Il CdS ordina al Comune di rimuovere un immobile abusivo, è eccesso di potere?

Una società denuncia in Cassazione l’eccesso di potere del Consiglio di Stato nel giudizio di ottemperanza. La Suprema Corte evidenzia che i poteri attributi al giudice amministrativo prettamente interni alla sua giurisdizione non sono sindacabili in sede di legittimità.

Sul tema le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 26259/17, depositata il 6 novembre. La vicenda. Il TAR Lazio aveva rigettato l’impugnazione di un Condominio avverso il permesso di costruire concesso ad una società dal Comune di Roma. Successivamente il Condominio proponeva ricorso davanti al Consiglio di Stato che, in accoglimento dell’appello, annullava il suddetto permesso di costruire. Il Condominio, a seguito di varie diffide al Comune volte ad ottenere la demolizione dell’immobile realizzato abusivamente, proponeva nuovo ricorso al Consiglio di Stato per l’ottemperanza della sentenza precedente. Il Consiglio di Stato ordinava al Comune di Roma di dare esecuzione alla sentenza e nominava, in caso di inerzia dell’Amministrazione, un commissario ad acta perché provvedesse in via sostitutiva alla misure ripristinatorie. La società costruttrice ha impugnato la sentenza del Consiglio di Stato con ricorso ex art. 111 Cost. ritenendo la sentenza impugnata viziata per motivi inerenti alla giurisdizione. Poteri attribuiti al giudice di ottemperanza. È richiesto alla Cassazione di stabilire se la questione prospettata riguardi il modo in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal giudice amministrativo, attenendo ciò ai limiti interni delle giurisdizione, oppure il fatto stesso che un tal potere, con la particolare estensione che lo caratterizza, non spettava a detto giudice e quindi sia sindacabile in sede di legittimità. La Corte ha osservato che al giudice amministrativo è attribuita una speciale giurisdizione di ottemperanza che gli permette di compiere una valutazione anche di merito con la possibilità non solo di sostituirsi all’amministrazione nominando, ove occorra, un commissario ad acta a norma dell’art. 114, comma 4, lett. d , c.p.a., ma anche di procedere alla determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo ed alla emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione . Nel caso di specie, secondo la S.C. il giudice amministrativo, attraverso l’interpretazione del giudicato, ha correttamente espresso le ragioni per le quali ha adottato il provvedimento per il soddisfacimento della pretesa vantata dal Condominio. In conclusione la Corte ha ritenuto che il Consiglio di Stato non abbia in alcun modo commesso eccesso di potere giurisdizionale in quanto in ogni caso gli errori eventualmente commessi nel giudizio di ottemperanza restano interni alla sua giurisdizione e non sono sindacabili in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 7 marzo – 6 novembre 2017, n. 26259 Presidente Rordorf – Relatore Scrima Fatti di causa Il Condominio di omissis impugnò innanzi al TAR del Lazio il permesso dí costruire n. 1281/2003 rilasciato dal Comune di Roma alla Igea ‘98 S.r.l. per la realizzazione di un fabbricato a destinazione residenziale e commerciale su area limitrofa a quella di proprietà condominiale. Il TAR adito, con sentenza n. 2592/2012, rigettò il ricorso. Il Condominio impugnò tale decisione e il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2160 del 18 aprile 2013, accolse l’appello, riformando la decisione del primo giudice, con annullamento del permesso di costruire in parola. In particolare, il Consiglio di Stato diede rilevanza alla circostanza costituita dalla condanna in sede di giudizio penale emanata dalla Corte di appello di Roma, confermata in sede di legittimità, a carico del progettista per il delitto di falso ideologico in sede di presentazione del progetto. Il Condominio, dopo l’emissione della sentenza del Consiglio di Stato, notificò al Comune di Roma varie diffide volte ad ottenere la demolizione dell’immobile ritenuto abusivamente realizzato, senza alcun esito. Il medesimo Condominio propose, quindi, ricorso dinanzi al Consiglio di Stato per l’ottemperanza alla sentenza n. 2160/2013, sul rilievo della mancata conformità dell’attività dell’Amministrazione alle statuizioni del giudice amministrativo di appello, chiedendo che il Comune di Roma ora Roma Capitale adottasse i provvedimenti ripristinatori di demolizione del fabbricato, in quanto integralmente abusivo, e formulando, altresì, domanda di risarcimento dei danni connessi alla mancata esecuzione in forma specifica del giudicato, nella misura di Euro 100,00 per ogni giorno