Le vicende relative alla liquidazione dei compensi del CTU fanno parte del processo in cui questi è nominato

In materia di liquidazione dei compensi al CTU, poiché tanto il provvedimento di anticipazione quanto quello di liquidazione finale emesso a conclusione del giudizio fanno parte del processo in cui questi è nominato, la parte che ha anticipato il compenso non può promuovere un separato giudizio per il recupero delle somme a lui spettanti, ma è tenuta a far valere le proprie ragioni nella stessa sede, eventualmente chiedendo al Giudice anche il rimborso delle spese sostenute per sollecitare, nei confronti delle altre parti, la restituzione della quota a lui spettante.

E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27758/17, depositata il 22 novembre. La fattispecie. Nel corso di un giudizio avanti al Giudice di Pace di Roma è stata disposta una CTU il cui compenso, posto provvisoriamente a carico di entrambe le parti, è stato anticipato dal solo attore. Lo stesso attore, ancora prima che si concludesse il giudizio principale” ha convenuto in un separato giudizio la controparte per ottenere la restituzione della predetta somma provvisoriamente anticipata vendendosi tuttavia respingere la domanda in primo grado e in appello venendo altresì condannato al risarcimento dei danni nei confronti della convenuta ai sensi dell’art. 96 c.p.c. . Chiedere in un separato giudizio quanto anticipato per il pagamento dei compensi del CTU costituisce un illegittimo frazionamento del credito. Confermando la sentenza impugnata, la Corte di Cassazione ha stabilito che essendo le vicende relative alla liquidazione dei compensi del CTU parte integrante del processo in cui questo è nominato, il ricorrente avrebbe potuto e dovuto attendere che detto giudizio arrivasse alla sua naturale conclusione, chiedendo in quella sede non solo il rimborso dell’anticipo versato, ma anche la restituzione delle ulteriori spese sostenute per sollecitare, nei confronti dell’altra parte, la restituzione della quota a lui spettante. Peraltro, anche qualora in quel giudizio tale ulteriore richiesta non fosse stata accolta nel provvedimento finale di liquidazione delle spese, il ricorrente avrebbe potuto impugnarla con l’appello. Per tale ragione, in conclusione, gli Ermellini hanno enunciato il principio di diritto secondo il quale in materia di liquidazione dei compensi al CTU, poiché tanto il provvedimento di anticipazione quanto quello di liquidazione finale emesso a conclusione del giudizio fanno parte del processo in cui questi è nominato, la parte che ha anticipato il compenso non può promuovere un separato giudizio per il recupero delle somme a lui spettanti, ma è tenuta a far valere le proprie ragioni nella stessa sede, eventualmente chiedendo al Giudice anche il rimborso delle spese sostenute per sollecitare, nei confronti delle altre parti, la restituzione della quota a lui spettante.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 4 ottobre – 22 novembre 2017, n. 27758 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. S.S. e la Generali Italia s.p.a. furono parti contrapposte in un giudizio davanti al Giudice di pace di Roma, nel corso del quale fu disposta una c.t.u. con attribuzione al c.t.u. nominato di un anticipo di Euro 500 più IVA, posto provvisoriamente a carico di tutte le parti in via solidale. Nel corso di quel giudizio il S. anticipò la somma per conto di tutte le parti. Prima ancora che quel giudizio fosse concluso in primo grado, egli chiese formalmente alla società di assicurazione il rimborso della quota parte, pari ad Euro 157,40 e, non avendo avuto risposta, diede incarico ad un legale di redigere una lettera raccomandata a quel fine, attività per la quale egli indicò un ulteriore esborso di Euro 100. Conclusosi quindi il giudizio davanti al Giudice di pace con soccombenza della società di assicurazioni, questa fu condannata all’integrale rifusione delle spese di giudizio, ivi comprese quelle di c.t.u., e provvide al relativo pagamento. 2. Prima ancora che tale giudizio si concludesse, il S. convenne in giudizio la Generali Italia s.p.a., davanti al Giudice di pace di Roma, affinché fosse condannata alla restituzione della somma di Euro 157,40 suindicata, nonché alla rifusione dell’ulteriore somma di Euro 100 per la lettera raccomandata di sollecito e di Euro 5 per spese postali. Il Giudice di pace dichiarò improcedibile la domanda o comunque cessata la materia del contendere e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite. 3. La pronuncia è stata impugnata dal S. e il Tribunale di Roma, con sentenza del 31 dicembre 2015, ha rigettato il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado ed al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., liquidati in Euro 300. 