Contestazione del fermo amministrativo, legittimato passivo è l’agente di riscossione

In un’azione di contestazione del fermo amministrativo - nonostante essa integri un’ordinaria azione di accertamento negativo circa i presupposti per l’adozione della misura – legittimato passivo necessario è l’agente di riscossione.

Da un lato, perché è lo stesso agente di riscossione ad aver dato corso, sia pure per dovere istituzionale, all’adozione delle misura contestata dall’altro lato, perché è nei suoi confronti che andrà pronunciata l’eventuale condanna alla cancellazione. Residua in ogni caso la facoltà del riscossore di chiamare in causa l’ente creditore, quale presupposto per escludere – in via di rivalsa e quindi nei soli rapporti interni con quest’ultimo – la propria responsabilità istituzionale. È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, con ordinanza n. 10854/18 del 7 maggio, respingendo il ricorso con cui Equitalia chiedeva che venisse cassata la pronuncia d’appello, ove era stata accolta l’impugnativa di un soggetto avverso il fermo amministrativo della propria auto. Tra le numerose violazioni di legge contestate, Equitalia sottolineava la necessaria chiamata in causa dell’ente impositore, al fine di dimostrare la propria estraneità rispetto alla pretesa impositiva ed al maturare della prescrizione del credito alla data di formazione del ruolo. Vigono gli stessi principi d’impugnazione delle cartelle esattoriali. Doglianza tuttavia infondata per la Corte Suprema, secondo cui, benché l’azione di specie, avente ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità del disposto fermo amministrativo, integri un’azione ordinaria di accertamento negativo, la peculiarità del suo oggetto mediato e l’identità della causa petendi consentono di estendere ad essa i principi elaborati in tema di impugnazione delle cartelle esattoriali. Per cui il necessario legittimato passivo è, in tal caso, proprio l’agente dalla riscossione, il quale ha dato corso, sia pure per ineludibile dovere istituzionale, alla procedura di fermo con l’iscrizione della relativa formalità. D’altra parte solo all’agente riscossore, e non ad altri, dovrebbe essere impartito – ove fosse accolta la contestazione del debitore – l’ordine di cancellare la misura. Chiamata in causa dell’ente creditore, non è un onere per il riscossore. Pertanto, conclude la Sesta Sezione Civile, la chiamata in causa dell’ente creditore da parte dell’agente di riscossione non si configura affatto come onere per quest’ultimo, al fine di poter far valere la sua estraneità alla pretesa ed essere mandato assolto da ogni domanda dell’opponente vittorioso ma solo quale presupposto per escludere – in via di rivalsa ed esclusivamente nei rapporti interni - la propria istituzionale responsabilità, non essendosi potuto esimere dal dovere di ufficio di attivare la procedura di riscossione. Sulla scorta di ciò, la Corte Suprema rigetta il ricorso di Equitalia e la condanna alle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 14 dicembre 2017 – 7 maggio 2018, n. 10854 Presidente Amendola – Relatore De Stefano Fatto e diritto rilevato che la Equitalia Servizi di Riscossione spa, presupposta la sua qualità di successore di Equitalia Sud spa, ricorre, affidandosi a non meno di due motivi e con atto notificato a mezzo p.e.c. il 07/12/2016, per la cassazione della sentenza n. 547 del 16/06/2016 del tribunale di Locri, con cui è stato rigettato l’appello da quella proposto avverso l’accoglimento - da parte del giudice di pace di Siderno con sua sentenza n. 72 del 05/04/2012 dell’impugnativa di P.G.F. contro il fermo amministrativo del 30/11/2010 n. omissis , relativo alla sua autovettura tg. resiste con controricorso il P., con richiesta di attribuzione delle spese è formulata proposta di definizione - per inammissibilità - in camera di consiglio ai sensi del primo comma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., come modificato dal comma 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197 non è depositata memoria ai sensi del secondo comma, ultima parte, del medesimo art. 380-bis considerato che il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata la ricorrente si duole di violazione di norme di diritto disapplicazione dell’art. 2700 c.c. - disapplicazione dell’art. 86 d.P.R. 602/73 mancata valutazione atti e documenti di causa assoluta legittimità del fermo amministrativo stante la rituale notifica della cartella sottesa e di disapplicazione art. 2697 c.c. - inversione dell’onere probatorio - disapplicazione art. 101 cpc chiamata in causa dell’ente impositore configurata quale onere a carico dell’agente della riscossione al fine di dimostrare la propria estraneità