Eccezionale decorrenza della prescrizione per le esecuzioni immobiliari

Per i procedimenti esecutivi pendenti alla data dell'08.09.1998, anche se dichiarati estinti ai sensi dell'art. 1 l. n. 302/1998 in deroga a quanto previsto dall'art. 2945, comma 3, c.c. l'effetto interruttivo della prescrizione di cui all'art. 1- bis , d.l. n. n. 64/1999 conv. con modif. e integr. dalla l. n. 134/1999 si manteneva sino alla dichiarazione di estinzione il nuovo periodo iniziava a decorrere dalla data della detta dichiarazione, qualunque fosse la ragione dell'estinzione medesima.

In tema di ricorso per cassazione, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l'orientamento della giurisprudenza della Corte di legittimità cui si sia conformata la pronuncia gravata ed in mancanza, nel ricorso, di valide critiche al quale il ricorso stesso va dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 360- bis c.p.c Tale in sintesi il contenuto dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 4366, depositata il 22 febbraio 2018, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. Decorrenza della prescrizione per i procedimenti esecutivi ante 08.09.1998. La sentenza in commento chiude un giudizio attivato in opposizione a precetto, nell'ambito di un'esecuzione immobiliare. In particolare, la questione di diritto sollevata dalle ricorrenti con l'unico motivo di ricorso attiene all'applicabilità al giudizio di esecuzione de quo della norma di cui all'art. 1- bis d.l. n. 64/1999 conv. con modificazioni dalla l. n. 134/1999 . Tale norma, prevista nell'ambito della disciplina transitoria per i termini di deposito della documentazione prescritta dall'art. 567, comma 2, c.p.c., per effetto della riforma di cui all'art. 1, l. n. 302/1998, prevede che Per i procedimenti esecutivi pendenti alla data dell'8 settembre 1998, anche se dichiarati estinti per effetto dell'art. 1 della legge 3 agosto 1998, n. 302, in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell'art. 2945 c.c., l'effetto interruttivo della prescrizione rimane fermo fino alla dichiarazione di estinzione e il nuovo periodo di prescrizione inizia a decorrere dalla data di tale dichiarazione . L'art. 2945, comma 3, c.c., cui espressamente deroga la norma citata, prevede invece che se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo . Mentre, la pronuncia di estinzione di cui all'art. 1 l. n. 302/1998 si riferiva ai procedimenti nei quali non veniva depositata tempestivamente la nuova documentazione prevista ai sensi del medesimo art. 1. Dunque, la particolare decorrenza della prescrizione era espressamente prevista anche per i casi in cui la nuova documentazione non veniva depositata nei termini, ai sensi dell'art. 1 l. 3 agosto 1998, n. 302. Ricordiamo che la norma di cui all'art. 567, comma 2, è stata poi nuovamente modificata con il d.l. n. 35/2005 conv. in l. n. 80/2005, come modificato ex art. 1 l. n. 263/2005 , che ha sostituito l'intero art. 567 c.p.c. e, nuovamente, dal d.l. n. 83/2015 conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132 . Ebbene, secondo le ricorrenti tale previsione non va applicata ai casi in cui il creditore non si sia mostrato diligente e dunque abbia almeno depositato la c.d. documentazione ipocatastale. Sulla questione la Corte di Cassazione si è già in precedenza espressa, con sentenza n. 21733/06, in senso sfavorevole alle ricorrenti affermando cioè che la norma de qua chiarisce che l'effetto interruttivo della prescrizione si applica a tutti i procedimenti esecutivi pendenti alla data dell'8 settembre 1998, quale che sia la ragione della dichiarazione della estinzione e che non vi è alcun elemento a sostegno della tesi dei ricorrenti principali, secondo la quale la operatività della nuova disciplina sarebbe limitata al caso dei creditori diligenti, cioè all'ipotesi in cui il creditore abbia richiesto - senza successo - il rilascio della documentazione necessaria per la vendita . Nel precedente del 2006, la Corte spiega che le nuove disposizioni sono state emanate proprio per prevenire la possibilità che fosse dichiarata d'ufficio l'estinzione delle procedure, a seguito della emanazione delle nuove norme per il deposito della documentazione di cui trattasi . Nella sentenza in commento, la Corte osserva, richiamando l'elaborazione che già si compì nel 2006, che l'eccezionale istituto era rivolto a neutralizzare i potenziali effetti negativi per i creditori dalla rilevante innovazione normativa consistente nell'introduzione di un regime di ufficioso rilievo di condotte inerti dei creditori quale causa di un'estinzione della procedura, contrario alle – benchè non condivisibili - prassi interpretative applicate negli uffici giudiziari negli anni precedenti. La Corte dunque respinge il ricorso. Ma, come vedremo, non ne dichiara l'infondatezza, ma l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 360- bis , n. 1 c.p.c Inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 360-bis, n. 1, c.p.c Tale norma prevede che il ricorso è inammissibile 1 quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa . Osserva qui la Corte che, la presenza di un orientamento consolidato è da riavvisarsi anche nell'esistenza di un solo precedente, sebbene datato, ove univoco e chiaro, ed evidentemente mai stato messo in discussione. La Corte rammenta che è stato in altra occasione affermato Cass. SS.UU. n. 7155/17 che lo scrutinio ex art. 360- bis , n. 1, c.p.c. impone una declaratoria di inammissibilità, che può rilevare ai fini dell'art. 334, comma 2, c.p.c. che prevede l'inefficacia dell'impugnazione incidentale se l'impugnazione principale è dichiarata inammissibile , sebbene fondata su ragioni di merito alla stregua dell'art. 348- bis c.p.c. - secondo cui, per quanto qui interessa, fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta , e dell'art. 606 c.p.p. - secondo cui, per quanto qui interessa, il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati . La funzione di filtro esercitata dall'art. 360, n. 1, c.p.c. è infatti quella, spiega la Corte, di esonerare la Suprema Corte dall'esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità . Ricordiamo, infatti, che la funzione della norma introdotta dalla l. n. 69/2009 è quella di deflazionare il carico della Corte. Ebbene, osserva la Corte, il ricorso ripropone acriticamente” le contestazioni relative alla diligenza del creditore v. supra , senza prendere posizione sul precedente già esistente. In conclusione, la Corte dichiara il seguente principio di diritto In tema di ricorso per cassazione, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l'orientamento della giurisprudenza della Corte di legittimità cui si sia conformata la pronuncia gravata ed in mancanza, nel ricorso, di valide critiche al quale il ricorso stesso va dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 360- bis , c.p.c. . Il relatore aveva proposto la definizione per manifesta infondatezza, in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 380- bis , c.p.c. secondo il collegio il ricorso va invece rigettato per inammissibilità il rito non cambia, dato che presupposto per la pronuncia in camera di consiglio ex art. 380- bis c.p.c. è anche il caso di inammissibilità ex art. 375, comma 1, n. 1 e 380- bis c.p.c. .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 gennaio – 22 febbraio 2018, n. 4366 Presidente Amendola – Relatore De Stefano Fatto e diritto rilevato che P.G. e M.L.C. ricorrono, affidandosi ad un motivo e con atto notificato il 02/01/2017, per la cassazione della sentenza della corte di appello di Palermo n. 1909 del 19/10/2016, di reiezione dell’appello proposto da loro e da M.L.G. avverso la reiezione, da parte del tribunale di Agrigento, dell’opposizione da loro dispiegata contro il precetto per Euro 171.570,87 oltre interessi e spese , notificato da Aspra Finance spa e fondato su decreto ingiuntivo n. 107 del 1983 di quell’ufficio giudiziario in favore del Banco di Sicilia, dante causa di essa precettante per l’intimata - che nelle more del giudizio ha ceduto il credito ad Arena NPL One srl - si costituisce la procuratrice della cessionaria, DoBank spa già Unicredit Credit Management spa , protestando l’irrilevanza della tardività della notifica del suo controricorso avvenuta peraltro il 10/02/2017 alla luce della nullità della notifica del ricorso, eseguita al domicilio indicato in precetto via OMISSIS , presso lo studio dell’avv. Giuseppe Piazza, il 02/01/2017 e quindi non a quello, unico ad essere corretto, del procuratore costituito in appello risultante, dall’intestazione della sentenza di secondo grado, in via omissis presso lo studio dell’avv. Giuseppe Caruso è formulata proposta di definizione - per manifesta infondatezza - in camera di consiglio ai sensi del primo comma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., come modificato dal comma 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197 la controricorrente deposita memoria ai sensi del secondo comma, ultima parte, del medesimo art. 380-bis considerato che il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata va preliminarmente rilevato che la notifica del controricorso pare tempestiva, siccome avvenuta il 10/02/2017 in relazione ad un ricorso per cassazione notificato, sia pure in effetti ad un domicilio non corretto per la prevalenza dell’elezione di domicilio nel primo grado del giudizio ordinario di cognizione in cui si risolve almeno in fase di merito - senza più rilevanza dell’elezione di cui all’art. 480 cod. proc. civ. - ogni opposizione esecutiva, il 02/01/2017 ad ogni buon conto, effettivamente la controricorrente avrebbe potuto beneficiare delle conseguenze della nullità della notifica del ricorso ai fini di sanare un’eventuale tardività della notifica del proprio atto difensivo davanti a questa Corte ciò posto, in disparte pure seri profili di inammissibilità del ricorso difettando in esso un’adeguata rappresentazione dello svolgimento del processo e, soprattutto, la trascrizione degli