Al debitore esecutato non spetta di diritto l’indennizzo per irragionevole durata della procedura

Affinché il debitore esecutato possa avere diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata della procedura esecutiva immobiliare è necessario che questo dimostri di avere un interesse specifico al rapido svolgimento della procedura stessa.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 1812/18, depositata il 24 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Roma condannava il Ministero della Giustizia al pagamento nei confronti dell’appellato di una somma di denaro a titolo di equa riparazione ai sensi della l. n. 89/2001 Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo , per irragionevole durata di una procedura esecutiva immobiliare a suo carico, in qualità di debitore esecutato. Avverso la sentenza della Corte distrettuale il Ministero della Giustizia ricorre per cassazione denunciando l’inoperatività, nei confronti del debitore esecutato, della presunzione del danno da ritardo, nonché la mancata considerazione delle dilazioni procedurali non imputabili alla struttura giudiziaria. Il diritto all’equa riparazione per irragionevole durata. Il Supremo Collegio – rilevando la presenza di orientamenti contrastanti in tema di diritto del debitore esecutato all’equa riparazione per irragionevole durata della procedura esecutiva, tra i quali, alcuni volti a riconoscerlo ai sensi dell’art. 2 Diritto all’equa riparazione l. n. 89/2001, altri a negarlo in assenza di un interesse concreto del debitore, comproprietario dell’immobile pignorato, al rapido svolgimento della procedura Cass. n. 26267/13 , fino a quelli volti a delineare una soluzione intermedia tra i primi due – ritiene di dare continuità a quell’orientamento per cui il debitore esecutato rimasto inattivo non ha diritto ad alcun indennizzo per l’irragionevole durata del processo esecutivo che è preordinato all’esclusivo interesse del creditore non avendo la parte privata allegato nella fattispecie alcuno specifico interesse a che l’esito espropriativo della procedura a suo carico si realizzasse in tempi rapidi . La Corte pertanto accoglie il ricorso e, decidendo la causa nel merito, respinge la domanda di riparazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 5 dicembre 2017 – 24 gennaio 2018, numero 1812 Presidente Petitti – Relatore Manna In fatto Con decreto del 5.12.2015 la Corte d’appello di Roma, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di V.W. della somma di Euro 20.000,00 a titolo di equa riparazione ex lege numero 89/01, per la durata irragionevole 17 anni e 7 mesi di eccedenza di una procedura esecutiva immobiliare svoltasi innanzi al Tribunale di Avellino a carico della stessa ricorrente, quale debitrice esecutata. Attribuiva, inoltre, le spese del procedimento al difensore della V. , dichiaratosi antistatario. Per la cassazione di tale decreto ricorre il Ministero della Giustizia, sulla base di due motivi. Resistono con controricorso M.F. , M.M. e A. , quali eredi di V.W. , nonché, in proprio, l’avv. M.E. , che aveva difeso quest’ultima nel procedimento innanzi alla Corte capitolina. Motivi della decisione 1. - Il primo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 legge numero 89/01, in relazione al numero 3 dell’art. 360 c.p.c., in quanto a favore del debitore esecutato non opera, in linea di principio, la presunzione di danno da ritardo. 2. - Il secondo motivo lamenta, in relazione al numero 5 dell’art. 360 c.p.c., l’omessa motivazione su di un fatto decisivo e. controverso, quale la durata ragionevole triennale della procedura esecutiva presupposta, senza considerarne le varie dilazioni non imputabili alla struttura giudiziaria opposizione esecutiva, istanza di conversione, rinvii chiesti ed ottenuti per componimento bonario, astensione degli avvocati, difficoltà di stima del compendio immobiliare pignorato, pluralità di creditori e di debitori e non agevole vendita dei beni . 3. - Premesso che al contrario di quanto opina parte controricorrente le ragioni articolate dal Ministero non integrano un’eccezione e meno che mai una domanda nuova, ma una difesa, essendo volte a negare uno dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio, i due motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati. Sul diritto del debitore esecutato ad ottenere, in linea di principio, l’equa riparazione prevista dalla legge numero 89/01 per la durata irragionevole del processo di espropriazione a suo carico, la giurisprudenza di questa Corte inizialmente non è stata univoca. A sostegno della soluzione affermativa, Cass. numero 6459/12 ha osservato che nel processo di esecuzione il dritto del cittadino al giusto processo come delineato dalla nuova formulazione dell’art. 111 Cost. deve essere soddisfatto attraverso il contraddittorio tra le parti in ogni fase processuale in cui si discuta e si debba decidere circa diritti sostanziali o posizioni comunque giuridicamente protette, tenendo conto del correlato e concreto interesse delle parti stesse ad agire, a contraddire o ad opporsi per realizzare in pieno il proprio diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. pertanto, anche il debitore esecutato, in quanto parte, è legittimato a richiedere l’indennizzo ex art. 2 legge 24 marzo 2001 numero 89 per l’irragionevole protrarsi del processo esecutivo la soluzione affermativa sembra presupposta anche da Cass. numero 5265/03 mentre Cass. nnumero 19435/05, 15611/02, 14885/02 e 13768/02 nell’affermare l’applicazione della legge numero 89/01 anche alle procedure esecutive si riferiscono a domande d’equa riparazione proposte da soggetti creditori, e non da debitori esecutati . Per la negativa, Cass. nnumero 26267/13 e 17153/13 hanno rilevato che non ha diritto all’equa riparazione per irragionevole durata del procedimento esecutivo il debitore esecutato che, essendo comproprietario dell’immobile pignorato, non abbia alcun interesse al rapido svolgimento della procedura e, anzi, si sia avvantaggiato del suo protrarsi, avendo mantenuto, medio tempore , il compossesso giuridico del bene. Una soluzione intermedia è stata prospettata da Cass. numero 23630/13, in un’ipotesi, però, del tutto particolare di valorizzazione dell’atteggiamento tenuto in concreto dal debitore per favorire o meno l’esito espropriativo della procedura. A partire da Cass. numero 8540/15 si è osservato che il debitore esecutato, sebbene sia parte non già nel senso del diritto processuale interno, ma ai soli fini in questione del processo esecutivo, non è necessariamente percosso dagli effetti negativi di un’esecuzione forzata di durata irragionevole, atteso che dall’esito finale di tale processo egli ritrae essenzialmente un giusto danno. Pertanto, quella presunzione di danno non patrimoniale derivante dalla pendenza del processo, affermata in linea generale a partire dai noti arresti nnumero 1338, 1339 e 1340/04 delle S.U. di questa Corte, ma negata dagli stessi precedenti con riguardo a situazioni specifiche ivi esempi in particolare, quella del conduttore convenuto in giudizio per il rilascio dell’immobile locato , non può operare di regola quanto alla posizione del debitore esecutato. Questi, nell’ambito del procedimento di equa riparazione ex lege numero 89/01, ha l’onere di allegare non un generico ma uno specifico suo interesse ad un’espropriazione celere, e di dimostrarne l’effettiva esistenza, nel rispetto degli usuali oneri probatori gravanti sulla parte attrice. Quindi, Cass. numero 14382/15 ha poi osservato che il diritto ad un processo giusto, paritario e diretto da un giudice terzo e imparziale art. 111, 1 e 2 comma Cost. e 6 CEDU , non è coinvolto nella soluzione delle questioni inerenti alla durata irragionevole del processo stesso. La quale ultima è fonte del diritto ad un’equa riparazione per il paterna d’animo che ogni pendenza processuale provoca ex se, vi siano state o non violazioni di altre garanzie. Pertanto, dalla copertura costituzionale e convenzionale di queste ultime non è possibile né dedurre né inferire il diritto ad un’equa riparazione, allorché il processo abbia ecceduto il termine di durata ragionevole. Infine, Cass. numero 89/16 ha osservato che il debitore esecutato rimasto inattivo non ha diritto ad alcun indennizzo per l’irragionevole durata del processo esecutivo che è preordinato all’esclusivo interesse del creditore, sicché egli - a differenza del contumace nell’ambito di un processo dichiarativo - è soggetto al potere coattivo del creditore, recuperando solo nelle eventuali fasi di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., la cui funzione è diretta a stabilire un separato ambito di cognizione, la pienezza della posizione di parte, con possibilità di svolgere contraddittorio e difesa tecnica. Ritiene, pertanto, la Corte di dare continuità a quest’ultimo indirizzo negativo, non avendo la parte privata allegato nella fattispecie alcuno specifico interesse a che l’esito espropriativo della procedura a suo carico si realizzasse in tempi rapidi. 4. - In accoglimento del ricorso il decreto impugnato va, dunque, cassato e decidendo la causa nel merito, la domanda di equa riparazione proposta da V.W. deve essere respinta. 5. - Seguono le spese della fase di merito e del presente giudizio di legittimità, così come liquidate in dispositivo, a carico dei controricorrenti ciascuno per la rispettiva quota ereditaria. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito rigetta la domanda e condanna i controricorrenti, ciascuno per la rispettiva quota ereditaria, alle spese del grado di merito e del presente processo di legittimità, che liquida rispettivamente in Euro 800,00 ed in Euro 1.000,00, in entrambi i casi oltre spese prenotate e prenotande a debito.