Se l’opposizione alla cartella esattoriale è fondata, Equitalia paga le spese processuali

Nel giudizio di opposizione all’esecuzione tramite ruolo, la posizione del titolare del credito e quella del titolare del potere di azione esecutiva sono nettamente distinte. Ne consegue che l’agente di riscossione è tenuto a sopportare le conseguenze processuali dell’accoglimento dell’opposizione, tra cui la condanna alla rifusione delle spese di lite.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2993/18, depositata il 7 febbraio. Il caso. Equitalia Sud S.p.a. impugna in Cassazione la sentenza con cui il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’opposizione all’esecuzione intentata per la riscossione di una cartella esattoriale, emessa per il pagamento di una sanzione amministrativa, condannava in solido l’ente che aveva irrogato la sanzione e la stessa Equitalia alla rifusione delle spese di lite a favore della controparte. In particolare la ricorrente afferma di non poter essere ritenuta soccombente” nel giudizio di opposizione all’esecuzione ed invoca la disciplina in tema di riscossione coattiva mediante ruolo esattoriale secondo la quale l’agente della riscossione non è tenuto a verificare la legittimità del titolo esecutivo. L’opposizione era infatti stata accolta non avendo mai ricevuto l’opponente la notifica del verbale di contestazione dell’infrazione. La posizione processuale dell’agente di riscossione. Il Collegio ricorda che tra titolarità del credito e titolarità del potere di azione esecutiva vi è una netta scissione e dunque l’opposizione all’esecuzione deve essere proposta nei confronti dell’agente di riscossione. Ne consegue che in capo a quest’ultimo, quale legittimato passivo, si produrranno tutte le conseguenze dell’eventuale fondatezza dell’opposizione all’azione esecutiva. Precisa inoltre la Corte che tale conclusione deriva dall’applicazione del principio di causalità e non di quello di soccombenza. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna Equitalia alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 dicembre 2017 – 7 febbraio 2018, n. 2993 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatto e diritto Rilevato che la società Equitalia Sud spa ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Roma 30.9.2015 n. 19462 tale sentenza, accogliendo l’opposizione proposta da M.C. all’esecuzione iniziata da Equitalia Sud per la riscossione d’una cartella esattoriale, a sua volta emessa per il pagamento d’una sanzione amministrativa irrogata per violazione delle norme del codice della strada , ha condannato in solido sia il Comune di Roma ovvero l’ente che irrogò la sanzione amministrativa , sia la Equitalia Sud s.p.a. ovvero l’egente della riscossione , alla rifusione in favore dell’opponente delle spese di lite, liquidate in Euro 265 con l’unico motivo del proprio ricorso, la Equitalia lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. è denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 91 e 97 c.p.c., nonché degli artt. 12, 24, 25, 59 d.p.r. 29.9.1973 n. 602 il motivo, pur formalmente unitario, contiene in realtà due censure a con una prima censura, la ricorrente sostiene che nel giudizio di opposizione all’esecuzione proposto da M.C. essa non si sarebbe potuta ritenere soccombente ai sensi dell’art. 91 c.p.c., e di conseguenza non poteva essere condannata alle spese b con una seconda censura sostiene che, in virtù delle norme che disciplinano la riscossione coattiva a mezzo ruolo esattoriale d.p.r. 29.9.1973 n. 602 , l’agente della riscossione non ha né l’obbligo, né il potere, di verificare la legittimità del titolo esecutivo in base al quale è iniziata l’esecuzione, e di conseguenza non può essere condannata alla rifusione delle spese processuali, nel caso in cui l’opposizione venga accolta per fatti imputabili all’ente impositore come appunto nel caso di specie, nel quale l’opposizione venne accolta a causa d’un difetto della notifica del verbale di contestazione dell’infrazione al codice della strada commessa dall’opponente, attività che è di esclusiva competenza del Comune di Roma Considerato che il ricorso è infondato il presente giudizio ha preso le mosse da una opposizione a cartella di pagamento, con la quale l’opponente si dolse di non avere mai ricevuto la notifica del verbale di contestazione dell’infrazione tale opposizione, in virtù della scissione che il nostro ordinamento prevede tra la titolarità del credito e la titolarità del potere di azione esecutiva, va proposta nei confronti dell’agente della riscossione questi, pertanto, è il solo soggetto che, iniziando l’esecuzione, fa sorgere l’onere di contestazione in capo al debitore ed è quindi giocoforza che sia esso a sopportarne le conseguenze in dipendenza della sua veste, per il caso di fondatezza delle contestazioni all’azione esecutiva da esso, come già ritenuto da questa Corte Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3101 del 6.2.2017, alla cui ampia motivazione può in questa sede farsi rinvio la sopportazione di tali conseguenze, da parte dell’agente della riscossione, costituisce dunque applicazione del principio di causalità, non di quello di soccombenza, e trova il giusto contrappeso nella facoltà dell’agente della riscossione di chiamare in causa l’ente creditore ai sensi dell’art. 39 d. lgs. 13 aprile 1999, n. 112 , quando l’opposizione si fondi su vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’ente impositore o creditore aggiungasi che al fine di non aggravare ulteriormente la posizione del debitore d’una pretesa esattoriale, il quale è già assoggettato ad un regime di particolare sfavore - rispetto all’esecuzione ordinaria - in nome delle esigenze di maggiore effettività del recupero connesse alle qualità oggettive o funzionali del credito, non può farglisi carico della ripartizione, tutta interna al rapporto tra ente creditore interessato ed agente della riscossione, dell’imputabilità dell’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva al primo o al secondo, nemmeno ai fini del riparto delle spese della lite che egli è stato costretto a promuovere per fare valere l’illegittimità dell’azione esecutiva stessa le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente e M.C. nei rapporti tra la ricorrente e Roma Capitale possono essere compensate, in considerazione del fatto che l’amministrazione comunale, non essendo destinataria delle doglianze formulate col ricorso, non aveva interesse a contraddire il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - condanna Equitalia Sud s.p.a. alla rifusione in favore di M.C. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 710, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità tra Equitalia Sud s.p.a. e Roma Capitale - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di Equitalia Sud s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.