Battaglia per la separazione? Curiosare nel conto in banca non è violazione della privacy

La Cassazione si pronuncia in tema di violazione della privacy

La Cassazione si pronuncia in tema di violazione della privacy con l’ordinanza n. 20649/17, depositata il 31 agosto. Il caso. I Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda di risarcimento del danno proposto dal ricorrente, contro l’ormai ex moglie per aver richiesto e ottenuto dalla banca notizie relative al proprio estratto conto ed averlo utilizzato nella causa di separazione, in violazione della normativa sulla privacy. Avverso tale pronuncia l’ex marito ricorre in Cassazione. La tutela della privacy. Nel valutare il caso di specie, la Cassazione rileva che non possa configurarsi alcuna violazione del diritto alla privacy e al trattamento dei dati sensibili. La Corte afferma, infatti, che la donna non aveva violato alcuna norma di legge né aveva tenuto un comportamento fraudolento. Gli Ermellini, inoltre, riprendendo le motivazioni del Tribunale, affermano che il ricorrente non avesse neppure fornito adeguate indicazioni circa il danno subito. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 giugno – 31 agosto 2017, n. 20649 Presidente Scaldaferri – Relatore Lamorghese Fatti di causa Il Tribunale di Modena, con sentenza 7 aprile 2014, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta da B.E. contro R.L. , per avere illecitamente chiesto a Unicredit e ottenuto notizie relative al proprio estratto conto, poi utilizzate nella causa di separazione personale nei confronti della B. , in violazione della normativa in tema di tutela della privacy e della riservatezza. L’appello è stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Bologna, con ordinanza in data 28 dicembre 2015, perché privo di una ragionevole probabilità di essere accolto art. 348 bis c.p.c. . B. ha proposto ricorso per cassazione, a norma dell’art. 348 ter, quarto comma, c.p.c. la R. non ha svolto difese. Ragioni della decisione Con un unico motivo la ricorrente ha denunciato l’errata interpretazione di imprecisate norme del d.lgs. n. 196 del 2003, in tema di privacy e trattamento dei dati sensibili. Il ricorso è inammissibile. Con l’ordinanza impugnata la Corte bolognese ha richiamato la motivazione del Tribunale, secondo la quale, nel richiedere informazioni o documenti alla banca, la R. non aveva violato alcuna norma di legge né aveva tenuto un comportamento fraudolento la Corte ha anche ritenuto che l’attore non avesse offerto alcuna indicazione circa il danno subito. Tanto premesso, con il ricorso per cassazione, il B. ha censurato soltanto la prima ratio decidendi, lamentando l’illiceità del comportamento della convenuta R. , ma non la seconda ratio, distinta ed autonoma, la quale è da sola sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato. Il ricorso è inammissibile v. Cass., sez. un., n. 7931/13 e 16602/2005 . P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.