Improcedibilità della chiamata del terzo, il convenuto originario può rifiutarsi di pagare le spese di giudizio?

Qualora in primo grado venga accolta la domanda contro il terzo, giudicato unico responsabile, ma in appello la sentenza venga riformata e la chiamata del terzo venga dichiarata improcedibile, il convenuto originario, che si era costituito chiedendo la conferma della sentenza di prime cure, si deve ritenere soccombente nei confronti del terzo.

Così la Cassazione con ordinanza n. 28354/17, depositata il 28 novembre. Il caso. Il Tribunale aveva condannato al risarcimento danni il terzo chiamato in causa indicato come unico responsabile per i danni causati da infiltrazioni di acqua nell’appartamento degli attori a seguito di lavoro edili. Il Tribunale non accoglieva, invece, le domande attoree per il risarcimento nei confronti degli altri convenuti. La Corte d’Appello di Salerno, adita dal condannato in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava improcedibile la chiamata in causa del medesimo nel giudizio. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione uno dei convenuti vittoriosi nel giudizio di primo grado lamentando violazione dell’art. 91 c.p.c. per aver la Corte territoriale condannato alle spese tutti gli appellati, in solido, compreso il ricorrente. Improcedibilità della chiamata del terzo. Il ricorrente sostiene che la condanna alle spese nei suoi confronti sia ingiustificata per il fatto che lo stesso oltre ad essere vittorioso in giudizio non aveva neanche chiamato in causa il condanno e quindi lo stesso non avrebbe dovuto pagare le spese del giudizio di appello. La Cassazione ha osservato che tale prospettazione è infondata in ragione del principio di diritto secondo cui una volta effettuata la chiamata in causa da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come terzo responsabile rispetto all’oggetto delle domanda, si determina un litisconsorzio necessario processuale in ordine alla invocazione della responsabilità del medesimo, che ha come correlazione l’esclusione di quella dell’originario convenuto. Qualora la domanda venga accolta contro il terzo e questi venga giudicato unico responsabile, ove la sentenza venga appellata ed il convenuto originario si costituisca chiedendone la conferma, nell’ipotesi in cui venga dichiarata l’improcedibilità della chiamata del terzo e così riformata la sentenza di primo grado, il convenuto appellato si deve ritenere soccombente nei confronti del terzo, avendo chiesto la conferma della sentenza . Nel caso di specie il ricorrente aveva chiesto la conferma in appello della sentenza con cui era stata esclusa la sua responsabilità in ragione della chiamata del terzo responsabile. Secondo la S.C. è palese che la dichiarazione di improcedibilità della chiamata del terzo in appello, che riformava la sentenza di primo grado, comporti anche la soccombenza del ricorrente stesso e giustifichi la condanna alle spese di tutti i soccombenti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 ottobre – 29 novembre 2017, n. 28354 Presidente Amendola – Relatore Frasca Fatto e diritto Rilevato che 1. C.A. ha proposto ricorso per cassazione contro E.S. , B.V. , S.M. e V.D. , avverso la sentenza del 5 giugno 2014, con cui la Corte d’Appello di Salerno, in accoglimento dell’appello proposto dall’E. contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Salerno nel novembre del 2013, ha dichiarato improcedibile la chiamata in causa del medesimo da parte della B. nel giudizio, introdotto nel luglio del 2002 da essa e dal marito Co.Pa. poi deceduto in corso di giudizio e in successione del quale la B. si era costituita in prosecuzione contro il C. ed i coniugi S. -V. , per ottenere il risarcimento di danni da infiltrazioni di acqua al loro appartamento, a cagione di lavori edili. Il Tribunale aveva accolto la domanda contro l’E. , indicato come responsabile del danno da una c.t.u. esperita nel corso del giudizio e chiamato in causa dalla B. . 2. Al ricorso, che propone un unico motivo, non v’è stata resistenza di alcuno degli intimati. 3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testi modificati dal d.l. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza ed è stata fissata con decreto l’adunanza della Corte. Il decreto è stato notificato all’avvocato del ricorrente. 4. Non v’è stato deposito di memoria. Considerato che 1. Il Collegio condivide la proposta di manifesta infondatezza del ricorso formulata dal relatore. Essa trova giustificazione nella circostanza che appare privo di fondamento l’unico motivo di ricorso, con cui - deducendo violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1 co., n. 4 c.p.c. - si censura la sola statuizione, con la quale la Corte territoriale ha condannato alle spese tutti gli appellati, in solido, e fra di essi il C. . Infatti, vi si sostiene che la condanna alle spese del ricorrente non sarebbe stata giustificata e sarebbe stata emessa anche nei suoi confronti nonostante egli fosse vittorioso nel giudizio, in quanto la domanda attorea non era stata accolta nei suoi riguardi ed egli non aveva chiamato in causa l’E. . Senonché, tale prospettazione trascura che, una volta effettuata la chiamata in causa dell’E. come terzo responsabile, sebbene da parte della B. , ebbe a determinarsi un litisconsorzio necessario processuale in ordine alla invocazione della responsabilità del medesimo, che aveva come correlazione l’esclusione di quella del C. oltre che degli altri convenuti originari . Ora, dalla sentenza d’appello emerge che il C. , come gli altri, appellati, chiese la conferma della sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda spiegata con la sua chiamata in causa, aveva condannato l’E. . Essendo stata dichiarata l’improcedibilità della chiamata e riformata la sentenza di primo grado, di cui il C. aveva chiesto la conferma, è palese che egli in appello è rimasto soccombente come tutti gli altri appellati. Donde la legittimità della sua condanna solidale alle spese. Il principio di diritto che giustifica l’infondatezza del ricorso è il seguente una volta effettuata la chiamata in causa da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come terzo responsabile rispetto all’oggetto della domanda, si determina un litisconsorzio necessario processuale in ordine alla invocazione della responsabilità del medesimo, che ha come correlazione l’esclusione di quella dell’originario convenuto. Qualora la domanda venga accolta contro il terzo e questi venga giudicato unico responsabile, ove la sentenza venga appellata ed il convenuto originario si costituisca chiedendone la conferma, nell’ipotesi in cui venga dichiarata l’improcedibilità della chiamata del terzo e così riformata la sentenza di primo grado, il convenuto appellato si deve ritenere soccombente nei confronti del terzo, avendo chiesto la conferma della sentenza. . 2. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi a norma del comma 1-bis del citato art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per, il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi a norma del comma 1-bis del citato art. 13.