Nel processo l’“asso nella manica” della P.A. è costituito dalle presunzioni… salvo prova contraria

Nel procedimento di opposizione al provvedimento irrogativo di una sanzione amministrativa pecuniaria va mantenuto il principio secondo il quale l’Amministrazione pur essendo formalmente convenuta, assume sostanzialmente la parte di attrice spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell’art. 2697 c.c. fornire la prova dell’esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata e della loro imputabilità all’intimato, mentre compete all’opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi od estintivi. Con l’ulteriore precisazione che l’Amministrazione può avvalersi di presunzioni essendo anche queste mezzi di prova dei fatti giuridici che trasferiscono a carico dell’opponente l’onere della prova contraria.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4424 depositata il 23 febbraio 2018. Il fatto. Il Tribunale territorialmente competente accoglieva l’appello proposto da una S.p.a. avverso la sentenza del Giudice di Pace adito che aveva respinto l’opposizione avverso il verbale della Polizia stradale di accertamento della violazione dell’art. 23 commi 7 e 13 bis Codice della Strada, per aver fatto istallare al margine dell’autostrada un cartello pubblicitario non autorizzato. Secondo il Tribunale sarebbe stato onere – non assolto dall’Amministrazione - dimostrare che l’autore materiale dell’abusiva istallazione fosse stata la società opponente. Ed ancora, lo Stesso Tribunale, riteneva che l’Amministrazione avrebbe dovuto dare atto nel verbale di aver compiuto una verifica diretta circa il comportamento tenuto dall’appellante e che, pertanto, era da escludersi la possibilità di ritenere il suddetto verbale dotato di fede privilegiata. Il Ministero dell’Interno proponeva ricorso per Cassazione alla sentenza di appello. Onere della prova. Gli Ermellini, hanno ritenuto fondati tutti e due i motivi di ricorso proposti dal Ministero per violazione di norme di diritto in particolare, secondo il ricorrente, nel caso di specie, appariva logico presumere che l’istallazione del cartello pubblicitario in questione fosse stata effettuata secondo la volontà della società pubblicizzata mentre era onere di quest’ultima dimostrare che il fatto si fosse verificato contro la propria volontà. I Giudici di legittimità ritengono che nel giudizio di opposizione ad un’ordinanza-ingiunzione in materia di sanzioni amministrative davanti al Giudice competente, l’oggetto dell’opposizione non sia l’accertamento della legittimità dell’atto amministrativo, bensì, la pretesa sanzionatoria il Giudice, al quale sono riconosciuti poteri istruttori, deve pronunciarsi, non tanto sull’operato della Pubblica Amministrazione da ritenersi lecito sino a prova contraria , ma sulla responsabilità dell’opponente che andrà provata in giudizio. Ora, nel caso in esame, proseguono i Giudici, accertato l’esistenza del cartello pubblicitario e l’assenza di autorizzazione del resto mai contestata dalla società opponente , nonché valutato che il contenuto pubblicitario tornava a beneficio della spa, era ragionevole presumere che la stessa società fosse, comunque, corresponsabile con il materiale installatore del manifesto pubblicitario, giusta normativa di cui all’art. 197 codice della strada. Concludendo. I Giudici, pertanto, rigettano il ricorso e concludono affermando che le circostanze di fatto sembravano sufficienti ad acclarare la responsabilità se non esclusiva, solidale della società in ordine all’apposizione del cartello oggetto di causa e pertanto, l’Amministrazione aveva assolto l’onere della prova relativa all’imputazione del comportamento sanzionato. Era, invece, onere della società opponente, dimostrare che il fatto certo, l’affissione non autorizzata del cartello pubblicitario che la riguardava direttamente, si era verificato senza e/o comunque contro la sua volontà. D’altra parte, ove si fosse ritenuto un onere in capo alla P.A. di dimostrare che il cartello era stato installato su incarico della S.p.a., non solo si acclarava la circostanza che, comunque, il cartello in questione tornava utile alla società, ma si sarebbe accordato un favor eccessivo all’opponente tradotto nell’accoglimento della domanda, anche senza la prova di una sua estraneità ai fatti reali ed apparenti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 16 novembre 2017 – 23 febbraio 2018, n. 4424 Presidente Petitti – Relatore Scalisi Fatto e diritto Il Collegio preso atto che il Consigliere relatore dott. A. Scomma ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo il ricorso infondato, avendo il Tribunale di Modena applicato correttamente la normativa richiamata, nonché i principi in materia così come affermati da questa Corte. La proposta del relatore è stata notificata alle parti. Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe, dal quale risulta che il Tribunale di Modena con sentenza n. 1466 del 2016 ha accolto l'appello proposto dalla società Denny Rose spa. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Modena n. 1057 del 2009 che aveva respinto l'opposizione proposta dalla ricorrente avverso il verbale della Polizia Stradale di Modena di accertamento della violazione dell'art. 23 comma 7 e 13 bis CdS per aver fatto installare al margine dell'autostrada del sole Km. 154+200 nord località Campogalliano MO un cartello pubblicitario non autorizzato. Secondo il Tribunale di Modena, sarebbe stato onere dell'Amministrazione dimostrare che l'autore materiale dell'abusiva installazione fosse la società opponente e non lo avrebbe assolto. Ed ancora, il Tribunale di Modena riteneva che l'Amministrazione avrebbe dovuto dare atto nel verbale di aver compiuto una verifica diretta circa il comportamento tenuto dall'appellante e che, pertanto, era da escludersi la possibilità di ritenere il suddetto verbale dotato di fede privilegiata. La cassazione è stata chiesta dal Ministero dell'Interno per due motivi 1 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 23 e ss della legge n. 689 del 1981 e dell'art. 2967 cod. civ. in relazione all'art. 360, primo comma, n, 3 cod. procomma civ. 2 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13 e 23, comma 7 del D.Lgs. n. 285 del 1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. procomma civ. ed omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 cod. procomma civ. Ritiene che il ricorso, contrariamente alla proposta formulata dal Relatore e comunicata alle parti, sia fondato e vada accolto. Va qui osservato che in tema di giudizio di cassazione, anche dopo le novità introdotte nell'art. 380-bis c.p.comma dal D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016, il procedimento può essere definito con rito camerale ove ricorra un'ipotesi diversa' da quella opinata nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la causa alla pubblica udienza, soltanto se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall'art. 375, comma 1, nn. 1 e 5, c.p.comma Ragioni della decisione 1.