Parcheggio con le “strisce blu” che non intralcia il traffico: verbale confermato

La predisposizione di un parcheggio a pagamento, di fianco alla carreggiata e correttamente delimitato dalle strisce blu, il quale non ostruisca la circolazione stradale, non viola l’art. 7, comma 6, c.d.s. Regolamentazione della circolazione nei centri abitati , e di conseguenza deve considerarsi area di sosta soggetta al pagamento della relativa tariffa.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 3624/18, depositata il 14 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Palermo accoglieva l’appello proposto dal Comune della medesima città avverso la sentenza del Giudice di Pace con cui veniva accolta l’opposizione al verbale di contestazione per violazione dell’art. 7, commi 1, lett. f e 15 c.d.s. sosta del veicolo in zona adibita a parcheggio a pagamento senza esposizione della relativa scheda , in considerazione dell’assenza di parcheggi gratuiti nelle vicinanze ex art. 7, comma 8, c.d.s La parte colpita dalla sanzione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale con la quale veniva negato il fatto che l’area di sosta del veicolo ricadesse in quella zone per cui vige l’obbligo di riserva di aree di parcheggio gratuite. La carreggiata. La Suprema Corte rileva la correttezza, nel caso di specie, dell’interpretazione della nozione di carreggiata effettuata dal Giudice di merito. Difatti, nonostante l’art. 7, comma 6, c.d.s. disponga che le aree destinate al parcheggio devono essere ubicate fuori dalla carreggiata , nel caso di specie, il Tribunale ha accertato che il parcheggio a pagamento fiancheggiava la carreggiata, che risultava identificata per esclusione, dalla sagoma degli stalli di colore blu e che residuava spazio sufficiente per il transito di una fila di veicoli comunque non inferiore a tre metri . La carreggiata, a mente dell’art. 3, n. 7, c.d.s. è definita infatti come parte di strada destinata allo scorrimento dei veicoli composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, pavimentata e delimitata da strisce a margine . Dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non sussiste la violazione dell’art. 7, comma 6, c.d.s. , non trovandosi l’area destinata al parcheggio all’interno della carreggiata, ragione tale per escludere che si trattasse di area di sosta non soggetta a pagamento. Pertanto la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 5 ottobre 2017 – 14 febbraio 2018, numero 3624 Presidente Petitti – Relatore Picaroni Fatto e diritto Ritenuto che B.A. ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale di Palermo, depositata in data 5 novembre 2015, che ha accolto l’appello proposto dal Comune di Palermo avverso la sentenza del Giudice di pace di Palermo numero 3263 del 2014 che il Giudice di pace aveva accolto l’opposizione della sig.ra B. al verbale di contestazione numero del omissis , elevato per violazione dell’art. 7, comma 1, lett. f e 15, cod. strada sosta del veicolo in zona adibita a parcheggio a pagamento senza esposizione della relativa scheda , sul rilevo assorbente che non era soddisfatta la condizione prevista dal comma 8 dello stesso art. 7, non essendovi area destinata a parcheggio gratuito nelle immediate vicinanze che il Tribunale ha riformato la decisione, rilevando che il Comune aveva dimostrato che la strada ove sostava il veicolo della sig.ra B. ricadeva in zona per la quale non vige l’obbligo di riserva di aree di parcheggio gratuito e, nel merito, ha ritenuto infondati i motivi di opposizione che il ricorso è affidato a due motivi, ai quali resiste con controricorso il Comune di Palermo che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza del ricorso che il ricorso è infondato che con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 7, comma 6, cod. strada, e si contesta che il Tribunale ha interpretato l’espressione le aree destinate a parcheggio devono essere ubicate fuori dalla carreggiata sulla base della erronea ricognizione della nozione di carreggiata che la carreggiata, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, non potrebbe essere ridotta alla parte della sede stradale destinata al transito dei veicoli, ma comprende anche la zona laterale, che costituisce una fascia di pertinenza, parte integrante della sede stradale che, nel caso di specie, poiché l’area destinata a parcheggio si trovava all’interno e non all’esterno della carreggiata, si trattava di area di sosta, donde la nullità della delibera istitutiva del parcheggio per violazione dell’art. 7, comma 6, cod. strada, che doveva essere disapplicata, con conseguente nullità e/o annullabilità del verbale di contestazione che la doglianza è infondata che, a partire dalla definizione di carreggiata contenuta nell’art. 3, numero 7, cod. strada, quale parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, pavimentata e delimitata da strisce di margine , il Tribunale ha accertato che il parcheggio a pagamento fiancheggiava la carreggiata, che risultava identificata per esclusione, dalla sagoma degli stalli di colore blu e che residuava spazio sufficiente per il transito di una fila di veicoli - trattandosi di strada urbana a senso unico di marcia - comunque non inferiore a tre metri che, pertanto, non sussiste la violazione dell’art. 7, comma 6, cod. strada che con il secondo motivo di ricorso è denunciata violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e del D.M. numero 55 del 2014 che la doglianza è infondata sotto tutti i profili prospettati che il Tribunale ha fatto applicazione del principio consolidato secondo cui, in caso di riforma della sentenza di primo grado, il giudice d’appello è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento delle spese di lite alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 cod. proc. civ., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese ex plurimis, Cass. 24/01/2017, numero 1775 che nella specie, la soccombenza della sig.ra B. giustificava la condanna alle spese del doppio grado ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ. che non si ravvisa la violazione del D.M. numero 55 del 2014, giacché i valori medi indicati nel citato D.M., richiamati dalla ricorrente, non sono vincolanti e non risultano superati i valori massimi ex plurimis, Cass. 31/01/2017, numero 2386 che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.