Igiene alimentare: la necessaria diffida ad adempiere per l’applicazione della sanzione

La sanzione prevista dall’art. 8 d.lgs. n. 155/1997, circa il documento di autocontrollo in materia di igiene alimentare, inerisce ad un illecito a formazione complessa e progressiva. Essa può essere comminata solo laddove, una volta ordinati una serie di obblighi in sede di prima ispezione, il soggetto responsabile dell’industria alimentare, nel termine non inferiore a centoventi giorni, non vi si conformi. Ne consegue che senza una previa diffida ad adempiere da parte dell’organo di controllo con allegata indicazione delle imprescindibili e doverose prescrizioni alle quali uniformarsi, o ancora senza l’effettuazione di un secondo controllo volto alla verifica della ottemperanza o meno delle prescrizioni imposte, l’illecito non può ritenersi sussistente.

È quanto stabilito dalla Sesta sezione Civile della Corte di Cassazione con ordinanza n. 10412/18 depositata il 2 maggio. Il caso. In data 5 dicembre 2007 la Regione Calabria notificava al signor C.F. un’ordinanza-ingiunzione mediante la quale la predetta Regione gli imponeva il pagamento di euro 2.478,99 per non aver tenuto a disposizione dell’autorità competente le informazioni relative alla natura, alla frequenza e ai risultati delle procedure di autocontrollo dal 2 gennaio 2001 al 10 dicembre 2002, in spregio agli artt. 3 e 8 del d.lgs. n. 155/1997 Decreto di attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernente l’igiene dei prodotti alimentari . In riforma della decisione del Tribunale di Cosenza n. 1665/2011, la Corte d’Appello di Catanzaro con sentenza n. 1880/2016 rigettava l’opposizione proposta da C.F. ritenendo fondato il gravame avanzato dalla Regione Calabria sul presupposto che l’applicazione della sanzione irrogata e quindi la sussistenza dell’illecito dipendeva dalla mera violazione dell’obbligo di tenuta del documento aziendale di autocontrollo, non suscettibile di sanatoria, e non già dall’omesso adeguamento delle prescrizioni impartite a seguito del primo controllo. Il signor C.F. con un unico motivo propone ricorso per cassazione dolendosi della violazione ed errata applicazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 155/1997 in riferimento all’art. 3 comma 3 dello stesso decreto. In particolare il ricorrente sostiene che la normativa di riferimento sopra citata, in virtù di un’interpretazione letterale, nonché sulla base delle modifiche apportate e alla sua ratio essendi sicurezza ed igiene dei prodotti alimentari , concerne la sola accertata inottemperanza ad una preventiva intimazione ad adempiere, e non all’accertamento della mancata tenuta del documento di autocontrollo. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. La necessaria predisposizione di un documento che prevenga le contaminazioni alimentari. Al fine di comprendere le ragioni della decisione, si ritiene doveroso comprendere quale sia la normativa di riferimento ratione temporis ” applicabile al caso concreto, date le diverse modifiche che, nel frattempo, sono state apportate al d.lgs. n. 155/1997. In particolare l’art. 3 del d.lgs. n. 155/1997 prevede va che il responsabile dell’industria alimentare che esercita un’attività di produzione, trasporto, vendita, somministrazione diretta al consumatore, deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo un documento nel quale vengono individuate le procedure di controllo e di sicurezza da adottare nella fasi di criticità per la sicurezza degli alimenti nonché le eventuali decisioni da adottare. Nel dettaglio, il responsabile della industria alimentare deve individuare nella propria attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti, garantendo la individuazione, l’applicazione e l’aggiornamento di adeguate procedure di sicurezza sulla base dei principi su cui verte il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP Hazard Analysis and Critical Control Points , ossia l’insieme di quelle regole e procedure volte a prevenire le possibili contaminazioni degli alimenti ad esempio identificazione di ogni pericolo da prevenire o eliminare o ridurre identificazione delle procedure di sorveglianza e delle azioni correttive predisposizione di documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare . Il successivo art. 8, primo e secondo comma, invece, commina va una sanzione amministrativa pecuniaria che l’Autorità procedente con separato provvedimento deve applicare qualora il responsabile dell’industria alimentare non provveda ad adeguarsi, entro un termine prestabilito e comunque non inferiore a centoventi giorni, alle prescrizioni impartite a seguito di un primo controllo. Illecito amministrativo a formazione complessa e progressiva. Ebbene, dal combinato disposto degli articoli 3 precetto e 8 sanzione del d.lgs. n. 155/1997 si evince indubbiamente che vi sia la necessità, prima di notificare un’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una somma di denaro, di accertare in concreto l’inottemperanza, da parte del responsabile dell’industria alimentare, delle prescrizioni impartite con il primo controllo ispettivo, non essendo sufficiente la mera constatazione da parte dell’Autorità competente della mancanza del documento di autocontrollo previsto dall’art. 3 del decreto più volte citato. Si tratta, in altri termini, di un illecito amministrativo a formazione progressiva e complessa in quanto configurabile solo a seguito della inosservanza delle prescrizione ordinate, in fase di primo controllo, al responsabile dell’industria alimentare da parte