Il gratuito patrocinio va pagato al legale nella stessa somma liquidata allo Stato

La somma che, ai sensi dell’art. 133 d.lgs. n. 115/02, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo stato liquida al difensore del soggetto non abbiente .

Così ha deciso la Suprema Corte con l’ordinanza n. 21611/17, depositata il 19 settembre. Il caso. La Corte d’Appello rigettava l’opposizione di un avvocato avverso il decreto di liquidazione emesso ai sensi dell’art. 130 d.P.R. n. 115/02 per l’attività professionale svolta a favore di un soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. L’opponente si doleva del fatto che il decreto avesse riconosciuto in suo favore una somma inferiore rispetto a quella che era stata posta a carico della controparte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, all’esito del giudizio nel quale il ricorrente aveva prestato la sua attività. Avverso tale provvedimento il soccombente ricorreva in Cassazione. Il gratuito patrocinio. Nel caso di specie, il ricorrente lamentava la mancata applicazione del principio secondo il quale debba esservi coincidenza tra quanto liquidato in favore dello Stato, nell’ambito del giudizio nel corso del quale risulta essere prestata l’attività di difesa in favore del soggetto ammesso al gratuito patrocinio, e quanto invece attribuito allo stesso difensore in sede di successiva liquidazione. Diversamente, infatti, si verrebbe a creare una disparità di trattamento priva di giustificazione. La Cassazione riconosce la fondatezza delle doglianze del ricorrente e richiama quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, affermando che la somma che, ai sensi dell’art. 133 d.lgs. n. 115/02, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo stato liquida al difensore del soggetto non abbiente . La Corte precisa, inoltre, che la giurisprudenza della stessa nell’ambito di un giudizio civile dispone che se la parte vittoriosa è ammessa al patrocinio a spese dello stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 d.P.R. n. 115/02 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 d.P.R. n. 115/02, per evitare che si possa costituire un eventuale divario e quindi, un ingiusto profitto dello Stato . Per questi motivi la Cassazione accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 18 luglio – 19 settembre 2017, n. 21611 Presidente D’Ascola – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione La Corte d’Appello di Venezia con ordinanza del 30 marzo 2016 ha rigettato l’opposizione proposta dall’avv. S.A. avverso il decreto di liquidazione emesso ai sensi dell’art. 130 del DPR n. 115/2002 per l’attività professionale svolta a favore di Z.A. , quale soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. A fronte della richiesta dell’opponente, che si doleva del fatto che il decreto avesse riconosciuto in suo favore una somma inferiore rispetto a quella che era stata posta a carico della controparte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, all’esito del giudizio nel quale il ricorrente aveva prestato la sua attività, la Corte d’Appello riteneva che si trattava di doglianza che poteva al più essere sollevata da parte del soggetto che era stato condannato al rimborso delle spese nel giudizio di cognizione, che poteva appunto evidenziare l’ingiustificato arricchimento che veniva a determinarsi in favore dello Stato. Nella fattispecie inoltre la liquidazione effettuata dal giudice di merito nel decreto opposto risultava rispettosa dei limiti tariffari di cui al DM n. 55/2014, essendo corretta la decisione di avvalersi dei valori medi per la fase istruttoria e dei valori minimi per la fase decisionale, sostanzialmente corrispondente e ripetitiva dell’attività già svolta per la fase di studio ed introduttiva. Per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso S.A. sulla base di un motivo. Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva in questa fase. Il motivo di ricorso denunzia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione ed erronea applicazione degli artt. 92 c.p.c., 82, 13 e 133 del DPR n. 115/2002. Si evidenzia che la Corte d’Appello di Venezia Sezione Lavoro, nel decidere nel merito la controversia nell’ambito della quale il ricorrente aveva prestato la sua attività nell’interesse di Z.A. , soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, aveva disposto la compensazione per la metà delle spese del doppio grado, condannando la controparte al pagamento della residua parte, quantificata in Euro 4.875,00 per il primo grado, ed in Euro 2.327,50 per le spese del giudizio di appello, per la fase che aveva preceduto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ed in Euro 4.490,00 così corretta a seguito di apposita procedura, la somma erroneamente indicata in un primo momento per la fase successiva fase istruttoria e decisionale prevedendo in particolare che quest’ultima cifra dovesse essere versata in favore dello Stato. Viceversa la stessa Corte nel provvedere sulla richiesta di liquidazione del ricorrente, con decreto del 5/11/2015 aveva riconosciuto allo S. la minor somma di Euro 1.337,50 oltre accessori di legge, decisione questa confermata dall’ordinanza impugnata. Deduce il ricorrente che le norme di cui alla rubrica del motivo sono state interpretate dalla Cassazione penale di questa Corte nel senso che debba esservi coincidenza tra quanto liquidato in favore dello Stato nell’ambito del giudizio nel corso del quale risulta essere prestata l’attività defensionale in favore del soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, e quanto invece attribuito allo stesso difensore in sede di successiva liquidazione. Opinare diversamente creerebbe una disparità di trattamento priva di giustificazione, non apparendo comprensibile la ragione per la quale debba assicurarsi una locupletazione in favore dello Stato. Peraltro la soluzione della Cassazione penale ha trovato il conforto anche nella giurisprudenza costituzionale, atteso che Corte Cost. n. 270/2012 ha opinato nel senso della coincidenza tra le due liquidazioni. Ad avviso del Collegio il motivo è fondato. A tal fine deve richiamarsi, come appunto ricordato dal ricorrente, quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 270/2012, laddove al fine di escludere i dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 130 del DPR n. 115/2002 sollevati dalle ordinanze di rimessione, ha escluso che, ove sia pronunziata condanna alle spese di giudizio a carico della controparte del soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, vi sia una iniusta locupletatio dell’Erario, atteso che, anche recentemente, la giurisprudenza di legittimità aveva puntualizzato che la somma che, ai sensi dell’art. 133 d.lgs. n. 115 del 2002, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore del soggetto non abbiente Corte di cassazione, Sez. VI penale, 8 novembre 2011, n. 46537 . A tal riguardo deve altresì evidenziarsi che anche la giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte ha aderito a tale opinione, essendosi affermato che, qualora nell’ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare che l’eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente ovvero, al contrario, di danno erariale Cass. n. 18167/2016 . Ritiene il Collegio di dover dare continuità a tale orientamento, con la conseguenza che il motivo debba essere accolto con la cassazione dell’ordinanza impugnata. Tuttavia, non apparendo necessario compiere ulteriori accertamenti, ritiene il Collegio che la causa possa essere decisa nel merito, con la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 9.365,00, in conformità di quanto liquidato dalla Corte d’Appello all’esito del processo che ha visto protagonista la parte ammessa al beneficio, oltre accessori di legge. Le spese del presente giudizio e della fase di opposizione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 9.365,00, oltre accessori di legge Condanna il Ministero al rimborso delle spese di lite in favore del ricorrente che liquida per il giudizio di opposizione in Euro 1.200,00, e per il giudizio di legittimità in complessivi Euro 1.600,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge.