L’appellante ha l’onere di dimostrare l’incompletezza della comunicazione dell’ordinanza

Ai fini del decorso, per la proposizione dell’appello, del termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione integrale dell’ordinanza emessa ex art. 702-ter c.p.c. Procedimento sommario di cognizione , l’appellante ha l’onere di dimostrare specificamente la non integralità dell’ordinanza medesima.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 1498/18, depositata il 22 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Catania dichiarava inammissibile l’appello avverso l’ordinanza ex art. 702- ter c.p.c. Procedimento in quanto proposto oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione integrale della suddetta ordinanza. Avverso la pronuncia della Corte distrettuale l’appellante propone ricorso per cassazione denunciando sia che la comunicazione dell’ordinanza ex art. 702- ter c.p.c. non sarebbe stata integrale sia che la parte appellata, avendo eccepito la tardività della proposizione dell’appello, avrebbe dovuto dimostrarne l’integralità. L’onere della prova per l’eccezione. Il Supremo Collegio ribadisce che l’eccezione proposta dall’appellata, trattandosi di eccezione di rito in senso ampio id est , rilevabile d’ufficio , va da sé che l’onere di dimostrarne la tempestività dell’impugnazione incombe sempre e solo sulla parte che la propone, con il che è escluso che la Corte territoriale sia incorsa nel denunciato malgoverno dell’art. 2697 c.c. . L’onere della prova della non integralità. La Suprema Corte evidenzia che il ricorrente, per dimostrare la carenza di integralità della comunicazione dell’ordinanza ex art. 702- ter c.p.c. avrebbe dovuto indicare specificamente sia l’atto processuale o il documento da cui risulterebbe tale circostanza, riportandone almeno in sintesi la parte rilevante, sia la localizzazione dell’atto o del documento da cui si desumerebbe la circostanza , anziché limitarsi a riportare il tanto della motivazione della sentenza impugnata che riguarda la questione, per poi concludere apoditticamente che il provvedimento non sarebbe stato comunicato nella sua integralità . La Corte dunque dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 19 ottobre 2017 – 22 gennaio 2018, n. 1498 Presidente/Relatore Manna Ritenuto in fatto Con sentenza depositata il 13.6.2014 la Corte d’appello di Catania dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla Società F.lli M.E. e P. e C. s.a.s. avverso l’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. emessa dal Tribunale di Modica il 19.6.2012, perché proposto con citazione notificata il 26.7.2012, e dunque decorso il termine di 30 gg. dalla comunicazione integrale di detta ordinanza avvenuta lo stesso 19.6.2012. Avverso tale sentenza la Società F.11i M.E. e P. e C. s.a.s. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Resiste con controricorso P.A. . L’altra parte intimata, L.T. , non ha svolto attività difensiva. Attivato il procedimento camerale ex artt. 380-bis e 375, n. 1 c.p.c., il consigliere relatore ha proposto la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. - Il primo motivo denuncia la falsa applicazione dell’art. 702-quater c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. Parte ricorrente sostiene sia che la comunicazione dell’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. non sarebbe stata integrale tanto che vi avrebbe fatto seguito la notificazione ad istanza della controparte vittoriosa , sia che la parte appellata, avendo formulato l’eccezione di tardività del gravame, avrebbe dovuto dimostrare l’integralità della comunicazione stessa. 2. - Il secondo mezzo deduce, sostanzialmente per le medesime ragioni di cui sopra, anche la violazione dell’art. 285 c.p.c 3. - Il ricorso è inammissibile. Preliminarmente deve osservarsi che non ha pregio la tesi della società ricorrente secondo cui l’onere di dimostrare la tardività dell’appello graverebbe sulla parte appellata. Trattandosi di eccezione di rito in senso ampio id est, rilevabile d’ufficio , va da sé che l’onere di dimostrare la tempestività dell’impugnazione incombe sempre e solo sulla parte che la propone giurisprudenza costante di questa Corte cfr. per tutte e da ultimo, Cass. S.U. n. 18569/16 . Con il che è escluso che la Corte territoriale sia incorsa nel denunciato malgoverno dell’art. 2697 c.c Quindi, va rilevato che ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. Da tale norma la giurisprudenza di questa Corte ha tratto che il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere - imposto dall’art. 366, comma 1, n. 6 , c.p.c. - di produrlo agli atti indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione e di indicarne il contenuto trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile Cass. n. 19048/16 conformi, con espressioni equivalenti, le nn. 26174/14, 22607/14, 16887/13 e 17168/12 e S.U. 22726/11 . Nella specie entrambi i motivi si basano sull’affermazione per cui la comunicazione dell’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. non sarebbe stata integrale, sicché parte ricorrente avrebbe dovuto indicare specificamente sia l’atto processuale o il documento da cui risulterebbe tale circostanza, riportandone almeno in sintesi la parte rilevante, sia la localizzazione dell’atto o del documento da cui si desumerebbe la circostanza. I due motivi, invece, non assolvono tale onere, limitandosi a riportare il tanto della motivazione della sentenza impugnata che riguarda la questione, lì dove si afferma che la ricevuta telematica aveva ad oggetto ordinanza definitiva generica e per descrizione ordinanza definitiva generica ordinanza ex art. 702 bis di accoglimento del ricorso , per poi concludere apoditticamente che il provvedimento non sarebbe stato comunicato nella sua integrità. 4. - S’impone, pertanto, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso. 5. - Seguono le spese, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, e il raddoppio del contributo unificato a carico della parte ricorrente. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese in favore della parte controricorrente, spese che liquida in Euro 2.500,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.