La libera rinunciabilità all’interrogatorio formale

L’efficacia della rinuncia all’espletamento dell’interrogatorio formale, che tende a provocare la confessione della controparte, da parte di chi lo abbia richiesto, non è subordinata alla adesione dell’interrogando né a quella del giudice.

È quanto stabilito dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con ordinanza n. 2956/18, depositata il 7 febbraio. Il caso. L’originaria attrice impugnava la decisione n. 464/08 emessa dal Tribunale di Alba in data 19.09.2008, con cui era stata ordinata la rimozione dei paletti di metallo installati dalle controparti - che le impedivano il transito verso l’area retrostante al fabbricato di sua proprietà -, ma non anche l’ordine di reintegrazione nel possesso della servitù relativa al cortile antistante l’abitazione ex art. 703 c.p.c L’appellante, quindi, censurava la decisione sotto il profilo della mancata ammissione delle prove orali e della errata valutazione degli elementi acquisiti in causa, reiterando la domanda di reintegra. La Corte d’Appello adita, con sentenza n. 2302/2013 dep. 03.12.2013, pur non procedendo all’assunzione dell’interrogatorio formale di parte appellata a seguito di rinuncia della parte istante, effettuava invece l’espletamento della prova per testi, all’esito della quale accoglieva la domanda di reintegra. Avverso predetta pronuncia, i soccombenti propongono ricorso per cassazione. In particolare con il primo e più importante motivo si denuncia l’omesso espletamento dell’interrogatorio formale per il sol fatto dell’avvenuta rinuncia della parte istante senza adesione alcuna della controparte con il secondo motivo i ricorrenti ritengono che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di rilevare che in sede di conclusioni rassegnate, la controparte avrebbe formulato domande nuove infine con un’ultima doglianza, si deduce una presunta contraddittorietà della sentenza per aver la corte di appello basato la propria decisione su deposizione di soggetti legati da parentela alla controparte e quindi inattendibili. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, ritenendo i primi due motivi infondati ed il terzo inammissibile. La valenza dell’interrogatorio formale nel processo civile e la sua libera rinunciabilità. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 356, 230, 232, 115 e 116 c.p.c., lamentando il fatto che la Corte d’Appello di Torino abbia dapprima ammesso l’interrogatorio formale degli attuali ricorrenti e successivamente non abbia proceduto al suo espletamento in guisa della rinuncia della controparte al mezzo istruttorio, senza adesione degli odierni ricorrenti e della Corte alla rinuncia stessa. La Corte di Cassazione, motivando l’infondatezza della doglianza, effettua una preliminare e doverosa disamina della portata e della ratio dell’interrogatorio formale all’interno del processo civile. In particolare viene ricordato che tale mezzo istruttorio costituisce una tipica prova costituenda, destinata cioè a formarsi nel processo e nel contraddittorio con la controparte, ed è finalizzata a provocare la confessione giudiziale di questa e non anche all’acquisizione di dichiarazioni ad essa favorevoli. Tale finalità emerge in particolare dall’art. 228 c.p.c., secondo cui la confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale. Da quanto appena riferito, emerge che tale mezzo di prova debba essere dedotto e formulato mediante articoli precisi su cui la parte è chiamata a rispondere art. 230, comma 1, c.p.c. . Infatti, a differenza di altri ordinamenti, precisa poi la Corte, dove le parti godono di un ampio spazio dichiarativo ben potendo sollecitare il proprio interrogatorio, l’interrogatorio formale nel rito civile italiano può essere chiesto solo dalla controparte e non dall’interrogando, ferma la garanzia come sopra accennata per cui l’interrogatorio non può debordare dal suo oggetto, di talché le eventuali risposte alle domande non formalmente poste e su cui la parte non abbia potuto previamente riflettere, ricadrebbero nell’ambito dell’interrogatorio libero, non potendo valere come confessione. Dopo aver effettuato delle brevi precisazioni in tema di interrogatorio formale, sulla base di quanto esposto la Corte ritiene quindi meritevole di continuità il principio in virtù del quale l’efficacia della rinuncia all’espletamento dell’interrogatorio formale da parte di chi lo abbia richiesto non è subordinata alla adesione dell’interrogando, né a quella delle altre parti. In altri termini, in materia di rinuncia all’interrogatorio formale, non è necessaria né un’adesione delle controparti, né l’assenso del giudice. Non rileva, a riguardo, quell’orientamento dottrinale che contesta tale assunto sulla base di un presunto contrasto con