Doveri di lealtà processuale e renitenza alla mediazione: quali sanzioni per il non soccombente?

Con la pronuncia in commento, il Tribunale di Roma, oltre a pronunciarsi su un’ipotesi di responsabilità del Comune di Roma per un allagamento, ha avuto modo di sviluppare le possibili conseguenze in tema di sanzioni che possono colpire la parte del processo che, senza giustificato motivo, non si presenta in mediazione così facendo fallire ogni mediazione pur non essendo soccombente.

Sul tema la sentenza del 30 novembre 2017 del Tribunale di Roma. Allagamento Orbene, la controversia decisa dal giudice capitolino aveva ad oggetto la domanda di condanna del Comune di Roma al risarcimento dei danni subiti dagli attori ai loro immobili per effetto di un’alluvione per l’insufficienza del sistema fognario acque nere nonché dalla sua errata o insufficiente manutenzione nonché, quanto alle acque chiare, dalla parziale occlusione dei sistemi di captazione delle acque, essendo il collettore fognario comunale esistente insufficiente a regimentare le acque meteoriche . Secondo il Comune di Roma non vi era stata alcuna sua responsabilità in quanto l’evento che aveva causato l’alluvione era da ricondursi al caso fortuito e, in ogni caso, chiedeva di chiamare in causa la società A. ATO 2 quale società deputata alla gestione e manutenzione delle fognature, la quale ultima rappresentava, però, la totale estraneità. Riparto di competenze per le fognature. All’esito della disposta consulenza tecnica era emerso che la responsabilità per l’allagamento era dovuta alla responsabilità del Comune di Roma in quanto tutta la fognatura del Fosso di Ponte Ladrone, prima intubato nello scatolare in cemento armato e poi convogliato nell'ovoide che arriva fino al DN 2600, compreso quest'ultimo, e fino al Fosso del Fontanile, sono di competenza del Comune di Roma . Quindi, nel caso di specie, non veniva in rilievo la distribuzione di competenze risultante dalla convenzione stipulata tra i l Comune di Roma e l'A. ATO 2 Spa in base alla quale, stando alla sentenza, quest'ultima è responsabile del funzionamento, della manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le reti di smaltimento e di trattamento delle acque nere. Quindi anche di tutti gli impianti di trattamento depuratori e di sollevamento che permettono di spingere le acque reflue verso i depuratori . Viceversa, Roma Capitale, è responsabile di tutta la rete di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche e di alcuni tratti della rete delle acque miste, cioè la rete che raccoglie e trasporta le acque nere e le acque meteoriche con la precisazione che le fognature che sono specificatamente progettate e costruite per la raccolta delle acque nere è di competenza dell'A.ATO 2 Spa, ma le fognature che ricevono l'eccedenza delle fogne per le acque nere in presenza di precipitazioni piovose particolari sono gestite dal Comune di Roma . Condanna ad eseguire i lavori. Per effetto dell’accertata competenza” del Comune di Roma e dell’esclusione di un qualsiasi caso fortuito dal momento che le piogge cadute quel giorno non potevano essere qualificate come eccezionali rispetto ai dati statistici il Tribunale ha condannato il Comune al risarcimento dei danni subiti dagli attori sia in termini di danni patrimoniali che non patrimoniali limitatamente agli immobili destinati ad abitazione . Ma v’è stato di più. Ed infatti, il Tribunale, essendo emerso dalla CTU che il Comune, pur a conoscenza della problematica, ometteva di dare seguito e di realizzare le suddette necessarie opere di adeguamento , ha condannato Roma Capitale a porre in essere, nel termine di sei mesi dalla notifica della sentenza, tutti gli adempimenti necessari, preliminari ed attuativi, diretti a realizzare quanto indicato dalla CTU al fine di evitare il ripetersi del danno. Secondo il Tribunale, del resto, non vi è nessuna zona franca dovuta al fatto che parte convenuta è una pubblica amministrazione trattandosi di tutelare esigenze primarie come la vita, la salute, il patrimonio fondamentale, cioè gli immobili di proprietà ed in particolare l'abitazione dei cittadini, il Giudice ben può non solo accertare le condotte colpevoli del Comune e provvedere al ristoro dei danni, ma altresì può condannare la P.A. in questo caso il Comune di Roma ad un facere specifico diretto a prevenire ulteriori e più gravi danni . Ne deriva che il Comune dovrà porre in essere tutti gli interventi sia di carattere costruttivo che manutentivo indicate nella consulenza tecnica e riprese nel corpo della sentenza. Renitenza alla mediazione Un passaggio importante della sentenza, come visto in apertura, è quello relativo alle conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione della società A. ATO, terza chiamata in causa da quel che sembra dalla lettura della motivazione al procedimento di mediazione. Ed infatti, il giudice al quale va dato atto di svolgere concretamente un ausilio alle parti studiando gli atti di causa e redigendo ordinanze di mediazione delegate che sono in grado di rappresentare un punto di riferimento per la mediazione , con un’ordinanza articolata dove anticipava i temi e i possibili sviluppi della causa aveva disposto la mediazione delegata. Tuttavia, alla mediazione non partecipava – senza giustificato motivo – la società terza chiamata sulla cui condotta e sulle conseguenze di quella condotta il giudice svolge in motivazione alcune considerazioni poiché nel caso di specie la società renitente” non è risultata soccombente. L’argomentazione del giudice è resa necessaria dal fatto che l’art. 91 e, quindi, il 96 sulla responsabilità aggravata che ad esso rinvia presuppongono il riferimento alla parte soccombente. La partecipazione alla mediazione come valore a sé stante. Per il giudice, però, se il dato testuale della norma impedisce la condanna della [A. ATO2] spa A., in quanto non soccombente, tuttavia il disvalore della sua condotta non partecipativa e renitente ai tentativi di conciliazione è vieppiù avvertito . Avvertito perché è ormai patrimonio comune dei più avvertiti operatori del diritto che solo il competente e sperimentato utilizzo su larga scala degli strumenti A.D.R. che nella realtà si sostanziano nella mediazione obbligatoria e demandata e nella proposta del giudice ai sensi dell'art. 185- bis c.p.c. , potrà avviare a soluzione l'universalmente noto endemico male della Giustizia civile italiana rappresentato dalla durata delle cause. Durata che oltre a penalizzare la parte più debole che resiste male alla lunga attesa delle decisioni a cui spesso seguono altrettante defaticanti esecuzioni, offre del Paese un'immagine anche internazionale di arretratezza e di incapacità di affrontare le sfide dei tempi, rappresentandolo in questo settore strategico in gran parte rilegato in una sfera a se stante scollegata dalle tumultuose e rapide temperie della vita e della società attuale con effetti assai negativi che si ripercuotono in gangli vitali quali lo sviluppo delle imprese e l'allogazione delle risorse da parte delle aziende straniere . Del resto, secondo il giudice, si è andato infatti via via radicando il giusto convincimento che la partecipazione al procedimento conciliativo è un valore a sé stante, che prescindendo dal merito ed quindi dalla ragione e dal torto, non può essere ignorata, senza