dell’autorità amministrativa preposta e solo con separato provvedimento non venendo in rilievo la mera inosservanza dell’obbligo di tenuta di un documento nel quale vengono indicate e specificate ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti c.d. documento di autocontrollo che, è bene precisare, è espressione di responsabilizzazione di chi opera nel settore alimentare, in quanto solo attraverso tale documento si può avere sotto controllo la propria produzione o, più in generale, la propria industria alimentare . In altri termini, la sanzione prevista dall’art. 8 d.lgs. n. 155/1997 può essere comminata solo laddove, una volta ordinati una serie di obblighi in sede di prima ispezione, il soggetto responsabile dell’industria alimentare, nel termine non inferiore a centoventi giorni, non vi si conformi. È solo allora che la sanzione potrà essere applicata. Ne consegue che senza una previa diffida ad adempiere da parte dell’organo di controllo con allegata indicazione delle imprescindibili e doverose prescrizioni alle quali conformarsi nonché la fissazione del termine per codesta regolarizzazione, o ancora senza l’effettuazione di un secondo controllo volto alla verifica circa l’ottemperanza o meno delle prescrizioni imposte nella diffida, l’illecito non può ritenersi sussistente perché, proprio alla luce della sua sopraesposta formazione progressiva, non è consumato. Per tali ragioni la Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, accoglie il ricorso di C.F

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 8 marzo – 2 maggio 2018, n. 10412 Presidente D’Ascola – Relatore Carrato Fatti di causa e ragioni della decisione Il sig. C.F. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1880/2016, pubblicata il 9 novembre 2016 e non notificata . L’intimata Regione Calabria non ha svolto attività difensiva in questa fase. Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte catanzarese ha accolto l’appello formulato dalla Regione Calabria e, in riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1665/2011, ha rigettato l’opposizione proposta da C.F. nei confronti dell’ordinanza-ingiunzione, notificata il 5 dicembre 2007, con cui la predetta Regione gli aveva ingiunto il pagamento di Euro 2.478,99 per non aver tenuto - in violazione degli artt. 3 e 8 del d. lgs. n. 155/1997, quale titolare dell’esercizio commerciale Europabar s.a.s. - a disposizione dell’autorità competente le informazioni relative alla natura, frequenza e ai risultati delle procedure di autocontrollo dal 2 gennaio 2001 al 10 dicembre 2002. Il giudice di appello riteneva fondato il gravame avanzato dalla Regione Calabria sul presupposto che l’applicazione della sanzione irrogata e, quindi, la sussistenza dell’illecito dipendeva dalla mera violazione dell’obbligo di tenuta del documento aziendale di autocontrollo non suscettibile di sanatoria e non dall’omesso adeguamento alle prescrizioni impartite a seguito del primo controllo. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto - ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione ed errata applicazione dell’art. 8, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 155/1997, in riferimento all’art. 3, comma 3, dello stesso d. lgs. Con la formulata censura il ricorrente ha, in effetti, inteso confutare l’impugnata sentenza che aveva applicato illegittimamente le censurate disposizioni normative poiché la violazione amministrativa per la quale era stata emessa l’ordinanza-ingiunzione si sarebbe dovuta considerare configurabile solo a seguito dell’accertata inottemperanza alla preventiva intimazione ad adempiere e non in virtù dell’accertamento della mancata tenuta del documento di autocontrollo, ciò desumendosi dal chiaro significato letterale della norma di riferimento, dall’evoluzione nel tempo del suo testo e dalla ratio delle previsioni in discorso in materia di sicurezza e igiene alimentare. Su proposta del relatore, il quale riteneva che il predetto unico motivo di ricorso potesse essere manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Rileva il collegio che il motivo dedotto con il ricorso principale è, invero, manifestamente fondato, trovando, perciò, conferma l’ipotesi di soluzione prospettata con l’anzidetta proposta del relatore. Per meglio focalizzare la motivazione di accoglimento del ricorso appare opportuno riportare le disposizioni normative ratione temporis applicabili con riguardo all’illecito amministrativo contestato al ricorrente per il quale era stato sanzionato con l’ordinanza-ingiunzione poi impugnata dinanzi al Tribunale di Cosenza. L’art. 3, comma 2, del d.lgs. 26/05/1997, n. 155 recante Attuazione della direttiva 93/43/CEE e della direttiva 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari . così recita va 3. Autocontrollo. Omissis . 3. Il responsabile dell’industria alimentare che esercita attività di produzione, di trasporto, distribuzione, vendita e somministrazione diretta di prodotti alimentari al consumatore deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo, anche in asserza dei manuali di cui all’articolo 4, un documento contenente l’individuazione, da lui effettuata, delle fasi critiche di cui al comma 2 e delle procedure di controllo che intende adottare al riguardo, nonché le informazioni concernenti l’applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici e i relativi risultati. Il successivo art. 8, contenente la disciplina delle sanzioni, così prevede va 8. Sanzioni. 