In fuga da una setta: niente protezione

Secondo i Giudici ci si trova di fronte a una vicenda a carattere familiare. Ciò perché l’ingresso nell’associazione segreta è un’eredità lasciata allo straniero dal padre.

Da credente cristiano ha rifiutato di entrare nella setta di cui aveva fatto parte anche il padre, e ha scelto per questo di fuggire in Italia. Questa problematica situazione non è però sufficiente per spingere lo Stato a concedere protezione allo straniero Cassazione, ordinanza n. 4557/2018, Sezione Sesta Civile, depositata il 27 febbraio . Minaccia. Prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, i Giudici hanno confermato il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, ossia hanno confermato il ‘no’ alla richiesta avanzata da uno straniero – di fede cristiana – scappato dal suo Paese per non essere costretto ad aderire ad un’associazione segreta. A chiudere la vicenda provvedono ora i Giudici della Cassazione, respingendo definitivamente le obiezioni mosse dal legale del richiedente protezione. In particolare, i magistrati spiegano che l’uomo ha narrato di essere minacciato da un’organizzazione segreta e di subire l’imposizione ad entrare nella setta per successione forzosa del posto dell’associato, dopo la morte del padre ciò significa che ci si trova di fronte a una vicenda privata ereditaria familiare . Mentre non vi è alcuna prova di una situazione di conflitto in prossimità geografica del luogo di dimora dello straniero.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 21 novembre 2017 – 27 febbraio 2018, n. 4557 Presidente Cristiano – Relatore Nazzicone Rilevato - che la parte ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Ancona del 26 maggio 2017, che ha respinto l'impugnazione avverso l'ordinanza del Tribunale della stessa città, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale - che deposita controricorso il Ministero intimato - che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c - che il ricorrente ha depositato memoria Considerato - che i motivi censurano 1 violazione e falsa applicazione degli artt. 3 D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, e 27 D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, per avere la corte del merito ritenuto non credibile la narrazione del ricorrente, senza attivare poteri officiosi di indagine e con motivazione solo apparente 2 violazione o falsa applicazione dell'art. 14 lett. b D.Lgs. n. 251 del 2007, per avere il giudice del merito sottovalutato la minaccia per il ricorrente costituita dal rifiuto di aderire alla setta Ogboni e dal suo credo cristiano, in una situazione di instabilità socio-politica del paese di origine e senza tener conto dei rapporti internazionali prodotti dal ricorrente, dai quali risulta pacifica l'esistenza di un danno grave per il medesimo 3 violazione o falsa applicazione dell'art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, per non avere provveduto il giudice a reperire documentazione aggiornata, peraltro prodotta a più riprese dallo stesso ricorrente 4 violazione o falsa applicazione dell'art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, e 5, comma 6, D.Lgs. n. 286 del 1998, con nullità della sentenza, perché esisteva una situazione di vulnerabilità del richiedente ed il giudice del gravame no si è pronunciato al riguardo - che il ricorso è inammissibile - che, invero, la corte territoriale ha ritenuto, sulla base del principio della considerazione dello sforzo ragionevole del richiedente e del dovere di cooperazione col medesimo, che il racconto da lui compiuto non riesca a rendersi credibile, sia pure nell'ambito dell'onere probatorio cd. attenuato, avendo egli narrato di essere minacciato da un'organizzazione segreta di traffici e di subire l'imposizione ad entrare nella setta per successione forzosa del posto dell'associato dopo la morte del padre laddove si tratta di vicenda privata ereditaria familiare - che, di conseguenza, non ha reputato sussistere i presupposti né del rifugio politico, né della protezione sussidiaria, sotto quest'ultimo profilo riscontrando l'insussistenza del conflitto in prossimità geografica del luogo di dimora del richiedente, sulla base delle informazioni disponibili da rapporti internazionali, e tenuto conto del fatto che il richiedente non ha neppure menzionato in sede di audizione eventuali rischi possibili in ragione di attacchi terroristici o conflitti armati - che, quanto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, la corte territoriale ha escluso siano state allegate circostanze idonea ad integrarne i presupposti, prima ancora che provate, secondo le categorie soggettive individuate da questa S.C. - che, in definitiva, la corte territoriale ha compiutamente approfondito l'esame in fatto della situazione, nel pieno rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia, dilungandosi in una motivazione accurata ed esauriente nell'esporre le ragioni che hanno portato la medesima alla decisione di rigetto del gravame e senza nessuna omissione di pronuncia - che, pertanto, il ricorso, sotto l'egida del vizio di violazione di legge mira invece a sottoporre di nuovo il giudizio di fatto, inammissibile tuttavia in sede di legittimità - che la condanna alle spese di lite segue la soccombenza - che non deve provvedersi alla dichiarazione di cui all'art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrenti principali ed incidentali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.