conseguenze, sulla base del convincimento quand’anche successivamente avvalorato dalla decisione del giudice di non dover incorrere nella soccombenza . Il combinato disposto degli artt. 92 e 88 c.p.c Ecco allora che la sanzione individuata dal giudice consiste nell’applicazione del combinato disposto dell’art. 92 e dell’art. 88 c.p.c. laddove la mancanza di lealtà è stata individuata proprio nella mancata partecipazione. Con la conseguenza che il giudice compensa poiché, come scrive, la condanna della parte vittoriosa alle spese contiene, come il più contiene il meno, la possibilità di compensazione le spese tra il Comune di Roma e la terza chiamata. Ma la domanda è perché il giudice non ha condannato la società terza chiamata che, costituita, non ha partecipato alla mediazione senza giusto motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per la causa che è sanzione prevista espressamente dall’art. 8, comma 4- bis , d.lgs. n. 28/2010 come peraltro ricordato nella stessa motivazione ? Ecco allora che per me ma è opinione personale , alla luce di quel che emerge in sentenza, avrebbe potuto avuto più efficacia persuasiva e coerenza con il sistema a una condanna di Roma Capitale al pagamento delle spese processuali della A. ATO 2 in quanto la domanda era infondata e in base anche alla CTU emergeva la conoscenza del riparto di competenze b la condanna della A.ATO 2 al pagamento della somma di cui all’art. 8, comma 4- bis, d.lgs. n. 28/2010 per mancata partecipazione senza giusto motivo c seguendo la tesi del Tribunale e, cioè, l’applicazione del combinato disposto degli artt. 92 e 88 c.p.c. condannare A. ATO 2 al rimborso delle spese sostenute dal momento successivo alla mancata partecipazione sul presupposto che quella mancata partecipazione costituisce violazione dell’art. 88 c.p.c. . Pluralità di parti e possibilità di accordo. Infine, rispetto al ragionamento generale vi è nel caso specifico un aspetto che volevo sottolineare secondo il Tribunale nel caso che ci occupa [] se spa A. avesse partecipato alla mediazione, il tentativo di accordo non sarebbe fallito di necessità, per sua colpa, essendo venuta meno una delle parti della causa e della vicenda . A mio avviso l’affermazione - ferma l’assenza ingiustificata – è troppo tranchant le parti presenti danneggiati e Comune pur nell’assenza della terza chiamata avrebbero ben potuto dar corso alla mediazione e, soprattutto, mediare e raggiungere un accordo. La mancata partecipazione alla mediazione e all’accordo della terza chiamata non avrebbe mai potuto precludere un accordo tra le parti. Anzi, a dire il vero, dopo l’ordinanza di mediazione delegata e, quindi, dopo la CTU appariva chiaro” che il terzo chiamato non fosse minimamente coinvolto e quindi, secondo lealtà, danneggiati e Comune avrebbero dovuto valutare che il quadro delle responsabilità era chiaro. Certamente con questo non voglio dire che la ritenuta mancanza di responsabilità salvo casi eccezionali possa giustificare la mancata partecipazione alla mediazione e ciò in linea con la corretta giurisprudenza secondo cui ritenere che la propria posizione risulterà fondata non rappresenta una giustificazione alla mancata partecipazione. La presenza della terza chiamata avrebbe certamente consentito di poter addivenire ad un accordo completo” anche del rapporto con essa nel processo peraltro già di per sé tecnicamente complicato dovendosi ipotizzare che si trattava di una contestazione del vero obbligato ovvero un’ipotesi di corresponsabilità , ma non si può dire che ha impedito l’accordo tra le altre parti su ciò che poi ha costituito il tema della sentenza responsabilità del Comune, quantificazione dei danni, condanna ad effettuare i lavori affinché non si ripetano fenomeni di allagamento .

Tribunale di Roma, sez. XIII, sentenza 30 novembre 2017, numero 22475 Giudice Moriconi Fatto e diritto osserva La motivazione che segue è stata redatta ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 9-octies aggiunto dall'articolo 19, comma 1, lett. a, numero 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, numero 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, numero 132 decreto-legge 18 ottobre 2012, numero 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, numero 221 secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica. Poiché già la novella di cui alla L. 18 giugno 2009, numero 69 era intervenuta sugli articolo 132 cpc e 118 att.cpc , prevedendo che la sentenza va motivata con una concisa e succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, occorre attribuire al nuovo intervento un qualche significato sostanziale, che tale non sarebbe se si ritenesse che l'innovazione ultima sia puramente ripetitiva mero sinonimo del concetto già precedentemente espresso. La necessità di smaltimento dei ruoli esorbitanti e le prescrizioni di legge e regolamentari cfr. Strasburgo 2 circa la necessità di contenere la durata della cause, impongono pertanto applicazione di uno stile motivazionale sintetico che è stile più stringente di previgente alla disposizione dell'articolo 19, comma 1, lett. a, numero 2-ter, d.l.83/2015. -1 I fatti Con atto di citazione regolarmente notificato al Comune di Roma gli attori in epigrafe indicati lo evocavano in giudizio sulla base delle seguenti circostanze ed argomentazioni A. e M.G.N.sono proprietari, per successione dal padre A., come da dichiarazioni di successione e testamento, dei garages posti al piano seminterrato dell'edificio sito in Roma Via omissis numero 151 Acilia come NCEU Roma fg.1109 particolo 465 sub da 18 a 28 R.N. è proprietario della quota al piano terra dell'edificio di via omissis posto a confine con il predetto edificio di via omissis gli immobili suddetti subivano ingenti danni a seguito dell'alluvione del 17.10.2008 13 novembre 2008 a seguito della quale gli immobili suddetti subivano danni generalizzati sia alle strutture e sia al mobilio, suppellettili etc che gli attori descrivevano specificamente il tutto come da relazione tecnica del geom. P.Z. le cause dei danni andavano imputate al Comune di Roma e derivavano dalla insufficienza del sistema fognario acque nere nonché dalla sua errata o insufficiente manutenzione nonché, quanto alle acque chiare, dalla parziale occlusione dei sistemi di captazione delle acque, essendo il collettore fognario comunale esistente insufficiente a regimentare le acque meteoriche i danni consistevano oltre che nell'ammaloramento del contenuto dell'interno dei locali e nei danni alle strutture degli stessi, come da relazione Z., nell'impedimento all'utilizzo dei beni stessi locazione dei garages da parte di M.G.N.e A.N. , e nella diminuzione di valore degli appartamenti di cui i garages erano pertinenze. Per R.N. le ridotte possibilità di locazione dell'appartamento. Oltre ai danni non patrimoniali derivanti dai fatti suddetti frustrazione e stress causati dall'allagamento, danneggiamento e impossibilità di utilizzo dei propri beni immobili Roma Capitale contestava ogni addebito, facendo riferimento al caso fortuito, tale dovendosi ritenere la grande quantità di piogge abbattutasi sul territorio comunale nel dicembre 2008 e comunque chiedendo di poter chiamare in causa spa A. deputata alla gestione e manutenzione delle fognature. Spa A.Ato 2 come rappresentata manifestava la sua estraneità ai