di ritardo, con decorrenza dalla data di deposito della sentenza di merito. Nelle more della definizione contenzioso amministrativo, in data 2 dicembre 2010, Igea ‘98 S.r.l. presentò istanza di variante al contestato permesso di costruire e, successivamente all’avvenuto annullamento in via giurisdizionale del permesso di costruire rilasciato del 2003, presentò una nuova istanza di titolo abilitativo, poi respinta con determinazione dirigenziale n. 73 del 27 gennaio 2014, impugnata dalla predetta società dinanzi al TAR del Lazio. Si costituì nel giudizio di ottemperanza Igea ‘98 S.r.l., eccependo l’inammissibilità e/o l’infondatezza del ricorso in quanto, a suo avviso, alla disposta rimozione del permesso di costruire non conseguiva automaticamente la rimessa in pristino dell’opera, residuando una nuova fase di riedizione del potere dell’Amministrazione volta alla verifica di soluzioni alternative dedusse, inoltre, in via subordinata, l’inammissibilità e/o l’infondatezza del ricorso in relazione ad altri aspetti tecnici della controversia posti in rilievo nella sentenza del Consiglio di Stato, evidenziando che Igea ‘98 S.r.l. aveva presentato un nuovo progetto emendato dai vizi di merito. Con sentenza n. 1348/16 il Consiglio di Stato accolse il ricorso rilevando che l’interesse fatto valere dal Condominio di omissis con l’impugnativa proposta si sostanzia va e trova va soddisfacimento con la rimessa in pristino dello stato dei luoghi presente prima dell’alterazione prodotta dalla costruzione realizzata contra legem e che, stante la radicale nullità dell’atto autorizzativo , non residuava margine alcuno per una sanabilità del genere di quella configurata dal testo unico dell’edilizia all’art. 38 . Il Consiglio di Stato, quindi, ordinò a Roma Capitale di dare esecuzione alla sentenza n. 2160/2013 nel termine di 120 giorni, procedendo all’adozione del necessario ordine di rimozione nominò, in ipotesi di perdurante inerzia dell’Amministrazione comunale, quale commissario ad acta, il Prefetto della provincia di Roma perché provvedesse in via sostitutiva, anche a mezzo di un suo funzionario all’uopo delegato, nell’ulteriore termine di 60 giorni all’adozione delle misure ripristinatorie di cui alla narrativa di quella sentenza condannò, altresì, l’Amministrazione al pagamento della somma di Euro 100,00 a titolo di penalità di mora ex art. 114 co 4 lett. e cod. proc. amm. a decorrere dalla data successiva a quella di notificazione e/o comunicazione in via amministrativa di quella decisione per ogni giorno trascorso senza l’adozione dei provvedimenti con la stessa ordinati. Igea ‘98 S.r.l. ha impugnato la sentenza del Consiglio di Stato con ricorso ex art. 111 u.c. Cost. fondato su due motivi e illustrato da memoria, chiedendo la cassazione della predetta sentenza perché viziata per motivi inerenti alla giurisdizione. Ha resistito con controricorso il Condominio di omissis . Roma Capitale ha depositato controricorso deducendo che, nella specie, il potere dell’Amministrazione di operare ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 38 sarebbe stato arbitrariamente esercitato dal Giudice dell’ottemperanza, invadendo il campo dell’attività riservata alla P.A. attraverso l’esercizio di poteri di cognizione e decisione, così sostituendo la propria volontà a quella della P.A. e ha concluso per la cassazione della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso principale e del controricorso del predetto ente locale. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato Eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni della speciale giurisdizione di ottemperanza. Violazione dell’art. 111 Cost. in relazione agli art. 112 e ss. D.Lgs. n. 104/2010 art. 360 co. 1 n. 1 c.p.c. , sostiene la ricorrente che, nel caso di specie, il Consiglio di Stato, a fronte di una sentenza di annullamento autoesecutiva comportante ex se la rimozione dal mondo giuridico del provvedimento impugnato , non si sarebbe limitato ad interpretare il giudicato ma, esorbitando dai limiti propri della giurisdizione di ottemperanza, si sarebbe integralmente sostituito alla volontà dell’Amministrazione, anticipandone le future determinazioni, dichiarando espressamente l’obbligo di adottare il necessario ordine di demolizione . Ad avviso della ricorrente, invece, a seguito della sentenza di autoannullamento autoesecutiva e delle istanze del Condominio all’Amministrazione volte all’adozione di provvedimenti sanzionatori edilizi, conseguenti all’annullamento del titolo, sarebbe residuata, da un lato, una nuova fase di amministrazione attiva di verifica dei provvedimenti adottabili e, dall’altro, la specifica azione esercitabile dal Condominio ai fini dell’adozione degli ulteriori provvedimenti amministrativi anche, eventualmente, mediante impugnativa del silenzio serbato dalla P.A 2. Con il secondo motivo, rubricato Eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni della speciale giurisdizione d’ottemperanza, sotto altro profilo. Violazione dell’art. 11 Cost. in relazione agli artt. 112 e ss. D.Lgs. n. 104/2010 art. 360 co. 1 n. 1 c.p.c. , la società ricorrente lamenta che il Consiglio di Stato, nella sentenza impugnata in questa sede, sull’aprioristico presupposto della totale ed insanabile abusività delle opere assentite con il permesso di costruire n. 1281/2003 come peraltro già chiarito nella sentenza n. 2160/2013 di cui si è chiesta l’ottemperanza , abbia affermato che nella fattispecie non vi sarebbe margine alcuno per una sanabilità del genere di quella configurata dal testo unico dell’edilizia all’art. 38 invocato dalla parte resistente . In tal modo, secondo la ricorrente, il Consiglio di Stato si sarebbe integralmente sostituito all’Amministrazione nella valutazione dell’emendabilità del vizio da cui è stato ritenuto affetto il permesso di costruire, nonché nell’esame dell’istanza edilizia e delle possibili soluzioni alternative alla pura e semplice distruzione del bene, precludendo così radicalmente di procedere alla rinnovazione dell’atto impugnato ai sensi dell’art. 38 cit. . Sempre ad avviso della ricorrente, il Giudice dell’ottemperanza avrebbe così esercitato veri e propri poteri di amministrazione attiva esorbitando dai limiti interni della propria giurisdizione . 3. I motivi che precedono, i quali, essendo strettamente connessi, ben possono essere unitariamente esaminati, sono infondati. 3.1. Va premesso che l’oggetto specifico del giudizio a quo è l’ottemperanza al giudicato formatosi a seguito della sentenza n. 2160 del 2013 del Consiglio di Stato, e che tale giudizio si è concluso con la sentenza impugnata con il ricorso in esame per motivi inerenti alla giurisdizione eccesso di potere giurisdizionale , ai sensi del combinato disposto degli artt. 111, ottavo comma, Cost. e 362, primo comma, cod. proc. civ 3.3. Si osserva che, nella sentenza impugnata in questa sede, il Consiglio di Stato ha ritenuto che con la dichiarazione di illegittimità e il conseguente annullamento del permesso di costruire n. 1281/2003 ad opera della sentenza di quel medesimo Consiglio n. 2160/2013 è stato accertato il carattere abusivo delle opere edilizie autorizzate con il predetto titolo ad aedificandum e se così è appare indubbio che l’interesse fatto valere dal Condominio di omissis con l’impugnativa a suo tempo proposta si sostanzia e trova soddisfacimento con la rimessa in pristino dello stato dei luoghi presente prima dell’alterazione prodotta dalla costruzione realizzata contra legem e che, pertanto, l’Amministrazione comunale, per conformarsi alla pronuncia di annullamento emessa in sede di giudizio di merito deve adottare le determinazioni necessarie a far conseguire all’interessato condominio il soddisfacimento del bene della vita Cass. SS.UU. n. 500/99 coincidente appunto con la eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla presenza illegittima della costruzione realizzata da Igea98 . Nella sentenza impugnata il Consiglio di Stato ha pure precisato che, ad escludere la tesi sostenuta da Igea ‘98 - secondo cui la P.A. non sarebbe stata tenuta ad adottare nella specie misure ripristinatorie, potendo procedere a sostituire l’annullato permesso di costruire con altro titolo emendato dai vizi riscontrati -, depone il chiaro tenore delle osservazioni e conclusioni cui è pervenuto il giudice della sentenza ottemperanda che . giunge inequivocamente ad affermare che le opere edilizie autorizzate sono in realtà il portato di un progetto che, laddove non fosse stato falsificato, mai sarebbe stato approvato dal Comune, perché contrastante con le prescrizioni urbanistiche , che il contenuto di un siffatto enunciato è univocamente diretto ad affermare la radicale nullità dell’atto autorizzativo e precisamente l’originaria, totale abusività delle opere assentite e realizzate, senza che vi sia margine alcuno per una sanabilità del genere di quella configurata dal testo unico dell’edilizia all’art. 38 pure invocato della parte resistente e che, una volta annullato dal giudice amministrativo il permesso di costruire in parola, non restava all’Amministrazione comunale che prendere atto del carattere totalmente abusivo del progettato edificio, non conforme alla vigente normativa urbanistico-edilizia, e procedere all’assunzione dei provvedimenti necessari al ripristino dello stato dei luoghi, id est all’adozione del necessario ordine di demolizione . Il Consiglio di Stato ha pure accertato la mancata attuazione, da parte del Comune di Roma Roma Capitale , alle precise e puntuali prescrizioni contenute nel decisum oggetto di ottemperanza. 