il principio dell’acquisizione della prova, in virtù del quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e indipendentemente da chi sia la parte a iniziativa o a istanza della quale sono formulate, concorrono tutte in modo indistinto alla formazione del convincimento del giudice. A ben vedere, pur nella esattezza della definizione del principio de quo, esso rileva solo nel senso della impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove assunte, non già anche della impossibilità di rinunciare a quelle solo dedotte salvo i diversi casi espressamente previsti dalla legge . Al fine di corroborare la sua posizione, la Corte effettua un paragone tra l’interrogatorio formale e la prova per testimoni, sottolineando come l’art. 245, comma 2, c.p.c., richiede esplicitamente e significativamente solo per quest’ultima il consenso della controparte e del giudice alla rinuncia all’audizione dei testimoni. La ragione dell’esistenza di una siffatta previsione solo per l’ascolto dei testi e non anche per gli altri mezzi di prova sta nel fatto che la testimonianza assegna la delucidazione sui fatti di causa a terzi non interessati art. 246 c.p.c. al processo. In definitiva, sulla base di quanto esposto, la prima doglianza dei ricorrenti risulta priva di fondamento, in quanto solo la parte deferente interessata all’espletamento dell’interrogatorio formale della controparte può liberamente rinunciarvi senza necessità di assenso delle controparti o del giudice. I nova in appello. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello di Torino avrebbe erroneamente omesso di rilevare che in sede di conclusioni rassegnate, la controparte avrebbe formulato domande nuove. Al pari della prima, anche questa censura risulta infondata. Como noto, l’art. 345 c.p.c. pone il divieto assoluto di apportare, nel grado di appello, elementi di novità rispetto al quadro dei fatti e agli elementi di prova valutati dal giudice di primo grado. Con particolare riferimento all’oggetto, la disposizione citata pone il divieto di proporre nuove domande ovvero di formulare nuove eccezioni, e ciò al fine di valorizzare il primo grado di giudizio, ossia il momento in cui si realizza appieno la possibilità di difesa del convenuto. Nel caso di specie, non si assiste in alcun modo ad un ampliamento del thema decidendum , in quanto l’appellante ha effettuato semplicemente una specificazione di quanto già presentato in primo grado nel dettaglio i luoghi dell’area cortilizia, il fabbricato e l’area retrostante, sarebbero spazi già univocamente indicati e solo specificati in sede conclusionale . Il giudizio sull’attendibilità dei testi spetta al giudice di merito. Infine, con il terzo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., nonché una presunta contraddittorietà della sentenza per aver la corte d’appello basato la propria decisione su deposizioni di soggetti legati da parentela alla controparte e quindi inattendibili. A riguardo, è principio consolidato in giurisprudenza quello per cui il giudizio di attendibilità dei testi involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità. Per tali ragioni la doglianza de qua è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 dicembre 2017 – 7 febbraio 2018, n. 2956 Presidente Mazzacane – Relatore Sabato Fatto e diritto Rilevato che 1. Con atto di appello innanzi alla corte di Torino P.G. ha impugnato la decisione n. 464/08 emessa dal tribunale di Alba in data 19.09.2008, con cui era ordinata la rimozione dei paletti di metallo installati dai signori M.T. e I.M. che impedivano alla signora P. il transito verso l’area retrostante al fabbricato di sua proprietà, con rigetto delle altre domande attrici proposte con due ricorsi ex art. 703 cod. proc. civ., riuniti dal giudice di primo grado. 2. L’appellante ha censurato la decisione sotto il profilo della mancata ammissione delle prove orali e della errata valutazione degli elementi acquisiti in causa, reiterando la domanda di reintegra ex art. 703 cod. proc. civ. In particolare era contestata la mancata pronuncia da parte del giudice di prime cure sull’ordine di reintegrazione nel possesso della servitù relativa al cortile antistante l’abitazione. 3. La corte d’appello, non procedendo all’assunzione dell’interrogatorio formale di parte appellata - a seguito di rinuncia della controparte istante - dopo aver ammesso le istanze istruttorie dedotte in primo grado e riproposte dall’appellante in sede di gravame, ha invece espletato le prove per testi, all’esito delle quali ha accolto la domanda di reintegra nel possesso della servitù, con condanna nei confronti degli appellati alla rimozione ed eliminazione dei manufatti posti ad impedimento di tale passaggio. 