Pedone investito: per il risarcimento contano le strisce pedonali e la salute della vittima

In caso di incidente, il pedone ha concorso di colpa se attraversa, nottetempo, in zona priva di strisce pedonali e nella quantificazione del danno da esso subito, debbono considerarsi le pregresse patologie dal medesimo sofferte.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 27524/17, depositata il 20 novembre. Il caso. Un pedone veniva investito da un autoveicolo, preso a noleggio e regolarmente assicurato, guidato da un soggetto abilitato alla guida. Il Tribunale di Cosenza accoglieva la domanda della parte lesa e condannava i convenuti – la società di noleggio proprietaria del veicolo, la società che aveva preso a noleggio il veicolo e l’impresa assicuratrice – in solido al pagamento del risarcimento dei danni. La Corte d’Appello di Catanzaro accoglieva l’impugnazione proposta dall’impresa assicuratrice, riconoscendo un concorso di colpa del soggetto investito e una sovrastima del danno. Il soggetto leso dall’incidente propone ricorso per cassazione lamentando, l’errata individuazione del concorso di colpa nonché la mancata dimostrazione dello stesso ed infine, la presenza del rapporto causa-effetto tra il sinistro ed i disturbi psichici sofferti dalla vittima. Il concorso di colpa e la prova. La Suprema Corte ribadisce che la condotta concausativa del danno è una questione di fatto non censurabile in sede di legittimità e lo stesso vale per l’assenza di prova asserita dalla ricorrente, in quanto verrebbe ulteriormente richiesta alla Corte un riesame del fatto, precluso in sede di legittimità, fermo restando che i Giudici di merito hanno applicato correttamente le norme del codice della strada, poiché risulta dagli atti che il pedone abbia attraversato la strada, di notte, in zona sprovvista di strisce pedonali e che, ai sensi dell’art. 190, comma 5, cod. strad., non avrebbe dato precedenza al conducente che sopraggiungeva. I disturbi psichici della vittima. Viene pienamente riconfermato quanto stabilito dal Giudice d’Appello, ovvero che nella quantificazione del danno alla salute deve considerarsi sia la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo il fatto illecito e lo stato patologico pregresso, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo imputabile . Corretta risulta dunque la diminuzione della quantificazione del danno effettuata dalla Corte distrettuale, posto che la ricorrente era già affetta dai disturbi invocati. La Corte pertanto rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 18 maggio – 20 novembre 2017, n. 27524 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatto e diritto Rilevato che nel 1999 C.S. , mentre attraversava la strada, venne investita da un autoveicolo di proprietà della società Autoservizi Maggiore S.p.A., preso a noleggio dalla società Liquigas S.p.A., condotto da P.R. , ed assicurato contro i rischi della circolazione dalla società AIG Europa s.a. nel 2000 C.S. convenne dinanzi al Tribunale di Cosenza tutti e quattro i soggetti appena elencati, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’investimento con sentenza 6 maggio 2005 n. 796 il Tribunale di Cosenza accolse la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 162.878,45 la sentenza venne appellata dalla società AIG Europe s.a., ad avviso della quale il giudice di primo grado avrebbe adottato una decisione erronea sia per avere escluso qualsiasi concorso colposo della vittima nella causazione del sinistro, sia per avere sovrastimato il danno con sentenza 6 maggio 2014 n. 636 la Corte d’appello di Catanzaro accolse il gravame, attribuendo a C.S. un concorso di colpa del 20% nella causazione del sinistro la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.S. , con ricorso fondato su tre motivi ha resistito con controricorso la sola AIG Europe Ltd. Considerato che col primo motivo la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di violazione di legge, di cui all’articolo 360, numero 3, c.p.c. deduce in particolare che la corte d’appello avrebbe violato l’articolo 2054 c.c., e gli articoli 141, 190 e 191 del codice della strada la ricorrente, dopo aver trascritto il testo integrale delle disposizioni sopra ricordate del codice della strada, nonché il testo della deposizione resa dal testimone T.A. , conclude che la Corte d’appello, avendo attribuito un concorso di colpa al pedone, non avrebbe tenuto conto del fatto che quest’ultimo aveva al momento dell’investimento quasi ultimato l’attraversamento della strada soggiunge che la Corte d’appello avrebbe affermato l’inammissibile principio che, in ogni caso, in assen.za di strisce pedonali, la precedena spetta al conducente il motivo è inammissibile stabilire in che misura la vittima di un fatto illecito abbia tenuto una condotta concausativa del danno, ai sensi dell’articolo 1227, comma primo, c.c., è un accertamento di fatto, non una statuizione in diritto, e come tale è incensurabile in sede di legittimità nel caso di specie tuttavia la ricorrente, pur formalmente lamentando una violazione di legge, nella sostanza chiede a questa Corte una nuova e diversa valutazione delle