Un figlio in arrivo, ma il decreto di espulsione è già ufficiale: nessuna speranza di rimanere in Italia

Respinte le obiezioni proposte da un cittadino albanese. Confermata la legittimità del provvedimento adottato dal Prefetto e frutto della mancata presentazione, all’ingresso in Italia, della dichiarazione di presenza”.

Fuori tempo massimo la gravidanza della compagna e la conseguente nascita di un figlio. Il decreto di espulsione è stato già emesso, difatti, e quindi è inutile il richiamo dello straniero – un albanese – alla propria situazione familiare in Italia Cassazione, ordinanza n. 26119/17, sez. VI Civile, depositata oggi . Convivenza. Dimenticata la dichiarazione di presenza , obbligatoria – come da l. n. 68/2007 – per lo straniero all’atto dell’ ingresso in Italia . Consequenziale è il decreto di espulsione emesso dal Prefetto nei confronti di un cittadino albanese. Il provvedimento viene contestato e la questione approda in Cassazione. Il legale dello straniero si sofferma sul fatto che l’espulsione sia stata resa esecutiva nonostante il suo cliente conviva con una donna, che è incinta a suo parere la convivenza more uxorio va parificata al matrimonio e ciò rende illegittima la decisione di allontanare il cittadino albanese dall’Italia. Per i Giudici del Palazzaccio, però, non può essere trascurato il fatto che la circostanza richiamata dall’avvocato sia successiva al decreto di espulsione . Ciò significa che la nascita di un figlio e la relativa gravidanza della madre non incidono sulla giustezza del provvedimento adottato dal Prefetto. Confermata così in Cassazione la decisione del Giudice di pace, che aveva ritenuto legittima l’espulsione dello straniero.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 3 luglio – 2 novembre 2017, numero 26119 Presidente Nappi – Relatore De Chiara Fatto e diritto Rilevato che il sig. Mi. Cu., cittadino albanese, ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Giudice di pace di Milano di rigetto del suo ricorso avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto il 14 ottobre 2015 per non avere egli presentato la dichiarazione di presenza ai sensi dell'art. 1, comma 2, legge numero 68 del 2007 l'Avvocatura Generale dello Stato ha depositato atto di costituzione il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non ponendosi questioni rilevanti dal punto di vista della funzione nomofilattica di questa Corte. Considerato che il primo motivo di ricorso è inammissibile perché contiene censure di merito e riguardanti un aspetto pericolosità del ricorrente rilevante non agli effetti della validità dell'espulsione, bensì dell'esecuzione della stessa cfr. Cass. 15185/2012, 10243/2012 e successive conformi mediante accompagnamento alla frontiera, che è invece oggetto del distinto giudizio di convalida del separato decreto del questore che dispone in tal senso inammissibile è anche il secondo motivo, attinente a provvedimento cautelare diniego di sospensione del decreto di espulsione e non decisorio, pertanto non soggetto a ricorso per cassazione con il terzo motivo si denuncia violazione dell'art. 19, comma 2, lett. d , D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286 - quale risultante dalla declaratoria di incostituzionalità nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio Corte cost. 376/2000 -e dell'art. 8 C.E.D.U., per essere stata l'espulsione eseguita coattivamente il 17 novembre 2016, prima della definizione del giudizio pendente davanti al Giudice di pace, nonostante la nascita di un secondo figlio del ricorrente e della sua convivente ad avviso del ricorrente la convivenza more uxorio va parificata al matrimonio avvenuta il 3 settembre 2016 il motivo è infondato per l'assorbente considerazione che si basa su una circostanza la nascita appena detta, ma anche la relativa gravidanza della madre successiva al decreto di espulsione e dunque non incidente sulla legittimità di quest'ultimo il ricorso va in conclusione respinto in mancanza di attività difensiva tale non potendo essere qualificato il mero deposito di un atto di costituzione della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione l'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, L. numero 228 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.