4. Avverso la predetta sentenza i signori I. e M. hanno proposto ricorso per cassazione, articolato su tre motivi illustrati da memoria. Ha resistito P.G. con controricorso illustrato da memoria. Considerato che 1. Con il primo motivo, deducendo violazione degli artt. 356, 230, 232, 115 e 116 cod. proc. civ., si lamenta che la corte d’appello abbia ammesso con ordinanza del 15/6-9/7/2013 l’interrogatorio formale degli attuali ricorrenti ed abbia poi disposto all’udienza del 16/10/2013 l’espletamento del mezzo, senza però che vi si procedesse, stante la rinuncia della signora P. all’espletamento del mezzo istruttorio e ciò senza adesione degli odierni ricorrenti e della corte alla rinuncia stessa, nonché senza revoca dell’ammissione. 2. Il motivo è infondato. La corte d’appello di Torino ha motivato esplicitamente circa il non doversi espletare l’interrogatorio formale degli odierni ricorrenti, in quanto l’efficacia della rinuncia all’espletamento dell’interrogatorio formale da parte di chi lo abbia richiesto non è subordinata alla adesione dell’interrogando, né a quella delle alle parti. 3. Tale principio di diritto merita continuità. Questa corte Cass. n. 681 del 29/3/1960 e n. 4240 del 29/12/1975 ha già affermato che la rinuncia all’interrogatorio formale può essere anche tacita e desumibile dal contegno della parte richiedente successivamente all’ammissione ad es., ove siano state rassegnate le conclusioni , nonché intervenire anche durante l’espletamento del mezzo istruttorio, quale manifestazione dell’intento di non proseguire nell’ulteriore acquisizione di altre dichiarazioni della controparte, senza alcuna incidenza su quelle già assunte. 4. Ciò posto, va esaminata la contestazione dei ricorrenti contro la tesi, affermata dai giudici di merito, secondo la quale in materia di rinuncia all’interrogatorio formale non sarebbe necessaria adesione delle controparti e assenso del giudice. In argomento, in disparte ogni altra considerazione circa il sussistere di un seppur successivo assenso del giudice, quale emergente dalla sentenza , la tesi dei ricorrenti trova avallo in un orientamento dottrinale che contesta il principio di libera rinunciabilità da parte del richiedente l’interrogatorio in quanto esso sarebbe in contrasto con l’altro principio dell’acquisizione della prova. Non è questa la sede per esaminare la portata del principio di acquisizione probatoria, secondo cui le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte a iniziativa o a istanza della quale sono formulate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell’altro. Al riguardo va però detto - comunque - che questa corte v. ad es. Cass. n. 20111 del 24/09/2014 e specificamente n. 15480 del 14/09/2012 intende tale principio come comportante soltanto l’impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ormai assunte le quali possono giovare o nuocere all’una o all’altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte , non già anche l’impossibilità di rinunciare a quelle solo dedotte, salvo i casi espressamente regolati diversamente dalla legge. 5. Al di là, quindi, dell’applicazione di tale principio di acquisizione, va detto che l’esigenza dell’adesione della controparte e del consenso del giudice a un mezzo di prova solo articolato e non espletato è invero prevista dalla legge art. 245, secondo comma, cod. proc. civ. ma ciò significativamente solo - per la rinuncia alla audizione dei testimoni. L’esistenza di una siffatta previsione per l’audizione di testi e non per gli altri mezzi di prova sta nel fatto che la testimonianza affida, come precisato anche dalla corte territoriale, il chiarimento sui fatti di causa a terzi non interessati v. art. 246 cod. proc. civ. , che depongono previa dichiarazione solenne v. art. 251 cod. proc. civ. e sotto sanzione penale prevista per le dichiarazioni false, previa ammissione da parte del giudice dei capitoli articolati art. 244 e 245 cod. proc. civ. , controlli questi tutti assai più penetranti rispetto a quelli dettati per l’interrogatorio formale, di regola sempre ammissibile cfr. le pur remote Cass. n. 2867 del 19/07/1975 e n. 1578 del 26/04/1977 . Avverso l’articolazione di prova per testi si esercitano, del resto, la specifica facoltà di articolazione di prova contraria indiretta della controparte, anche mediante gli stessi testi indicati dalla parte richiedente v. art. 183 cod. proc. civ. e già l’art. 244 secondo comma cod. proc. civ. , e l’ulteriore facoltà del giudice di ascoltare anche i testi dei quali ha consentito la rinuncia art. 257 cod. proc. civ. , facoltà queste non previste e difficilmente ipotizzabili per le altre prove costituende stante la peculiare imparzialità che connota la fonte del solo mezzo testimoniale. 