4. Contro la sentenza del Tribunale di Roma ricorre S.S. con atto affidato ad un motivo. La Generali Italia s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ. ed il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile. Lo stesso ricorrente ha dato atto, con la memoria depositata, che il ricorso per cassazione non è stato validamente notificato alla controparte Generali Italia s.p.a. ciò in quanto il difensore della società, avv. Carolina Lussana, è risultata trasferita. In base a tale situazione il ricorrente ha chiesto alla Corte di essere autorizzato al rinnovo della notifica, con conseguente rinvio del ricorso. Tale rinnovo, però, non può essere autorizzato ed il vizio della notifica comporta l’inammissibilità del ricorso. Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato nella sentenza 15 luglio 2016, n. 14594, infatti, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 cod. proc. civ., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. Nel caso di specie il difensore del ricorrente, avv. Mauro Bottoni, appartiene al foro di Roma e così anche l’avv. Lussana, il che comporta che il primo avrebbe facilmente potuto verificare il domicilio effettivo della collega tramite la consultazione dell’albo di iscrizione e comunque, anche ipotizzando la correttezza del primo tentativo di notifica presso il domicilio eletto Roma, Via Romeo Romei 27 , l’esito negativo, attestato dalla relazione dell’ufficiale giudiziario in data 30 giugno 2016, avrebbe dovuto imporre al ricorrente di attivarsi per la prosecuzione del procedimento di notificazione anche senza bisogno di autorizzazione da parte di questa Corte in conformità, peraltro, a quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte già con la sentenza 24 luglio 2009, n. 17352, antecedente rispetto alla data di notifica dell’odierno ricorso . Da tanto consegue che, non essendosi in alcun modo attivato il ricorrente in tal senso, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 2. La particolarità della vicenda in esame, tuttavia, consiglia a questa Corte di esaminare ugualmente il motivo di ricorso allo scopo di enunciare un principio di diritto ai sensi dell’art. 363, terzo comma, del codice di procedura civile. 2.1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, senza indicazione di norme, violazione e falsa applicazione del principio di diritto secondo cui è precluso il frazionamento giudiziale di un medesimo credito. 2.2. Il motivo è privo di fondamento. La pretesa del ricorrente si basa sul diverso giudizio nel quale era stato posto a carico di tutte le parti l’onere di anticipare il compenso al c.t.u. nominato. Quel giudizio si concluse con la vittoria del S. , il quale riconosce che la società di assicurazioni restituì, all’esito della sentenza di primo grado, quanto da lui anticipato. Ora, poiché le vicende relative alla liquidazione dei compensi al c.t.u. fanno parte del processo in cui questi è nominato, l’odierno ricorrente ben avrebbe potuto e dovuto attendere che detto giudizio arrivasse alla sua naturale conclusione, chiedendo in quella sede non solo il rimborso dell’anticipo versato, ma anche la restituzione delle ulteriori spese sostenute per sollecitare, nei confronti delle altre parti, la restituzione della quota a lui spettante è solo questo, in effetti, l’oggetto dell’odierno giudizio, posto che la somma anticipata è stata pacificamente restituita . Ed è pure chiaro che, se in quel giudizio tale ulteriore richiesta non fosse stata accolta nel provvedimento finale di liquidazione delle spese, il S. avrebbe potuto impugnarla con l’appello. Pertanto l’iniziativa assunta - consistente nell’intraprendere, in modo affatto intempestivo, un diverso e separato giudizio per chiedere il rimborso di quanto anticipato e delle spese legali necessarie per il recupero lettera raccomandata , senza neppure attendere che il primo giudizio si concludesse e che il Giudice stabilisse a carico di chi quell’onere dovesse essere posto in via definitiva - si risolve in un indebito frazionamento del credito con sostanziale abuso dello strumento processuale e in tal senso è stata la corretta decisione del Tribunale di Roma. 3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., va enunciato il seguente principio di diritto In materia di liquidazione dei compensi al c.t.u., poiché tanto il provvedimento di anticipazione quanto quello di liquidazione finale emesso a conclusione del giudizio fanno parte del processo in cui questi è nominato, la parte che ha anticipato il compenso non può promuovere un separato giudizio per il recupero delle somme a lui spettanti, ma è tenuta a far valere le proprie ragioni nella stessa sede, eventualmente chiedendo al giudice anche il rimborso delle spese sostenute per sollecitare, nei confronti delle altre parti, la restituzione della quota a lui spettante . Non occorre provvedere sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato. Sussistono tuttavia le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.