1. Salvo che il fatto costituisca reato il responsabile dell’industria alimentare è punito con a la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni per l’inosservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3, comma 3 b la sanzione amministrativa pecuniaria da lire tre milioni a lire diciotto milioni per la mancata o non corretta attuazione del sistema di autocontrollo di cui all’articolo 3, comma 2, o per l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 3, comma 5 c la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire sessanta milioni per la violazione degli obblighi di ritiro dal commercio previsti dall’articolo 3, comma 4. 2. L’Autorità incaricata del controllo deve indicare nel verbale di accertamento le carene riscontrate e le prescrizioni di adeguamento necessarie per assicurare il rispetto delle norme contenute nel presente decreto. La stessa Autorità procede con separato provvedimento ad applicare le sanzioni di cui al comma 1 qualora risulti che il responsabile dell’industria alimentare non ha provveduto ad adeguarsi alle prescrizioni impartite a seguito del primo controllo, entro un termine prefissato, comunque non inferiore a centoventi giorni dalla data del verbale del primo accertamento. 3. Il mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, ovvero la violazione dell’obbligo di ritiro dal commercio previsto dall’articolo 3, comma 4, è punito, se ne deriva pericolo per la salubrità e la sicurezza dei prodotti alimentari, con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da lire seicentomila a lire sessanta milioni. Orbene, dal coordinamento tra precetto e sanzione, si desume univocamente che, ai fini della configurazione dell’infrazione contemplata nel richiamato comma 3 dell’ art. 3 del d. lgs. n. 155/1997, occorre va , in virtù del combinato disposto dei commi 1 e 2 del successivo art. 8 regolante il corrispondente trattamento sanzionatorio, che per la sanzionabilità in concreto della violazione contestata al C. fosse necessario accertare - da parte degli organi di vigilanza - preventivamente l’inottemperanza della parte obbligata nei cui confronti erano state impartite le necessarie prescrizioni per conformarsi agli obblighi di legge in materia di documentazione relativa all’autocontrollo rilevati in sede ispettiva, non risultando, cioè, sufficiente la sola mera constatazione, all’atto del primo controllo, della mancata tenuta, da parte dell’esercente commerciale, del c.d. documento di autocontrollo . Pertanto, la fattispecie dell’illecito amministrativo in questione si connota va per la sua struttura a formazione complessa e progressiva, ragion per cui solo in conseguenza del mancato o inidoneo adeguamento alle prescrizioni ordinate all’obbligato l’autorità amministrativa preposta avrebbe potuto legittimamente applicare le sanzioni di cui al comma 1 del suddetto art. 8 del d. lgs. n. 155/1997, dovendole, peraltro, adottare con separato provvedimento , come previsto dal comma 2 del medesimo articolo. La Corte catanzarese è, invece, incorsa nella prospettata violazione di legge perché - in difformità dall’enunciato principio di diritto - ha ritenuto che la violazione in questione si fosse venuta a configurare per la sola inosservanza dell’obbligo contemplato dall’art. 3, comma 3, del citato d. lgs., obliterando, però, del tutto il coordinamento tra il primo e il secondo comma dell’art. 8, posto che la sanzione da comminare nella misura prevista dal comma 1 dell’art. 8 avrebbe potuto essere separatamente irrogata solo a condizione che, una volta impartite le prescrizioni in sede di prima ispezione, il soggetto obbligato non avesse provveduto ad adeguarvisi nel termine prefissato dall’organo accertatore o in quello di 120 giorni dalla data del verbale del primo accertamento. Solo all’atto della consumazione, con esito negativo, di questo successivo passaggio del complessivo procedimento di contestazione, avrebbe potuto essere applicata la sanzione per la violazione amministrativa in questione. Ne consegue che, se prima l’organo di controllo non abbia proceduto alla diffida ad adempiere con l’indicazione delle necessarie prescrizioni alle quali conformarsi e la fissazione del termine per la successiva regolarizzazione, ovvero, se pur avendovi provveduto, non abbia poi effettuato il secondo controllo consistente nella verifica sull’inottemperanza o meno alla diffida stessa, l’illecito di cui si discute - proprio per la sua inerenza ad una condotta lesiva dell’interesse giuridicamente tutelato nella materia della tutela dell’igiene dei prodotti alimentari caratterizzantesi per una sua formazione progressiva - non può ritenersi sussistente. Alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, l’unico motivo di ricorso proposto deve essere accolto sulla base del principio di diritto prima enunciato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c., previa cassazione della sentenza impugnata, la causa può essere decisa nel merito provvedendosi al rigetto dell’appello con la conseguente conferma integrale della sentenza di primo grado del Tribunale di Cosenza. Sussistono giuste ragioni, in considerazione dell’assoluta novità della questione sulla quale non risultano precedenti di questa Corte , per dichiarare interamente compensate tra le parti sia le spese del giudizio di appello che quelle della presente fase di legittimità ferma restando, invece, la statuizione anche in punto spese adottata all’esito del giudizio di primo grado . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito della causa, rigetta l’appello e conferma la sentenza di primo grado. Compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.