6. Rispetto, poi, all’obiezione secondo la quale il non subordinare l’efficacia della rinuncia all’interrogatorio formale al consenso dell’interrogando violerebbe il diritto alla prova di questi, che verrebbe privato della possibilità di rendere dichiarazioni che, al di là del capitolo deferito, possano chiarire i fatti di causa, va ricordato che - a differenza di altri ordinamenti in cui le parti hanno ampio spazio dichiarativo, potendo sollecitare il proprio interrogatorio, talora però, e opportunamente in tali contesti, con l’obbligo di dire il vero l’interrogatorio formale nel rito civile italiano può essere richiesto solo dalla controparte e non dall’interrogando Cass. n. 3641 del 09/08/1977 l’obiettivo da raggiungere è essenzialmente quello, antiprocessuale, della confessione provocata mediante l’interrogatorio, secondo il testo dell’art. 228 cod. proc. civ. , mentre non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli art. 230 cit. . La circostanza per cui l’interrogatorio formale è circondato da garanzie per lo stesso interrogando, per cui non può debordare dal suo oggetto, è del resto comprovata dal fatto che le risposte alle domande non formalmente poste e su cui la parte non ha potuto previamente riflettere, assistita dal difensore , da farsi ricadere nell’ambito dell’interrogatorio libero, non possono valere come confessione stante l’eccettuazione che l’art. 229 cod. proc. civ. fa rispetto al caso dell’art. 117 cod. proc. civ. . D’altro canto, se è vero che le dichiarazioni aggiunte alla confessione trovano disciplina nella legge art. 2734 cod. civ. , è anche vero che, per quanto detto, nell’ambito dell’interrogatorio formale esse non possono che avere uno spazio limitato, subordinatamente - stavolta, in senso opposto a quello assunto dai ricorrenti - all’accordo di parti e giudice v. art. 230, terzo comma, cod. proc. civ. . Essendo dunque funzione dell’interrogatorio formale quella di provocare la confessione dell’avversario e non quella di acquisire dichiarazioni favorevoli all’interrogando o semplici chiarimenti, resta comunque salva la facoltà per la parte, che è ammessa in ogni caso alle udienze unitamente al difensore, di chiedere di interloquire art. 84 secondo comma disp. att. cod. proc. civ. , così rendendo qualsiasi tipo di dichiarazione di chiarimento che, se non provocata da domanda e contra se, può però valere come confessione v. art. 229 cit. . In definitiva, la obiezione come sopra riepilogata non ha consistenza, essendo soltanto la parte deferente interessata all’espletamento dell’interrogatorio formale della controparte, cui può rinunciare liberamente senza necessità di assenso delle controparti o del giudice ciò specularmente rispetto all’impossibilità per la parte di chiedere il proprio interrogatorio formale v. Cass. n. 3641 del 09/08/1977 cit. . 7. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., in quanto la corte d’appello avrebbe erroneamente omesso di rilevare che in sede di conclusioni rassegnate la controparte avrebbe formulato domande nuove. 8. La censura è infondata. Dal raffronto offerto dagli stessi ricorrenti mediante le trascrizioni alle pp. 12-15 del ricorso e in particolare alla p. 12 si evince che le conclusioni e, quindi, la pronuncia della corte di merito non hanno in alcun modo ampliato il thema decidendum in ordine ai petita concernenti ab origine l’ area cortilizia, il fabbricato e l’ area retrostante , luoghi questi univocamente indicati e solo specificati in sede conclusionale. 9. Con il terzo motivo sono state dedotte violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ. nonché presunta contraddittorietà della sentenza , per avere la corte d’appello basato la propria decisione su deposizioni di soggetti legati da parentela alla controparte e quindi inattendibili. La contraddittorietà risiederebbe poi nel fatto che la corte avrebbe attualizzato alla situazione concernente i bidoni della spazzatura le modalità di transito antiche con carretti. 10. Il motivo è inammissibile. Va ribadito al riguardo v. ad es. Cass. n. 11511 del 23/05/2014 che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili. Sotto la veste di censure di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione quest’ultima peraltro oggi non più esaminabile, stante la riforma dell’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. per i ricorsi avverso sentenze come quella impugnata depositata dopo l’11/9/2012 la parte ricorrente in effetti sollecita una rivalutazione di merito delle risultanze istruttorie, inesigibile in sede di legittimità. 11. Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Trattandosi di ricorso notificato dopo il 30/01/2013, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit P.Q.M. la corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 2.500 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit