La mancata presentazione dell’istanza costituisce indice di scarso interesse alla lite?

Per le domande di equa riparazione relative a procedimenti che si svolgono davanti alle giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza di prelievo costituisce una condizione di proponibilità non fungibile con l'istanza di fissazione d'udienza.

Nel sistema integrato della legge n. 89/01 e dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 112/08 il rimedio preventivo istanza di prelievo non è sollecitatorio ma puramente dichiarativo di un interesse altrimenti già incardinato nel processo. E un mezzo di pura prenotazione dell’indennizzo, tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione di interesse alla decisione. Il caso. Nel 2005 si intraprendeva, dinanzi al TAR Campania, un processo amministrativo, il quale, si protraeva in maniera eccessiva fino al 2012. Le parti, pertanto, ricorrevano alla Corte di Appello di Roma affinché decidesse sulla domanda di equa riparazione, per le lungaggini processuali. Avverso il decreto emesso dalla Corte territoriale i ricorrenti proponevano opposizione ai sensi dell’art. 5- ter legge n. 89/01, per ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo. L’opposizione veniva rigettata con decreto nel novembre 2014. Secondo i Giudici romani, l’istanza di prelievo non era stata presentata e detta mancanza non era surrogabile con la presentazione di una nuova istanza di fissazione dell’udienza di discussione depositata nell’aprile 2011 al fine di evitare la perenzione del giudizio a seguito dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo. Aggiungevano, inoltre, i Giudici, che, in ogni caso, anche opinando diversamente, soltanto dalla presentazione di detta ultima istanza poteva valutarsi la durata del processo presupposto che, tuttavia, essendosi esaurito nel 2012 non aveva avuto una durata eccedente il limite di ragionevolezza. I ricorrenti chiedevano, quindi la Cassazione di tale decreto sulla base di due motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze depositava un atto di costituzione. Fissazione di una nuova udienza di discussione? Con il primo motivo i ricorrenti sostengono che l’istanza depositata nell’aprile 2011 non andava qualificata come istanza di fissazione dell’udienza di discussione poiché tale adempimento era stato già assolto, nel 2005, contestualmente al deposito del ricorso. Gli stessi osservano che ad essi non era mai pervenuto un avviso di perenzione del giudizio, a fronte del quale chiedere la fissazione di una nuova udienza di discussione. L’istanza, comunque, avrebbe dovuto essere presentata entro un certo termine. Essendo stata depositata successivamente, non può che qualificarsi come istanza di prelievo. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 112/08, convertito nella L. n. 133/08 e successive modifiche , nonché della legge n. 89/01, ritenendo che, vigente la regola tempus regit actum dette disposizioni non potessero essere applicate ai giudizi amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del suddetto d.l. avvenuta a fine agosto 2008 o per il periodo anteriore. Osservazioni della Corte di Cassazione. Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 112/08, in relazione all’art. 117 Cost. e ai parametri dell’artt. 6 par. 1 , 13 e 46 par.1 CEDU. Osservano i Giudici di legittimità che la domanda di equa riparazione, essendo stata presentata nel 2014, relativamente a un processo amministrativo pendente alla data di settembre 2010, la disciplina applicabile è quella dell’art. 54, comma2, d.l. n. 112 nel testo in vigore alla data della domanda stessa. Quindi, detta domanda è soggetta alla condizione di proponibilità dell’istanza di prelievo che, a sua volta, non è surrogabile con l’istanza di fissazione dell’udienza di discussione. Ad avviso della costante giurisprudenza della Suprema Corte, in generale, l’istanza di fissazione di udienza e l’istanza di prelievo hanno funzioni differenti. La prima ha la finalità di impedire la perenzione del giudizio mediante il perfezionamento della costituzione del ricorrente e la fissazione dell’udienza. La seconda, invece, ha la finalità di accelerare il processo, mediante il riscontro del persistente interesse del ricorrente. I Supremi Giudici hanno stabilito che, dall'entrata in vigore dell'art. 54, d.l. n. 112/08 convertito nella L. n. 133/08 , per le domande di equa riparazione relative a procedimenti che si svolgono davanti alle giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza di prelievo costituisce una condizione di proponibilità non fungibile con l'istanza di fissazione d'udienza. Essendo mancata l’istanza di prelievo la domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il diritto vigente. Come sostenuto dalla Suprema Corte, nell’ambito dell’equa riparazione l’istanza di prelievo ha assunto da tempo la funzione di segnalare al giudice il permanente interesse della parte alla definizione del giudizio, spesso venuto meno per circostanze sopravvenute alla sua proposizione. Pertanto, la mancata presentazione dell’istanza costituisce indice di scarso interesse alla lite. I Giudici della legittimità si richiamano a due pronunciamenti della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo caso Daddi c/ Italia e caso Olivieri c/ Italia . Per la giurisprudenza della CEDU un processo, fin quando è pendente è, per ciò solo e per ciò stesso, soggetto ai termini di durata ragionevole e alle conseguenze della relativa violazione e, quindi, il rimedio preventivo è tale se efficacemente sollecitatorio, derivando l’interesse alla risposta giurisdizionale dalla stessa pendenza del processo. Invece, nel sistema integrato della legge n. 89/01 e dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 112/08 il rimedio preventivo istanza di prelievo non è sollecitatorio ma puramente dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo. Cioè diventa un mezzo di pura prenotazione dell’indennizzo, tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione di interesse alla decisione. Conclusione. I Giudici della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in oggetto, dichiarano rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, dispongono la sospensione del giudizio di legittimità, ordinando la notifica di tale ordinanza alle parti del giudizio di Cassazione, al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché la sua comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato, disponendo, altresì, l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza interlocutoria 13 ottobre – 3 novembre 2017, n. 26221 Presidente Petitti – Relatore Manna Ritenuto in fatto Con decreto del 3.11.2014 la Corte d’appello di Roma rigettava l’opposizione ex art. 5-ter legge n. 89/01 proposta dagli odierni ricorrenti per ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo, per l’eccessiva durata di un processo amministrativo svoltosi innanzi al TAR Campania tra il 2005 e il 2012. A base della pronuncia, la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, non surrogabile con la nuova istanza di fissazione dell’udienza di discussione, ri depositata il 13.4.2011 per evitare la perenzione del giudizio a seguito dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo. Aggiungeva la Corte territoriale che ove anche si fosse opinato altrimenti, solo dalla data di tale ultima istanza avrebbe potuto valutarsi la durata del processo presupposto, che essendosi esaurito nel 2012 non aveva avuto una durata eccedente da allora il limite di ragionevolezza. La cassazione di tale decreto è chiesta dai ricorrenti meglio indicati in epigrafe sulla base di due motivi. Il Ministero dell’economia e delle Finanze ha depositato un atto di costituzione in vista della discussione orale della causa. Considerato in diritto 1. - Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 71, 81 e 82 c.p.a. e 23 legge n. 1034/71, nonché 1 allegato 3 c.p.a. e della legge n. 89/01. Sostengono i ricorrenti che l’istanza depositata nel giudizio presupposto il 13.4.2011 non può essere qualificata come istanza di fissazione dell’udienza di discussione ai sensi degli artt. 71 ed 81 c.p.a. Il relativo adempimento era già stato assolto contestualmente al deposito del ricorso, in data 9.6.2005, vigente l’art. 23 legge TAR. Ancora, ai ricorrenti non era mai pervenuto alcun avviso di perenzione del ricorso, pendente da oltre cinque anni, a fronte del quale chiedere una nuova udienza di discussione, tanto che la sentenza del giudice amministrativo aveva dato atto del fatto che le parti avevano manifestato l’interesse alla prosecuzione del giudizio ai sensi dell’art. 82, secondo comma, c.p.a, che espressamente prevede una tale dichiarazione in udienza nel caso di mancato avviso di perenzione. Infine, ai sensi dell’art. 1, allegato 3 c.p.a. tale istanza avrebbe dovuto essere depositata entro 180 gg. dall’entrata in vigore del medesimo codice 16.9.2010 . Pertanto, depositata dopo il decorso di tale termine, essa non potrebbe che essere qualificata come atto volto a segnalare l’urgenza della decisione e dunque quale istanza di prelievo. Sulla stessa questione e su quest’ultimo profilo fattuale, parte ricorrente deduce altresì, pur nell’ambito del medesimo motivo, il concorrente vizio di omesso esame di un fatto decisivo e discusso, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c 2. - Il secondo motivo allega la violazione o falsa applicazione dell’art. 54, 2 comma, D.L. n. 112/08, convertito in legge n. 133/08, come modificato dal D.Lgs. n. 104/10, nonché della legge n. 89/01, in quanto dette norme non potevano essere applicate ai giudizi amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del citato D.L. o, quantomeno, per il periodo anteriore, in base al principio per cui tempus regit actum. Detta norma, si sostiene, non poteva esplicare effetti per i ricorsi amministrativi pendenti, o quanto meno, per il periodo intercorrente tra la data del deposito del ricorso 9.6.2005 e quella di entrata in vigore del D.L. n. 112/08 28.8.2008 . Pertanto, a tale periodo dovrebbero sommarsi quello compreso tra l’istanza di fissazione dell’udienza e il deposito della decisione finale, come desumibile da Cass. nn. 15303/12, 20935/14 e 5914/12. 3. - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, 2 comma, D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. n. 104/10 e dall’art. 1, comma 3, lettera a , numero 6 , del D.Lgs. correttivo n. 195/11, in relazione all’art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU. 3.1. - In base alla giurisprudenza ormai del tutto costante di questa Corte Suprema, l’art. 54, D.L. n. 112/08 e successive modifiche, va interpretato nel senso che per i processi amministrativi pendenti, come nella specie, alla data del 16.9.2010, la previa presentazione dell’istanza di prelievo è condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione in rapporto all’intero svolgimento del giudizio presupposto, e dunque anche per la frazione di tempo anteriore al 25.6.2008, data di entrata in vigore del D.L. n. 112/08 che tale condizione di proponibilità ha per la prima volta previsto. Infatti, l ’art. 54, comma 2, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008 art. 85 -, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma I, della legge 6 agosto 2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma I, non è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all’art. 4, comma 1ter, lettera b b in sede di conversione in legge, sono state apportate all’art. 54 le seguenti modifiche al comma 2, dopo le parole articolo 2, comma 1 sono inserite le seguenti della legge 24 marzo 2001, n. 89 e le parole nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all’art. 4, comma 1-ter, lettera b sono soppresse c conseguentemente, il testo definitivo dell’art. 54, comma 2, del dl. n. 112 del 2008, quale convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma I, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 d successivamente, l’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, all’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, le parole un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 sono sostituite dalle seguenti l’istanza di prelievo di cui all’articolo 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione e ancora successivamente, l’art. 1, comma 3, lettera a , numero 6 , del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195 Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 - in vigore dall’8 dicembre 2011 -, ha disposto che al comma 23, le parole 81, comma I sono sostituite dalle seguenti 71, comma 2 f la disposizione dell’art. 54, comma 2, del d. l. n. 112 del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010 - risulta del seguente testuale tenore La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione g per effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n. 208 del 2015 nel testo della legge n. 89 del 2001 art. 6, comma 2-ter, introdotto dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio 2016 , il comma 2 dell’articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’articolo 3, comma 23, dell’allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi amministrativi la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini di cui all’articolo 2, comma 2-bis che, questo essendo il quadro normativo di riferimento, è del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum 1 ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica l’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 2 ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si applica - invece - l’art. 54, comma 2, dello stesso d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione 3 non rileva . la previsione di cui all’art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89 del 2001, applicandosi essa ai soli giudizi amministrativi per i quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data del 31 ottobre 2016 così si esprime Cass. n. 16404/16 conformi, Cass. nn. 5914-5915/12 e 3740/13 . 3.1.1. - Nel caso di specie - quanto alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale - essendo stata proposta la domanda di equa riparazione nel 2014, relativamente ad un processo amministrativo pendente al 16.9.2010, la disciplina applicabile è quella dell’art. 54, 2 comma D.L. n. 112/08 nel testo in vigore alla data della domanda stessa ratione temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell’art. 6 legge n. 89/01, introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal 1.1.2016, per essere stato definito il processo presupposto nel 2012 . Conseguentemente detta domanda è soggetta, anche in rapporto alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112/08 durata, peraltro, neppure irragionevole fino al 25.6.2008, essendo praticamente coincisa con il termine triennale di cui all’art. 2, comma 2-bis, legge n. 89/01 , alla condizione di proponibilità dell’istanza di prelievo la quale, a sua volta non è surrogabile con l’istanza di fissazione dell’udienza di discussione, neppure nel caso specifico prospettato da parte ricorrente. In generale, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte l’istanza di prelievo disciplinata dall’art. 51 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 e l’istanza di fissazione d’udienza, regolata dall’art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima la finalità di accelerare il processo mediante il riscontro del persistente interesse del ricorrente, e la seconda quella d’impedire, mediante il perfezionamento della costituzione del ricorrente e la fissazione dell’udienza, la perenzione del giudizio. Ne consegue che dall’entrata in vigore dell’art. 54 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande di equa riparazione relative a procedimenti che si svolgono davanti alle giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell’istanza di prelievo, costituisce una condizione di proponibilità non fungibile con l’istanza di fissazione d’udienza così, Cass. nn. 16404/16, 780/15, 25572/10, nonché, tra le non massimate, 18546/14 e 785/15 . In particolare, poi, l’insostenibile equipollenza tra l’una e l’altra ipotesi non è esclusa ove - come nel caso in esame una nuova istanza di discussione sia stata presentata dopo la scadenza del termine di 180 gg. previsto dall’art. 1, primo comma, dell’allegato 3 al c.p.a. per verificare il persistente interesse alla decisione del ricorso. Ciò non solo e non tanto perché una nuova istanza di fissazione d’udienza presentata dopo 180 gg. dall’entrata in vigore del c.p.a. va equiparata ad altro, vale a dire ad una tempestiva dichiarazione, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, di persistenza dell’interesse a che la causa sia trattata, purché proposta nei 180 gg. dalla comunicazione del decreto di perenzione e in mancanza di comunicazione senza neppure tale limite temporale ma anche ed essenzialmente in quanto il prelievo presuppone un processo amministrativo in cui la costituzione della parte ricorrente si sia perfezionata, rendendo così attuale l’obbligo del giudice di pronunciarsi. Pendenti i termini di cui al primo e al secondo comma del ridetto articolo, tale perfezione, non più assicurata dalla prima istanza ex art. 23 legge TAR a causa dell’onere iterativo imposto dalla medesima norma transitoria del c.p.a., non può farsi dipendere da un atto cui s’intenda attribuire il diverso effetto del prelievo, che a sua volta quella costituzione perfetta presuppone. Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l’istanza di prelievo, la domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il diritto vigente. 3.2. - Della cui legittimità costituzionale, nei termini innanzi prospettati, si deve dubitare a stregua dei più recenti approdi della giurisprudenza della Corte EDU. Con la sentenza nel caso Daddi c/ Italia n. 15476/09 del 2 giugno 2009 detta Corte, pur dichiarando il ricorso inammissibile per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa dell’articolo 54, secondo comma, D.L. n. 112/08 che avesse avuto per effetto quello di opporsi all’ammissibilità dei ricorsi ex lege Pinto relativi alla durata di un processo amministrativo conclusosi prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse stata presentata un’istanza di prelievo, avrebbe potuto essere di natura tale da esonerare i ricorrenti interessati dall’obbligo di esperire il rimedio interno e che lo stesso sarebbe valso per quanto riguardava i procedimenti ancora pendenti in cui la fissazione d’urgenza dell’udienza fosse stata richiesta solo dopo l’entrata in vigore della disposizione in questione. In questi casi, aveva concluso la Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere che la norma, interpretata dai giudici nazionali nel senso di escludere dalla determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune categorie di ricorrenti della possibilità di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. Più di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri c/ Italia del 22.2.2016 ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12 e 22994 , in una fattispecie relativa a giudizi amministrativi iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 9, comma 2, legge n. 205/00, ma non anche l’istanza di prelievo, il che aveva determinato l’inammissibilità del ricorso per equa riparazione, la Corte EDU ha affrontato in maniera diretta il problema dell’effettività dell’istanza nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla condizione di proponibilità dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08. Ed esaminando diacronicamente tale disposizione, fino al suo ultimo testo scaturito dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 104/10, ha convertito in critica espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. La Corte Europea ha così affermato a che né dal contenuto della norma né dalla relativa prassi giudiziaria si evince che l’istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione in merito alla causa sottoposta all’esame del tribunale b che la condizione di ammissibilità di un ricorso Pinto previsto dall’articolo 54, comma 2 della legge n. 112/08 risulta essere una condizione formale che produce l’effetto di ostacolare l’accesso alla procedura interna c che l’inammissibilità automatica dei ricorsi per equa riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano presentato l’istanza di prelievo, priva questi ultimi della possibilità di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. E richiamata la propria giurisprudenza sul principio di effettività della tutela giurisdizionale, nel senso che è effettivo il rimedio interno se permette di evitare che si verifichi o si protragga la violazione dedotta o se permette di fornire all’interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni che si siano già verificate, ha concluso nel senso che la procedura per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, risultante dalla lettura dell’articolo 54, comma 2 del decreto-legge n. 112 del 2008 in combinato disposto con la legge Pinto, non possa essere considerata un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione . 3.3. - Benché occasionato da fattispecie aventi ad oggetto l’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo verificatasi anteriormente al 25.6.08 iniziati nel 1990, i giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra il mese di novembre 2008 ed il marzo 2009 , e sulla base di domande ex lege n. 89/01 presentate vigente il testo dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 ante D.Lgs. n. 104/10, tale precedente appare idoneo a incidere sulla decisione del caso in oggetto per non dire dell’ipoteca che esso iscrive sull’intero sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli artt. 1-bis e 1-ter della legge n. 89/01, ivi premessi dall’art. 1, comma 777, lett. a, della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio . Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione della sentenza Olivieri c/ Italia v. par. 65 , il riferimento al ridetto D.Lgs. non può liquidarsi quale mero obiter dictum peraltro di dubbia configurabilità in un contesto motivazionale esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici autonomi . Suo tramite, la Corte di Strasburgo ha confermato e viepiù chiarito il senso del giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge n. 89/01 e della previsione dell’istanza di prelievo quale rimedio preventivo. E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere che, adita in relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte EDU reiteri le medesime considerazioni operate su di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. Avuto riguardo alle indicazioni di metodo ritraibili dai precedenti della Corte costituzionale v. tra i più prossimi quello di cui alla sentenza n. 49/15 , il Collegio rileva che pur non avendo ricevuto l’avallo della Grand Chambre, l’indirizzo espresso dalla Corte EDU con la decisione sul caso Olivieri è da ritenersi ormai adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato sviluppo del principio già espresso nella sentenza sul caso Daddi è stato adottato all’unanimità non presenta alcuna attitudine innovativa rispetto alla tecnica dell’interpretazione convenzionale fin qui seguita concerne una fattispecie tutt’altro che isolata o peculiare, ma anzi connotata da ovvi elementi di serialità si colloca, coerente, nel solco della giurisprudenza di detta Corte Europea sul principio di effettività per come esso vive in concreto negli ordinamenti nazionali ed è stato espresso nella piena consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 3.4. - Così restituito a questa Corte di cassazione il compito suo proprio d’interpretare l’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 e successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che la legittimità costituzionale della norma è stata ritenuta in relazione specifica ai referenti degli artt. 24 e 111 Cost. Una volta esclusane l’applicazione retroattiva id est, del testo attuale ai processi amministrativi non pendenti alla data del 16.9.2010 di entrata in vigore del c.p.a. , essa non determina né irragionevoli disparità di trattamento, né lesione alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che l’istanza di prelievo manifesta l’interesse della parte ad una rapida definizione della domanda di giustizia cfr. Cass. n. 26262/13 . Quest’ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale divaricazione funzionale dell’istanza di prelievo secondo la visuale prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della legge n. 89/01 e dell’art. 54 D.L. più volte citato. Nell’ambito del processo amministrativo detta istanza è stata prevista dall’art. 51, cpv. R.D. n. 642/1907 quale strumento per sollecitare la trattazione urgente del ricorso. Abrogato detto R.D. dall’art. 4 dell’allegato 4 al D.Lgs. n. 104/10, e sostituita la disposizione sul prelievo con l’affatto omologa norma dell’art. 71, comma 2, c.p.a., permane la medesima funzione di mezzo per segnalare l’urgenza della decisione. Non pare, invece, né rilevante né significativo ai fini in esame l’art. 71-bis, aggiunto al D.Lgs. n. 104/10 dall’art. 1, comma 781, lett. b della legge n. 208/15, in base al quale a seguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’art. 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata. In disparte la sua applicabilità a decorrere dal 1.1.2016, tale norma si limita a prevedere la possibilità di una tecnica decisoria più agevole e veloce, senza tuttavia imporla nell’an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul complessivo giudizio di in effettività del rimedio interno secondo la concezione dell’art. 13 della Convenzione Europea, come elaborata dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la questione in esame. Diversa è, invece, proprio sul terreno dell’effettività, la funzione dell’istanza di prelievo nell’ambito dell’equa riparazione. Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto la funzione di segnalare al giudice il permanente interesse della parte alla definizione del giudizio, sovente venuto meno per circostanze sopravvenute alla sua proposizione quali atti di autotutela o sanatorie , con la conseguenza che la mancata presentazione dell’istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla proposizione della domanda, costituisce indice di scarso interesse alla lite così Cass. n. 3271/11, che da ciò ha desunto la legittimità di una liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore rispetto a quella normalmente ritenuta congrua . Ciò non vuol dire, ovviamente, che l’assenza del prelievo impedisca la decisione del giudice amministrativo, una volta che, come è si detto, la costituzione della parte ricorrente si sia perfezionata con la proposizione dell’istanza di fissazione dell’udienza di trattazione del ricorso. Tant’è che prima del D.L. n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche a S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa e che la previsione di strumenti sollecitatori non sospende né differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, né implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio così e per tutte, S.U. n. 28507/05 . Il senso ultimo dell’operazione posta in essere dal legislatore del 2008-2010, confermato del resto dal più generalizzato sistema di rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall’art. 1, comma 777, lett. a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell’imporre al ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione per l’irragionevole durata del processo. Non mette conto, per i limiti di rilevanza della questione, indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della legge n. 89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l’effettività dell’istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del fatto che i rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione dell’art. 6, par. 1 CEDU sia consumata salvo rilevare sin da ora che nessuna disposizione imporrebbe di adottare corsie decisorie preferenziali . Per contro, nel caso dei processi pendenti alla data del 16.9.2010, l’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 impone tale prenotazione indipendentemente dalla circostanza che la violazione si sia già realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilità della domanda di equa riparazione non è esclusa ove l’istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in epoca risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale ne impongono la reiterazione ad intervalli più o meno regolari v. Cass. n. 14386/15 e che l’istanza di prelievo, anche quando condiziona ratione temporis la proponibilità della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che va riferita all’intero svolgimento processuale e non alla sola fase seguente detta istanza cfr. Cass. nn. 13554/16 e 2172/17 . 3.4.1. - Resta - difficilmente eludibile - una significativa diversità di accenti. Mentre per la giurisprudenza della Corte EDU il rimedio interno deve garantire o la durata ragionevole del giudizio o l’adeguata riparazione della violazione del precetto convenzionale, sicché ogni ostacolo che vi si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La sua finalità selettiva, volta a impedire riparazioni indiscriminate nell’ambito di un processo peculiare come quello amministrativo, in cui più che in altri il rapporto sostanziale tra le parti è soggetto alla temperie di fattori esterni e mutevoli destinati ad incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della norma dall’altro ne denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo la Corte EDU, infatti, un processo finché pende è per ciò stesso e per ciò solo soggetto al termine di durata ragionevole e alle conseguenze della relativa violazione. Non a caso la sentenza Olivieri c/ Italia, nel rilevare che ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione dell’udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa, tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione dell’udienza di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso che i ricorrenti non avevano dunque alcun interesse a sollecitare una seconda volta la cancelleria del TAR per chiedere la fissazione d’urgenza della data dell’udienza . Il che fa risaltare l’aporia intrinseca dell’art. 54, comma 2, D.L. cit., il quale subordina l’equa riparazione ad un adempimento che non solo non è funzionale alla progressione del giudizio più di quanto non lo sia la semplice istanza di fissazione dell’udienza, essendo dovuta nell’un caso come nell’altro la risposta giurisdizionale fino al limite della perenzione ma che altresì si trasfigura rispetto al proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per ragioni d’urgenza a mezzo di pura prenotazione dell’indennizzo, tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione di interesse alla decisione. 4. - Dunque e riassumendo, mentre nella giurisprudenza della Corte EDU il rimedio preventivo è tale se efficacemente sollecitatorio, l’interesse alla risposta giurisdizionale derivando dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge n. 89/01 e del più volte citato art. 54, comma 2, il rimedio preventivo non è sollecitatorio, ma puramente dichiarativo di un interesse altrimenti già incardinato nel processo. Non è possibile un’interpretazione convenzionalmente orientata di tale norma che non si traduca nella sua sostanziale e intera disapplicazione. È l’idea stessa del prelievo quale condizione d’accesso all’istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. Di qui la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionalità, nei termini di cui in dispositivo. P.Q.M. La Corte, visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge n. 87/53, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, e ai parametri interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU , firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. n. 104/10 e dall’art. 1, comma 3, lettera a , numero 6 , del D.Lgs. correttivo n. 195/11 dispone la sospensione del presente giudizio e ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri ordina, altresì, che l’ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento dispone l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.