Rilascio del visto d’ingresso per ricongiungimento familiare anche in caso di matrimonio combinato

Respinte le obiezioni mosse dal Ministero degli Esteri. Legittima la richiesta presentata da un cittadino eritreo. Il fatto che le nozze siano state concordate tra le famiglie dei giovani coniugi non escludere la loro intenzione di costruire un nuovo nucleo familiare.

Distante dall’abito mentale degli italiani, tuttavia la tradizione – presente in alcuni Paesi – del cosiddetto ‘matrimonio combinato’ non può metterne in discussione a priori il valore reale delle nozze. Esemplare, a questo proposito, la decisione con cui viene reso definitivo il visto di ingresso per ricongiungimento familiare in favore della moglie di un cittadino eritreo presente in Italia. Irrilevante, secondo i Giudici, il fatto che l’unione sia stata concordata tra le rispettive famiglie dei coniugi Cassazione, ordinanza n. 3234/18, sez. VI Civile, depositata il 9 febbraio . Famiglia. Inutile la battaglia portata avanti dal Ministero degli Esteri. Anche in Cassazione, come già in Tribunale e in Corte d’Appello, i giudici ritengono legittima la richiesta di un cittadino eritreo di vedere concesso alla moglie il visto di ingresso in Italia per ricongiungimento familiare . Respinta l’obiezione secondo cui il matrimonio, essendo stato combinato tra le famiglie, era finalizzato a consentire alla donna l’ingresso in Italia . Su questo punto i Giudici osservano che il matrimonio è sì combinato , poiché il contatto tra i due giovani era avvenuto tramite le rispettive famiglie , ma essi perseguivano , fino a prova contraria, il fine tipico del matrimonio , cioè formare una famiglia propria . Cosa ben diversa, aggiungono i Giudici rispondendo al Ministero degli Esteri, è il matrimonio contratto al solo scopo di eludere le norme sull’immigrazione . Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati del ‘Palazzaccio’ annotano che è stata sottolineata la mancanza di pregressi rapporti tra gli sposi e l’intermediazione delle famiglie nella loro unione , ma, aggiungono, non è stato dimostrato che gli sposi non perseguissero anche la finalità tipica del matrimonio , ossia la costituzione di una famiglia.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 dicembre 2017 – 9 febbraio 2018, numero 3234 Presidente Campanile – Relatore De Chiara Fatto e diritto Rilevato che la Corte d’appello di Milano, respingendo il gravame del Ministero degli Affari Esteri, ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale aveva accolto l’opposizione del sig. A.j. , cittadino eritreo, avverso il diniego di visto di ingresso per ricongiungimento familiare in favore di sua moglie, sig.ra D.A.Y. , disposto dall’Ambasciata italiana di OMISSIS sull’assunto che il matrimonio era stato contratto al solo scopo di consentire alla signora l’ingresso in Italia, ai sensi dell’art. 29, comma 9, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286 la Corte ha affermato che tale valutazione esula dai poteri dell’autorità diplomatica, limitati alla verifica di documenti o fatti oggettivamente riscontrabili nel paese in cui essa opera, ma ha anche aggiunto che comunque tale valutazione era errata una cosa è, infatti, il matrimonio combinato , come avvenuto nella specie, in cui il contatto tra in due giovani era avvenuto tramite le rispettive famiglie ma essi perseguivano il fine tipico del matrimonio di formare una famiglia propria altra cosa è il matrimonio contratto al solo scopo di eludere le norme sull’immigrazione il Ministero dell’Interno e il Ministero degli Affari Esteri hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati anche con memoria l’intimato non si è difeso Ritenuto che con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., si lamenta che la sentenza impugnata sia stata pronunciata, come risulta dall’epigrafe e dal dispositivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, anziché del Ministero degli Affari Esteri, che aveva proposto l’appello ed era parte legittimata in giudizio il motivo è infondato se è vero, infatti, che nell’epigrafe e nel dispositivo viene effettivamente menzionato il Ministero dell’Interno, è anche vero che la motivazione è riferita ai poteri dell’autorità diplomatica e consolare e al provvedimento emesso dall’Ambasciata Italiana di OMISSIS sicché è chiaro che la decisione si riferisce a tale autorità e dunque al Ministero degli Affari Esteri, di cui essa fa parte, e che il riferimento al Ministero dell’Interno è frutto di un mero errore materiale con il secondo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, l’amministrazione ricorrente censura la statuizione secondo cui all’autorità diplomatica è preclusa la valutazione che il matrimonio sia stato contratto al solo scopo di consentire l’ingresso o il soggiorno dell’interessato nel territorio italiano e ribadisce che il matrimonio dell’intimato era stato appunto contratto a tal fine neanche questo motivo può trovare accoglimento è vero, infatti, che all’autorità diplomatica è certamente consentita la valutazione di cui trattasi, in quanto attinente a uno dei presupposti del diritto al ricongiungimento familiare, che l’autorità amministrativa è chiamata a riconoscere, ai sensi del comma 9 dell’art. 29 d.lgs. numero 286 del 1998, cit. ferma restando, ovviamente, la verifica di tale presupposto, come degli altri, da parte del giudice ordinario con gli ampi poteri cognitivi tipici del giudizio su diritti soggettivi sicché la Corte d’appello ha errato nell’affermare il contrario è tuttavia anche vero che la medesima Corte non si è sottratta, comunque, alla verifica nel merito dell’affermazione dell’autorità amministrativa riguardante la sussistenza di tale presupposto, accertando che l’Ambasciata, nel sostenere che il matrimonio del richiedente era stato contratto al solo scopo di consentire l’ingresso di sua moglie in Italia, aveva in realtà confuso tale fattispecie con quella dei matrimoni combinati grazie alla intermediazione delle famiglie degli sposi è vero, altresì, che tale affermazione della Corte d’appello è esatta, dato che carattere essenziale dei matrimoni menzionati al comma 9 dell’art. 29 d.lgs. numero 286 del 1998, è lo scopo esclusivo di consentire all’interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello stato deve trattarsi, perciò, di matrimoni cui sia estraneo il fine, proprio del matrimonio, di porre le basi di un nuovo nucleo familiare, mentre, in presenza di tale fine, la presenza dell’ulteriore finalità dell’ingresso nel territorio dello stato non determina le conseguenze di cui all’art. 29, comma 9, cit. se questo è vero, la sentenza impugnata conserva pieno fondamento nonostante l’errore giuridico rilevato più sopra che va pertanto corretto ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. , dato che l’amministrazione ricorrente ha sottolineato la mancanza di pregressi rapporti tra gli sposi e l’intermediazione delle famiglie nella loro unione, ma non ha dimostrato, né dedotto che gli sposi non perseguissero anche la finalità tipica del matrimonio il ricorso va in conclusione respinto in mancanza di attività difensiva di controparte non occorre provvedere sule spese del giudizio di legittimità poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione l’art. 13, comma i quater, d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. numero 228 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.