Patente a rischio per l’automobilista che non vuole farsi visitare per accertare l’assunzione di stupefacenti

Il non sottoporsi a visita medica per accertare la presenta di sostanze stupefacenti può costare all’automobilista la sospensione della patente.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27825/17, depositata il 22 novembre, nell’accogliere il ricorso del Prefetto ha sostanzialmente affermato che rischia la sospensione della patente, nel caso in esame per 24 mesi, l’automobilista che si rifiuti di sottoporsi agli accertamenti medici per verificare l’assunzione di stupefacenti e, questo, indipendentemente, dal fatto che ricorra o meno un’ipotesi di reato. Il contenzioso. Il Prefetto di una città pugliese irrogava ad un automobilista la sanzione della sospensione della patente di guida per mesi 24 per non avere dato la propria disponibilità a sottoporsi all’esame di verifica della eventuale assunzione di sostanze stupefacenti, come riportato dal verbale dei Carabinieri del settembre 2010, provvedimento che veniva impugnato dall’automobilista davanti al Giudice di Pace, il quale rigettava il ricorso con sentenza del 2011. Il Tribunale accoglieva il gravame e per l’effetto annullava il decreto impugnato per essere stato emesso contra legem . Il Prefetto avverso la sentenza sfavorevole è ricorso in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 186, 187, 3 e 223 c.d.s., per avere il giudice dell’impugnazione annullato la sanzione per mancata contestazione all’incolpato dell’ipotesi di reato di cui all’art. 187, comma 1, dello stesso c.d.s., ritenendo che la sussistenza di una necessaria correlazione tra le suddette norme è manifestamente fondato. La sentenza della Cassazione I Giudici di legittimità ritengono fondato il ricorso. La Cassazione ricorda preliminarmente l'indirizzo della giurisprudenza di legittimità per il quale sussiste la violazione del precetto posto alla l. n. 689/1981, art. 14, per il quale deve sussistete necessaria correlazione fra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata, le volte in cui la sanzione venga irrogata per una fattispecie, individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate dalla norma, che sia diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione, posto che solo in tali casi viene leso il diritto di difesa del medesimo. Venendo al caso sottoposto, si rileva che la fattispecie legale, la cui violazione venne ascritta all’automobilista è quella di aver violato il precetto di cui all'art. 187, comma 8, c.d.s., che prevede che Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 2, 2- bis , 3 o 4, il conducente è soggetto alle sanzioni di cui all’art. 186, comma 7. Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell’art. 119. Si applicano le disposizioni dell'art. 186, comma 2, lett. c , quinto e sesto periodo, nonché quelle di cui al comma 2- quinquies del medesimo art. 186 . L'avere pertanto il Prefetto contestato all’automobilista il rifiuto manifestato a sottoporsi all’accertamento medico, pur espressamente richiamato, significa aver interamente adempiuto all'obbligo di contestare, con chiarezza e con puntuale richiamo alla norma, la condotta vietata dal precetto, restando irrilevante la specifica indicazione degli addebiti integranti con certezza gli estremi di un reato per il quale è prevista la sospensione o la revoca della patente di guida, come espressamente statuito dall’art. 223 C.d.S. . Trattasi all’evidenza di misura di carattere preventivo e natura cautelare, che trova giustificazione nella necessità di impedire che, nell’immediato, il conducente del veicolo che non abbia rispettato l’obbligo di sottoporsi a visita medica e possa con la sua condotta arrecare pregiudizio o porre in pericolo altri soggetti, può essere irrogata, senza alcun automatismo, solo nella ricorrenza delle condizioni di cui al comma 8, del predetto articolo. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 19 maggio – 22 novembre 2017, n. 27825 Presidente Petitti – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione Il Prefetto di Brindisi irrogava a L.P. la sanzione della sospensione della patente di guida per mesi 24 per non avere dato la propria disponibilità a sottoporsi all’esame di verifica della eventuale assunzione di sostanze stupefacenti, come riportato dal verbale dei Carabinieri del omissis , provvedimento che veniva impugnato dal sanzionato davanti al Giudice di pace di Ceglie, il quale rigettava il ricorso con sentenza n. 60 del 2011. In virtù di rituale impugnazione interposta dal L. , il Tribunale di Brindisi accoglieva il gravame e per l’effetto annullava il decreto impugnato per essere stato emesso contra legem. Il Prefetto di Brindisi ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. L’intimato non ha svolto difese. Ritenuto che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente notificato al difensore dell’Amministrazione ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Atteso che l’unico motivo di ricorso col quale è denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 186, 187, 3 e 223 C.d.S., per avere il giudice dell’impugnazione annullato la sanzione per mancata contestazione all’incolpato dell’ipotesi di reato di cui all’art. 187, comma 1, Cd.S., ritenendo la sussistenza di una necessaria correlazione tra le suddette norme è manifestamente fondato. Giova rammentare in premessa l’indirizzo di questa Corte per il quale sussiste la violazione del precetto posto alla L n. 689 del 1981, art. 14 - per il quale deve sussistete necessaria correlazione fra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata - le volte in cui la sanzione venga irrogata per una fattispecie, individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate dalla norma, che sia diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione, posto che solo in tali casi viene leso il diritto di difesa del medesimo ex multis Cass. 1876 del 2000 e Cass. n. 10145 del 2006 . Venendo al caso sottoposto, si rileva che la fattispecie legale,, la cui violazione venne ascritta al L. , è quella di aver violato il precetto di cui all’art. 187, comma 8 C.d.S., che prevede che Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 2, 2-bis, 3 o 4, il conducente è soggetto alle sanzioni di cui all’articolo 186, comma 7. Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell’articolo 119. Si applicano le disposizioni dell’articolo 186, comma 2, lettera c , quinto e sesto periodo, nonché quelle di cui al comma 2-quinquies del medesimo articolo 186 . L’avere pertanto il Prefetto contestato al Urna il rifiuto manifestato a sottoporsi all’accertamento medico, pur espressamente richiamato, significa aver interamente adempiuto all’obbligo di contestare - con chiarezza e con puntuale richiamo alla norma - la condotta vietata dal precetto, restando irrilevante la specifica indicazione degli addebiti integranti con certezza gli estremi di un reato per il quale è prevista la sospensione o la revoca della patente di guida, come espressamente statuito dall’art. 223 C.d.S. . Trattasi all’evidenza di misura di carattere preventivo e natura cautelare, che trova giustificazione nella necessità di impedire che, nell’immediato, il conducente del veicolo che non abbia rispettato l’obbligo di sottoporsi a visita medica, possa con la sua condotta arrecare pregiudizio o porre in pericolo altri soggetti, che può essere irrogata, senza alcun automatismo, solo nella ricorrenza delle condizioni di cui al comma 8 del predetto articolo Cass. n. 21447 del 2010 . Essendosi da tali principi il giudice unico del Tribunale di Brindisi discostato, la decisione impugnata va cassata. Il ricorso deve pertanto essere accolto. D’altro canto, attese le risultanze sopra evidenziate, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto perché si evidenzi la prova del fatto contestato, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto dell’opposizione proposta da Pietro L. . Le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità vanno poste a carico dell’intimato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da L.P. condanna l’intimato alla rifusione, in favore dell’Amministrazione ricorrente, delle spese processuali del giudizio di appello che liquida in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 300,00 per la fase di studio, Euro 100,00 per la fase introduttiva ed Euro 300,00 per la fase decisionale, nonché di quello di legittimità che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre alle spese prenotate e prenotande a debito.