Non aderire (senza giustificato motivo) all’istanza di mediazione porta alla condanna per responsabilità aggravata

Nella mediazione demandata o comunque in quella obbligatoria , non aderire alla convocazione in mediazione porta ad una presunzione di colpa grave se non del dolo .

Un nuovo provvedimento in materia di mediazione del Tribunale di Roma, in persona del dott. Moriconi della XIII sezione, del quale ben conosciamo i precedenti in materia, sempre opportunamente ponderati e moderati. Il caso. V.V. citava in giudizio un esercizio commerciale, svolgente l’attività di centro estetico e di parrucchiere, esponendo di essersi ivi sottoposta a trattamento di tintura dei capelli e delle sopracciglia, shampoo e messa in piega, il tutto ad opera del titolare sig. A.M., parrucchiere. L’attrice lamentava che, durante il trattamento, le erano state lasciate alcune dosi di tintura sul viso in particolare sulla fronte, sulla guancia destra e sulle parti inferiori dell’arcata sopraccigliare destra e sinistra. Riferiva altresì di aver richiesto immediatamente la rimozione di tali tracce, ma che esse fossero state lasciate sulle parti sopra descritte per circa trenta minuti, e che il parrucchiere, nel frattempo, l’avesse tranquillizzata dicendo che sarebbero scomparse da sole senza conseguenze. Al contrario, questo non accadeva, tanto che il titolare ordinava ad una sua dipendente di intervenire sfregando vigorosamente le macchie detta azione però, anziché eliminare le macchie, causa un generale arrossamento delle parti del viso trattate. Nei giorni successivi, inoltre, la situazione peggiorava, e sulle parti descritte si verificavano delle vere e proprie escoriazioni, costringendo la signora V. a recarsi presso il Pronto Soccorso, ove venivano accertate le irritazioni e le escoriazioni. La visita dermatologica accertava la presenza di lesioni erosive e ulcerative e vescicolatorie accompagnate da edema sottostante ed eritema diffuso a gran parte del volto”. Si sottoponeva quindi a terapia antibiotica antistiminica, con applicazione di pomate e divieto assoluto di esporsi al sole, protratto per alcuni mesi. Dopo infruttuose richieste stragiudiziali, provvedeva quindi a citare in giudizio il sig. M., che si costituiva opponendosi alle domande attoree e chiedendo la chiamata in causa della compagnia assicurativa, che a sua volta entrava nel merito della questione, denegando la responsabilità dell’artigiano. Il Tribunale, con ordinanza in cui si riservava la decisione sui mezzi istruttiori, inviava le parti in mediazione, con un’articolata ordinanza in cui, prima di tutto, formulava la proposta del Giudice ex art. 185- bis c.p.c., informando le parti che chi non fosse stato d’accordo con tale proposta, avrebbe dovuto poi indicarne a verbale i motivi inoltre, come detto, nel caso di non accettazione della proposta, inviava le parti in mediazione, con una serie di avvertenze. Tra queste, ricordava che al procedimento di mediazione è richiesta l’effettiva partecipazione delle parti, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente, motivando adeguatamente il tutto sia con le ben note considerazioni sul fatto che la mediazione nelle materie obbligatorie non si possa fermare all’incontro informativo altrimenti l’obbligatorietà non avrebbe senso , sia che se il Giudice decide di inviare le parti in mediazione, ha già effettuato un’ampia valutazione sulla mediabilità della questione. Ciò nonostante, dopo il mancato accoglimento della proposta, nel procedimento di mediazione la compagnia assicurativa, pur non negando la vigenza e l’efficacia della polizza, non si presentava all’incontro al contrario del sig. M. , decretando inevitabilmente, in questo modo, il fallimento del procedimento di mediazione. La mancata partecipazione al procedimento di mediazione o l’assenza delle parti, causando l’impossibilità di prosecuzione della mediazione o di trovare l’accordo, possono portare a conseguenze molto gravi come la condanna per responsabilità aggravata possono anche essere desunti pesanti elementi di prova a carico dei responsabili. La conseguenza per l’ingiustificata partecipazione al procedimento di mediazione possono essere molto pesanti. Il Tribunale, infatti, vista l’assenza della compagnia assicurativa al procedimento di mediazione, mentre parte attrice e istante era regolarmente presente, come peraltro parte convenuta, non solo ha ritenuto di sanzionarla per la mancata ingiustificata presenza, ma con ampio e articolato ragionamento ha desunto argomenti di prova da questo comportamento, ai sensi del d.lgs. n. 28/10, dichiarando anche gravemente colpevole la compagnia assicurativa a causa della sua mancata partecipazione. Di conseguenza, ha stabilito la responsabilità della società convenuta, condannandola al risarcimento del danno in favore dell’attrice, desumendo elementi di prova dal comportamento della compagnia assicurativa, visto anche che essa aveva svolto una difesa improntata alla contestazione del merito della controversia, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., come previsto dal d.lgs. n. 28/10. Non solo ha condannato la compagnia assicurativa al pagamento della sanzione, pari al contributo unificato, per la mancata ingiustificata partecipazione al procedimento di mediazione. Infine, sempre in virtù di detto ingiustificato comportamento, l’ha condannata al pagamento, in favore dell’attrice, di ulteriori € 10.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., per responsabilità aggravata. In sintesi non andare in mediazione, senza giustificato motivo, può causare conseguenze molto gravi. Francamente, è incomprensibile il motivo per cui ancora, nonostante giurisprudenza unanime per tacere in questa sede degli innegabili e numerosi vantaggi della procedura di mediazione , vi siano ancora delle Parti che si espongono volontariamente a tali rischi.

