Grava sul funzionario comunale l’«impegno di spesa» assunto senza l’osservanza dei controlli contabili

Il funzionario pubblico che abbia assunto degli impegni di spesa per la fornitura di segnaletica stradale in assenza dei controlli contabili previsti per legge risponde personalmente verso i terzi ai sensi dell’art. 23, comma 4, d.l. n. 66/1989.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 11036/18, depositata il 9 maggio. Il caso. La Corte d’Appello di Reggio Calabria confermava la decisione del Giudice di prime cure con cui un funzionario dell’omonima città veniva condannato al pagamento delle somme spettanti all’attore per la fornitura di segnaletica stradale effettuata. La Corte distrettuale rilevava la totale estraneità del Comune all’impegno contrattuale assunto dal funzionario, in considerazione dell’assenza di formale deliberazione dell’ente in tal senso. Avverso la decisone del Giudice d’Appello il funzionario propone ricorso per cassazione denunciando come la Corte non avesse preso in considerazione l’urgenza della fornitura richiesta, la quale avrebbe dovuto considerarsi legittima deroga all’art. 23 d.l. n. 66/1989. La responsabilità del funzionario. Il Supremo Collegio ribadisce come, in forza di un consolidato orientamento, il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, risponde – ai sensi dell’art. 23, comma 4, d.l. n. 66/1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente . Inoltre, la Suprema Corte sottolinea che anche nell’ipotesi dei lavori di somma urgenza invocati dal ricorrente, l’ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro 30 giorni, con la conseguenza che, in mancanza di tempestiva regolarizzazione con copertura di spesa, non può ritenersi sussistente alcun valido rapporto obbligatorio tra l’Amministrazione e il terzo . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 febbraio – 9 maggio 2018, n. 11036 Presidente Amendola – Relatore Dell’Utri Fatto e diritto Rilevato che, con sentenza resa in data 30/1/2017, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato A.P. al pagamento, in favore di L.T.F. , delle somme a quest’ultimo dovute in ragione di una fornitura di segnaletica stradale effettuata, su richiesta dell’A., quale funzionario del Comune di Reggio Calabria che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha ritenuto corretta la valutazione operata dal primo giudice in ordine alla totale estraneità del Comune di Reggio Calabria all’impegno contrattuale assunto dal proprio funzionario, non avendo l’amministrazione comunale adottato alcuna formale deliberazione in tal senso, con la conseguente responsabilità diretta del funzionario e dunque dell’A. ai sensi dell’art. 23 del d.l. n. 66/89 conv. nella legge n. 144/89 e nei successivi provvedimenti normativi che ne hanno recepito il contenuto che, avverso la sentenza d’appello, P.F. , in proprio e nella qualità di procuratrice generale di A.B.D. , entrambi quali eredi di A.P. , propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione che il Comune di Reggio Calabria, nonché L.T.M. e L.T.A. , quali eredi di L.T.F., resistono con controricorso che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., P.F. e il Comune di Reggio Calabria hanno presentato memoria considerato che, con il motivo di impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d.l. n. 66/89 conv. nella legge n. 144/89, nonché dell’art. 28 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. , per avere la corte territoriale erroneamente confermato la condanna pronunciata dal primo giudice nei confronti dell’A., non tenendo conto che la somma urgenza dei lavori per i quali detta condanna era stata pronunciata, costituiva circostanza idonea a giustificare la deroga del principio di cui all’art. 23 cit., con la conseguente sussistenza della responsabilità dell’amministrazione comunale convenuta per il pagamento dei corrispettivi ex adverso pretesi che, peraltro, avendo la ridetta amministrazione comunale comunque manifestato, sia pure in termini non formali, la volontà di far proprie le utilità derivanti dall’esecuzione della prestazione del L.T. , doveva ritenersi comunque giustificata l’eventuale pretesa del L.T. a rivendicare la condanna del Comune di Reggio Calabria ex art. 2041 c.c., senza alcuna residua responsabilità dell’A. che il motivo è manifestamente infondato che, al riguardo, osserva preliminarmente il Collegio come la corte territoriale si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme c.d. di evidenza pubblica , risponde - ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla L. n. 144 del 1989 - degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, essendo preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l’arricchito, ma anche verso persona diversa Sez. 1 -, Sentenza n. 80 del 04/01/2017, Rv. 643017 - 01 che, sul punto, neppure è ipotizzabile una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., in quanto tale norma presuppone che l’attività del funzionario sia riferibile all’ente medesimo, mentre la violazione delle regole contabili determina una frattura del rapporto di immedesimazione organica con la pubblica amministrazione Sez. 1 -, Sentenza n. 80 del 04/01/2017, Rv. 643017 - 01, cit. che, peraltro, la prospettiva interpretativa dell’art. 23 cit. avanzata dagli odierni ricorrenti incline a consentirne l’eventuale deroga in presenza di situazioni di somma urgenza, qualificate dall’eventuale riconoscimento degli organi dell’ente pubblico interessato, sì da giustificare l’assunzione di obbligazioni in nome per conto dell’ente pur in assenza delle formali deliberazioni degli organi competenti deve ritenersi manifestamente infondata, valendo al riguardo l’orientamento fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in forza dell’art. 23, comma 3, del d.l. n. 66 del 1989 convertito, con modificazioni, nella legge n. 144 del 1989 - successivamente trasfusa nell’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 77 del 1995, e nell’art. 191, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 , per i lavori di somma urgenza disposti dalle Amministrazioni comunali e provinciali, l’ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro trenta giorni, con la conseguenza che, in mancanza di tempestiva regolarizzazione con copertura di spesa, non può ritenersi sussistente alcun valido rapporto obbligatorio tra l’Amministrazione ed il terzo Sez. 1, Sentenza n. 19037 del 03/09/2010, Rv. 614461 - 01 che, infine, è appena il caso di rilevare come, secondo l’orientamento fatto proprio dalla più recente giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide e fa proprio al fine di assicurarne continuità , l’incarico di prestazione professionale che sia stato svolto, in favore di un ente locale, in mancanza di una formale delibera di assunzione di impegno contabile ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000, comporta l’instaurazione del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, non risultando esperibile nei confronti dell’ente l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., per difetto del requisito della sussidiarietà, salvo che esso non riconosca a posteriori il debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194 del d.lgs. predetto Sez. 3 -, Ordinanza n. 12608 del 19/05/2017, Rv. 644400 - 01 , da tanto desumendosi il carattere propriamente costitutivo” del ridetto riconoscimento di cui all’art. 194 cit. che, pertanto, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza del ricorso, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuno di essi, in Euro 1.400,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo 13.