La notificazione all’indirizzo di residenza precedente non ne comporta l’inesistenza

La residenza precedente a quella attuale non può di certo dirsi priva di collegamenti con il destinatario, ne deriva perciò che il destinatario potrà reagire verso un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo nelle more qualora il vizio della notifica integri una nullità rilevante.

Sul tema la Cassazione con l’ordinanza n. 24834/17, depositata il 20 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello rigettava l’appello della ricorrente avverso un decreto ingiuntivo non notificatole per inesistenza della stessa. Verso tale provvedimento la soccombente ricorreva in Cassazione. La notificazione. Tra le doglianze la ricorrente lamenta l’erronea notificazione, in quanto effettuata presso la precedente residenza. A tal proposito la Corte richiama la consolidata giurisprudenza secondo la quale l’inesistenza della notificazione è configurabile in base la principio di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che nei casi completa mancanza dell’atto. Con uno specifico richiamo all’art. 143 c.p.c. la Corte afferma che il notificante è tenuto a svolgere, prima di procedere alla notificazione, ulteriori ricerche quando il destinatario della notificazione si sia trasferito. In Ogni caso però, l’l’errata notificazione dell’atto, comporta l’inesistenza dello stesso solo se effettuato in un luogo privo di collegamento con il destinatario, determinando altrimenti la nullità della stessa. La residenza precedente a quella attuale non può di certo dirsi priva di collegamenti con il destinatario, ne deriva perciò che il destinatario potrà reagire verso un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo nelle more qualora il vizio della notifica integri una nullità rilevante. Per nullità rilevante deve intendersi la carenza di uno degli elementi costitutivi della notificazione come la trasmissione svolta da un soggetto qualificato e la consegna effettuata con il raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione, rimanendo, quindi, esclusa solo la notificazione tentata ma non compiuta. Per questo motivo la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 13 settembre – 20 ottobre, n. 24834 Presidente Amendola – Relatore De Stefano Fatto e diritto Rilevato che T.M. ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 2306 del 09/06/2016, con cui la Corte di appello di Napoli ha rigettato il suo appello contro il parziale accoglimento dell’opposizione da lei proposta avverso il precetto notificatole il 04/05/2010 da C.M. e fondato su decreto ingiuntivo non opposto, essendo stato disatteso il motivo relativo all’inesistenza della notificazione di quest’ultimo resiste con controricorso C.M. è stata formulata proposta di definizione - per inammissibilità in camera di consiglio ex art. 380-bis, co. 1, cod. proc. civ., come modif. dal co. 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 non sono depositate memorie ai sensi del secondo comma, ultima parte, del medesimo art. 380-bis considerato che il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in forma semplificata la ricorrente si duole col primo motivo, di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c. nella parte in cui si è ritenuta giuridicamente esistente seppure nulla una notifica eseguita secondo quel disposto codicistico presso la residenza precedente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c. laddove si è ravvisata la configurabilità di un vizio di nullità anziché di giuridica inesistenza nonostante la totale e radicale difformità tra paradigma astratto basato sulla non-conoscibilità della residenza attuale e fattispecie concreta nella quale la residenza attuale era viceversa conoscibile col secondo motivo, di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 comma 27 del d.l. 223/2006 conv. nella legge n. 248/2006 in combinato disposto dell’art. 143 c.p.c. col terzo motivo, di omesso esame di una circostanza circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti , relativamente alla cessata attualità del certificato anagrafico presa a riferimento per valutare la correttezza dell’applicazione dell’art. 143 cod. proc. civ. i tre motivi sono tutti inammissibili, perché si infrangono sui principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in punto di non configurabilità dell’inesistenza di una notifica, anche ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., già idoneamente esposti nella motivazione della qui gravata sentenza a piè di pag. 2, ma ulteriormente consolidati da quello affermato - ex professo per la notifica del ricorso per cassazione, ma agevolmente riferibile alla notifica di ogni atto processuale - dalla recente Cass. 20/07/2016, n. 14916, a mente della quale l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono a nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato b nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita , restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa del resto, sul punto già da tempo si è affermato, con specifico riferimento alla notificazione ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., che in tema di notificazione di atti giudiziari, quando il destinatario della notifica si sia trasferito , il notificante è tenuto in ogni caso a svolgere ulteriori ricerche prima di procedere alla notificazione nelle forme dell’art. 143 c.p.c., fermo restando che l’omissione di tali incombenze comporta l’inesistenza della notificazione solo se eseguita in un luogo privo di collegamento con il destinatario, determinando, altrimenti, la mera nullità della stessa Cass. 31/08/2015, n. 17307 non potendo certo dirsi privo di riferimenti col destinatario della notifica il luogo dove egli risiedeva immediatamente prima di quella e restando allora egli tutelato dalla possibilità, ricorrendone però tutti gli altri presupposti, di reagire avverso la notifica di un decreto ingiuntivo nelle more divenuto esecutivo, mercé l’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 cod. proc. civ., ove il vizio della notifica integri almeno una nullità rilevante vedi la giurisprudenza citata espressamente dalla gravata sentenza pag. 3, righe sedicesima e seguenti tanto rende irrilevante pure che il documento anagrafico sia aggiornato o meno, nonché ogni questione - affrontata come mero argomento ad abundantiam dalla qui gravata sentenza - su altri aspetti di agevole conoscibilità della variazione anagrafica il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna della soccombente ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità dovendosi dare inoltre atto - mancando la possibilità di valutazioni discrezionali tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.