Tribunale di Roma, sez. XIII, sentenza 29 maggio 2017 Giudice Moriconi Letti gli atti e le istanze delle parti, osserva La motivazione che segue è stata redatta ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 9-octies aggiunto dall'articolo 19, comma 1, lett. a, numero 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, numero 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, numero 132 decreto-legge 18 ottobre 2012, numero 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, numero 221 secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica. Poiché già la novella di cui alla l. 18 giugno 2009, numero 69 era intervenuta sugli articolo 132 cpc e 118 att. c.p.c. , prevedendo che la sentenza va motivata con una concisa e succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, occorre attribuire al nuovo intervento un qualche significato sostanziale, che tale non sarebbe se si ritenesse che l'innovazione ultima sia puramente ripetitiva mero sinonimo del concetto già precedentemente espresso. La necessità di smaltimento dei ruoli esorbitanti e le prescrizioni di legge e regolamentari cfr. Strasburgo 2 circa la necessità di contenere la durata della cause, impongono pertanto applicazione di uno stile motivazionale sintetico che è stile più stringente di previgente alla disposizione dell'articolo 19, comma 1, lett. a, numero 2-ter, d.l.83/2015. -1 I fatti posti a base della domanda dell'attrice La proposta del Giudice ex articolo 185 bis e la mediazione demandata ex articolo 5 co.II. D.Lgs.28/2010 La domanda delle attrice risulta fondata nell'an, e nei limiti del quantum debeatur di seguito indicati. V.V. esponeva di essersi sottoposta il 15.6.2012 a trattamento estetico di tintura dei capelli e delle sopracciglia, shampoo e messa in piega dei capelli presso l'esercizio commerciale sito in omissis , il tutto ad opera del titolare A.M., parrucchiere. Lamentava che erano state lasciate durante il trattamento dosi di tintura su parti del viso quali la fronte, la guancia destra e la parte inferiore dell'arcata sopraccigliare destra e sinistra. Nonostante avesse chiesto che fossero prontamente rimosse venivano lasciate in sede per circa trenta minuti perché il M. la rassicurava circa il fatto che il prodotto sarebbe scomparso alla fine del trattamento senza conseguenze e lasciti Il prodotto per rimuovere le macchie della tintura veniva applicato da un inserviente alla fine del trattamento, e poiché le macchie non andavano via il M. lo sollecitava a strofinare con maggior energia. Con la conseguenza che si verificava una generale arrossamento delle parti del viso trattate. Nelle ore e giorni successivi 16 e 17 giugno la situazione peggiorava con vere e proprie escoriazioni. La V. si recava quindi presso il P.S. 18 giugno dove venivano accertate irritazioni ed escoriazioni. La successiva visita dermatologica accertava la presenza di lesioni erosive e ulcerative e vescicolatorie accompagnate da edema sottostante ed eritema diffuso a gran parte del volto doc.5 Si doveva quindi sottoporre a terapia antibiotica antistaminica con applicazione di pomate e divieto temporaneo di esporsi al sole, protratto prudenzialmente per i mesi successivi. Richiedeva i danni Euro.5.100,00 al M. che costituendosi ed opponendosi alle domande dell'attrice, precisava fra l'altro di avere effettuato solo la tintura dei capelli con shampoo e messa in piega e non anche la tintura delle sopracciglia. La compagnia di assicurazione si costituiva difendendosi nel merito del lamentato inadempimento dell'artigiano. Il Giudice con ordinanza del 12.2.2015 così provvedeva Riservato all'esito di quanto segue la decisione sulla ammissione di mezzi istruttori ulteriori a quelli documentali. Si ritiene quindi che in relazione a quanto emerso allo stato degli atti ed in particolare dalle dichiarazioni di A.M. in relazione ai fatti esposti da V.V. le parti ben potrebbero pervenire ad un accordo conciliativo. Infatti, considerati i gravosi ruoli dei giudici ed i tempi computati in anni per le decisioni delle cause, una tale soluzione, che va assunta in un ottica non di preconcetto antagonismo giudiziario, ma di reciproca rispettosa considerazione e valutazione dei reali interessi di ciascuna delle parti, non potrebbe che essere vantaggiosa per tutte. Invero la controversia non ha fatto emergere questioni di diritto complesse, e dubbi tali da richiedere approfondite analisi e difficili interpretazioni dei testi normativi. Lo si dice in quanto la condizione postulata dall’articolo 185 bis come introdotto dall’articolo 77 del d.l.21.6.2013 numero 69 conv. nella L. 9.8.2013 numero 98 della esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, trova il suo fondamento logico nell’evidente dato comune che è meno arduo pervenire ad un accordo conciliativo o transattivo se il quadro normativo dentro il quale si muovono le richieste, le pretese e le articolazioni argomentative delle parti sia fin dall’inizio sufficientemente stabile, chiaro e in quanto tale prevedibile nell’esito applicativo che il giudice ne dovrà fare. Anche la natura ed il valore della controversia in un accezione rapportata ai soggetti in causa, sono idonei a propiziare la formulazione di una proposta da parte del giudice ai sensi della norma citata. In particolare si formula la proposta in calce sviluppata, che è parte integrante di questa ordinanza. Benchè la legge non preveda che la proposta formulata dal giudice ai sensi dell’articolo 185 bis cpc debba essere motivata le motivazioni dei provvedimenti sono funzionali alla loro impugnazione, e la proposta ovviamente non lo è, non avendo natura decisionale tuttavia si indicano alcune fondamentali direttrici che potrebbero orientare le parti nella riflessione sul contenuto della proposta e nella opportunità e convenienza di farla propria, ovvero di svilupparla autonomamente. Sotto tale ultimo profilo, vale a dire la possibilità che le parti, assistite dai rispettivi difensori, possano trarre utilità dall’ausilio, nella ricerca di un accordo, ed anche alla luce della proposta del giudice, di un mediatore professionale di un organismo che dia garanzie di professionalità e di serietà, è possibile prevedere, anche all’interno dello stesso provvedimento che contiene la proposta del giudice, un successivo percorso di mediazione demandata dal magistrato. Alle parti si assegna termine fino alla data del 30.3.2015 per il raggiungimento di un accordo amichevole sulla base di tale proposta. Dalla eventuale infruttuosa scadenza del suddetto termine, decorrerà quello ulteriore di gg.15 per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’articolo 5 del decr.legisl.4.3.2010 numero 28 con il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale cfr. articolo 17 e 20 del decr.legisl.4.3.2010 numero 28 , della controversia in atto. Si sottolinea ulteriormente che la proposta del giudice è permeata in questa fase da un contenuto di equità. Ritenuto di avvertire che ai sensi e per l'effetto del secondo comma dell'articolo 5 D.Lgs.28/'10 come modificato dal D.L.69/'13 è richiesta l'effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente e che la mancata partecipazione ovvero l'irrituale partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre più diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa. Viene infine fissata un’udienza alla quale in caso di accordo le parti potranno anche non comparire viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano state le loro posizioni al riguardo relativamente alla sola proposta del giudice , anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai sensi degli articolo 91 e 96 III. Cpc Con tale premessa, il Giudice formulava la seguente proposta PROPOSTA FORMULATA DAL GIUDICE AI SENSI DELL’articolo 185 BIS CPC Il Giudice, letti gli atti del procedimento, ritenutolo opportuno, considerato che in materia di responsabilità contrattuale è pacifico e notorio il quadro probatorio in ordine al quale, una volta che siano state provate anche a mezzo di confessione del debitore l'esistenza del contratto da parte del creditore, è il debitore che deve provare l'esatto adempimento ovvero provare, in caso di inadempimento a sé non imputabile, il caso fortuito visti ed esaminati i certificati PS, medico specialista prodotti dall'attrice considerata ogni altra circostanza del caso PROPONE il pagamento a favore di V.V. ed a carico di S.A. H. Assicurazioni Compagnia Svizzera d'Assicurazioni della complessiva somma di Euro.2.500,00 oltre ad Euro.3.000,00 più accessori per compensi oltre IVA CAP e spese generali. La proposta non veniva accolta e nel procedimento di mediazione ex articolo 5 co. II. D.Lgs. 28/2010 disposto dal Giudice, la compagnia di assicurazione, pur costituita in giudizio senza negare la vigenza ed efficacia della polizza contratta con il M., a differenza di quest'ultimo presente non si presentava decretando il fallimento del procedimento di mediazione attivato dalla V. 1 -2 L'inadempimento del prestatore d'opera il danno e la sua quantificazione Trattandosi di inadempimento di una obbligazione contrattuale ed essendo pacifica l'esistenza del rapporto e l'esecuzione della prestazione, incombeva all'artigiano cioé al M. che al contrario ha ammesso circostanze decisive a suo carico dimostrare di avere adempiuto esattamente. Con tale