3.3. Va ribadito, anche in questa sede, che le decisioni del Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza sono soggette al sindacato di queste Sezioni Unite sul rispetto dei limiti esterni della giurisdizione Cass., sez. un., 26 aprile 2013, n. 10060 Cass., sez. un., 3 febbraio 2014, n. 2289 e che, poiché in tal caso è attribuita al giudice amministrativo una giurisdizione anche di merito, per distinguere le fattispecie in cui il sindacato sui limiti di tale giurisdizione è consentito da quello in cui è, invece, inammissibile, risulta decisivo stabilire se quel che viene in questione è il modo in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal giudice amministrativo, attenendo ciò ai limiti interni della giurisdizione, oppure il fatto stesso che un tal potere, con la particolare estensione che lo caratterizza, non spettava a detto giudice, evidenziandosi che il potere di interpretare il giudicato da eseguire è insito nella struttura stessa del giudizio di ottemperanza in quanto giudizio di esecuzione. In particolare, nella specie le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato, con riferimento a tutti i profili prospettati, riguardano, in sostanza, l’interpretazione del giudicato, anche per quanto attiene alla idoneità del decisum a determinare o meno l’integrale soddisfacimento della pretesa sostanziale vantata in giudizio dal Condominio, nonché delle norme oggetto di quel giudizio, sicché gli errori nei quali il giudice amministrativo sia eventualmente incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione Cass., sez. un., 26/04/2013, n. 10060 Cass., sez. un., 19/01/2012, n. 736 . A quanto precede va poi aggiunto che la speciale giurisdizione di ottemperanza attribuita al giudice amministrativo presenta caratteri peculiari in virtù dei quali non è esclusa l’ingerenza del giudice nel merito dell’agire della pubblica amministrazione, giacché al medesimo giudice è espressamente attribuito un potere di giurisdizione anche di merito art. 7 cod. proc. amm., comma 6, e art. 134 cod. proc. amm. , con possibilità non solo di sostituirsi all’amministrazione art. 7, comma 6, cod. proc. amm., nominando, ove occorra, un commissario ad acta a norma dell’art. 114, comma 4, lett. d , cod. proc. amm., ma anche di procedere alla determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo ed alla emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione art. 114, comma 4, lett. a , cod. proc. amm. Cass., sez. un., 2 febbraio 2015, 1823 . Va rimarcato, in particolare, che l’art. 114 cod. proc. amm., per un verso, non limita il potere di emanazione diretta del provvedimento amministrativo interamente satisfattorio ai soli casi di attività vincolata della pubblica amministrazione, dall’altro, rimette al giudice amministrativo il potere di decidere, in relazione alla particolarità della fattispecie concreta, se adottare esso, nel caso di persistente inadempimento, le misure più idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento o l’emanazione dello stesso al posto dell’amministrazione ovvero se nominare un commissario ad acta. Nel caso di specie, del resto, il giudice amministrativo ha ampiamente espresso le ragioni per le quali ha adottato il proprio provvedimento. 3.4. Alla luce dei principi sopra richiamati e di quanto sopra evidenziato, deve escludersi che il Consiglio di Stato abbia in alcun modo esorbitato dalla propria giurisdizione sicché anche gli errori eventualmente commessi nell’esercizio del potere giurisdizionale di ottemperanza restano interni alla suddetta giurisdizione e non integrano il denunciato eccesso di potere giurisdizionale. 4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. 5. Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza tra la ricorrente e Roma Capitale, la quale ha aderito espressamente al ricorso proposto da Igea ‘98 S.r.l., e il Condominio mentre vanno compensate per intero tra Igea ‘98 S.r.l. e Roma Capitale. 6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente e Roma Capitale, in solido tra loro, al pagamento, in favore del Condominio di omissis , delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge compensa per intero le spese del presente giudizio di cassazione tra la società ricorrente e Roma Capitale ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.