rispetto alla pretesa impositiva ed al maturarsi della prescrizione del credito già alla data di formazione del ruolo il ricorso è infondato a prescindere dai vizi di inammissibilità del ricorso perché affetto da commistione, in indifferenziate doglianze, di numerosi profili di censura, va subito rilevato, in primo luogo, come difetti l’interesse a riproporre la questione della ritualità della notifica della cartella, poiché essa è stata tralasciata nella qui gravata sentenza in applicazione del principio della c.d. ragione più liquida, sicché sul punto non può sussistere una soccombenza dell’agente della riscossione in secondo luogo, sono manifestamente infondate le doglianze relative alla maturazione della prescrizione in tempo anteriore alla notifica della cartella ed alla maturazione della prescrizione in data anteriore alla notifica della cartella, infrangendosi comunque sulla chiara ratio decidendi nella qualità di adiectus dell’agente di riscossione anche nel caso di opposizione a fermo amministrativo al riguardo, benché l’azione avente ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità del disposto fermo amministrativo integri un’azione ordinaria di accertamento negativo Cass. Sez. U. 15354 del 2015 , la peculiarità del suo oggetto mediato e l’identità della causa petendi consentono di estendere ad essa i principi elaborati in tema di impugnazione delle cartelle esattoriali, in base ai quali necessario legittimato passivo è proprio l’agente di riscossione, il quale ha dato corso, sia pure per ineludibile dovere istituzionale, alla procedura di fermo con l’iscrizione della relativa formalità e a non altri che al quale dovrebbe essere impartito, ove fosse accolta la contestazione del debitore, l’ordine di cancellarla pertanto, la chiamata in causa dell’ente creditore da parte dell’agente di riscossione non si configura affatto come onere per quest’ultimo ai fini di poter far valere la sua estraneità alla pretesa ed essere mandato assolto da ogni domanda dell’opponente vittorioso, ma solo quale presupposto per escludere, in via di rivalsa e quindi esclusivamente nei rapporti interni con quello, la propria istituzionale responsabilità, non essendosi potuto esimere dal dovere di ufficio di attivare la procedura di riscossione in tal senso, v. già Cass. 25/02/2016, n. 3707, appunto in tema di opposizione a cartella esattoriale d’altra parte, non è allegato - mancando pure, in violazione dei nn. 3 e 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., un’adeguata trascrizione dei titoli azionati e di quelli richiamati nella cartella posta a base dell’impugnato provvedimento di fermo amministrativo - quale procedimento di impugnativa fosse stato onere dell’ingiunto attivare per evitare l’effetto della definitività di accertamento del credito il quale ultimo parrebbe anzi - dai pochi cenni contenuti negli atti riscontrabili direttamente da questa Corte e comunque non constando alcuna impugnativa della qualificazione endoprocessuale espressa sul punto - di natura non tributaria e così normalmente suscettibile di formare oggetto di un’esecuzione esattoriale soltanto previa sua consacrazione in un titolo avente efficacia esecutiva o in altri casi specificamente previsti dalla legge, che qui neppure si allegano va allora applicato il seguente principio di diritto anche in una azione di contestazione del fermo amministrativo, nonostante essa integri un’ordinaria azione di accertamento negativo circa i presupposti per l’adozione di, quella misura, legittimato passivo necessario è l’agente della riscossione da un lato, perché esso ha dato corso, sia pure per ineludibile dovere istituzionale, all’iscrizione della misura e quindi causa alla necessità, per il preteso debitore, di azionare il giudizio dall’altro lato, perché nei suoi confronti andrà pronunziata la condanna alla cancellazione e residuando la sua facoltà di chiamare in causa l’ente creditore quale presupposto per escludere, in via di rivalsa e quindi esclusivamente nei rapporti interni con quello, la propria istituzionale responsabilità il ricorso - inammissibile il primo motivo e manifestamente infondato l’altro - va pertanto rigettato e la soccombente ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, con la chiesta attribuzione al suo difensore per la sua richiesta in tal senso, necessariamente implicante la dichiarazione di averne fatto anticipo infine, va dato atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente e con attribuzione al suo difensore per dichiaratone anticipo, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 510,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da quella proposto, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.