premessa l'accoglimento delle domande della V. deriva dalle seguenti concorrenti circostanze e conclusioni la difesa del M. è irrilevante ai fini della radicazione della sua responsabilità per colpa, consistita nella inadeguata esecuzione della prestazione richiesta e concordata il convenuto non nega di averla eseguita la tintura 2 , non nega la compartecipazione di una sua inserviente e collaboratrice, non nega la permanenza sul viso dell'attrice di tracce di tintura, e l'utilizzo di un prodotto chimico per smacchiarne il viso le circostanze dirimenti predisposizione, utilizzo del casco addotte dal M., sono illazioni del tutto fantasiose e prive di pertinenza e concretezza la consulenza tecnica disposta dal Giudice ha confermato, con adeguata e condivisibile motivazione, il nesso causale fra la condotta del M. che risponde anche di quella della sua collaboratrice improntata a incompetenza, l'evento, e le successive conseguenze dannose ampiamente comprovate anche dalla documentazione versata in atti dall'attrice, in particolare le fotografie, il referto del Pronto Soccorso ed il referto specialistico l'evidenza della incongrua manipolazione troppo energica da parte della collaboratrice del M. che ha strofinato con irragionevole veemenza la pelle della cliente, danno dimostrazione di incompetenza la mancata partecipazione dell'Assicurazione, che ha svolto una difesa improntata alla contestazione del merito della controversia, alla mediazione demandata dal Giudice articolo 116 cpc in relazione all'articolo 8 D.Lgs.l.28/2010 3 Al fine di quantificare il danno, preso atto delle risultanze della consulenza di ufficio, immune da errori o vizi tecnico-logico-giuridici e condivisbile, il Giudice, peritus peritorum, ritiene sussistente un danno permanente nella misura dell'1% e temporaneo assoluto di gg.10, da risarcire secondo le tabelle per il calcolo del danno biologico in uso presso il Tribunale di Roma ristoro, viste le circostanze tutte, allogato nel range medio, e incrementato per lo stress e la sofferenza danno morale, si è trattato di lesioni, quindi di reato colposo , per la giusta personalizzazione del ristoro dei danni subiti dalla V Va considerato infatti che la dislocazione dei danni è particolarmente importante in questo caso perché è sul viso come rammostrano le foto e sul viso di una donna, che è naturalmente più attenta rispetto ad un uomo alla bella e curata presenza conservazione e presentazione dello stesso. E subisce, per il correlativo danno, uno stress ed una preoccupazione ben maggiore. Nel caso di specie inoltre le conseguenze dell'azione imperita del M. e della sua collaboratrice si sono protratte, sia pure con disagi non poter prendere il sole , decrescenti, per molti mesi, ed anche di ciò occorre tenere conto. Il tutto, considerata devalutazione, rivalutazione ed interessi secondo i noti principi enunciati dalla S.C. del 17.2.1995 numero 1712 , per la somma totale di Euro. 3.500,00. Al pagamento di tale somma va condannata la srl G. alla quale vanno ricondotte le complessive attività organizzative fra le quali l'apprestamento dei prodotti fra i quali lo smacchiatore chimico , l'attività del M. e l'incongrua attività della di lui collaboratrice che contribuiva in rilevante misura a causare il danno al viso della V. L'assicurazione H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. è tenuta a manlevare integralmente la srl G. di quanto questa onerata in seguito alla condanna. Le spese che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto della l.24.3.2012 numero 27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 numero 55 seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo a favore dell'attrice mentre ovvie ragioni il M. con la sua personale condotta ha causato danni alla V. impongono la compensazione delle spese fra l'attrice e A.M. -3 La condanna per responsabilità aggravata. L'articolo 96 dispone che I. se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza. II. Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. E per quel che qui interessa III. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata La norma del terzo comma introdotta dalla l.18.6.2009 numero 69 ed entrata in vigore dal 4.7.2009 ha cambiato completamente il quadro previgente con alcune importanti novità in primo luogo non è più necessario allegare e dimostrare l’esistenza di un danno che abbia tutti i connotati giuridici per essere ammesso a risarcimento essendo semplicemente previsto che il giudice condanna la parte soccombente al pagamento di un somma di denaro non si tratta di un risarcimento ma di un indennizzo se si pensa alla parte a cui favore viene concesso e di una punizione per aver appesantito inutilmente il corso della Giustizia, se si ha riguardo allo Stato , di cui viene gravata la parte che ha agito con imprudenza, colpa o dolo l’ammontare della somma è lasciata alla discrezionalità del giudice che ha come unico parametro di legge l’equità per il che non si potrà che avere riguardo, da parte del giudice, a tutte le circostanze del caso per determinare in modo adeguato la somma attribuita alla parte vittoriosa a differenza delle ipotesi classiche primo e secondo comma il giudice provvede ad applicare quella che si presenta né più né meno che come una sanzione d’ufficio a carico della parte soccombente e non necessariamente su richiesta di parte infine, la possibilità di attivazione della norma non è necessariamente correlata alla sussistenza delle fattispecie del primo e secondo comma. Come rivela in modo inequivoco la locuzione in ogni caso la condanna di cui al terzo comma può essere emessa sia nelle situazioni di cui ai primi due commi dell’articolo 96 e sia in ogni altro caso. E quindi in tutti i casi in cui tale condanna, anche al di fuori dei primi due commi, appaia ragionevole. Benché non sia richiesto espressamente dalla norma, si ritiene dalla giurisprudenza necessario anche il requisito della gravità della colpa. Nel caso di specie è indubbia la sussistenza della gravità della colpa se non del dolo, inteso come volontaria e consapevole volontà di disattendere l'ordine del Giudice della H. Assicurazioni che non ha aderito alla convocazione in mediazione senza fornire, per quanto risulta, alcuna spiegazione o ragione senza nulla comunicare neanche a mero livello di usuale bon ton al mediatore dell'Organismo compulsato dall'attrice, cfr. verbale del 8.6.2015 dell'Organismo Ar. Ca. Ie. di Roma né a verbale dell'udienza di verifica del 3.12.2015 La giurisprudenza richiede la sussistenza del dolo o della colpa grave poiché non è ragionevole che possa essere sanzionata la semplice soccombenza, che è un fatto fisiologico alla contesa giudiziale, ed è necessario che esista qualcosa di più rispetto ad essa, esattamente come nel caso di specie. Che il mancato rispetto dell'ordine impartito dal Giudice ai sensi dell'articolo 5 co.II. della legge integri colpa grave se non dolo è ampiamente motivato e confermato dalla giurisprudenza, che si richiama in nota 4 L’ammontare della somma deve essere rapportato a. allo stato soggettivo del responsabile, perché il dolo e la cosciente volontarietà della condotta censurabile ex articolo 96 co.III. come in questo caso è più grave della colpa 1. alla necessità che in relazione al soggetto responsabile, ed in particolare alla sua elevata in questo caso forza e capacità patrimoniale, la condanna ex articolo 96 co III. cpc costituisca un efficace deterrente ed una sanzione significativa ed avvertibile Nel caso di specie, pertanto, si reputa giusto ed equo condannare l'assicurazione al pagamento della somma di Euro.10.000,00= La sentenza è per legge esecutiva. P.Q.M. definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede DICHIARA l'inadempimento e la responsabilità della srl G. Unipersonale, rigettando le domande nei confronti di A.M. in proprio CONDANNA la srl G.U.al risarcimento dei danni liquidati in favore di V.V. nella somma di Euro. 3.500,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo CONDANNA la srl G.U.al pagamento delle spese di causa che liquida in favore dell'attrice per compensi in complessivi Euro.4.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali oltre alle spese della consulenza di ufficio in solido con la H. CONDANNA la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A al pagamento delle spese di causa che liquida in favore dell'attrice per compensi in complessivi Euro.4.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali oltre alle spese della consulenza di ufficio in solido con la srl G. CONDANNA la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. a manlevare la srl G. da ogni esborso conseguente alla sentenza CONDANNA la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. ai sensi dell'articolo 96 co.III cpc, al pagamento della somma di Euro.10.000,00 a favore dell' attrice CONDANNA ex articolo 8 co.4 bis d.lgs. numero 28/10, la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. al pagamento in favore dell'Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio SENTENZA esecutiva. 