Per l’impugnazione tardiva va dimostrata la causa di nullità

La Cassazione afferma che ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione tardiva che fonda una presunzione iuris tantum di conoscenza del processo da parte dell’impugnante, grava su quest’ultimo l’onere di dimostrare non solo la causa di tale nullità, ma anche di non aver avuto conoscenza del processo in conseguenza di quel vizio .

Così ha deciso la Suprema Corte con l’ordinanza n. 20803/17, depositata il 5 settembre. Il caso. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile il gravame proposto dal ricorrente, contro la sentenza del Tribunale che, dichiarata la contumacia dell’appellante, accoglieva la domanda di separazione con addebito avanzata nei sui confronti dalla moglie Avverso tale pronuncia, l’ex marito ricorreva in Cassazione, lamentando di essere venuto a conoscenza dell’esistenza del processo e della sentenza del 12.12.05 solo il 20.01.15. La notificazione. Analizzando i motivi di ricorso, la Cassazione rilevava che il ricorrente si sia limitato ad eccepire la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, in quanto eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e non con il rito degli irreperibili. La Corte rileva che l’allora appellante non aveva eccepito l’inesistenza della notificazione, per cui sarà da applicarsi, nel caso di specie, la giurisprudenza secondo la quale ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione tardiva che fonda una presunzione iuris tantum di conoscenza del processo da parte dell’impugnante, grava su quest’ultimo l’onere di dimostrare non solo la causa di tale nullità, ma anche di non aver avuto conoscenza del processo in conseguenza di quel vizio . Ne consegue che non avendo il ricorrente allegato, nè fornito prova dei non aver avuto conoscenza del processo e della sentenza prima del 2015 il ricorso non può essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 15 maggio – 5 settembre 2017, n. 20803 Presidente Dogliotti – Relatore Cristiano Fatto e diritto Rilevato che 1 La Corte d’appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da S.A. , con atto notificato il 19.2.015, contro la sentenza del Tribunale di Bergamo del 12.12.95 che, dichiarata la contumacia dell’appellante, aveva accolto la domanda di separazione con addebito avanzata nei suoi confronti dalla moglie I.R. , ponendo a suo carico l’obbligo di corrispondere all’attrice, quale contributo al mantenimento della stessa e dei due figli minori, la somma complessiva di 1.060.000, anno per anno rivalutabile. La corte territoriale - premesso che S. affermava di aver appreso solo il 20.1.015 dell’esistenza del processo e della sentenza, allorché questa gli era stata notificata per la prima volta - ha escluso che ricorresse l’ipotesi contemplata dall’art. 327 II comma c.p.c., di nullità della notifica del ricorso per separazione, siccome eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., presso la casa coniugale dalla quale l’allora convenuto si era allontanato senza trasferire la residenza , anziché con il rito degli irreperibili, rilevando che l’appellante non aveva provato di aver definitivamente abbandonato il domicilio domestico, nel quale - secondo quanto credibilmente riferito da I. all’udienza presidenziale - faceva ritorno di tanto in tanto. La sentenza è stata impugnata da S.A. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui I.R. ha resistito con controricorso. Le parti hanno ricevuto tempestiva notifica della proposta di definizione e del decreto di cui all’art. 380 bis c.p.c. S. ha depositato memoria. Considerato che 2 Con il primo motivo il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia ritenuto valida la notificazione del ricorso per separazione eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., nonostante la stessa ricorrente avesse asserito nell’atto con dichiarazione di valenza confessoria, peraltro confermata dai testi escussi nel corso del processo che egli si era reso irreperibile a partire dall’ottobre nel ‘91, allorché, a seguito di un’ingiustificata scenata di gelosia, si era allontanato dal domicilio coniugale senza più farvi ritorno, lasciando la famiglia - composta anche da due figli minori, uno dei quali gravemente malato - priva di mezzi di sussistenza. 2.1 Col secondo, sostiene che non era suo onere provare di aver definitivamente abbandonato la casa coniugale, tanto più che la circostanza doveva ritenersi pacifica alla luce di quanto dichiarato dalla moglie nel ricorso. 2.3 Con il terzo, deduce che la notifica non avrebbe, in ogni caso, potuto ritenersi valida in quanto nel fascicolo di primo grado difettava l’originale della relazione di notificazione. 2.4 Con il quarto, denuncia, infine, il vizio di omessa pronuncia della sentenza in ordine all’eccepita violazione dell’art. 709 c.p.c., mancando ogni prova che gli fosse stata notificata l’ordinanza presidenziale di fissazione dell’udienza di comparizione dinanzi al G.I. 3 I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono manifestamente infondati, pur dovendosi parzialmente correggere, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la motivazione in base alla quale, conformemente a diritto, la corte del merito ha dichiarato inammissibile l’impugnazione. Secondo quanto emerge dalla lettura della sentenza impugnata oltre che dalla narrativa in fatto del ricorso per cassazione pag. 3, righi 18 e 19 S. nell’atto di appello si è limitato ad eccepire la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, in quanto eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. anziché col rito degli irreperibili. Non risulta, per contro, che l’allora appellante abbia espressamente e specificamente eccepito l’inesistenza della notificazione pertanto, non essendo in discussione che la notifica fosse stata eseguita, era del tutto irrilevante che nel fascicolo del processo di primo grado recuperato dopo circa 20 anni non fosse più presente la copia notificata dell’atto peraltro sicuramente inseritavi all’epoca della trattazione della causa, atteso che il tribunale, per poter dichiarare la contumacia del convenuto, doveva averla necessariamente esaminata . Ciò premesso, va rilevato che, secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, nell’ipotesi in cui ricorra la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, che fonda una presunzione iuris tantum di conoscenza del processo da parte dell’impugnante, grava su quest’ultimo l’onere di dimostrare non solo la causa di tale nullità, ma anche di non aver avuto conoscenza del processo in conseguenza di quel vizio fra molte, Cass. nn. 19547/015, 20307/012, 2817/09 . Ne consegue che, a prescindere dall’accertamento concernente il mancato assolvimento dell’onere gravante sull’appellante di provare la dedotta nullità, la corte del merito si sarebbe dovuta arrestare al rilievo, dirimente, che S. non aveva né allegato, né, tantomeno, fornito la prova di non aver avuto conoscenza del processo e della sentenza prima del gennaio del 2015. Quanto alla mancata notificazione dell’ordinanza presidenziale, è sufficiente rilevare che tale vizio procedimentale, quand’anche sussistente, non avrebbe potuto essere fatto valere che con l’appello l’esame della relativa questione era dunque precluso dall’inammissibilità del gravame. Il ricorso va, in conclusione, integralmente respinto. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 10.100, di cui 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi i nomi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002, introdotto dall’art. 1, 17 comma, della l. n. 228 del 24.12.2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.