fatti per cui è causa. Il Giudice disponeva consulenza tecnica diretta ad appurare le cause degli allagamenti e le circostanze di luogo, tempo e modo in cui gli stessi si erano verificati. Ed all'esito del deposito della relazione peritale dei consulenti nominati ing.Pa. M. e ing.Pa. R. disponeva con ordinanza del 14.2.2016 un percorso di mediazione demandata guidata , vale a dire con indicazioni motivazionali del Giudice, utili spunti per meglio orientare e indirizzare la discussione fra le parti con l'ausilio del mediatore, di seguito riportate La causa riguarda due edifici degli attori ubicati nella zona compresa fra Acilia Est e la parte alta di Malafede, Casal Bernocchi e la ferrovia Roma-Lido. In particolare la zona oggetto di indagine è caratterizzata da una sorta di depressione alla base della quale c'è la piazza, nei pressi della quale insistono i due immobili, con rotatoria dove convergono diverse strade da omissis Tutte le acque metoriche che cadono in questo bacino tendono a scendere attraverso le suddette strade verso la piazzetta con la rotatoria. Originariamente tutte le acque venivano raccolte nel Fosso di Ponte Ladrone che nel tempo il Comune di Roma ha cercato di regimentare. Si tratta di immobili, quelli degli attori, oggetto di allagamento in occasione di forti precipitazioni, realizzati a suo tempo abusivamente dal loro dante causa, in un'area territoriale del Comune di Roma oggetto dell'indagine peritale, in relazione ai quali non sono state emessi provvedimenti demolitori o acquisitivi, ma, a seguito delle domande di condono edilizio, regolarizzati, non diversamente dalla maggior parte degli altri ivi esistenti. Ciò per dire che la circostanza che l'immobile sia ab origine abusivo e successivamente sanato non comporta che qualsiasi danno esso subisca debba rimanere privo di tutela per tale peccato originale . Invero allorché, come in questo caso l'ente territoriale, a maggior ragione se sulla base di leggi statati in primo luogo la 47/1985 , abbia ritenuto sanabili e sanate le violazioni edilizie, deve farsi carico di tutti gli incombenti necessari al vivere civile, in particolare avuto riguardo al sistema di smaltimento delle acque chiare e nere . Naturalmente se i danni lamentati fossero connessi alla particolare conformazione dell'immobile realizzato senza concessione, ove pure conseguita la sanatoria, tale fatto non potrebbe in tale contesto essere considerato irrilevante. Nel caso di specie però, la consulenza, nella individuazione delle cause degli allagamenti, esclude motivatamente tale ultima circostanza. E' altresì emerso che il Comune di Roma era ben consapevole di tale obbligo, tanto da aver iniziato non solo la progettazione ma anche la realizzazione poi interrotta senza apparenti valide ragioni di opere di aggiornamento, ampliamento e adeguamento dei sistemi e delle apparecchiature di regolamentazione e smaltimento dei flussi delle acque chiare e nere esistenti alle cresciute necessità degli insediamenti. L'eccezione ex adverso del caso fortuito deve d'altra parte fare i conti con la circostanza che successivi e ben maggiori volumi di precipitazioni non hanno reiterato il fenomeno allagamento, e ciò a dimostrazione della corretta individuazione e descrizione da parte dei consulenti di specifiche e contingenti ulteriori concause oltre al sottodimensionamento dell'impianto , queste attinenti alla manutenzione dell'impianto stesso competenza A. . Da sottolineare che alcuni limiti accertativi sono da connettere strettamente alla mancata o insufficiente collaborazione degli enti convenuti alle ragionevoli reiterate richieste di acquisizione di atti ed informazioni in possesso degli enti convenuti da parte dei C.T.U., che sono rimaste inascoltate, senza giustificazione alcuna Va ancora considerato che in mancanza di accordo, si dovrà valutare anche la domanda degli attori di esecuzione in danno al fine di scongiurare danni futuri , domanda che, in linea teorica e salvi gli approfondimenti di merito con possibile supplemento di indagini peritali, non trattandosi di richiesta di provvedimento che attinga e contrasti con atti amministrativi per il che vige il divieto di cui alla legge 2248/1865 allegato E , è perfettamente ammissibile. Andrà in altre parole accertato se le carenze strutturali esistenti nel sistema fognario per la raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche della zona interessata dal bacino del Fosso di Ponte Ladrone siano in corso di soluzione. Gli attori lamentano danni diretti ed immediati in ordine ai quali i consulenti del Giudice hanno effettuato una riperimetrazione che conduce alla somma di settantottomila circa. Le domande relative alla mancata locazione come pure attinenti al diminuito valore degli immobili, andranno, in mancanza di accordo, valutate e se del caso istruite, considerando che non risultano precedenti locativi da parte degli attori e che, mancando documentati ed attuali intenti alienativi, i danni non sono di carattere permanente . anche osservando le indicazioni contenute nelle linee guida in materia di mediazione nelle controversie civili e commerciali per l'attuazione dei procedimenti di mediazione di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010, numero 28, recante Attuazione dell'articolo 60 della Legge 18 giugno 2009, numero 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali circolare DFP 33633 10/08/2012 numero 9/2012 per le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. numero 165/2001. La mediazione si arrestava alla fase introduttiva e non dava esito favorevole per la mancata partecipazione di spa A. che nonostante la buona volontà degli attori che accettavano di buon grado di rinviare il primo incontro, deserto ed anche il secondo al quale era presente solo Roma Capitale , non presenziava a nessuno dei tre incontri disposti dal mediatore, senza alcuna giustificazione. Tale assenza determinava il fallimento della mediazione, che non poteva procedere utilmente senza una delle parti coinvolte nella causa e nella vicenda. Dalle approfondite ed accurate indagini espletate dai C.T.U. nominati dal Giudice e dai condivisibili risultati degli accertamenti, motivati in modo egregio, ed esenti da errori o vizi tecnico-logico-giuridico, in assenza di valide confutazioni i C.T.U. rispondevano alle osservazioni critiche dei CTP in modo completo esauriente e convincente è emersa senza ombra di dubbio la piena responsabilità di Roma Capitale mentre non sono risultate condotte colpose di spa A. e per essa di spa A. Ato 2 -2 Gli accertamenti ed i risultati delle indagini dei consulenti del Giudice E' stato accertato che gli allagamenti si sono verificati il 17.10.2008 come lamentato dagli attori ed il 13.11.2008 come riportato dall'avviso del Comune di Roma E' stato accertato che l'allagamento dei due edifici si è verificato per l'entrata dell'acqua da via omissis cfr. pag.64 relazione CTU Perché l'allagamento, e da dove è entrata l'acqua ? E' necessario ripercorrere gli accertamenti effettuati dai consulenti del Giudice. Quanto alle competenze di Roma Capitale e di spa A. Ato 2 Per stabilire le competenze dei collettori che raccolgono e smaltiscono le acque nere e le acque meteoriche abbiamo consultato sia il Dipartimento SIMU, sia l'A. ATO 2 Spa, chiedendo esplicitamente ai tecnici incontrati di chi fossero