Necessaria la querela di falso per contestare la notificazione a mezzo posta

Nell’ipotesi di notificazione eseguita dall’agente postale, la relata di notifica fa piena fede, fino a querela di falso, delle dichiarazioni attinenti all’attività svolta, nonché all’identità del destinatario.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2486/18, depositata l’1 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l’impugnazione della sentenza proposta dall’appellante, in considerazione della legittimità della declaratoria di contumacia emessa dal Giudice di prime cure, avendo l’appellante, in qualità di destinatario della notificazione, rifiutato la consegna dell’atto, circostanza che equivaleva a notificazione eseguita personalmente. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’appellante propone ricorso per cassazione denunciando di non aver rifiutato la ricezione dell’atto – il quale presumibilmente era stato rifiutato da un soggetto terzo – e contestando la veridicità delle dichiarazioni del portalettere circa il rifiuto della consegna espresso dal ricorrente medesimo. La notificazione a mezzo posta. Il Supremo Collegio ribadisce che qualora la notificazione avvenga a mezzo posta, l’attività di notificazione posta in essere dall’agente postale, ai sensi dell’art. 1 l. n. 890/1982 Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari , gode della medesima fede privilegiata relativa all’attività di notificazione svolta dall’ufficiale giudiziario, avendo, del resto, medesimo contenuto. Pertanto l’agente postale risulta tenuto a rispettare le prescrizioni dettate dal codice di rito civile in materia, nonché ad attestare le dichiarazioni rese da colui che riceve l’atto. Ciò posto, è sostanzialmente accertato che il rifiuto è stato fatto dal destinatario , dunque ne consegue che anche nell’ipotesi di notificazione eseguita dall’agente postale, la relata di notifica fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta, ivi compresa l’attestazione dell’identità del destinatario che ha rifiutato di ricevere il plico . Il ricorrente quindi avrebbe dovuto proporre la querela di falso . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 31 maggio 2017 – 1 febbraio 2018, n. 2486 Presidente D’Ascola – Relatore Correnti Fatto e diritto C.G. propone ricorso per cassazione contro V.P. , che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro che ha dichiarato inammissibile l’appello a sentenza del Tribunale di Catanzaro, posto che la decisione del primo giudice era immune da censure quanto alla declaratoria di contumacia del C. , che aveva rifiutato la consegna dell’atto il che equivaleva a notifica eseguita personalmente. Il ricorrente deduce la violazione degli artt. 139, 115, 116 cpc e vizi di motivazione richiamando la decisione impugnata e lamentando che, a fronte delle specifiche contestazioni, la stessa non aveva spiegato su quali presupposti era stata dedotta la dichiarazione del portalettere circa il rifiuto del C. a ricevere l’atto, abitando altrove, per cui il rifiuto era avvenuto da altro soggetto. La controricorrente eccepisce che l’appello era tardivo in quanto notificato il 26.4.2014 rispetto a sentenza del 17.1.2013. Il ricorso è manifestamente infondato. È sostanzialmente attestato che il rifiuto è stato fatto dal destinatario. Ove fosse stato operato da altri, il portalettere avrebbe dovuto indicarne le generalità e svolgere gli ulteriori incombenti di legge. Nella notificazione a mezzo del servizio postale l’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale, in forza del disposto dell’art. 1 della legge n. 890/1982, gode della stessa fede privilegiata dell’attività direttamente svolta dall’ufficiale giudiziario stesso ed ha il medesimo contenuto, essendo egli, ai fini della validità della notifica, tenuto a controllare il rispetto delle prescrizioni del codice di rito sulle persone a cui l’atto può essere legittimamente notificato e ad attestare la dichiarazione resa dalla persona che riceve l’atto, indicativa delle proprie generalità. Ne consegue che, anche nel caso di notificazione eseguita dall’agente postale, la relata di notifica fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta, ivi compresa l’attestazione della identità del destinatario che ha rifiutato di ricevere il plico, trattandosi di circostanza frutto della diretta percezione del P.U. nella sua attività di identificazione del soggetto cui è rivolta la notifica Cass. n. 2421/2014 . La censura come proposta, è, quindi, infondata perché parte ricorrente avrebbe dovuto proporre la querela di falso, a nulla rilevando in questo contesto il riferimento alla residenza anagrafica altrove. In proposito il controricorrente replica correttamente che non è stato neppure depositato alcun certificato di residenza e ne è la prova la circostanza che nell’atto di appello si sia chiesto di ordinare ai Comuni di omissis e di omissis di fornire tutte le informazioni circa la residenza storica del C. . In definitiva il ricorso va rigettato con la condanna alle spese e raddoppio del contributo unificato, non risultando privata la ammissione al gratuito patrocinio, pur richiesta. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2000 di cui 1800 per compensi, oltre accessori e spese forfettizzate nel 15% dando atto dell’esistenza dei presupposti ex dpr 115/2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.