Revisione dimenticata: nessuna comprensione per l’avvocato pieno di lavoro

Il legale, titolare di un grosso studio, dovrà pagare la multa di 159 euro. Per i Giudici di legittimità il richiamo ai pressanti impegni professionali non rappresenta una giustificazione sufficiente per il mancato adempimento all’obbligo della revisione periodica del veicolo.

Agenda pienissima per il titolare dello studio legale. Questo dato, ossia la gestione di numerosi e pressanti impegni lavorativi, non rende meno grave l’aver dimenticato di sottoporre a regolare revisione la propria automobile. Definitiva, di conseguenza, la sanzione pecuniaria di 159 euro Cassazione, ordinanza n. 6338/18, sez. VI Civile, depositata oggi . Obbligo. Fatale il controllo effettuato dalla Polizia municipale in un Comune dell’Emilia Romagna, controllo da cui emerge che la vettura guidata dal legale non è stata presentata alla prescritta revisione . Evidente, quindi, codice della strada alla mano, la violazione compiuta, e consequenziale la multa per una cifra pari a 159 euro. La sanzione viene mal digerita dall’avvocato, che propone ricorso prima dinanzi al Giudice di Pace e poi in Tribunale l’esito è però negativo in entrambi i casi. In sostanza, i Giudici respingono l’ipotesi che i numerosi impegni di lavoro addotti dal legale – che è risultato essere titolare di un grosso studio – possano rappresentare una giustificazione plausibile per il mancato assolvimento dell’obbligo di sottoporre l’autovettura alla revisione . Questa visione è condivisa e confermata dalla Cassazione. Anche per i Giudici del Palazzaccio, difatti, i numerosi e pressanti impegni lavorativi non sono catalogabili come causa di forza maggiore che possa giustificare la mancata revisione del veicolo . Definitiva, quindi, la multa. Per il legale ci sono però anche da pagare le spese processuali per il giudizio in Cassazione, e come beffa finale anche 1.500 euro come sanzione per abuso del diritto all’impugnazione .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 5 ottobre 2017 – 14 marzo 2018, n. 6338 Presidente Petitti – Relatore Picaroni Fatto e diritto Ritenuto che C. d.F. ricorre con un unico motivo avverso la sentenza del Tribunale di Parma n. 1697 del 2013, che ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Parma, di rigetto dell'opposizione proposta da D.F. avverso il verbale di contestazione della violazione dell'art. 80, comma 14, cod. strada e di applicazione della sanzione pecuniaria di Euro 159, e nei confronti del Comune di Parma che il Tribunale ha escluso, come già il primo giudicante, che i numerosi impegni di lavoro, addotti da D.F. a giustificazione del mancato assolvimento all'obbligo di legge di sottoporre l'autovettura alla revisione, non erano sussumibili nel caso fortuito o forza maggiore che con l'unico motivo di ricorso C. d.F. impugna la sentenza d'appello per difetto di motivazione nonché per violazione o/e falsa applicazione degli istituti della forza maggiore e del caso fortuito in combinato disposto con gli artt. 3 e 4 legge 24 novembre 1981, n. 689 che il Comune di Parma resiste con controricorso che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza del ricorso che il ricorrente ha depositato memoria che la doglianza è manifestamente inammissibile in quanto, per un verso, il vizio di motivazione è denunciato al di fuori del paradigma dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., come enucleato dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice per tutte, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053 , e, per altro verso, la circostanza prospettata dal ricorrente, dei numerosi e pressanti impegni lavorativi, non è sussumibile nelle invocate scriminanti del caso fortuito e della forza maggiore, configurabili solo a fronte della impossibilità di adottare comportamenti diversi da quello in concreto tenuto e sanzionato per tutte, Cass. 29/04/2010, n. 10343 che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, nonché la condanna al pagamento di ulteriore importo a titolo di responsabilità processuale aggravata ex art. 96 cod. proc. civ. che la proposizione di un ricorso per cassazione - come nella specie - basato su motivi manifestamente infondati, ripetitivi di quanto già confutato dal giudice d'appello, costituisce abuso del diritto all'impugnazione, integrante colpa grave, giacché provoca un ingiustificato aggravamento del sistema giurisdizionale, donde la necessità di sanzionare tale contegno ai sensi dell'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. per tutte, Cass. 29/09/2016, n. 19285 che a tale titolo si liquida, in via equitativa, l'importo di Euro 1.500,00 che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge, nonché al pagamento dell'importo di Euro 1.500,00 ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.