le varie competenze e con quale atto amministrativo queste competenze fossero state affidate. In base alla convenzione stipulata tra i l Comune di Roma e l'A. ATO 2 Spa copia nel fascicolo di Roma Capitale , quest'ultima è responsabile del funzionamento, della manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le reti di smaltimento e di trattamento delle acque nere. Quindi anche di tutti gli impianti di trattamento depuratori e di sollevamento che permettono di spingere le acque reflue verso i depuratori. Il Comune di Roma, ora Roma Capitale, è responsabile di tutta la rete di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche e di alcuni tratti della rete delle acque miste, cioè la rete che raccoglie e trasporta le acque nere e le acque meteoriche. Per quanto riguarda queste ultime occorre fare una precisione. Le fognature che sono specificatamente progettate e costruite per la raccolta delle acque nere è di competenza dell'A.ATO 2 Spa, ma le fognature che ricevono l'eccedenza delle fogne per le acque nere in presenza di precipitazioni piovose particolari sono gestite dal Comune di Roma. Nel nostro caso, tutta la fognatura del Fosso di Ponte Ladrone, prima intubato nello scatolare in cemento armato e poi convogliato nell'ovoide che arriva fino al DN 2600, compreso quest'ultimo, e fino al Fosso del Fontanile, sono di competenza del Comune di Roma. In presenza di forti piogge, poiché le fogne delle acque nere vanno in pressione, l'eccedenza viene fatta sfiorare e convogliata nella fognatura di competenza comunale. Via omissis Per la posizione altimetrica e per la conformazione della strada Via omissis , che proprio davanti al civico numero 15 presenta la massima concavità o depressione, l'allagamento si è localizzato in questa zona, molto più bassa rispetto a Via omissis . Su Via omissis c'è stato lo scorrimento delle acque meteoriche dovuto alla pendenza di tale strada verso la piazzetta. La velocità con cui le acque hanno ruscellato e il dislivello esistente tra la strada e la soglia del cancello carrabile al civico numero omissis non hanno permesso l'ingresso diretto dell'acqua nella rampa carrabile. Al massimo può essere entrata l'acqua sollevata dalle ruote delle auto che passavano lì di fronte, quindi in quantità minima rispetto a quella effettivamente I entrata. Invece Via omissis , oltre alle acque meteoriche raccolte lungo il suo sviluppo, è stata invasa dalle acque superficiali che sono giunte nella piazzetta con la rotatoria provenienti da Via omissis , da Via omissis e da Via omissis . C'è da ricordare che in quel periodo ancora non erano state realizzate le due griglie di intercettazione trasversali su Via omissis , per cui le acque arrivavano in velocità fino alla piazzetta con la rotatoria entrando così anche Via omissis . Il punto in cui Via omissis si innesta nella piazzetta è a quota 9,82 m mentre tutti gli altri punti delle tre strade suddette e della stessa piazzetta sono a quote maggiori. In particolare, Via omissis hanno pendenze piuttosto elevate per cui le acque meteoriche arrivano alla base della piazzetta con una certa velocità, quindi con una notevole energia, che le spinge fino all'inizio di Via omissis . Dal punto d'innesto sulla piazzetta le acque meteoriche scendono lungo la strada Via omissis fino a raggiungere il centro della concavità dove è presente un pozzetto con griglia di raccolta all'interno del quale arriva una tubazione DN 400 da Via F. Landi e due tubazioni DN 300 delle altre griglie su Via omissis , e dal quale parte una tubazione DN 500 in direzione della ferrovia che si dovrebbe innestare nell'altra tubazione DN 800 con la quale è stato intubato il vecchio fosso di Acilia Est. Questa tubazione, come tutte le altre presenti sotto la piazzetta, confluisce nell'ovoide 2,50 x 3,125 m che poi si va ad innestare nel collettore in vetroresina DN 2600, che a sua volta scarica nel Fosso del Fontanile. Il collettore ovoide in quella zona ha la pendenza molto bassa del 138%, cioè in 10 metri si abbassa di 3,8 cm, per cui, come ha affermato l'ing. S. nella sua relazione di variante del 1997, in presenza di forti precipitazioni piovose, la portata diventa notevole e nell'ordine di circa 23-24 mc/sec ndr in un secondo passano 23.000-24.000 litri di acqua provocando l'intasamento della sezione e quindi l'entrata in pressione. Questo determina il rigurgito nell'ovoide con la conseguente fuori uscita dell'acqua dai pozzetti di raccolta più bassi. Il pozzetto di raccolta più basso è quello che si trova al centro della concavità di Via omissis , e da questo esce l'acqua della fognatura. La conclusione logica, ineccepibile dal punto di vista tecnico, alla quale pervenivano i CTU era la seguente l'allagamento di tale strada è stato causato da due fattori concomitanti il primo costituito dal rigurgito dell'ovoide che passa sotto la piazzetta, sotto alcuni edifici, sotto la ferrovia e sotto la Via omissis , ed è quello predominante, il secondo è costituito dall'acqua che scende su Via omissis dalla piazzetta con la rotatoria quest'ultimo apporto, sebbene di entità non trascurabile, è comunque minore di quello proveniente dal rigurgito dell'ovoide altamente in pressione. E' quindi ovvio che quando l'acqua è cominciata a salire su Via omissis ha invaso tutti i lotti circostanti e tra questi il terreno del Sig. R. N. al civico numero omissis , dove ha invaso i locali interrati e seminterrati fino a raggiungere lo stesso livello massimo presente sulla strada. Di particolare interesse l'accertamento che il Fosso del Fontanile attualmente è nelle competenze ufficiali ancora di Roma Capitale, e quindi anche tutti i manufatti di scarico in tale fosso sono nelle competenze di Roma Capitale Ed inoltre che nei due giorni 17 ottobre 2008 e 13 novembre 2008 in cui si sono verificati gli allagamenti non risulta che ci siano state anomalie nell'impianto di sollevamento di Ponte Ladrone. E' quindi da escludere qualsiasi coinvolgimento da parte dell'A. ATO 2 Spa nella partecipazione alle cause o concause che hanno determinato i due eventi dannosi. Ritenevano però i CTU che queste due spiegazioni andassero ulteriormente approfondite ed integrate con una terza spiegazione, sia pure a livello di ipotesi pag. 68-70 Infatti, se fossero state solo queste due le cause dell'allagamento di Via omissis , il fenomeno si sarebbe dovuto regolarmente ripresentare ogni volta che sulla zona cadevano quantità di acqua uguali o superiori a quelle cadute nei giorni 17 ottobre 2008 e 13 novembre 2008 In questi due giorni su Acilia sono rispettivamente caduti 86,4 mm e 103,8 mm di pioggia, mentre il 20 ottobre 2011 e i l 31 gennaio 2014 sono caduti rispettivamente ben 159,2 mm e 139 mm all. 56 . Ebbene, in questi ultimi due eventi, di natura davvero eccezionale, non si sono verificati allagamenti su Via omissis e sui lotti limitrofi, così rilevanti come nei due giorni lamentati dagli attori. Evidentemente, insieme alle due cause sopra esposte, che sicuramente hanno contribuito al verificarsi dell'allagamento, in quei due giorni è accaduto qualche altro evento, del tutto particolare, che ha determinato gli allagamenti. L'ipotesi è che all'interno del vascone o in prossimità dello sbocco nel Fosso del Fontanile si è formato un intasamento dovuto a materiali vari trasportati dalle acque meteoriche. Questa sorta