La sottoscrizione apocrifa del destinatario implica la falsità della notifica dell’atto di riscossione?

La pronuncia in commento affronta il tema dei requisiti necessari per proporre la querela di falso avverso la notifica di un accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Nello specifico, si tratta di stabilire se la relazione dell’ufficiale notificante fornisca, o meno, la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario dell’atto notificato.

E, i Giudici della Prima sezione civile di piazza Cavour, con l’ordinanza n. 29974/17, depositata il 13 dicembre, conformandosi ad un ormai consolidato orientamento di legittimità v., ex multis , Cass. n. 21817/12 precisano che la relazione dell’ufficiale notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario ovvero consegnatario dell’atto notificato, sicché, ad esempio, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest’ultimo e la persona cui l’atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall’ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, con la conseguenza che in relazione a queste la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso. In particolare, poiché la relata di notifica costituisce un atto pubblico, in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, le attestazioni di essa, inerenti alle attività direttamente svolte dall’ufficiale giudiziario, fanno piena prova fino a querela di falso. L’efficacia fidefacente opera, in particolare, per l’attestazione cui l’ufficiale notificante dà atto dell’avvenuta notificazione, apponendovi la data e la firma. Non tutte le attestazioni contenute nella relazione di notifica sono destinate tuttavia a far fede fino a querela di falso, ma soltanto quelle riguardanti attività svolte dall’ufficiale notificante ovvero fatti avvenuti in sua presenza o dichiarazioni a lui rese, limitatamente al loro contenuto estrinseco non sono assistite da pubblica fede le attestazioni rilasciate dallo stesso ufficiale giudiziario al di fuori delle funzioni pubbliche che gli sono connesse in relazione all’atto notificato, e, quindi, il contenuto intrinseco delle notizie apprese dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell’atto da notificare e tutte le altre circostanze, quali, ad esempio, l’attestazione che il luogo di notifica corrisponda a quello di residenza del destinatario, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa o all’ufficio di chi ha ricevuto l’atto, o, ancora, l’effettività della sede della società destinataria o la qualità della persona consegnataria dell’atto, che non sono frutto di diretta percezione del pubblico ufficiale, ma piuttosto di indicazioni da altri fornitegli o di semplici informazioni assunte. In relazione a queste ultime circostanze, assistite comunque da una presunzione di veridicità, la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza, con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso. Il fatto. Con sentenza del febbraio 2016 la Corte territoriale di Genova respingeva l’appello proposto da Sempronia nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze nonché dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza resa tra le parti con cui il Tribunale della Lanterna aveva accolto solo in parte la querela di falso spiegata dalla ricorrente stessa ed avente ad oggetto sia due relate di notificazione del 10 marzo 2005 di due avvisi di accertamento provenienti dall’amministrazione, sia le sottoscrizioni da Sempronia medesima apparentemente apposte in calce a dette relate. La Corte d’Appello di Genova ha ritenuto, conformemente al giudice di prime cure, che la falsità delle sottoscrizioni, risultate apocrife, non implicasse la falsità delle relate di notificazione, dal momento che l’efficacia probatoria fidefacente di esse era limitata a quanto il pubblico ufficiale aveva attestato essere avvenuto in sua presenza o da lui compiuto, e non invece alla veridicità delle dichiarazioni ricevute. Avverso quest’ultima decisione Sempronia proponeva quindi ricorso per cassazione deducendo tre distinti motivi di censura, cui replicava l’Agenzia delle Entrate con controricorso. Invero, gli Ermellini, respingono in toto le censure della ricorrente e, conformandosi ad un consolidato orientamento di legittimità chiariscono che la relazione dell’ufficiale notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario ovvero consegnatario