Se la parte ha volontariamente asportato un documento dal fascicolo, non spetta al giudice cercarlo

La mancanza di un documento al momento della decisione obbliga il giudice a disporne la ricerca, od eventualmente la ricostruzione, solo se tale mancanza non è derivata da un comportamento volontario della parte involontaria ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26526/17, depositata il 9 novembre. Il giudizio di merito. Un soggetto agiva in giudizio avverso la società che gli aveva alienato la propria abitazione. In particolare il proprietario lamentava un inadempimento della parte venditrice e chiedeva il risarcimento dei danni subiti. Tale giudizio si concludeva con il riconoscimento delle ragioni del compratore e la sentenza, quindi, veniva a costituire un titolo esecutivo contenente il diritto della parte a percepire dal soccombente una somma determinata a titolo di risarcimento del pregiudizio patito. La società costruttrice, però, in seguito dichiarava fallimento. Il danneggiato agiva dunque in sede fallimentare opponendosi allo stato passivo del fallimento in ragione della mancata inclusione del proprio credito. Secondo il Giudice di merito, però, tale credito non risultava provato e azionabile in ragione della mancata produzione della sentenza che aveva riconosciuto il diritto al pagamento della somma. Secondo il Giudice, inoltre, era stato provato che la parte aveva ritirato il fascicolo dei documenti e quindi tale mancanza della sentenza era derivata da un comportamento della stessa parte. Vista la soccombenza, il proprietario agiva in Cassazione domandando la revisione della sentenza di merito. Assumeva, in particolare, il ricorrente, che il Giudice di merito avesse violato le norme dispositive in materia di processo civile, omettendo di rilevare l’assolvimento del suo onere probatorio sul diritto contestato, non tenendo conto dell’avvenuta restituzione del fascicolo documenti con la sentenza e omettendo di decidere nel merito, dato che il contenuto della sentenza era stato comunque trascritto dal perito nella consulenza tecnica d’ufficio. La Corte di Cassazione, all’esito del giudizio, rigettava il ricorso proposto. Onere probatorio. In particolare, secondo la Suprema Corte i motivi di ricorso si basavano unicamente su una censura delle valutazioni di fatto effettuate dalla Corte d’Appello, insindacabili in sede di giudizio di legittimità. Aggiungeva sul punto la Cassazione che la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili salvo queste eccezioni, quindi, la Cassazione valuta solo la legittimità delle decisioni impugnate, e non anche il merito del ragionamento operato dai giudici. In merito alla circostanza della assenza della sentenza, la Cassazione affermava la correttezza dell’operato della Corte d’Appello. Questa, infatti, al momento della decisione aveva constatato l’assenza del documento e deciso di conseguenza in applicazione della normativa in materia di onere probatorio che afferma che Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento si tratta dell’art. 2697, comma 1, c.c. . Correttamente quindi, la Corte d’Appello non aveva provveduto a ricercare il documento, in applicazione del principio in ragione del quale se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione . Nel presente caso, invece, il Giudice d’Appello aveva valutato che la mancanza del documento derivasse da una asportazione volontaria della parte che aveva effettivamente ritirato il fascicolo di parte e non vi era prova che l’avesse riconsegnato e quindi il decidente aveva deciso in modo corretto sulla base dei principi di diritto. Alla luce di quanto sopra riportato la Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto e condannava il ricorrente al pagamento di una ulteriore somma ai sensi dell’art. 13, comma 1- bis , d.P.R. n. 115/2002.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 settembre – 9 novembre 2017, n. 26526 Presidente Dogliotti – Relatore Ferro Fatti di causa Rilevato che 1. P.D. impugna la sentenza App. Messina 23.6.2016, n. 383/2015, reiettiva del suo appello avverso la sentenza Trib. Barcellona Pozzo di Gotto 20.3.2008, n. 162/08 di rigetto della opposizione allo stato passivo del Fallimento s.r.l., nel quale si era insinuato per 13.600.000 Lit, senza conseguire alcuna ammissione da parte del giudice delegato 2. la corte ha rilevato che il titolo addotto, cioè la sentenza resa dal Tribunale di Messina 10.6.1981 tra il ricorrente e s.r.l. a titolo di risarcimento dei danni derivanti da inadempimento da parte della società fallita, quale venditrice di un immobile con vizi , non era stato acquisito agli atti del giudizio avanti al tribunale in sede di opposizione 3. per la sentenza, la prova addotta da P. circa la presenza del fascicolo di parte al momento della decisione del giudice di primo grado -e, in particolare, della citata sentenza emessa dal Tribunale di Messina - non è certa infatti se è pacifico che il fascicolo di parte sia stato ritirato al momento della precisazione delle conclusioni e non più riprodotto con la comparsa conclusionale, per la corte non è possibile affermare che lo stesso fosse presente al momento della decisione fatto che, secondo il ricorrente, doveva invece dedursi dalla certificazione della cancelleria da cui risultava un nuovo ritiro successivo alla pubblicazione della sentenza 4. né ancora, per la corte, il giudice avrebbe dovuto concedere un termine alla parte per la ricostruzione del proprio fascicolo, avendo il tribunale verificato l’avvenuto ritiro dello stesso e la sussistenza della sola comparsa conclusionale, così ritenendo il medesimo ritiro volontariamente attuato e la conseguente abdicazione della domanda 5. parimenti, nemmeno poteva accedersi ad un esame della domanda di credito considerando il citato documento, introdotto agli atti solo in grado di appello e dunque tardivamente 6. con il ricorso il ricorrente deduce tre distinti motivi e, in particolare - violazione degli artt. 72, 73, 74 e 111 disp. att. c.p.c., 57, co. 1, 58 e 115 c.p.c., avendo la corte omesso di rilevare l’assolvimento dell’onere probatorio del ricorrente in ordine all’esistenza del fascicolo di parte, essendo stato depositato con la comparsa conclusionale - omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non avendo la corte tenuto conto della successiva restituzione del fascicolo dal quale doveva desumersi la disponibilità del fascicolo in cancelleria - violazione degli artt. 169, 115, 279 e 356 c.p.c., per aver omesso di decidere nel merito essendo stato trascritto integralmente dal CTU il contenuto relativo al dispositivo della sentenza. Ragioni della decisione Considerato che 1. tutti e tre i motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per l’identità delle questioni, sono inammissibili per un preliminare profilo, infatti, il primo ed il terzo, pur denunciando il vizio di violazione di legge, si risolvono in una mera censura sulle valutazioni effettuate dalla corte di appello in merito all’assolvimento dell’onere probatorio circa la presenza del fascicolo di parte al momento della decisione del giudice di primo grado la corte ha invero escluso che l’attestazione del cancelliere di avvenuto ritiro del fascicolo in data successiva alla pubblicazione della sentenza dimostri che il medesimo fascicolo, comprovatamente ritirato all’udienza di precisazione delle conclusioni, e con esso in particolare il documento recato a sostegno del credito, fossero stati presenti tra la data della comparsa conclusionale e la data dell’allegato secondo ritiro, avendone il tribunale, al momento della decisione, escluso il reperimento e riferito l’assenza ad atto qualificato come volontario e non accidentale, perché imputabile al difensore della parte 2. pertanto, non solo sarebbe stato più corretto qualificare il primo ed il terzo motivo in thesi come motivi ex art. 360, co. 1, n. 5 , c.p.c., ma per tutti e tre i motivi di ricorso si ribadisce che in tema di ricorso per cassazione, dopo la modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ. ad opera dell’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili Cass. 12928/2014 3. per altro profilo, i motivi primo e terzo comunque contrastano con il principio, seguito dalla corte e qui condiviso, per cui se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Cass. 18237/2008,12369/2014, 7630/2016 e tali elementi, come detto, sono stati motivatamente ed insindacabilmente esclusi 4. così come va ribadito che in virtù del principio dispositivo delle prove di cui all’art. 115 cod. proc. civ., il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione, di documenti ritualmente prodotti deve presumersi espressione, in mancanza della denunzia di altri eventi, di un atto volontario della parte, che è libera di ritirare il proprio fascicolo al momento della rimessione della causa al collegio art. 169, secondo comma, cod. proc. civ. e di omettere la restituzione di parte dei documenti prima dell’udienza di discussione Sez. I, Sentenza n. 12947 del 05/12/1992, Rv. 479912 ” Cass. 3771/2017 . Nulla, Ndr testo originale non comprensibile , non avendo svolto attività difensiva l’intimato. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/02, come modificato dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.