= Il ricorrente a con il primo motivo pur riconoscendo l'esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l'amministrazione, pur essendo formalmente convenuta nel giudizio di l'opposizione all'ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa, sostanzialmente assume la veste di parte attrice, incombendo sulla stessa la prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere, mentre compete all'opponente, che assume la veste di convenuto, di provare la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa, tuttavia ritiene che, nel caso specifico, apparendo logico presumere che l'installazione sia stata effettuata secondo la volontà della società pubblicizzata, dovrebbe ritenersi sussistente a carico della società appellante l'onere di dimostrare che il fatto si fosse verificato contro la propria volontà. b con il secondo motivo, si duole del fatto che il Tribunale abbia disconosciuto la valenza di fede privilegiata al verbale oggetto del presente giudizio perché qualunque verbale che eroga sanzioni, ai sensi del Codice della Strada hanno il valore di atto pubblico. E, d'altra parte, quell'esclusione non sarebbe in linea con il chiaro disposto degli artt. 13 e 23 c.7 del D.Lgs. n. 285 del 1992 che non impongono tale specifico esame da parte dell'Amministrazione. E di più, la motivazione contenuta nella sentenza impugnata laddove si sottolinea come l'Amministrazione non avrebbe svolto alcun accertamento diretto circa il comportamento tenuto dal ricorrente, mentre dall'altro si riconosce l'esistenza del cartello e la mancanza di autorizzazione, sarebbe contraddittoria, addirittura omessa. 2.= I motivi che vanno esaminati congiuntamente, per l'innegabile connessione che esiste tra gli stessi, sono fondati. Va qui premesso che nel giudizio di opposizione ad una ordinanza ingiunzione in materia di sanzioni amministrative davanti al Giudice competente, l'oggetto dell'opposizione non è l'accertamento della legittimità dell'atto amministrativo, ma la pretesa sanzionatoria il Giudice, al quale sono riconosciuti poteri istruttori, deve pronunciarsi, non tanto sull'operato della Pubblica Amministrazione da ritenersi lecito sino a prova contraria , ma sulla responsabilità dell'opponente che andrà provata in giudizio. Pertanto, nel procedimento di opposizione al provvedimento irrogativo di una sanzione amministrativa pecuniaria, va mantenuto il principio, riconosciuto anche dal ricorrente, secondo il quale l'Amministrazione pur essendo formalmente convenuta, assume sostanzialmente la veste di attrice spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell'art. 2697 c.comma fornire la prova dell'esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata e della loro imputabilità all'intimato, mentre, compete all'opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prove dei fatti impeditivi od estintivi. Con l'ulteriore precisazione che l'Amministrazione può avvalersi di presunzioni essendo anche queste mezzi di prova dei fatti giuridici , che trasferiscono a carico dell'opponente l'onere della prova contraria. Ora, nel caso in esame, accertato l'esistenza del cartello pubblicitario e l'assenza di autorizzazione del resto mai contestata dalla società Denny Rose spa , nonché valutato che il contenuto pubblicitario tornava a beneficio della società Denny Rose spa, era ragionevole presumere che la stessa società fosse, comunque, corresponsabile con il materiale installatore del manifesto pubblicitario, giusta la normativa di cui all' art. 197 CdS. I dati e le circostanze di fatto erano sufficienti, dunque, ad acclarare la responsabilità se non esclusiva, solidale della società Denny Rose spa in ordine all'apposizione del cartello oggetto di causa e, pertanto, l'Amministrazione aveva assolto l'onere della prova relativa all'imputazione del comportamento sanzionato. Era, invece, onere della società Denny Rose di dimostrare che il fatto -certo, l'affissione, non autorizzata, di un cartello pubblicitario che la riguardava direttamente, si era verificato senza la sua volontà e/o, comunque, contro la sua volontà. D'altra, come ha evidenziato, pure, parte ricorrente, ove si dovesse ritenere che la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare l'esistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie ovvero che il cartello era stato installato su incarico della Denny Rose spa, non solo non si darebbe rilevanza alla circostanza che, comunque, la pubblicità contenuta nel cartello di cui si dice tornava utile alla società Denny Rose, ma verrebbe accordato un favor eccessivo all'opponente, che potrebbe vedersi accogliere la domanda, anche, laddove, non abbia provato la sua estraneità ai fatti reali ed apparenti. In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale di Modena in persona di altro magistrato per una nuova valutazione dei dati processuali alla luce dei principi espressi in motivazione. Il Tribunale del rinvio provvedere anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Modena in persona di altro Magistrato, il quale provvedere ad una nuova valutazione dei dati processuali alla luce dei principi espressi in motivazione e a predisporre il regolamento delle spese, anche, per il presente-giudizio di Cassazione.