Se la promessa di pagamento contiene l'indicazione dei fatti su cui si fonda il debito ha natura di confessione

La promessa di pagamento, dal punto di vista processuale, dispensa colui a favore del quale la dichiarazione è stata fatta, dall'onere di provare i fatti costitutivi del debito come relevatio ab onere probandi. Nel caso in cui la promessa coesista con l'indicazione del fatto costitutivo del debito suddetto, tale indicazione ha natura di confessione, la quale, avendo valore di prova legale, può essere vinta soltanto a mezzo revoca della stessa, provando, secondo quanto previsto dall'art. 2732 c.c., l'errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione.

Così la Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, sentenza n. 9880/18, depositata il 20 aprile. Il caso. Nel corso del giudizio di primo grado, Tizio citava Caia per sentir dichiarare la nullità per mancanza di forma della donazione dallo stesso effettuata in favore della controparte contenuta in una scrittura privata datata 2.12.2005 ed avente ad oggetto parte del ricavato della vendita di due immobili intestati all'attore. In alternativa Tizio chiedeva dichiararsi l'indebito versamento della somma di € 130.095,00 effettuato in favore della convenuta. Questa si costituiva chiedendo il rigetto delle pretese avversarie e la condanna di Tizio in via riconvenzionale al pagamento dell'importo di € 4.905,00 ancora dovuto in forza della scrittura 2.12.2005. Sia in primo grado, sia in appello le pretese dell'attore venivano rigettate e Tizio tentava il ricorso in Cassazione. Confessione stragiudiziale spontanea. La Cassazione non lascia scampo al ricorrente e conferma la sentenza di appello. Nello specifico la Corte territoriale aveva considerato che la scrittura 2.12.2005 consisteva in una vera e propria confessione stragiudiziale spontanea. In questo documento si leggeva che l'acquisto di un appartamento da parte dell'attore avvenuto in data 18.2.2005 era stato fatto in realtà grazie a denaro in parte fornito dall'attrice e in parte ottenuto tramite mutuo ipotecario con un istituto di credito. Sempre nella scrittura si leggeva che tale immobile sarebbe stato poi venduto entro il 15.3.2006 a un determinato prezzo e parte di quel corrispettivo, detratto il valore del mutuo, sarebbe stato versato alla convenuta. Dal tenore letterale del documento - secondo i Giudici di appello - si deduceva che il passaggio di denaro per il quale l'attore agiva in restituzione era avvenuto senza alcun animus donandi . Aggiungeva la Corte che nella scrittura emergeva una specifica causa restitutoria che escludeva la natura indebita del passaggio di denaro. In altri termini Tizio aveva versato i soldi per i quali chiedeva la restituzione non per una donazione senza le forme prescritte per legge in favore di Caia, non per un versamento indebito alla stessa, ma semplicemente perché doveva restituirle il denaro che questa, mesi prima, gli aveva versato per acquistare l'immobile. Il ricorrente contesta simile ricostruzione sollevando diverse ragioni di censura. In primo luogo lamenta il fatto che la Corte d'Appello avrebbe travisato il contenuto della scrittura 2.12.2005 dovendosi escludere una causa restitutoria nell'operazione complessiva. Inoltre i Giudici avrebbero trascurato la concessione del mutuo per l'acquisto dell'appartamento e avrebbero altresì ignorato il fatto che la convenuta nel proprio atto di costituzione avesse affermato di non avere la somma di denaro prima del rogito del 18.2.2005 per acquistare l'immobile. La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente e rigetta le censure relative. Nello specifico la Suprema Corte rileva che, secondo l'orientamento giurisprudenziale più recente, la promessa di pagamento ha una specifica rilevanza processuale come prevede l'art. 1988 c.c. , dispensando colui che la sfrutta in giudizio di provare i fatti costitutivi della pretesa su cui si fonda così Cass. n. 14533/16 Cass. n. 13506/14 . Se però la promessa di pagamento contiene anche l'indicazione delle ragioni e dei fatti da cui deriva il debito relativo, allora acquisisce natura di confessione. Quest'ultima, essendo prova legale, può essere revocata soltanto dimostrando l'errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione come prevede l'art. 2732 c.c Analogo valore invece non può essere attribuito alle affermazioni contenute nell'atto di costituzione della convenuta. Per aversi anche in quel caso confessione giudiziale spontanea stavolta , l'atto deve essere sottoscritto anche dalla parte personalmente e non solo dal legale al quale pure viene conferito regolare mandato alle liti. Ciò vale anche nel caso in cui la procura sia stata sottoscritta in calce o margine dell'atto di costituzione e nel medesimo foglio così Cass. 24539/2016 . Nel caso di specie Caia non aveva firmato anche la comparsa di costituzione e risposta e pertanto le affermazioni contenute nell'atto non potevano acquisire valore di confessione. Compensazione. Sotto altro profilo, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'Appello avrebbe omesso di considerare la compensazione delle somme versate a Caia con l'accollo da parte di Tizio del debito che la convenuta stessa aveva con la banca creditrice ipotecaria. Su tale aspetto la Corte territoriale aveva in realtà esaminato il fatto, ma aveva respinto l'eccezione di compensazione perché tardiva. La Cassazione condivide la posizione dei giudici di merito in argomento. Si tratta infatti di un'eccezione in senso stretto che, dunque, deve essere sollevata tempestivamente e ritualmente dalla parte. La descrizione dei fatti e delle circostanze contenuta nell'atto di citazione in primo grado tuttavia non era giudicata idonea a fondare la rituale proposizione dell'eccezione e pertanto anche tale motivo viene respinto. In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso e conferma la pronuncia della Corte d'Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 dicembre 2017 – 20 aprile 2018, numero 9880 Presidente Mazzacane – Relatore Federico Esposizione del fatto Con citazione ritualmente notificata D.G.M. conveniva innanzi al Tribunale di Torino P.M. per sentir dichiarare la nullità, per mancanza di forma, della donazione in favore della convenuta, contenuta nella scrittura del 2.12.2005, avente ad oggetto parte del ricavato della vendita di due alloggi a sé intestati, ovvero per sentir accertare la natura indebita del versamento da lui effettuato in favore della convenuta di 130.095,00 Euro, trattandosi di adempimento di obbligazione nulla per mancanza di giustificazione causale. Con la scrittura suddetta il D.G. , proprietario dell’immobile sito in omissis , dichiarava che l’acquisto dell’appartamento suddetto, avvenuto con atto del 18.2.2005 per notaio M. , era stato fatto, in realtà, con denaro della signora P.M. e con l’accensione di un mutuo ipotecario, tale immobile sarà venduto come da proposta d’acquisto con atto da farsi entro il 15.3.2006 al prezzo di 280.000,00 Euro ed il signor D.G. si impegnava a versare tale somma, detratto l’importo del mutuo, alla signora P.M. alla data del rogito notarile . La convenuta, costituitasi, resisteva e chiedeva in via riconvenzionale la condanna del D.G. al pagamento di 4.905,00 Euro, corrispondente alla differenza tra quanto versato dal D.G. alla convenuta, e quanto lo stesso avrebbe dovuto versare in base alla scrittura del 2.12.2005. Il Tribunale di Torino respingeva la domanda del D.G. ed, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla P. , condannava l’attore al pagamento di 4.905,00 Euro oltre ad interessi legali. La Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza di primo grado. Il giudice di appello, in particolare, confermando la valutazione del primo giudice, attribuiva valore confessorio alla scrittura del 2.12.2005, cui era estraneo l’animus donandi, risultando dalla stessa una precisa e diversa causa restitutoria, la cui sussistenza escludeva la natura indebita del pagamento dedotta dall’attore. Da ciò l’impossibilità di impugnare tale scrittura per simulazione, posto che la confessione può essere unicamente revocata per violenza o errore di fatto, dovendo dunque escludersi, in assenza di uno di tali tassativi casi, la rilevanza della diversa ricostruzione dei rapporti economici tra le parti da parte dell’attore. La Corte escludeva, inoltre, in forza della decurtazione dalle somme dovute alla P. dell’ammontare del mutuo, la causa donandi in quanto l’odierno ricorrente si era assicurato, quale intestatario, l’importo capitale corrispondente alle rate già pagate, si da non risentire di alcuna diminuzione patrimoniale in conseguenza dell’intera operazione. Non poteva inoltre ritenersi configurabile, in capo al ricorrente, la dedotta perdita di un vantaggio derivante dalla vendita dell’immobile, la cui intestazione in suo favore era stato concordato tra le parti. Anche in ordine alla domanda subordinata, di indebito, la Corte territoriale evidenziava l’efficacia assorbente della confessione, in cui era ben precisata la causa di restituzione, incompatibile con la natura indebita dello spostamento patrimoniale. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso il D.G. , con tre motivi. P.M. resiste con controricorso, illustrato da memorie ex art. 378 cpc. Ritenuto in diritto Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e ss. c.c., dell’art. 1324 e 1362 e ss. c.c. ex art. 360 numero 3 cpc, nonché l’omesso esame della confessione resa in giudizio dalla controparte circa la mancanza di provvista, quale fatto decisivo della controversia ex art. 360 numero 5 cpc. Il ricorrente deduce, in particolare, che il contenuto della dichiarazione, ai sensi dell’art. 2734 c.c., dev’essere considerato per intero, stante il principio di indivisibilità, con la conseguenza che le allegazioni confessorie contenute nella scrittura del 2.12.2005 avrebbero dovuto essere valutate unitamente all’esistenza del mutuo contratto dal ricorrente, pure desumibile dalla scrittura medesima. Secondo il ricorrente la corte territoriale avrebbe travisato il contenuto della scrittura del 2/12/2005, dovendo escludersi l’esistenza di una precisa causa restitutoria fondata sull’appartenenza alla P. delle somme impiegate per l’acquisto dell’immobile, perfezionatosi già il 18/2/2005. In particolare la scrittura del 2/12/2005, successiva al su menzionato atto di compravendita contrasterebbe, ad avviso del ricorrente, con la quietanza di pagamento, rilasciata dalla P. e contenuta nell’atto pubblico di vendita assumendo, pertanto, natura di controdichiarazione, seppure posteriore alla stipula dell’atto. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare la dichiarazione confessoria, contenuta nella comparsa di costituzione della P. , di non disporre, prima del rogito del 18/2/2005, della somma di denaro necessaria ad acquistare l’immobile. L’articolato motivo è destituito di fondamento. È pacifico che la pretesa restitutoria del ricorrente si fonda sulla scrittura del 2/12/2005, che il ricorrente qualifica come donazione o comunque attribuzione nulla per carenza di valido titolo, con la quale il ricorrente medesimo, premesso di essere proprietario di un immobile sito in omissis , dichiarava che l’acquisto del suddetto appartamento avvenuto con rogito del 18/2/2005 era stato in realtà fatto con denaro di P.M. ed accensione di un mutuo ipotecari, impegnandosi conseguentemente a corrispondere alla P. a titolo restitutorio l’intero ricavato dalla vendita, pari a 280.000,00 Euro, dedotto l’ammontare del mutuo di 130.000,00 Euro. Alle dichiarazioni contenute in tale scrittura la Corte territoriale ha invece attribuito natura confessoria, sul rilievo che nella stessa era specificato il rapporto sottostante la promessa di restituzione. La statuizione è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte. Se infatti, in linea generale, la promessa di pagamento, che secondo il più recente orientamento di questa corte ha natura negoziale Cass. 15 luglio 2016 numero 14533 , possiede una rilevanza unicamente processuale, dispensando colui a cui favore tale dichiarazione è stata fatta dall’onere di provarne i fatti costitutivi c.d. relevatio ab onere probandi ex multis Cass. 13.6.2014 numero 13506 , nel caso in cui la promessa coesista con l’indicazione del fatto costitutivo del debito suddetto, tale indicazione ha natura di confessione, la quale, avendo valore di prova legale, può essere vinta soltanto a mezzo revoca della stessa, provando, secondo quanto previsto dall’art. 2732 c.c., l’errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione Cass. 5 ottobre 2017 numero 23246 . Ciò posto, si osserva, quanto alla dedotta violazione di legge, che il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio della pronuncia impugnata, che ha fatto discendere, dalla portata confessoria delle dichiarazioni del D.G. , contenute nella scrittura del 2.12.2005, la possibilità di impugnarle nei soli limiti della revoca di cui all’art. 2732 c.c., impugnazione