà della società e che nessun ingombro invadeva la proprietà confinante. 2. Va esaminata per prima l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai resistenti. L’eccezione è fondata. La causa è stata assegnata a sentenza in secondo grado in data 10.11.2011 e il precedente difensore della ricorrente, dopo aver svolto le attività consentite dall’art. 190 c.p.c., è stato sospeso in via cautelare in data 24.7.2012 con provvedimento ancora efficace all’aprile 2013, come da certificazione del locale Consiglio dell’ordine in atti , prima del deposito della decisione oggetto di ricorso, avvenuto in data 27.11.2012. La sentenza d’appello è stata notificata alla parte personalmente 10.12.2012, mentre il ricorso è stato proposto con notifica del 12.4.2013 e quindi oltre il termine di cui all’art. 325 comma II c.p.c L’art. 301 c.p.c. dispone che se la parte è costituita a mezzo di difensore, la morte, la radiazione o la sospensione dall’albo costituiscono eventi interruttivi del processo dal momento di detti eventi, e si applica l’art. 299 c.p.c A norma dell’art. 328 c.p.c. se durante la pendenza del termine di cui all’art. 325 c.p.c. si verificano gli eventi di cui all’art. 299 c.p.c., detto termine è interrotto e il nuovo termine decorre dal momento in cui la notifica è rinnovata. La Corte costituzionale, con sentenza n. 41 del 1986, ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 328 nella parte in cui non prevedeva, fra le cause di interruzione del termine breve per impugnare la sentenza, la morte, la radiazione e la sospensione dall’albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso del termine stesso. Di seguito questa Corte, con riferimento all’art. 328 c.p.c. come risultante dall’intervento additivo del giudice delle leggi, ha distinto l’ipotesi in cui la mancanza del difensore interviene in un momento processuale in cui la parte, munitasi di un difensore, resta personalmente indifferente rispetto allo svolgimento del processo, stando in giudizio per mezzo del difensore, dal caso in cui tale evento sopravvenga o persista nel termine per impugnare. In tale ipotesi, che ricorre nel caso in esame, la notifica della sentenza alla parte personalmente costituisce l’unico mezzo per far decorrere il termine breve dell’art. 325 c.c. poiché la parte difesa dall’avvocato sospeso, radiato o deceduto è posta in condizione di informarsi del perché abbia ricevuto la notifica e del perché non sia stata eseguita al difensore ed è quindi nella possibilità di rivolgersi ad altro professionista per proporre una tempestiva impugnazione. Non si configura alcun onere del notificante di dare avviso alla controparte dell’evento che ha colpito il difensore, né tantomeno può ritenersi che il termine per impugnare decorra dal momento in cui la parte raggiunta dalla notifica abbia avuto conoscenza legale della causa interruttiva così, in motivazione, Cass. s.u. 8.2.2010, n. 2714 . Nel caso concreto, poiché è documentata la sospensione del precedente difensore in data anteriore alla pubblicazione della sentenza d’appello e nella pendenza del termine per impugnare ed è altresì provata l’effettuazione della notifica della sentenza d’appello alla parte personalmente in data 10.12.2013, il ricorso per cassazione, notificato il 12.4.2013 è tardivo, essendo stato proposto oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 325, comma secondo, c.p.c., mentre è irrilevante che la notifica della decisione sia stata eseguita a soli fini esecutivi, poiché non essendo la controparte munita di difensore, non viene in considerazione il fine processuale per il quale essa è stata eseguita. Il ricorso è - perciò - inammissibile. Le spese seguono la soccombenza come da liquidazione in dispositivo. Sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1500,00 per compensi, oltre ad iva, cap e rimborso forfettario spese generali in misura del 15%. Si dà atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.