Espulso lo straniero, decisiva la reiterata attività criminosa

La Cassazione ribadisce il principio secondo il quale per i ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione ai sensi dell’art. 13, comma 2, lettera c , d.lgs. n. 286/98, il Giudice di Pace ha poteri pieni nel valutare l’oggettiva pericolosità sociale dello straniero, attraverso un esame globale della personalità del soggetto, così come emergente da tutte le manifestazioni sociali della sua vita.

Così ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 21099/17, depositata l’11 settembre. Il caso. Il Giudice di Pace respingeva con ordinanza, l’opposizione del ricorrente avverso il secondo provvedimento di espulsione emesso nei sui riguardi, dichiarando inammissibile l’opposizione. Avverso tale provvedimento il soccombente ricorreva in Cassazione. Nella specie il ricorrente è uno straniero riconosciuto colpevole e condannato, già nel 2011, per reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, contraffazione di banconote, rifiuto di fornire le proprie generalità ed opposizione a pubblico ufficiale. Era stato tratto in arresto una seconda volta, in quanto nuovamente sorpreso in possesso di stupefacenti. Pericolosità sociale. Nel caso in esame, la Cassazione ritiene applicabile il già enunciato principio secondo il quale per i ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione ai sensi dell’art. 13, comma 2, lettera c , d.lgs. n. 286/98 Espulsione amministrativa , il Giudice di Pace avrà poteri pieni nel valutare l’oggettiva pericolosità sociale del ricorrente, attraverso un esame globale della personalità del soggetto, come emergente da tutte le manifestazioni sociali della sua vita. Nel caso di specie,la Corte ritiene che il Giudice di Pace abbia correttamente esaminato tutti i criteri individuando la pericolosità sociale del ricorrente anche sulla base della natura del reato da questo commesso e la reiterazione delle condotte. Sulla base di tali valutazioni, il quadro sulla pericolosità risulta univoco anche alla luce del fatto che non risulta né dedotto né provato lo svolgimento di una stabile attività lavorativa. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 giugno – 11 settembre 2017, n. 21099 Presidente Scaldaferri – Relatore Acierno Ragioni della decisione Il omissis il Prefetto di Venezia emetteva nei confronti del Sig. B.C.R.E. un decreto di espulsione perché privo di permesso di soggiorno o altro titolo autorizzatorio e perché veniva tratto in arresto in flagranza di reato in quanto deteneva illecitamente sostanze stupefacenti al fine di farne commercio, usando inoltre violenza per opporsi ai pubblici ufficiali. Pertanto veniva notificato l’ordine del Questore di Venezia di lasciare il territorio nazionale. In data omissis il Prefetto di Venezia emetteva sempre nei confronti del sig. B.C.R.E. un secondo decreto di espulsione, in quanto il primo decreto non era stato ottemperato. Il ricorrente si rivolgeva al Giudice di Pace di Venezia, opponendosi ad entrambi i decreti di espulsione e chiedendone l’annullamento. Si costituiva in giudizio la Prefettura di Venezia con proprio funzionario che, contestando la domanda avanzata, chiedeva il rigetto del ricorso. Il Giudice di Pace, con ordinanza depositata il 20/11/2014, respingeva il ricorso proposto dal sig. B.C.R.E. e dichiarava inammissibile l’opposizione avverso il secondo provvedimento di espulsione, in quanto del tutto generica. A sostegno della decisione impugnata il Giudice di Pace ha rilevato che dalla documentazione agli atti risultava che il ricorrente è stato riconosciuto colpevole dei reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, contraffazione di banconote, rifiuto di fornire le proprie generalità ed opposizione a pubblico ufficiale è stato condannato nel 2011 alla pena detentiva di 1 anno e 10 mesi di reclusione e al pagamento della multa di Euro 8.000,00. È stato tratto in arresto una seconda volta in quanto nuovamente sorpreso in possesso di materiale stupefacente. Tutti questi elementi non facevano che attestare senza dubbio la valutazione di persona abitualmente dedita a traffici delittuosi e che viveva in parte con i proventi derivanti da tale attività, implicando dunque ipotesi delittuose derivate da contatti appartenenti ad organizzazioni criminali e rappresentando una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica. Avverso tale pronuncia B.C.R. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico complesso motivo, riguardante i seguenti profili della violazione dell’art. 606, lettera b , c.p.p. 1 assenza dell’attualità dei comportamenti antisociali il ricorrente afferma che i fatti di reato citati nel provvedimento prefettizio a sostegno dell’espulsione non sono attuali, ma episodi legati ad un tempo passato e relative a reati dei quali aveva già espiato la pena 2 assenza della pericolosità sociale abituale ed attuale il ricorrente evidenzia che la pericolosità che si sostiene sia solo presunta e che non attenga alla abitualità e attualità delle condotte contestate 3 il ricorrente lamenta, infine, l’illogicità della motivazione data dal giudice di pace in relazione all’inammissibilità del ricorso avverso il secondo decreto di espulsione, posto che non esiste alcuna norma che impedisca di impugnare due distinti decreti con un unico ricorso. La Prefettura ha resistito con controricorso. Non sono state depositate memorie. Il ricorso è manifestamente infondato. orientamento consolidato della Corte che in caso di ricorso avverso il provvedimento di espulsione disposto ai sensi dell’art. 13, comma 2, lettera c , del d.lgs. n. 286 del 1998, il controllo giurisdizionale deve avere ad oggetto il riscontro dell’esistenza dei presupposti di appartenenza dello straniero ad una delle categorie di pericolosità sociale indicate nell’art. 1 della L. n. 1423 del 1956, così come sostituito dall’art. 2 della L. n. 327 del 1988, ovvero nell’art. 1 della n. 575 del 1965, come sostituito dall’art. 13 della L. n. 646 del 1982. Nel compimento di tale riscontro, il Giudice di Pace, che ha poteri di accertamento pieni e non già limitati da una insussistente discrezionalità dell’amministrazione, deve tenere conto del carattere oggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni, dell’attualità della pericolosità, nonché della necessità di effettuare un esame globale della personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita cfr. Cass. Civ. n. 24084 del 2015 . Nel caso di specie il Giudice di Pace ha esaminato tutti i criteri d’individuazione della pericolosità sociale così come declinati da questa Corte, ed ha conseguentemente evidenziato che la natura del reato e la reiterazione delle condotte inducono a ritenere l’esistenza di un quadro univoco relativo alla pericolosità sociale del ricorrente sia sotto il profilo dell’abituale ricorso all’attività criminosa, da ritenersi non occasionale sia sotto il profilo dell’attualità, risultando il ricorrente appena scarcerato per la stessa tipologia di reati sia, infine, per il profilo della globale personalità del ricorrente, non risultando né dedotto né provato lo svolgimento di una stabile e diversa attività lavorativa. Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in Euro 2000 per compensi, 150 per esborsi, oltre accessori di legge.