prove, rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, ed un nuovo apprezzamento dei fatti ed infatti a non vi è stata violazione dell’art. 2054 c.c., in quanto il giudice di merito non ha negato in iure che il conducente di un autoveicolo risponda in via presuntiva dei danni causati con la circolazione, ma ha ritenuto in facto che il pedone abbia tenuto comunque una condotta colposa, consistita nell’attraversare la strada di notte e senza servirsi degli attraversamenti pedonali b non vi è stata violazione delle norme del codice della strada invocate dalla ricorrente la Corte d’appello, infatti, non ha negato che incombano sull’automobilista gli obblighi ivi previsti, ma ha ritenuto che anche il pedone violò delle regole di comune prudenza, e che senza tale violazione il sinistro non si sarebbe verificato affermazione che non solo non viola alcuna norma di legge, ma anzi costituisce puntuale applicazione del precetto di cui all’art. 1227, comma primo, c.c. col secondo motivo la ricorrente lamenta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360, numero 5, c.p.c. deduce che la Corte d’appello avrebbe attribuito al pedone un concorso di colpa senza che la società assicuratrice avesse mai dimostrato la colpa della vittima e senza tenere conto del fatto che l’automobilista al momento dell’impatto aveva appena effettuato un sorpasso non consentito del fatto che aveva violato il limite di velocità, e del fatto che aveva investito il pedone quando quest’ultimo aveva pressoché completato l’attraversamento della carreggiata il motivo è infondato la Corte d’appello, alle pp. 9-10 della propria sentenza, ha preso in esame la condotta dell’automobilista, ritenendola sicuramente colposa ha tenuto conto della violazione dei limiti di velocità, ed ha reputato distratta la guida dell’automobilista dunque non ha omesso di considerare alcun fatto decisivo e controverso la circostanza, poi, che la Corte d’appello abbia ritenuto colposa la condotta d’un pedone che, in ora notturna attraversi la strada al di fuori delle strisce, e senza concedere la prescritta precedenza agli automobilisti in transito, per un verso costituisce puntuale applicazione della legge art. 190, comma 5, cod. strad. i pedoni che si accingono ad attraversare la carreggiata in zona sprovvista di attraversamenti pedonali devono dare la precedenza ai conducenti e per altro verso costituisce un accertamento di fatto, incensurabile in questa sede col terzo motivo la ricorrente lamenta - ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1223, 2043 e 2055 c.c., nonché degli artt. 40 e 41 c.p. lamenta che la Corte d’appello, nella determinazione del danno alla salute patito da C.S. , avrebbe erroneamente ritenuto che i disturbi psichici della vittima non fossero stati causati dal sinistro, ma fossero preesistenti la ricorrente non nega la preesistenza di tali disturbi, ma sostiene che essi dovevano ritenersi una concausa naturale del danno complessivo sicché, nel concorso tra una causa umana di danno ed una causa naturale, la Corte d’appello non avrebbe dovuto sceverare quanta parte del danno psichico fosse imputabile alle concause preesistenti, e quanta parte al sinistro, ma avrebbe dovuto addossare l’intero danno al responsabile il motivo è infondato la ricorrente, infatti, confonde il problema della causalità, con quello della stima del danno, ovvero le nozioni di causalità naturale e causalità giuridica sul piano della causalità naturale, è nel vero la ricorrente quando assume che l’autore d’un fatto illecito risponde di tutti i danni che ne sono derivati, a nulla rilevando che essi siano stati concausati anche da eventi naturali tuttavia, una volta stabilito che l’autore del fatto illecito risponda al 100% dei danni causati in parte da lui, ed in parte da cause naturali, altro e diverso problema è stabilire come si debbano stimare tali danni sotto questo aspetto, è insegnamento ricevuto e pacifico nella medicina legale che nella stima del danno alla salute debba tenersi conto dello stato anteriore di salute della vittima in particolare, quando il danneggiato già prima del sinistro fosse stato affetto da una patologia pregressa ed irreversibile dagli effetti già invalidanti il danno risarcibile sarà determinato considerando sia la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo il fatto illecito e lo stato patologico pregresso, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo imputabile commissivo od omissivo sono parole di Cass. civ., sez. III, 21-07-2011, n. 15991, in Corriere giur., 2011, 1672 nel caso di specie, la Corte d’appello ha fatto applicazione di questi principi essa infatti non ha ridotto la responsabilità dell’investitore e del suo garante per il fatto che la vittima fosse invalida già prima dell’investimento, ma ha solo escluso dal novero dei danni risarcibili l’invalidità di cui comunque la vittima sarebbe stata portatrice, anche se non fosse stata investita le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - condanna C.S. alla rifusione in favore di AIG Europe ltd. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di C.S. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.