dell’atto notificato. La relazione di notificazione, ex art. 148 c.p.c Si tratta di quell’attività che, nell’ambito del procedimento notificatorio, viene detta di documentazione e che compete, anche se non sempre in via esclusiva, all’ufficiale giudiziario. L’art. 148 c.p.c. prescrive che la certificazione dell’eseguita notificazione avvenga mediante relazione, datata e sottoscritta dall’ufficiale giudiziario, apposta in calce sia all’originale, sia alla copia dell’atto. Invero, si redigono due relazioni, delle quali una – quella sulla copia – viene redatta al momento della consegna ed ha la funzione di documentare un fatto compiuto contestualmente, mentre l’altra – quella sull’originale – può essere redatta anche in un momento successivo ed ha la funzione di rappresentare un fatto già compiuto e documentato. La prova dell’avvenuta notificazione può essere fornita soltanto mediante la produzione in giudizio della relata dell’ufficiale giudiziario. La relata di notifica è l’unico atto idoneo a fornire la certificazione dell’avvenuta notificazione, e con essa l’attestazione della relativa data e delle modalità di esecuzione, essendo preclusa al giudice la possibilità di desumere i predetti elementi da una diversa fonte di prova. Poiché la relata di notifica costituisce un atto pubblico, in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, le attestazioni di essa, inerenti alle attività direttamente svolte dall’ufficiale giudiziario, fanno piena prova fino a querela di falso. Le attestazioni contenute nella relazione di notifica sono destinate a far fede fino a querela di falso, ma non tutte. Ciò vale, in particolare, per l’attestazione con la quale l’ufficiale giudiziario dà atto dell’avvenuta notificazione, apponendovi la data e la firma, con la conseguenza che soltanto la querela di falso potrebbe consentire di rettificare, con accertamento compiuto dal giudice esclusivamente competente ex art. 9 c.p.c. e mediante i provvedimenti accessori di rettificazione ai sensi dell’art. 226 c.p.c Invero, come viene ribadito dal decisum in rassegna, non tutte le attestazioni contenute nella relazione di notifica sono destinate a far fede fino a querela di falso, ma soltanto quelle riguardanti attività svolte dall’ufficiale notificante ovvero fatti avvenuti in sua presenza o dichiarazioni a lui rese, limitatamente al loro contenuto estrinseco non sono assistite da pubblica fede le attestazioni rilasciate dallo stesso ufficiale giudiziario al di fuori delle funzioni pubbliche che gli sono connesse in relazione all’atto notificato,e, quindi, il contenuto intrinseco delle notizie apprese dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell’atto da notificare e tutte le altre circostanze, quali, ad esempio, l’attestazione che il luogo di notifica corrisponda a quello di residenza del destinatario, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa o all’ufficio di chi ha ricevuto l’atto, o, ancora, l’effettività della sede della società destinataria o la qualità della persona consegnataria dell’atto, che non sono frutto di diretta percezione del pubblico ufficiale, ma piuttosto di indicazioni da altri fornitegli o di semplici informazioni assunte. I requisiti per la validità di una relata di notifica. Pertanto, affinché la relata di notifica di un atto esista e sia valida, non è necessario che il suo contenuto sia redatto in forma autografa personalmente dall’ufficiale giudiziario, essendo invece sufficiente che questi attesti, mediante la sua sottoscrizione, l’attività compiuta e particolarmente la data di essa, nonché la persona alla quale ha consegnato la copia ed il luogo della consegna, indicazioni che, pertanto, ben possono essere riportate mediante scritturazione meccanica, anche con formula già predisposta ad opera della parte dalla quale l’attività è stata richiesta e parzialmente da completare o mediante l’uso di timbri sia per la formula da completare che per la data, in quanto bisogna tener conto delle operazioni indicate indipendentemente dallo strumento utilizzato per indicarle. Qualora però per la totale illeggibilità della parte stampigliata, la relata indichi solo la data e i nomi del destinatario e del domiciliatario, è stato affermato che la notificazione non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, non consentendo di verificare a richiesta di quale soggetto e con quali precise modalità la