di tappo ha messo in pressione tutta la fognatura costituita dal vascone, dalla tubazione in vetroresina DN 2600, dal vascone in cui confluisce l'ovoide e dall'ovoide stesso provocando il rigurgito e la fuoriuscita dell'acqua attraverso i tombini più bassi della zona, come appunto sono quelli di Via omissis . Questa grandissima massa d'acqua, che è bene ricordare esercita una spinta di 1.000 kg per ogni metro di dislivello, ad un certo punto ha esercitato una pressione tale da sfondare il tappo, determinando così l'improvviso e rapido svuotamento di tutta la fognatura e i l successivo abbassamento del livello su Via omissis Inoltre i CTU accertavano che nel 1992 il Comune di Roma ha approvato un progetto per la sistemazione del Fosso di Ponte Ladrone, le cui opere sono state appaltate ed iniziate nel 1996. Durante il corso dei lavori è emersa la necessità di intervenire sul collettore ovoidale presente sotto la piazzetta con la rotatoria per alleggerirne la portata durante i fenomeni meteorologici. L'ing. Stefano S. del Comune di Roma, che aveva redatto il progetto del 1992, ha redatto la variante suppletiva con il progetto che prevedeva la riduzione della portata nell'ovoide da 23 mc/sec a circa 18 mc/sec mediante la realizzazione di una serie di collettori aggiuntivi che facevano sempre capo alla camera nella quale confluisce l'ovoide e dalla quale inizia il collettore in vetroresina DN 2600. Il progetto di variante dell'Ing. S. prevedeva l'alleggerimento dell'ovoide mediante l'eliminazione dell'apporto delle acque delle fogne di Via omissis , di Via omissis , di Via omissis e di Via omissis , che venivano intercettate con un nuovo collettore DN 2000, indipendente dall'ovoide, che attraversava la ferrovia Roma-Lido, la Via omissis e andava a scaricare nella stessa camera interrata dove arrivava l'ovoide e dalla quale partiva i l DN 2600 per il Fosso del Fontanile. In questo modo il rischio di allagamento della zona bassa di Ponte Ladrone e delle strade limitrofe sarebbe notevolmente diminuito. Da quanto sopra ed ulteriormente infra emerge con tutta evidenza la grave responsabilità del Comune di Roma che pur avendo piena conoscenza delle criticità dell'impianto di smaltimento, ometteva di dare seguito alle opere necessarie ad un suo adeguamento Continuano infatti i CTU, sottolineando come ASSume una maggiore rilevanza l'intervento proposto nei pressi di quella che viene definita Piazza Landi, cioè la piazzetta con la rotatoria, e al collettore in vetroresina DN 2600, situato tra Via omissis e Via Mare che poi ha esito nel Fosso del Fontanile. Infatti è proprio in questa zona che il progettista ing S. localizza le situazioni più critiche ing.S. del Comune di Roma in realtà si ha notizia che durante gli eventi meteorici, anche non eccessivamente gravosi, in corrispondenza della piazza in argomento si verificano allagamenti e rigurgiti delle fogne alla luce di quanto espresso in precedenza ciò può essere imputato alla insufficienza dell'ovoide a cui affluiscono portate ben superiori a quelle interessanti lo scatolare, ovvero per un non corretto raccordo tra le diverse strutture Purtroppo rammentano i CTU questo intervento di alleggerimento della portata nell'ovoide non è stato mai eseguito. Per quello che è stato possibile apprendere, il tracciato previsto per il nuovo DN 2000, che avrebbe ridotto la portata, ha subito l'interferenza dei pali di fondazione dell'impianto di sollevamento di Ponte Ladrone, per cui si sarebbe dovuto individuare un nuovo tracciato sotto la ferrovia Roma-Lido, con le stesse funzioni. E' di tutta evidenza la gravità dell'inerzia del Comune di Roma che ometteva di dare seguito e di realizzare le suddette necessarie opere di adeguamento come pure aveva rappresentato l'ing. S. del Comune stesso Pertanto, allo stato attuale c'è da evidenziare la carenza strutturale dell'ovoide e il mancato aggiornamento della fognatura alle portate aumentate a causa dell'aumento dell'area del bacino idrografico del Fosso di Ponte Ladrone e dell'aumento degli apporti per la mutata realtà dei luoghi PdZ CIO, collettore di Via di Acilia, nuova urbanizzazione della zona . Inoltre è stata rilavata una scarsa manutenzione di tutta la fognatura che va dall'ovoide fino all'allaccio nel Fosso del Fontanile. Questa complessa rete di fognature e di impianti di sollevamento è essenzialmente dovuta al mancato allaccio all'impianto di depurazione di Tor di Valle cui doveva fare capo tutto i l sistema idrografico e fognario della parte Nord ed Ovest di Acilia. L'eccezione che gli immobili degli attori, originariamente realizzati abusivamente, avrebbero per tale loro condizione, contribuito al danno, è priva di fondamento, come già ampiamente spiegato nelle indicazioni motivazionali dell'ordinanza del 14.2.2016 di invio in mediazione Secondo quanto accertato dai CTU infatti l'edificio su Via Via omissis , di proprietà dei due fratelli M.G. e A.N., è allacciato alla fognatura delle acque nere presente su Via omissis , come risulta dall'autorizzazione all'allaccio rilasciata i l 09 novembre 1977, mentre l'edificio su Via Via omissis , di proprietà del Sig. R.N. è allacciato alla fognatura comunale delle acque nere presente su Via omissis , come risulta dall'autorizzazione all'allaccio rilasciata i l 01 giugno 1977 In definitiva è palese ed incontrovertibile, alla stregua degli ordinari criteri di prova in particolare la sussistenza del nesso causale ex articolo 41 cp fra le condotte omissive del Comune e gli eventi dannosi è stata accertata con ragionevole certezza la responsabilità del Comune di Roma sia e principalmente per la mancata messa in opera di quanto necessario per adeguare il sistema di smaltimento delle acque di sua stretta competenza e non dell'A. e sia per la relativa mancata o insufficiente manutenzione. I fenomeni di allagamento in presenza di forti piogge si manifestavano già da oltre venti anni e da allora, a parte alcuni interventi per alleggerire la velocità dell'acqua che scendeva da Via omissis numero 2 griglie trasversali alla strada , non sono stati realizzati interventi significativi, per cui è stato accertato, anche dal Comune di Roma stesso, che nelle zona interessata gli impianti per lo smaltimento delle acque chiare sono insufficienti nei momenti di massima pioggia. In altre parole si può dire, e confermare, che le strutture degli impianti di raccolta e smaltimento delle acque bianche sono insufficienti. Come dire che le cause dell'allagamento non sono interne ai due edifici, ma di origine esterna, e principalmente dovute a carenze strutturali esistenti nel sistema fognario per la raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche della zona interessata dal bacino del Fosso di Ponte Ladrone ed a fattori di scarsa manutenzione della fognatura con esito nel Fosso del Fontanile -3 L’inesistenza della causa di giustificazione invocata dal Comune di Roma quale caso fortuito Si tratta di eccezione del tutto priva di fondamento, in fatto ed in diritto. Le precipitazioni del caso di specie sono state molto forti ma non eccezionali ed imprevedibili, come è stato accertato dalle serie storiche analizzate dai consulenti del Giudice. In particolare, inoltre, non si possono non condividere i rigorosi principi che sono stati enunciati dalla S.C. sez.VI. 28.7.2017 numero 188656 ordinanza in tema