atti pure indispensabili alla decisione, prima fra tutti l’ordinanza che aveva dichiarato l’estinzione della procedura esecutiva immobiliare n. 187/1985 r.g.e. , la questione di diritto agitata dalle odierne ricorrenti riguarda l’applicazione alla fattispecie dell’art. 1-bis del d.l. 17 marzo 1999, n. 64, convertito con modificazioni dalla l. 14 maggio 1999, n. 134 la quale è stata appunto risolta in senso sfavorevole alle ricorrenti dalla chiara pronuncia di Cass. 11/10/2006, n. 21733, invocata dalla stessa controricorrente si è in quella sede invero statuito che per i procedimenti esecutivi immobiliari pendenti alla data dell’8 settembre 1998, anche se dichiarati estinti per effetto dell’art. 1 della legge 3 agosto 1998, n. 302 in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell’art. 2945 cod. civ. , l’effetto interruttivo della prescrizione - ai sensi dell’art. 1 bis del d.l. 17 marzo 1999, n. 64, convertito, con modificazioni ed integrazioni, dalla legge 14 maggio 1999, n. 134 rimaneva fermo fino alla dichiarazione di estinzione ed il nuovo periodo di prescrizione iniziava a decorrere dalla data di tale dichiarazione, quale che fosse stata la sua ragione nessun argomento nuovo è stato arrecato dalle ricorrenti, che acriticamente ripropongono la tesi della necessità, ai fini dell’eccezionale operatività dell’effetto interruttivo previsto dal co. 3 dell’art. 2945 cod. civ. anche per i procedimenti esecutivi immobiliari dichiarati estinti, della diligenza del creditore e quindi almeno del deposito della c.d. documentazione ipocatastale avverso la quale è tuttavia qui sufficiente richiamare l’elaborazione dell’eccezionale istituto come operata nel precedente di questa Corte, in ogni caso perché rivolto a neutralizzare i potenziali effetti negativi per i creditori dalla rilevante innovazione normativa consistente nell’introduzione di un regime di ufficioso rilievo di condotte inerti dei creditori quali causa di un’estinzione della procedura, contrario alle - benché non condivisibili - prassi interpretative in genere applicate negli uffici giudiziari italiani nei decenni precedenti pertanto, qualunque procedimento esecutivo immobiliare, sol che pendesse - come è pure pacifico che succedeva nella specie, trattandosi di pignoramento del 1987 - al dì 08/09/1998, avrebbe comportato l’eccezionale effetto dell’interruzione-sospensione dell’ordinario termine di prescrizione del credito azionato anche in ipotesi di declaratoria di estinzione, per qualunque causa questa fosse stata pronunciata la gravata sentenza si sottrae pertanto alle critiche ad essa mosse vi è da aggiungere, solo quanto a tale limitato profilo non condividendo il Collegio la proposta del relatore, che la formulazione del ricorso senza presa di posizione sul precedente richiamato integra un’ipotesi di inammissibilità infatti, la presenza di un precedente di legittimità, quand’anche unico e perfino remoto, ma univoco e chiaro ed a maggior ragione, benché tanto non sia affatto indispensabile, quando pacifico nel panorama della scienza giuridica nazionale è idonea a fare ritenere la sussistenza di un orientamento interpretativo da qualificarsi consolidato, visto che non si è mai evidentemente apprezzata la necessità di rimetterlo in discussione e tanto costituisce a sua volta il valido presupposto, beninteso se condiviso dal Collegio cui esso è sottoposto nuovamente, dello scrutinio imposto oggi dall’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ. pertanto, ove invece detto orientamento sia stato totalmente pretermesso da parte ricorrente, ricorre l’ipotesi di inammissibilità di cui alla norma appena richiamata questa dovendo ormai interpretarsi alla stregua di Cass. Sez. U. 21/03/2017, n. 7155, secondo la quale in tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, c.p.c., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi inconsistenti deve allora applicarsi il seguente principio di diritto in tema di ricorso per cassazione, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Corte di legittimità cui si sia conformata la pronuncia gravata ed in mancanza, nel ricorso, di valide critiche al quale il ricorso stesso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ. il ricorso non va allora rigettato per manifesta infondatezza, ma dichiarato inammissibile a tanto ben potendosi provvedere, nonostante la proposta del relatore nel primo senso, in presenza comunque di una delle fattispecie integranti il presupposto per la pronuncia con il rito qui seguito, disciplinato dall’art. 380-bis cod. proc. civ., cioè di una di quelle disciplinate dall’art. 375 cod. proc. civ., anche dopo la richiamata novella del 2016 alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna delle ricorrenti, soccombenti e tra loro in solido per l’evidente pari interesse in causa, alle spese in favore della controricorrente infine, va dato atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da loro proposto, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.