Alto rischio di attentati terroristici ma la fuga dal Paese ha radici familiari: niente protezione

Sancita in Cassazione la legittimità della posizione assunta dal Ministero dell’Interno. Definitivo il no” alla richiesta presentata da un uomo, originario del Mali.

I problemi familiari non giustificano la fuga dal proprio Paese d’origine e rendono, di conseguenza, priva di appigli la domanda di protezione presentata nel Paese di arrivo. Questa l’ottica che ha spinto i Giudici a confermare il no” alla richiesta di protezione avanzata in Italia da uno straniero originario del Mali Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 20693/17, depositata oggi . Allontanamento. Già in Appello è stata ritenuta impossibile la concessione dello status di rifugiato . Ciò alla luce dei racconti fatti dallo straniero, racconti da cui è emerso che l’allontanamento dal Mali, suo Paese di origine, è dipeso da situazioni di disagio familiare, non rilevanti ai fini della protezione e del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari . Il legale del cittadino maliano prova però a mettere in discussione questa visione, richiamando le vessazioni fisiche e morali subite dal suo cliente sia nel Mali che in Libia e la situazione generale del Paese di origine . Tali considerazioni vengono respinte dai Giudici della Cassazione, che legittimano in via definitiva la posizione assunta dal Ministero dell’Interno. Decisivo il carattere meramente familiare delle motivazioni che hanno indotto lo straniero a lasciare il Mali . Per quanto concerne la situazione del Paese viene ritenuto irrilevante l’alto rischio di attentati terroristici .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 12 giugno – 1 settembre 2017, n. 20693 Presidente Scaldafferri – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Ca. Fo. impugna per cassazione la sentenza della Corte di appello di Ancona indicata in epigrafe, che ha confermato il rigetto delle sue domande di protezione internazionale ritenendo l'insussistenza delle condizioni per la concessione dello status di rifugiato e rilevando che, dalla stessa narrazione del richiedente, emerge come l'allontanamento dal Mali, suo paese di origine, sia dipeso esclusivamente da situazioni di disagio familiare non rilevanti ai fini della protezione sussidiaria e del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. 2. Il ricorrente deduce a la violazione o falsa applicazione di norme di legge art. 3 e artt. 14-16-17 D.Lgs. n. 251/2007, artt. 8 e 10 D.Lgs. n. 25/2008, art. 10 Costituzione, art. 32 comma 2 del D.Lgs. n. 25/2008 in relazione all'art. 5 comma 6 del D.Lgs. n. 286/1998 b l'omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti. Il ricorrente lamenta in particolare la carente valutazione delle circostanze prospettate ai fini della concessione della protezione sussidiaria vessazioni fisiche e morali subite nel Mali e in Libia , l'omesso esame della situazione generale del suo paese di origine, la mancata valutazione della sua richiesta di protezione umanitaria. 3. Il ricorrente deposita memoria difensiva. Ritenuto che 4. Il ricorso è fondato su censure attinenti alla valutazione di merito compiuta nel doppio grado di giudizio con riferimento alle circostanze personali dedotte dal ricorrente. Una valutazione che, anche a prescindere dal giudizio di inattendibilità della narrazione, ha fondato una specifica e autonoma ratio decidendi costituita dalla ricognizione del carattere meramente familiare delle motivazioni che hanno indotto Fo. Ca. a lasciare il Mali. Tali motivazioni, secondo la valutazione della Corte di appello - che deve ritenersi legittima in confronto alle disposizioni normative invocate -, sono incompatibili con i presupposti per il rilascio delle tre forme di protezione internazionale richiesta. Quanto alla situazione generale del paese di provenienza va rilevato che essa non ha costituito il presupposto, neanche subordinato, della richiesta di protezione. Dalle notizie disponibili sul sito ufficiale del Ministero degli Affari Esteri può desumersi peraltro l'inesistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nell'area di provenienza del richiedente sebbene sia alto il rischio di attentati terroristici. 5. Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.