di allagamenti nei tempi attuali. Poichè ex articolo 14 C.d.S., gli enti proprietari delle strade e delle autostrade sono tenuti a provvedere a alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonchè delle attrezzature, impianti e servizi b al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze c all'apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta e considerato che a loro carico così come dei relativi concessionari è senz'altro configurabile la responsabilità per cosa in custodia disciplinata dall'articolo 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che ai medesimi deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima cfr. Cass., 19/11/2009, numero 24419 Cass., 29/3/2007, numero 7763. E già Cass., 13/1/2003, numero 298 , va sottolineato che giusto, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in caso di sinistro dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione il proprietario o il custode tale essendo anche il possessore, il detentore e il concessionario risponde ex articolo 2051 c.c., salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico si liberi dando la prova del fortuito. In altri termini, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, invocando la responsabilità del custode è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto cfr. Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacchè la prova del danno è di per sè indice della sussistenza di un risultato anomalo , e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno cfr. Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli articolo 2043 e 2697 c.c., l'articolo 2051 c.c., integra invero un'ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell'onere della prova, imponendo al custode, presunto responsabile, di dare eventualmente la prova liberatoria del fortuito c.d. responsabilità aggravata v., da ultimo, Cass., 27/6/2016, numero 13222 Cass., 9/6/2016, numero 11802 Cass., 24/3/2016, numero 5877 . Il custode è cioè tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto nonchè in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile nè superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative nel caso come detto articolo 14 C.d.S. , e già del principio generale del neminem leadere v. Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Siffatta inversione dell'onere probatorio incide indubbiamente sulla posizione sostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato e aggravando quella del danneggiante, sul quale grava anche il rischio del fatto ignoto v. Cass., 10/10/2008, numero 25029 Cass., 29/9/2006, numero 21244 Cass., 20/2/2006, numero 3651. E già Cass., 14/3/1983, numero 1897 . Atteso che il custode presunto responsabile può se del caso, in presenza di condotta che valga ad integrare la fattispecie ex articolo 1227 c.c., comma 1, dedurre e provare il concorso di colpa del danneggiato, senz'altro configurabile anche nei casi di responsabilità presunta ex articolo 2051 c.c., del custode v. Cass., 22/3/2011, numero 6529 Cass., 8/8/2007, numero 17377 Cass., 20/2/2006, numero 3651 , ai diversi fini della prova liberatoria da fornirsi dal custode per sottrarsi a detta responsabilità è invero necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa. Solamente in quest'ultima ipotesi può invero configurarsi il caso fortuito, in particolare allorquando l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi v. Cass., 24/2/2011, numero 4495. V. altresì Cass., 12/4/2013, numero 8935 Cass., 12/3/2013, numero 6101 Cass., 18/10/2011, numero 21508 Cass., 6/6/2008, numero 15042 Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Con particolare riferimento ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche, si è da questa Corte invero esclusa l'ipotesi del caso fortuito o della forza maggiore invocabile dal custode ad esonero della propria responsabilità in presenza di fenomeni meteorologici anche di particolare forza e intensità, protrattisi per tempo molto lungo e con modalità tali da uscire fuori dai canoni normali, allorquando il danno trovi origine nell'insufficienza delle adottate misure volte ad evitarne l'accadimento, e in particolare del sistema di deflusso delle acque meteoriche v. Cass., 17/12/2014, numero 26545 . Nel sottolinearsi come ogni riflessione, declinata in termini di attualità, sulla prevedibilità maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale imponga oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poichè è chiaro che non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, ormai, tutt'altro che imprevedibili in tali termini v. Cass., 24/3/2016, numero 5877 , si è da questa Corte al riguardo precisato che l'eccezionalità e imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l'evento v. Cass., 24/9/2015, numero 18877 Cass., 9/3/2010, numero 5658 Cass., 22/5/1998, numero 5133 Cass., 11/5/1991, numero 5267 nonchè, da ultimo, Cass., 24/3/2016, numero 5877 , nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane v. Cass., 9/3/2010, numero 5658 . Ne consegue che anche sotto tale punto di vista responsabilità in qualità di custode, ex articolo 2051 cc, principio di vicinanza della prova il Comune di Roma è soccombente non avendo dato e peraltro risultando positivamente il contrario la dimostrazione di aver fatto ciò che era doveroso ed esigibile che facesse per evitare che si verificassero gli eventi allagamenti ed i danni di cui trattasi -4 La sindacabilità della condotta della P.A. Comune di Roma Come esplicitato nella ordinanza del 14.2.2016 è perfettamente ammissibile la censura alla condotta del Comune e la relativa condanna ai danni. E ciò in quanto nella presente fattispecie il Giudice, con le sue pronunce non impinge con revoca, annullamenti et similia ad atti amministrativi della P.A. 1 bensì accerta condotte materiali in particolare, omissioni della stessa, di particolare efficacia e propulsione nel determinismo degli allagamenti e dei danni di cui si discute. E di più, trattandosi di tutelare esigenze primarie come la vita, la salute, il patrimonio fondamentale, cioé gli immobili di proprietà ed in particolare l'abitazione dei cittadini, il Giudice ben può non solo accertare le condotte colpevoli del Comune e provvedere al ristoro dei danni, ma altresì può condannare la P.A. in questo caso il Comune di Roma ad un facere specifico diretto a prevenire ulteriori e più gravi danni cfr. Cassazione civile, sez. unumero , 17/11/1984, numero 5834 con riguardo ad azioni od omissioni della p.a., che non configurino espressione di attività amministrativa, ma meri comportamenti materiali in contrasto con i precetti posti dalla prudenza o dalla tecnica a salvaguardia dei diritti altrui, come nel caso di omissione di doverose cautele nell'esecuzione o manutenzione di opera pubblica, il giudice ordinario, munito di giurisdizione sulla domanda proposta dal privato per tutelare i propri diritti dai danni che siano derivati o possano derivare da detti comportamenti, può non soltanto accertare gli obblighi dell'amministrazione medesima, ma anche pronunciare condanna di essa ad un facere specifico, senza violazione del limite interno delle sue attribuzioni giurisdizionali fissato dall'articolo 4 della l. 20 marzo 1865 numero 2248 all. E, ove detto facere non costituisca attività provvedimentale o comunque riservata all'esclusivo apprezzamento delle competenti autorità amministrative -5 I danni risarcibili -5.1. I danni patrimoniali L'esatta ubicazione e la consistenza di danni ai locali di proprietà degli attori sono stati dettagliatamente illustrati indicati e quantificati, con valutazioni immuni da errori e del tutto condivisibili, dai C.T.U. alle pagine 90 e ss. della relazione ed ammontano ad Euro.78.339,00 danno emergente , somma alla quale va aggiunta quella di Euro.34.000,00 lucro cessante riferito ad un periodo reputato, equitativamente, ragionevole affinché gli attori si organizzassero ed effettuassero i lavori di ripristino, anche allo scopo di non aggravare il danno a carico del debitore. Si reputa giusto fissare tale periodo in dodici mesi sufficienti a reperire la provvista ed organizzare i lavori. Il danno va commisurato, secondo quanto condivisibilmente stimato dagli ausiliari del Giudice, al virtuale reddito mensile di ciascuno degli immobili oggetto dell'allagamento Roma Capitale va pertanto condannata al risarcimento dei danni in favore degli attori liquidati nella complessiva somma di Euro.112.339,00 oltre agli interessi legali dalla data della sentenza -5.2. I danni NON patrimoniali I principi enunciati dalle Sezioni Unite della S.C. l'11.11.2008 sono noti. In particolare ed in estrema sintesi veniva affermato che il ristoro del danno non patrimoniale, compete a quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato potendo in questo caso essere oggetto di risarcimento qualsiasi danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, indipendentemente da una sua rilevanza costituzionale b quando sia la legge stessa a prevedere espressamente il ristoro del danno limitatamente ai soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto e quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale e non predeterminati dovendo, volta a volta essere allegati dalla parte e valutati caso per caso dal giudice Il contenuto del danno non patrimoniale presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti o voci aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale identificabile nel paterna d’animo o sofferenza interiore subiti dalla vittima dell’illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana , quello biologico inteso come lesione del bene salute e quello esistenziale costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato , dei quali ove essi ricorrano cumulativamente cfr. ex multis Cass. 6 luglio – 21 settembre 2017, numero 21939 Nel caso di specie, si ravvisa, solo relativamente a R.N. che è l'unico ad aver subito danni a porzioni di fabbricato destinate ad appartamento-abitazione, la sussistenza del diritto al ristoro del danno non patrimoniale derivante dagli eventi per cui è causa, atteso da una parte il riconoscimento espresso del valore della proprietà immobiliare in particolare dell'abitazione da parte nella Costituzione Italiana cfr. articolo 42 co.secondo e 47 co. secondo , dall'altra l'innegabile sofferenza, stress, preoccupazione e frustrazione nel dover sopportare una situazione di grave danneggiamento ed inutilizzabilità del suo appartamento, derivati da un evento che non può essere ricondotto a semplice fatalità ma che non si sarebbe prodotto se il Comune di Roma avesse tempestivamente adottato condotte diverse, come ampiamente dimostrato supra Il danno conseguenza in questione deve essere qualificato, come è di intuitiva comprensione, pienamente tale, non potendo certamente essere considerato un mero disagio, accettabile e sopportabile, senza diritto a ristoro di sorta, quale accidente della convivenza civile nella società secondo quanto insegnato dalla S.C. Nella quantificazione del risarcimento vanno considerate tutte le circostanze, oggettive e soggettive, del caso, in particolare che non si tratta non essendo stato neppure allegato dell'appartamento deputato a primaria abitazione dell'attore. La somma che , a tale titolo, è equitativamente giusto liquidare a R.N. ammonta ad Euro.10.000,00 all'attuale. -6 Le misure di cautela che il Comune dovrà adottare per evitare futuri danni alle persone ed al patrimonio degli attori Sono quelle dettagliatamente descritte dai consulenti del giudice alle pagine 94-99. Si tratta di due ordini di interventi a quelli di carattere costruttivo, che consistono principalmente nell'alleggerimento delle portate idriche all'interno del collettore delle acque bianche di sezione ovoidale che inizia sotto la piazzola con la rotatoria e termina nella camera di collegamento dove inizia il collettore in vetroresina DN 2600 e b quelli di carattere manutentivo in quanto l'intervento costruttivo non può da solo garantire la massima riduzione del rischio di allagamenti nella zona a valle del Fosso di Ponte Ladrone. Occorre infatti garantire che tutte le aste idriche che partecipano allo smaltimento delle acque meteoriche siano sempre efficienti e pulite. Roma Capitale va condannata a porre in essere tutti gli adempimenti necessari, preliminari ed attuativi, diretti ad adempiere all'obbligo di eseguire tali interventi, nel termine stabilito in dispositivo. -7 La mancata partecipazione di spa A. al procedimento di mediazione Spa A., senza fornire alcuna giustificazione, non ha inteso partecipare, nonostante al primo incontro , ne siano seguiti altri due proprio al fine di favorire la partecipazione di tutte le parti all'incontro in mediazione, introdotta, su ordine del Giudice, dagli attori La mancata adesione di spa A. è particolarmente grave. A in linea generale, perché disattende, senza alcuna giustificazione, l'ordine, legittimamente dato, del Giudice che il mancato rispetto dell'ordine impartito dal Giudice ai sensi dell'articolo 5 co.II. della legge integri colpa grave se non dolo non è seriamente contestabile, ampiamente motivato e confermato dalla giurisprudenza che si richiama, anche ai sensi e per gli effetti dell'articolo 118 att. cpc , in nota 2 B In particolare, nel caso che ci occupa, perché se spa A. avesse partecipato alla mediazione, il tentativo di accordo non sarebbe fallito di necessità, per sua colpa, essendo venuta meno una delle parti della causa e della vicenda. Essendo stata acquisita la relazione dei consulenti del Giudice ed avendo a disposizione l'ordinanza di invio in mediazione nella quale vi erano importanti spunti di riflessione e discussione, le parti avrebbero potuto raggiungere, senza difficoltà, un accordo utile per tutte e utile soprattutto per evitare di spingere il conflitto fino alle estreme conseguenze, vale a dire della sentenza. E' ormai patrimonio comune dei più avvertiti operatori del diritto che solo il competente e sperimentato utilizzo su larga scala degli strumenti A.D.R. che nella realtà si sostanziano nella mediazione obbligatoria e demandata e nella proposta del giudice ai sensi dell'articolo 185 bis cpc , potrà avviare a soluzione l'universalmente noto endemico male della Giustizia civile italiana rappresentato dalla durata delle cause. Durata che oltre a penalizzare la parte più debole che resiste male alla lunga attesa delle decisioni a cui spesso seguono altrettante defaticanti esecuzioni, offre del Paese un'immagine anche internazionale di arretratezza e di incapacità di affrontare le sfide dei tempi, rappresentandolo in questo settore strategico in gran parte rilegato in una sfera a se stante