1 è evidente e non richiede spiegazione tanto ne è ovvia la ragione che non era possibile per il Monti addivenire, neppure volendolo, ad un accordo separato con la Vecchiarelli senza la presenza partecipazione ed adesione della sua assicurazione 2 ma dalle foto si evince che venivano invece coinvolte, come assunto dall'attrice, anche le sopracciglia 3 La mancata partecipazione al procedimento di mediazione obbligatoria o demandata , senza che ricorra una valida giustificazione costituisce condotta grave perché idonea a determinare la introduzione o l'incrostazione di una procedura giudiziale evitabile in un contesto giudiziario, quello italiano, saturo nei numeri e smisuratamente dilatato nella durata dei giudizi. Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di una parte determinate condotte della stessa nella specie la mancata comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni. Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull'articolo 116 c.p.c., cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie. Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto. E’ espressione della prima teoria l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la norma dettata dall'articolo 116 comma 2 c.p.c., nell'abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti nell'interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre ‘argomenti di prova’, e non basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre risultanze” fra le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, numero 443 . La norma in questione merita senz'altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate argomenti di prova”. La norma dell’articolo 116 c.p.c. viene richiamata dal legislatore della mediazione articolo 8 D.Lgs cit. nell'ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti Ciò sul presupposto che le statistiche ufficiali dimostrano incoraggianti percentuali di successo in presenza della comparizione della parte convocata Ne consegue che, tali essendo le finalità del richiamo dell'articolo 116 c.p.c nel D.Lgs.l. 28/10, equivarrebbe a tradire l'intento del legislatore, svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ ordinamento giuridico. Va considerato che nell'attuale situazione, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti e viste le sempre più gravi conseguenze sociali, economiche e di immagine anche internazionale, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi, sia necessario rivalutare, senza forzature ma con fermezza, ciò che è previsto da una norma l'articolo 116 cpc tuttora vigente ma un pò desueta. E’ necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo. Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto. A favore o contro la parte non comparsa in mediazione. Ed infatti lo strumento offerto dall’articolo 116 c.p.c. attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell'ambito delle prove libere vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ai fini dell'accertamento del fatto. L'argomento di prova appartiene all'ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a disposizione un fatto dal quale si può fondare direttamente il convincimento. Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa potenzialità probatoria indiretta degli indizi. E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza articolo 2729 c.c. che deve illuminarne l'utilizzo da parte del giudice. Ciò detto si ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l'accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa. Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto che l'effetto previsto dall’articolo 116 c.p.c. può secondo le circostanze anche costituire unica e sufficiente fonte di prova Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, numero 10268, che così si esprime Quanto a questa ultima norma –articolo 116 c.p.c. numero d.r. in particolare, essa attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti e però, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa solo che il comportamento processuale della parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 numero 6568 1 aprile 1995 numero 3822 5 gennaio 1995 numero 193 14 settembre 1993 numero 9514 13 luglio 1991 numero 7800 25 giugno 1985 numero 3800 . Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono essere desunti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o demandata, pertiene, possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero anche unica e sufficiente fonte di prova. Alla luce di quanto precede, si ritiene che la radicale evidente assenza di un giustificato motivo alla mancata partecipazione dell'Assicurazione alla mediazione demandata dal giudice, in forza del combinato disposto degli articolo 8 co. IV bis del D.Lgs. 28/2010 e articolo 116 c.p.c., concorra a ritenere raggiunta la piena prova dell'inadempimento dell'assicurato che ha posto in essere una prestazione errata e dannosa