notificazione sia stata eseguita Cass., SS.UU. 1/1999 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 17 ottobre – 13 dicembre 2017, n. 29974 Presidente Genovese – Relatore Di Marzio Fatto e diritto RILEVATO CHE 1. Con sentenza del 4 febbraio 2016 la Corte d’appello di Genova ha respinto l’appello proposto da M.E. nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze nonché dell’Agenzia delle entrate contro la sentenza resa tra le parti con cui il Tribunale della stessa città aveva accolto solo in parte la querela di falso spiegata dalla stessa M. ed avente ad oggetto sia le due relate di notificazione del 10 marzo 2005 di due avvisi di accertamento provenienti dall’amministrazione, sia le sottoscrizioni da essa M. apparentemente apposte in calce a dette relate. La Corte territoriale ha ritenuto, conformemente al Tribunale, che la falsità delle sottoscrizioni, risultate apocrife, non implicasse la falsità delle relate di notificazione, dal momento che l’efficacia probatoria fidefacente di esse era limitata a quanto il pubblico ufficiale aveva attestato essere avvenuto in sua presenza o da lui compiuto, e non invece alla veridicità delle dichiarazioni ricevute. 2. Per la cassazione della sentenza M.E. ha proposto ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, mentre il Ministero non ha spiegato attività. CONSIDERATO CHE 3. Il primo motivo di ricorso denuncia Violazione o falsa applicazione degli articoli 2700 c.c., 138 e 148 c.p.c. questi ultimi in quanto richiamati dall’articolo 60, comma 1, d.p.r. 600/1973. Denunzia a sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , censurandosi la sentenza impugnata sull’assunto che il combinato disposto di dette disposizioni comporterebbe l’estensione dell’efficacia probatoria di atto pubblico della relata di notificazione all’attività di identificazione del soggetto cui è rivolta la notifica. Il secondo motivo di ricorso denuncia Violazione o falsa applicazione dell’articolo 479 c.p. e, sotto altro profilo, degli articoli 2700 c.c., 138 e 148 c.p.c. questi ultimi in quanto richiamati dall’articolo 60, comma 1, d.p.r. 600/1973. Denunzia a sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , censurandosi la sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso che la falsità della sottoscrizione di essa M. della notifica a mani proprie comportasse la falsità ideologica dell’intera relata di notifica in maniera automatica. Il terzo motivo di ricorso denuncia Violazione o falsa applicazione degli articoli 226, comma 2, c.p.c. in combinato disposto con l’articolo 537 c.p.p Denunzia a Sensi dell’articolo 360 n. 4, c.p.c. , censurandosi la sentenza impugnata per aver respinto la richiesta, a seguito dell’accertamento della falsità delle sottoscrizioni apposte da essa M. in calce alla relata, dell’adozione delle statuizione di cui all’articolo 226 c.p.c RITENUTO CHE 4. Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione semplificata. 5. Il ricorso è manifestamente infondato. Vanno disattesi i primi due motivi che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati. Questa Corte ha in più occasioni ribadito che la relazione dell’ufficiale notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario ovvero consegnatario dell’atto notificato, sicché, ad esempio, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest’ultimo e la persona cui l’atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall’ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, con la conseguenza che in relazione a queste, la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso tra le molte Cass. 5 dicembre 2012, n. 21817 Cass. 7 marzo 2012, n. 3516 Cass. 24 luglio 2000, n. 9658 . In particolare, poiché la relata di notifica costituisce un atto pubblico, in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, le attestazioni di essa, inerenti alle attività direttamente svolte dall’ufficiale giudiziario, fanno piena prova fino a querela di falso Cass. 29 marzo 2016, n. 6046 Cass. 5 dicembre 2012, n. 21817, concernente attestazione di mancato rinvenimento del legale rappresentante della società presso la sede con conseguente consegna dell’atto a persona qualificatasi come addetta alla ricezione Cass. 22 febbraio 2010, n. 4193, riguardante attestazione del compimento di tutte le formalità prescritte Cass. 27 ottobre 2008, n.-25860 L’efficacia fidefacente opera, in particolare, per l’attestazione con cui l’ufficiale notificante dà atto dell’avvenuta notificazione, apponendovi la data e la firma Cass. 18 settembre 2003, n. 13748 . Non tutte le attestazioni contenute nella relazione di notifica sono destinate tuttavia a far fede fino a querela di falso, ma soltanto quelle riguardanti attività svolte dall’ufficiale notificante ovvero fatti avvenuti in sua presenza o dichiarazioni a lui rese, limitatamente al loro contenuto estrinseco non sono assistite da pubblica fede le attestazioni rilasciate dallo stesso ufficiale giudiziario al di fuori delle funzioni pubbliche che gli sono commesse in relazione all’atto notificato Cass. 1 giugno 1999, n. 5305 , e, quindi, il contenuto intrinseco delle notizie apprese dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell’atto da notificare Cass. 27 ottobre 2008, n. 25860 e tutte le altre circostanze, quali, ad esempio, l’attestazione che il luogo di notifica corrisponda a quello di residenza del destinatario Cass. 8 agosto 2013, n. 19021 , la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa o all’ufficio di chi ha ricevuto l’atto Cass. 17 dicembre 2014, n. 26501 Cass. 12 marzo 2012, n. 3906 Cass. 11 aprile 1996, n. 3403 , o, ancora, l’effettività della sede della società destinataria o la qualità della persona consegnataria dell’atto, che non sono frutto di diretta percezione del pubblico ufficiale, ma piuttosto di indicazioni da altri fornitegli o di semplici informazioni assunte Cass. 11 aprile 2000, n. 4590 . In relazione a queste ultime circostanze, assistite comunque da una presunzione di veridicità, la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza, con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso Cass. 28 giugno 2000, n. 8799 Cass. 3 ottobre 1998, n. 9826 . Non depongono in senso contrario le decisioni richiamate in memoria illustrativa dalla ricorrente Cass. 9793/2015 conferma che poiché la relata di notifica costituisce un atto pubblico, in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, le attestazioni di essa, inerenti alle attività che l’ufficiale giudiziario certifica di avere eseguito, le dichiarazioni da lui ricevute limitatamente al loro contenuto estrinseco ed indipendentemente dalla loro veridicità sostanziale ed i fatti avvenuti in sua presenza . sono assistite da fede pubblica privilegiata . , aggiungendo in particolare che in difetto della proposizione della querela di falso . non risultano più contestabili nel presente giudizio . l’attestazione dell’identità del destinatario , l’attestazione, dunque, non già l’identità in se stessa, il che è la traduzione del principio prima ricordato secondo cui l’efficacia fidefacente è limitata al contenuto estrinseco delle dichiarazioni e non alla loro verità sostanziale Cass. 2421/2014 ripete che la relata di notificazione fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta, ivi compresa l’attestazione dell’identità del destinatario che ha rifiutato di ricevere il piego, trattandosi di circostanza frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale nella sua attività di identificazione del soggetto cui è rivolta la notificazione dell’atto Cass. 1145/2003, pure essa citata a pagina 4 della memoria, non ha nulla a che vedere col tema delle notificazioni. Va da sé che del tutto correttamente i giudici di merito hanno escluso che la accertata falsità della sottoscrizione della M. in calce alle relate di notificazione non implicasse affatto la falsità ideologica delle relate stesse le quali null’altro dicono se non che persona presentatasi all’ufficiale notificante come M.E. ha sottoscritto l’atto per ricevuta attribuibile all’ufficiale notificante, non ricadendo su quest’ultimo alcun obbligo normativamente previsto di procedere all’accertamento della veridicità delle dichiarazioni -ricevute, essendo viceversa il destinatario ovvero il consegnatario dell’atto notificato tenuto a dire la verità, giacché le dichiarazioni rese all’atto della consegna a detto ufficiale sono penalmente sanzionate, se mendaci, ai sensi dell’art. 495 c.p. Cass. 2 marzo 2000, n. 2323 Cass. 23 maggio 2005, n. 10868 . Il terzo motivo è assorbito. 6. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3000,00, oltre alle spese prenotate a debito, dichiarando, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della stessa ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.