scollegata dalle tumultuose e rapide temperie della vita e della società attuale con effetti assai negativi che si ripercuotono in gangli vitali quali lo sviluppo delle imprese e l'allogazione delle risorse da parte delle aziende straniere. Da ultimo, non è peregrino ritenere che finanche la qualità dei provvedimenti possa alla lunga soffrire di tale situazione, pressati come sono, i Giudici, fra le necessità di scrivere sentenze di qualità il che richiede tempo, per la natura ontologicamente laboriosa dello strumento sentenza e vista la gran mole di cause e quella di far presto dovendo contrastare l'imponente marea di condanne per ritardi nelle decisioni che il Ministero della Giustizia subisce Tutto questo per concludere che l'inottemperanza, ingiustificata, delle parti al provvedimento del giudice ex articolo 5 comma II. D.Lgs.28/10, che richiede l'effettiva partecipazione alla mediazione, costituisce sempre una grave inadempienza, dalla quale ben può discendere, secondo le circostanze del caso, l'applicazione della sanzione di cui al terzo comma dell'articolo 96 cpc. In questo caso preclusa solo dal dato testuale della norma 3 che riconnette la sanzione alla soccombenza. Invero, tale norma, nel 2009 data di nascita del terzo comma dell'articolo 96 III. comma innovativa, appare oggi, da questo punto di vista, retrò essendo nel frattempo la mentalità del legislatore evoluta in ragione della situazione e delle preoccupazioni esposte poc'anzi. Come dire che se il dato testuale della norma impedisce la condanna della spa A., in quanto non soccombente, tuttavia il disvalore della sua condotta non partecipativa e renitente ai tentativi di conciliazione è vieppiù avvertito. Siccome nel corso del tempo, la partecipazione ai tentativi di conciliazione in vario modo previsti dalla legge, è stata ed è sempre più considerata dal legislatore quale necessaria testimonianza attiva di lealtà e comprensione delle legittime aspettative della società ad una Giustizia che abbia tempi umani cioé corrispondenti al normale scorrere della vita delle persone Del che sono progressive e non isolate testimonianze, l'articolo 8 del D.Lgs.28/2010 4 l’articolo 4 del d.l. 132/2014 negoziazione assistita , e più di recente l'articolo 8 della legge Gelli 5 Si è andato infatti via via radicando il giusto convincimento che la partecipazione al procedimento conciliativo è un valore a sé stante, che prescindendo dal merito ed quindi dalla ragione e dal torto, non può essere ignorata, senza conseguenze, sulla base del convincimento quand’anche successivamente avvalorato dalla decisione del giudice di non dover incorrere nella soccombenza. Sicché, entrando nel particulare, la circostanza che spa A. risulti non soccombente in questa causa, nella cultura che si è ormai affermata, è fattore non elidente la colpa grave dell'ostruzionismo nei confronti delle virtuose pratiche conciliative apprestate sempre più ubiquamente dall'Ordinamento. -8 Le spese di causa La violazione da parte di spa A. del disposto di cui all'articolo 92 primo comma seconda parte cpc in relazione all'articolo 88 primo comma cpc Le spese che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto della l.24.3.2012 numero 27 e del D.M. Ministero Giustizia 22.7.2012 numero 140 , nei rapporti fra gli attori e Roma Capitale, seguono la soccombenza, e vengono liquidate e distratte come in dispositivo devono essere compensate quanto ai rapporti fra Roma Capitale e spa A Ed invero l’articolo 92 cpc dispone che il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all'articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all'articolo 88, essa ha causato all'altra parte Premesso che è di ovvia evidenza che la condanna della parte vittoriosa alle spese contiene, come il più contiene il meno, la possibilità di compensazione, si reputa giusto procedervi nei rapporti fra spa A. che ha trasgredito, nel modo e per la ragione supra esposta, al dovere di una leale condotta processuale ed il Comune di Roma. Ed invero ponendo in essere la segnalata condotta renitente, la spa A. ha annullato quella elevata chanche di conciliazione della quale, come si è detto, vi erano significativi presupposti, causando in tale modo la perdita della chanche stessa, con i vantaggi anche per la controparte conseguenti, ed il prolungamento della controversia con sicuro aggravamento delle spese a carico di Roma Capitale. La sentenza è per legge esecutiva. P.Q.M. definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede 1. DICHIARA la responsabilità di Roma Capitale per i danni causati agli attori 2. CONDANNA Roma Capitale al risarcimento dei danni in favore di a. M.G., A.N. e R.N. liquidati nella somma di Euro. 112.339,00 , nonché quanto a b. R.N. nella somma di Euro.10.000,00 oltre agli interessi legali dalla data della sentenza al saldo 3. CONDANNA Roma Capitale a porre in essere, nel termine di sei mesi dalla notifica della sentenza, tutti gli adempimenti necessari, preliminari ed attuativi, diretti a realizzare quanto indicato alle pagine 94-99 della relazione dei CTU ing. P.M. e ing. P.R. 4. CONDANNA Roma Capitale in persona del Sindaco pro tempore al pagamento delle spese di causa in favore di M.G.N., avvocato antistatario, liquidandole in Euro.15.000,00, oltre IVA CAP e spese generali spese di CTU a carico definitivo di Roma Capitale 5. COMPENSA le spese di causa fra Roma Capitale e spa A. 6. SENTENZA esecutiva 1 attività non consentita all'A.G.O. dall'articolo 4 l. 20 marzo 1865 numero 2248 allegato E 2 http //www.mondoadr.it/giurisprudenza/roma-capitale-condannata-8000-art-96-iii-cpc-mancata-partecipazione-alla-mediazione-ordinata-dal-giudice.html http //www.concormedia.it/2016/12/richiesta-leffettiva-partecipazione-al-procedimento-di-mediazione-demandata-laddove-per-effettiva-si-richiede-che-le-parti-non-si-fermino-alla-sessione-informativa/ http //lnx.spfmediazione.it/wp-content/uploads/2016/09/Sanzionabile-ex-art-96Tribunale-di-Romasentenza-14.7.2016.pdf https //www.101mediatori.it/sentenze-mediazione/mancata-partecipazione-alla-mediazione-615.aspx http //www.arcadiaconcilia.it/news/122-nuovo-contributo-del-giudice-dott-massimo-moriconi-sentenza-n-12776-del-23-giugno-tribunale-civile-di-roma-mediazione-punito-anche-chi-vince-la-causa-di-merito http //www.concormedia.it/2017/02/mediazione-demandata-mancata-partecipazione-per-ingiustificato-motivo-sanzioni-e-insufficienza-del-mero-incontro-informativo-con-verbalizzazione-per-ingiustificata-renitenza-della-parte-invitata/ http //www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoCivile/2014-08-04/mediazione-disposta-giudice-deve-104316.php?preview=true http //www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-06-24/mediazione-punito-anche-chi-vince-causa-merito-174313.php?uuid=AD7VGhi http //www.oua.it/sentenze-mediazione-punito-anche-chi-vince-la-causa-di-merito-il-sole-24-ore/ http //lnx.spfmediazione.it/wp-content/uploads/2016/09/Sanzionabile-ex-art-96Tribunale-di-Romasentenza-14.7.2016.pdf http //www.mediatoriprofessionistiroma.com/condannata-roma-capitale-per-non-aver-aderito-alla-mediazione/ 3 Art 96 comma terzo cpc. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata 4 articolo 8 co. 4-bis. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per giudizio. 5 articolo 8 co. 4 In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.