che non risulta proposta dall’odierno ricorrente. Quanto invece all’omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla dedotta efficacia di confessione giudiziale delle ammissioni contenute nella comparsa di costituzione della P. , si osserva che tali dichiarazioni, per assumere il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229 c.p.c., avrebbero dovuto essere sottoscritte dalla parte personalmente, con modalità tali da rivelare inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell’atto. Di conseguenza, risulta a tale scopo inidonea la mera sottoscrizione della procura scritta, a margine o in calce all’atto contenente le dichiarazioni suddette, la quale, sebbene riportata nel medesimo foglio costituisce atto da esse giuridicamente distinto, benché collegato Cass. 24539/2016 . Esclusa dunque l’efficacia confessoria di tali ammissioni, e fermo restando che l’interpretazione degli atti difensivi è riservata al giudice di merito, da un lato non sussiste la dedotta decisività di tali dichiarazioni, in quanto le stesse sono ogni caso inidonee ad inficiare l’efficacia di prova legale della confessione stragiudiziale contenuta nell’atto del 18.2.2005. Tali dichiarazioni, in ogni caso, sono state prese in esame e valutate dal giudice di appello, onde non sussiste la dedotta omissione. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1273, 1203 numero 2 , 1241 e 1242 c.c., in riferimento all’art. 360 numero 3 cpc, e l’omesso esame del fatto, pacifico, dell’accollo da parte del ricorrente del debito che gravava sulla P. nei confronti della banca, già creditrice ipotecaria, ai sensi dell’art. 360 numero 5 cpc. Pure tale censura, che si articola sul duplice piano della violazione di legge e dell’omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile. Avuto riguardo alla dedotta violazione delle disposizioni in materia di accollo, surrogazione legale e compensazione, il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio della pronuncia impugnata. La Corte territoriale ha infatti affermato la tardività dell’eccezione di compensazione, che costituisce eccezione in senso stretto Cass. 12302/2016 , fermo restando che l’esposizione delle circostanze indicate dal ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, riportate in ricorso, non risultano idonee a dimostrare la rituale proposizione dell’eccezione di compensazione. Neppure risulta specificamente censurata l’ulteriore autonoma ratio decidendi, secondo cui l’eccezione di compensazione, per come formulata in appello dal ricorrente, aveva ad oggetto una posta creditoria estranea alla scrittura del 2 dicembre 2005 e non dedotta dall’attore nell’atto introduttivo. Da ciò discende l’inammissibilità dell’ulteriore doglianza, di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 numero 5 cpc, posto che le circostanze dedotte dal ricorrente risultano, in virtù delle su menzionate rationes decidendi, prive di rilevanza. Il terzo motivo denuncia la violazione delle disposizioni di legge in materia di mutuo 1813 e 1814 c.c. , di compravendita 1470 c.c. , di elementi essenziali ed interpretazione del contratto 1325 e ss., 1362 e ss , di efficacia probatoria della promessa di pagamento 1988 c.c. , di indebito artt. 1481 e 2033 c.c. nonché delle disposizioni in materia di valutazione della prova 2697 c.c., 113, 115 e 116 cpc , in riferimento all’art. 360 numero 3 cpc. Il motivo è inammissibile in quanto propone, sotto diversi profili, censure di merito, che non attingono la ratio della pronuncia impugnata. La sentenza della Corte territoriale ha infatti affermato, in conformità al consolidato indirizzo di questa Corte, l’efficacia confessoria delle dichiarazioni contenute nella scrittura del 2.12.2005. A fronte della confessione, da parte del ricorrente, del fatto costitutivo dell’obbligazione di restituzione, che, come già evidenziato, può essere superata solo a mezzo revoca, per errore di fatto o violenza ex artt. 2732 c.c., appare irrilevante, ed anzi conferma e rafforza la natura confessoria delle dichiarazioni contenute nella scrittura del 2.12.2005, il fatto che la stessa sia intervenuta successivamente alla stipula del negozio traslativo cui essa specificamente si riferisce. Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 3.700,00 Euro, di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.