Disconoscimento dei documenti prodotti in fotocopia con il ricorso per decreto ingiuntivo: subito nell'atto di opposizione

In relazione all'art. 2719 c.c., applicabile tanto all'ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, nel silenzio della norma in merito ai modi e ai termini in cui i due suddetti disconoscimenti debbano avvenire, opera per entrambi la disciplina degli artt. 214 e 215 c.p.c

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27233/17, depositata il 16 novembre. Il caso. Un Condominio aveva ottenuto dal Giudice di Pace un decreto ingiuntivo nei confronti di una s.r.l. per spese condominiali scadute. La s.r.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, ma il Giudice di Pace confermava l'ingiunzione. In appello il Tribunale confermava la sentenza di primo grado respingendo le difese della debitrice. La società proponeva allora ricorso in Cassazione. Il principio. In relazione all'art. 2719 c.c., applicabile tanto all'ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, nel silenzio della norma in merito ai modi e ai termini in cui i due suddetti disconoscimenti debbano avvenire, opera per entrambi la disciplina degli artt. 214 e 215 c.p.c Di conseguenza la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta tanto nella sua conformità all'originale, quanto nella scrittura e sottoscrizione se la parte comparsa non la disconosce in modo formale e quindi specifico e non equivoco, alla prima udienza, ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione. Nel caso di documenti prodotti con il ricorso per decreto ingiuntivo la prima risposta deve essere individuata nell'atto di opposizione. Onere della prova. Nel giudizio di appello la s.r.l. aveva cercato di disconoscere i documenti in forza dei quali era stato emesso il decreto ingiuntivo spiegando che si trattava solo di fotocopie. Sotto altro profilo aveva eccepito l'invalidità delle delibere assembleari. Il Tribunale aveva respinto simili censure affermando da un lato che la contestazione in merito ai documenti era generica e, come tale, irrilevante, dall'altro che eventuali vizi delle delibere assembleari sono questioni estranee all'opposizione a decreto ingiuntivo. La società ricorreva in Cassazione sollevando due motivi. In primo luogo ribadiva che la contestazione dei documenti a fondamento del decreto ingiuntivo era stata totale”. Conseguentemente sosteneva la nullità del decreto ingiuntivo opposto per la mancanza della prova scritta la cui inidoneità era oggetto del primo motivo sopra indicato. Le due censure vengono trattate unitariamente dalla Cassazione e vengono respinte ribadendo orientamenti giurisprudenziali costanti in argomento. Innanzitutto gli Ermellini hanno ricordato che ai fini dell'emissione di un decreto ingiuntivo avverso un condomino moroso nel pagamento delle spese scadute è sufficiente produrre il verbale di assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché i relativi documenti in tal senso è citata Cass. 7569/1994 . Il Condominio assolve quindi semplicemente in questo modo al proprio onere probatorio in ordine alla prova del credito. Da quanto sopra discende che né nella fase monitoria, né in quella litigiosa a cognizione piena cioè nell'eventuale giudizio di opposizione trovano cittadinanza eccezioni in ordine alla validità della delibera assembleare con la quale il Condominio ha approvato le spese oggetto del decreto. Il debitore in altre parole può solo contestare eventualmente l'inefficacia della delibera, cioè la perdurante esistenza o non esistenza della delibera che ha approvato la spesa e la relativa ripartizione salvo dimostrare di avere già pagato . Da simili principi consegue che le considerazioni della ricorrente in ordine alla mancanza di prova scritta e in tema di validità delle delibere assembleari non vengono accolte dalla Cassazione. Gli Ermellini si occupano inoltre della contestazione totale che la s.r.l. avrebbe effettuato in merito ai documenti prodotti - solo in fotocopia - dall'avversario. In argomento l'art. 2719 c.c. prevede il disconoscimento espresso della conformità all'originale delle copie fotografiche o fotostatiche. Per giurisprudenza costante simile regola vale sia nel caso di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, sia nell'ipotesi di disconoscimento dell'autenticità di scrittura o di sottoscrizione. Sul punto la Cassazione ha ribadito più volte Cass. n. 2155/14 Cass. n. 2419/06 che se la parte disconosce, ai sensi dell’art. 2719 c.c. solo la conformità della copia fotografica o fotostatica rispetto all’originale, ciò non impedisce al giudice di accertare tale conformità anche attraverso altri mezzi di prova. Invece se la parte disconosce il contenuto della scrittura o della sua sottoscrizione, il producente dovrà allegare l’originale e chiederne la verificazione ex art. 216 c.p.c Dal punto di vista processuale il disconoscimento” opera secondo i precetti degli artt. 214 e 215 c.p.c. pertanto la copia fotostatica non autenticata si considera riconosciuta - sia per la sua conformità all'originale, sia per in ordine alla scrittura e alla sottoscrizione - se la parte non la disconosca in modo completo, espresso e formale alla prima udienza o nella prima difesa successiva alla sua produzione. Nel caso dell'opposizione a decreto ingiuntivo, la prima risposta va individuata nell'atto di citazione in opposizione essendo questa la prima sede in cui il debitore, esaminati i documenti avversari, può svolgere le proprie difese. Nella fattispecie però la s.r.l. non ha indicato, come impone invece l'art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., in quale modo e con quale atto avesse contestato in modo formale e specifico la conformità all'originale dei documenti prodotti in fotocopia dall'avversario. La debitrice si era limitata ad affermare nel ricorso in Cassazione che la sua contestazione nei gradi di merito era stata totale”, salvo in realtà nell'atto di citazione in opposizione limitarsi a un generico disconoscimento di tutte le fotocopie depositate” e della delibera” in quanto non certificate da pubblici ufficiali. Insomma una contestazione non ammissibile in quanto generica sia in ordine all'indicazione dei documenti oggetto di attenzione, sia in ordine ai motivi per i quali si potesse dubitare della loro conformità agli originali. Alla luce di simili considerazioni le censure della ricorrente vengono respinte e il ricorso viene cassato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 5 ottobre – 16 novembre 2017, n. 27233 Presidente Petitti – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione La EDI.M. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Larino n. 265/2014 del 10 dicembre 2014. Resiste con controricorso il Condominio omissis . La sentenza impugnata ha respinto l’appello proposto dalla stessa EDI.M. s.r.l. avverso la sentenza n. 338/2011 del Giudice di pace di Termoli, che aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 20 aprile 2010 su domanda del Condominio omissis per spese condominiali scadute, pari ad Euro 1.539,32. Il Tribunale di Larino, per quanto qui rilevi, ha affermato come mancasse un disconoscimento chiaro e circostanziato di non conformità tra le copie dei documenti prodotti dal Condominio a sostegno della domanda monitoria e i rispettivi originali, essendosi l’opponente limitata a dedurre che si trattasse di fotocopie. Il Tribunale ha poi negato rilievo alle contestazioni sulla validità delle deliberazioni delle assemblee condominiali, trattandosi di questioni estranee alla sede del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Il primo motivo di ricorso della EDI.M. s.r.l. deduce violazione e falsa applicazione ed interpretazione degli artt. 633 e 634 c.p.c. quanto alla idoneità probatoria del documenti esibiti dal Condominio in fase monitoria, giacché essi mancavano di autenticità, assumendo che la contestazione e la impugnazione dei documenti sono stati totali . Il secondo motivo di ricorso contesta la violazione degli artt. 163 e ss. c.p.c. in relazione all’art. 36 c.p.c., essendo nullo il decreto ingiuntivo per le ragioni di cui al primo motivo e perciò per difetto di specifica azione da parte del Condominio. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto entrambi asserenti il difetto di valida ed idonea prova scritta ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo per il pagamento delle spese condominiali oggetto di lite. Tutte le censure evidenziano palesi difetti dei necessari caratteri di tassatività specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, risolvendosi in una critica generica della sentenza del Tribunale di Larino. È in ogni caso da ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569 . Nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione, ma solo questioni riguardanti l’efficacia di quest’ultima. Per quanto detto, tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della perdurante esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629 . Quando il condominio abbia così provato il proprio credito, spetta al singolo condomino, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’effettivo pagamento del proprio contributo. Il Tribunale ha poi fatto corretta applicazione del principio, più volte affermato da questa Corte, per cui, in relazione all’art. 2719 c.c. che esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche , applicabile tanto all’ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, nel silenzio della norma in merito ai modi e ai termini in cui i due suddetti disconoscimenti debbano avvenire, opera per entrambi la disciplina degli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione se la parte comparsa non la disconosca, in modo formale, e quindi specifico e non equivoco, alla prima udienza, ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione. Alla stregua di tale principio, nell’ambito di un procedimento a contraddittorio differito quale quello che si origina da un decreto ingiuntivo, la prima risposta deve essere individuata nell’atto di opposizione e con la formulazione delle difese in seno a detto atto , atteso che, con tale opposizione, si dà inizio non ad un autonomo processo, ma ad una fase di quello già iniziato con la notificazione del ricorso e del pedissequo decreto, sì da configurarsi essa stessa come la prima risposta del debitore, dopo che questi sia stato messo in grado di esaminare i documenti depositati in cancelleria e posti a fondamento dell’istanza e del provvedimento monitorio Cass. Sez. 3, 17/07/2008, n. 19680 si vedano anche Cass. Sez. 6 - 3, 04/02/2014, n. 2374 Cass. Sez. 5, 28/01/2004, n. 1525 . La ricorrente EDI.M. s.r.l., non ha indicato specificamente, nel suo primo motivo di censura, come impostole dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in quali termini avesse contestato in modo formale e specifico nell’atto di opposizione la conformità agli originali delle copie fotostatiche prodotte dal condominio a sostegno del ricorso per ingiunzione, affermando, piuttosto, che la contestazione e la impugnazione dei documenti sono stati totali . Nell’esposizione sommaria dei fatti di causa, la ricorrente ha peraltro integralmente trascritto il contenuto dell’atto di opposizione, e da esso risulta soltanto un generico disconoscimento di tutte le fotocopie depositate , e in particolare della delibera , in quanto non certificate come autenticate da pubblici ufficiali a ciò abilitati. Anche da tale lettura, manca quindi l’indicazione specifica sia dei documenti esibiti che si intendessero contestare, sia degli aspetti per i quali si assumeva che differissero dagli originali, riducendosi il tutto ad una negazione astratta dell’efficacia probatoria delle copie non autenticate cfr. Cass. Sez. 3, 03/04/2014, n. 7775 Cass. Sez. 3, 12/04/2016, n. 7105 . Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente Condominio le spese del giudizio di cassazione. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.